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Quest’ultimo è il modello con cui si è affermato Google che grazie all’algoritmo PageRank
definisce la popolarità dei siti e ordina i risultati in modo significativo per l’utente. Google ha poi
sviluppato un modello pubblicitario basato su due servizi: Adwords per gli inserzionisti e Adsense
per i creatori di contenuti. Il modello di business di Youtube è basato sulla pubblicità personalizzata
inserita nell’interfaccia di navigazione e nei video. Il servizio di gestione delle inserzioni su
Facebook consente all’inserzionista di definire il target con estrema precisione (selezionando
variabili socio demografiche e interessi) e di pagare in base ai risultati della campagna in CPM o
CPC, l’80% dei ricavi di Facebook deriva dalla pubblicità e il 20% dai ricavi delle applicazioni di
terzi. Gli sviluppatori indipendenti possono sfruttare le API di Facebook in due modi: la prima è il
Facebook login per ridurre i tempi di registrazione, la seconda riguarda lo sviluppo di applicazioni
interne a Facebook. Un’ultima evoluzione dei social media sono i location based network nati tra il
2009 e il 2010 che grazie ai GPS dei dispositivi mobili segnalano le attrazioni intorno all’utente.
Ultimo modello di business è il freemium, il 5% di utenti che usufruiscono gratis di un servizio si
trasforma in pagante per superare determinate limitazioni. Hardcore gamer e casual gamer.
1.6 La convergenza: media franchise e comunità di fan
Durante gli anni ’90 la possibilità di integrazione tra tv e dispositivi interattivi ha portato ad
ipotizzare la morte della tv sostituita dal teleputer. Istituti di ricerca e aziende hanno avviato
sperimentazioni in merito. Dieci anni dopo si è assistito più che altro alla crisi del modello
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tradizionale di tv e all’emergere di una miriade di dispositivi interconnesse alle pratiche degli utenti.
Tale convergenza ha portato all’emergere di una piattaforma cross-mediale in cui possono essere
trasmessi contenuti creati dalle industrie, servizi digitali e messaggi degli utenti. È emerso un
sistema multi televisivo, non un solo elettrodomestico ma un sistema plurale e fluido in cui
convivono più piattaforme (satellite, digitale, web tv) che gli utenti possono utilizzare per guardare,
interagire e creare contenuti. La multitv è un sistema mediale: multitasking (attività differenti), multi
timing (indipendente dal palinsesto), multiplacing (in diversi contesti). Già i sistemi VHS
consentirono agli spettatori di emanciparsi dal flusso televisivo, la loro evoluzione sono i servizi
VoD che consentono agli utenti di usufruire di contenuti di qualità quando vogliono. In Italia si sono
diffusi a seguito dell’entrata degli operatori delle telecomunicazioni nel mercato televisivo con le
IPTV che utilizzano la rete internet e il protocollo IP per distribuire contenuti verso i set-top-box. In
questa era le media company tradizionali sono aggredite da differenti operatori di ICT e per
sopravvivere i broadcaster si stanno orientando verso strategie multipiattaforma sviluppando
servizi di catch up television (streaming in tempo reale e/o on demand) e companion app. La
distribuzione di contenuti attraverso ulteriori canali (windowing) consente di raggiungere un
pubblico maggiore e rendere redditizi per più tempo i contenuti. Il modello dell’appuntamento non
più sufficiente a fidelizzare i consumatori, con la diffusione dei new media si è sviluppato il modello
basato sulla vischiosità (stickiness) che ha l’obiettivo di attrarre gli utenti verso un sito
centralizzato, trattenere l’attenzione, stimolare l’emergere di comunità verticali gestite dalle
corporation. Alcune reti USA tentano di coinvolgere gli spettatori con portali partecipativi che
integrano estensioni diegetiche, social network e videogame. Secondo Jenkins il metodo stickiness
non è sufficiente è necessario un modello basato sul coinvolgimento, non più singoli testi o serie,
ma media franchise. La realizzazione di un franchise richiede la stretta collaborazione di
professionalità differenti (sceneggiatore, programmatore di videogiochi) difficilmente presenti in
una singola azienda. Per far ciò le aziende stanno attuando strategie su tre livelli: interno
all’azienda (acquisizioni), tra due società, con gli utenti finali. Un brand funziona come un attrattore
culturale quando rappresenta lo stile di vita di una o più nicchie di consumatori e soddisfa i loro
bisogni, nel caso di prodotti mediali i franchise fungono da attrattori quando mettono a disposizione
anche un’esperienza di intrattenimento integrata che parte da un testo primario verso testi
secondari. I franchise devono avere molteplici punti di accesso ed progettati anche come attivatori
culturali in grado di incanalare le potenzialità partecipative degli spettatori (call to action, talent
show). È possibile stimolare la condivisione creando contenuti caratterizzati da citabilità (elementi
estrapolabili), afferrabilità (facilitano la condivisione su dispositivi differenti). Gli utenti si
trasformeranno in evangelizzatori del brand. Nuove fonti di ricavo possono arrivare attraverso il
product placement come nel caso del merchandising o l’inserimento di prodotti di consumo nella
rappresentazione (esempio Mad Man e la moda anni ’60). Per i produttori i consumatori
partecipativi (fan) sono una nicchia di mercato interessante perché sono attivi nel commentare o
criticare il prodotto, sono interessati a fruire a più contenuti, diventano evangelizzatori, sono molto
più longevi dei pubblici tradizionali, costruiscono comunità.
Per misurare il successo di un prodotto è necessario considerare tutti i canali alternativi dal DVD al
file sharing.
Capitolo 2 – Le ricerche sui pubblici
2.1 Interpretare i cambiamenti mediali
Nel ‘900 i mezzi di comunicazione sono diventati sempre più rilevanti, la televisione è stata per
decenni il veicolo principale, mentre negli ultimi anni telefonini e social media hanno assunto un
ruolo importante. Nel senso comune spesso prevale un atteggiamento di paura verso le novità che
i media introducono nella vita quotidiana. Nella storia del pensiero sociale vi sono due prospettive
di ricerca alle radici degli studi sui media: la ricerca amministrativa e la teoria critica. 5
La ricerca amministrativa nasce negli anni ’20 negli USA, commissionate dai broadcaster
interessati a conoscere il proprio pubblico, comprendere i comportamenti di consumo e per
proporre contenuti adatti. La teoria critica nasce negli stessi anni in Europa all’interno della Scuola
di Francoforte e denuncia il processo di mercificazione della cultura ad opera del sistema
massmediale. La ricerca amministrativa concepisce i pubblici come mercati di cui è necessario
conoscere i gusti per soddisfarne i bisogni. La teoria critica denuncia il potere dei media per
influenzare le masse. Tutte e due sono accomunate dalla stessa ipotesi che chi detiene il potere
esercita in modo unidirezionale la propria influenza. La visione del pubblico come massa di
consumatori passivi e vulnerabili è stata rivista dalle teorie sui pubblici attivi. A partire dagli anni ’40
all’interno della ricerca amministrativa sono stati condotti studi di taglio psicologico e sociologico
che hanno evidenziato il ruolo delle predisposizioni psicologiche individuali e della rete sociale nel
processo di fruizione dei contenuti mediali. Dopo questi esperimenti si è dedotto che l’influenza del
messaggio è indiretta ed è stata elaborata la teoria della persuasione. Altre ricerche hanno
dimostrato che l’unica possibile influenza dei media è il rafforzamento delle opinioni preesistenti, la
conversione è dovuta a contatti personali e ai leader d’opinione. Successivamente si è formulata la
teoria degli effetti limitati e infine la teoria degli usi e gratificazioni in cui l’audience viene per la
prima volta definita attiva. A partire da ciò sono nati negli anni ’50 gli audience studies che hanno
per oggetto gli usi dei contenuti e non più gli effetti anche se l’idea di pubblici come mercati è
ancora presente nelle riflessioni in merito ai media.
Per studiare i pubblici partecipativi è necessario adottare una prospettiva alternativa sia alla
visione di business sia alla visione critica che denuncia lo sfruttamento ad opera delle industrie.
2.2 Dai cultural studies agli audience studies
Nel corso dei secoli si sono sviluppate due concezioni di cultura: una umanistica e l’altra
antropologica. Secondo la concezione umanistica la cultura è costituita da opere artistiche,
letterarie e musicali che rispettino i canoni. Secondo la concezione antropologica la cultura è
l’insieme di norme, credenze, costumi di una determinata collettività, tale concezione ha portato
allo sviluppo di una metodologia denominata etnografia. La prima ad adottare l’etnografia per
studiare la società occidentale fu la Scuola di Chicago negli anni ’20 e poi dal Centre for
Contemporary Cultural Studies di Birmingham negli anni ’60. Stuart Hall nel 1980 a partire dalla
ridefinizione del ruolo dei media data da Williams (1974), che descrive i sistemi mediali come
risultato di una co-evoluzione tra le specificità tecnologiche e le dinamiche socio-culturali, ha
sviluppato un nuovo modello di interpretazione del processo di comunicazione definito paradigma
della ricezione o modello della codificazione/decodificazione. Secondo questo paradigma i
produttori mettono in codice i messaggi i quali sono poi interpretati in base alle strutture di
significato proprie dei differenti tipi di pubblico. Hall ipotizza che i pubblici possano conformarsi alle
intenzioni dei produttori (lettura egemonica), comprendere ma non condividere (lettura negoziale)
oppure rifiutare (lettura opposizionale).
Questo paradigma ha aperto la strada ad indagini come quella riguardo il programma Nationwide
del 1980 in cui hanno chiesto a diversi gruppi di persone di discutere del programma e i ricercatori
hanno trovato differenti tipi di decodifica in base alla professione degli spettatori. Per superare i
limiti di queste ricerche i ricercatori del CCCS hanno integrato le tecniche dei focus group con
metodologie di ricerca etnografiche dando vita agli audience studies. Gli audience studies
indagano l’intero processo di appropriazione dei mezzi e dei testi mediali da parte dei pubblici. La
metodologia etnografica prevede tecniche di indagine quali l’osservazione partecipante e le
interviste in profondità che consentono di studiare il processo di ricezione osservando i
comportamenti e le abitudini dei pubblici. All’interno degli audience studies è stato studiato il ruolo
dei prodotti mediali nel processo di costruzione dell’identità di genere indagando l’uso di rom