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Presence du Cinema.
Modernità/tradizione
1)La politique des auteurs è un compromesso tra innovazione e tradizione: da un lato apre ad un territorio
nuovo, quello del cinema commerciale (la produzione in serie Hollywoodiana); dall’altro la sua idea di autore
rimanda al genio creatore del romanticismo.
-Nella pratica critica i fattori di rottura sono numerosi: innanzitutto lo spostamento dell’attenzione dalla
singola opera all’integrità del corpus dell’autore, e l’idea che un autore possa essere al contempo geniale e
fallito.
-Creare una continuità tra la modernità del cinema e le altre arti, in particolare con Rohmer che in certi film
americani traccia un passaggio di patrimonio artistico classico (semplicità, purezza di linee) dalla tradizione
francese del XVII secolo al Rinascimento italiano.
Sapere/credere
-Da un lato la critica moderna cerca di fondare l’analisi del film su una nuova precisione di linguaggio e
competenza, per far sì che la verità del giudizio si indipendente dall’autorità dei critici della tradizione o del
cinema francese cosiddetto “di qualità” ormai consolidato; se ci deve essere un’autorità, l’unica possibile è
quella dell’autore.
-D’altra parte a fianco della verità come conseguenza delle conoscenze e competenze, si colloca il dogma
dell’infallibilità dell’autore, che determina un vero e proprio atto di fede da parte del critico: un film d’autore
che sembra di bassa qualità, non lo è davvero, è il critico che non l’ha saputo cogliere nella sua unicità;
l’errore sta dalla sua parte.
-L’atto di fede può essere fatto non solo verso gli autori, ma anche verso critici affermati: citiamo come
esempio il caso di Serge Daney, che negli anni Settanta e Ottanta diventerà il maggior critico francese, che
dice, dopo aver letto la recensione di Rivette di Kapò, “non ho mai visto il film Kapò ma posso ugualmente
dire di averlo visto perché qualcuno, a parole, me l’ha mostrato”. Se sostituissimo a Kapò la parola Dio,
capiremmo che questa fede ha connotati quasi religiosi.
Verità/relativismo
-Da un lato enunciati basati sulla certezza, l’erudizione, l’arguzia analitica, la dimostrazione; dall’altro una
critica basata sul passaparola, l’atto di fede, il rispetto dell’autorità che rende arbitraria l’attribuzione di valore
estetico, una sorta di relativizzazione del bello. La politique rimane in bilico anche tra questi due opposti,
verità e relativismo.
Capitolo III: Dal sonoro al canone (neo)realista
La critica verso l’istituzionalizzazione
Anni Trenta
-Dal punto di vista della cultura cinematografica sono un periodo di effervescenza intellettuale: iniziative
giornalistiche come come “Cinematografo” di Blasetti (1927-31); iniziative istituzionali come il LUCE, il
Centro Sperimentale, la grande Enciclopedia del Cinema, il Festival di Venezia.
-Il passaggio al sonoro tra i Venti e i Trenta determina una nuova contrapposizione di schieramenti nella
critica: alcuni come Anton Giulio Bragaglia sono favorevoli all’innovazione tecnica; altri rimpiangono il muto.
-I critici acquistano sempre più competenze, e si assiste alla proliferazione della pubblicistica
cinematografica sul riviste culturali, popolari e specializzate, tra cui citiamo almeno Bianco e Nero di Chiarini.
Il fronte teorico è vivace, e il regime lascia uno spazio di libertà relativamente ampio in questo settore
rispetto agli altri.
-La critica è riservata principalemente ad umanisti: Sacchi al Corriere della sera, Gromo alla Stampa, e poi
Moravia ecc.
L’esperienza di “Cinema”
-Nasce nel 1929, rivista specializzata prima diretta da Vittorio Mussolini e poi, dai primi anni quranta, da
Gianni Puccini.
-In essa si colgono i germi della poetica neorealista dagli scritti di De Santis, Alicata, Mida, Pietrangeli.
-La rivista riesce a conciliare due modi diversi di considerare il cinema: uno come fatto sociale e mediale,
l’altro come fatto eminentemente estetico. In cinema un discorso di politica culturale in virtù del quale si
difendono i prodotti medi, è tenuto separato da un discorso legato ad un cinema ancora da fare, una norma
estetica da affermare, un cinema puro al quale il pubblico deve essere educato. Così fa critica di tendenza
volta a promuovere un nuovo gusto, quello realista.
-L’orientamento dei giudizi parte dalla contrapposizione di interiorità-esteriorità: l’interiorità è il parametro che
garantisce il realismo; l’esteriorità sta per il falso, la simulazione, il realismo apparente, che si configura nel
formalismo, nel calligrafismo.
Realismo e ambientazione
-Il problema del rinnovamento del cinema italiano ruota poi attorno ad un argomento centrale:
l’ambientazione.
Contro un cinema caratterizzato dall’assenza di paesaggio, un cinema chiuso nelle ricostruzioni anonime dei
teatri di posa, oppure un paesaggio convenzionale, o caratterizzato dall’eccesso di formalismo e
calligrafismo, si sottolinea il bisogno di portare la macchina da presa fuori, nel mondo. Paesaggio e uomo
devono entrare in un rapporto tale per cui l’uno non avrà importanza o significato senza l’altro.
-La severità contro la corrente calligrafica, vale a dire riferimenti figurativi, letterari, cinematografici, è forte e
viene vista come fattore frenante il cambiamento.
“Cinema” e l’opzione realista: una questione ancora aperta
Pensando a “cinema”, l’idea di una redazione “di fronda” impegnata a far passare tra le maglie ideologiche
del regime i contenuti di un’istanza realista e antifascista, sarebbe fuorviante; al contrario è lecito ipotizzare
forti continuità tra la cultura fascista e alcuni tratti distintivi dei critici di Cinema.
1)Il richiamo alla letteratura di Verga
2)L’anti-intimismo e anti-calligrafismo, che possono essere lette come la traduzione cinematografica della
battaglia fascista contro gli intellettuali di formazione pre-fascista (formalisti, ermetici ecc.) ossia coloro che
rifiutavano le parole d’ordine di impegno e realismo.
3)Altri punti di incontro con la critica di Cinema e il resto della critica cinematografica d’epoca sono: la
scarsa indulgenza sulla produzione nazionale; la spinta verso il riscatto del paesaggio; la spinta verso un
maggior realismo.
Dunque non è possibile ridurre la complessità del quadro a semplici contrapposizioni “cinema”/cultura
cinematografica dominante o realismo/anonimia d’ambientazione nei teatri di posa.
4)La sostanziale continuità tra la critica pre-bellica e quella degli anni Cinquanta è testimoniata anche dal
fatto che i pensatori attivi nel campo teorico sono quasi sempre gli stessi (Chiarini, Barbaro, Conisglio,
Raggianti).
Il canone (neo)realista
Anni cinquanta
-Nel dopoguerra, i critici mantengono fede ai propri assunti teorici e di gusto, semplicemente trasferendoli in
un orizzonte politico invertito di segno; esemplare il caso di Chiarini, che dopo la guerra passa alla sinistra
ma mantiene intatte le coordinate del proprio pensiero.
-Un dibattito importante nel dopoguerra è quello che vede protagonisti Aristarco e Chiarini intorno a Senso,
di Luchino Visconti, sulle pagine di Cinema Nuovo, 1955.
1) Per Chiarini l’opera neorealista deve fondere idea e realtà e ripudiare gli elementi spettacolari a favore di
una poetica dell’oggettività. Questo lo porta a vedere Sensocome un tradimento del neorealismo, perché
tutto giocato sull’esteriorità, ossia virtuosismo tecnico, composizione formale dell’immagine sofisticata,
efficacia emotiva.
2) Aristarco risponde difendendo il film, che vede non come un tradimento ma come un passaggio dal
neorealismo al realismo: è vero che nella sua struttura domina la legge della bella forma, ma il calligrafismo,
dice il critico, è funzionale al tema, che è la rappresentazione della borghesia come classe sociale
decadente; a tal proposito lo splendore esteriore del film ben si adatta allo splendore decadente del mondo
rappresentato.
-Lo scontro politico tra comunismo e democrazia cristiana, progressivamente lascia i segni anche nell’ambito
della cultura cinematografica. Le posizioni critiche si irrigidiscono e nasce il canone realista, per cui la
valutazione critica di un film si stringe intorno a precetti estetici normativi: l’individualismo, l’analisi
psicologica, l’allegoria, la dimensione onirica non hanno diritto di cittadinanza.
Caso esemplare di questo irrigidimento è Aristarco, che nel 1952 fonda “Cinema Nuovo”. Egli si chiude su
posizioni puriste, e gli unici registi italiani che salva in quanto capaci di perseguire il passaggio dal
neorealismo al realismo sono Visconti, Antonioni e i fratelli Taviani.
-Altre riviste che nascono in questi anni, oltre alla ripresa delle pubblicazioni per “Bianco e Nero”, sono
Filmcritica, che nasce nel 1950 da Edoardo Bruno; Rassegna film, nata nel 1952 da Fernando di
Giammatteo, rivista che indaga senza pregiudizi il cinema popolare.
-Si allarga parallelamente la frattura tra autori e critici, tra critica specializzata e critica quotidianistica.
Anni sessanta
-Si assiste ad una progressiva emancipazione dalle tematiche del realismo dominanti nel decennio
precedente, e ad un progressivo spostamento dell’interesse verso la sperimentazione linguistica, un
allentamento del binomio oppositivo di forma-contenuto.
-Inoltre, anche una spinta desacralizzante rispetto al modo di intendere il rapporto tra cultura alta e cultura
bassa.
-Infine, la critica cinematografica si misura con strumenti messi a disposizione dalle nuove scienze,
soprattutto semiotica e sociologia.
Capitolo 4: Dagli anni delle lotte politiche alla fine del secolo
Sessantotto e dintorni
Il problema del cinema politico in italia: 4 posizioni riportate alle 4 pubblicazioni principali del
periodo
1) Cinema Nuovo: a difesa del realismo critico e dell’ideologia marxiana, ruolo del cinema è quello di farsi
espressione delle classi subalterne
2) Ombre Rosse, di Goffredo Fofi, Paolo Berretto, Gianni Volpi, dà voce al movimento studentesco e mette
in discussione il ruolo del critico, che deve mettersi al servizio della rivoluzione depurandosi da eccessivi
intellettualismi.
3) Filmcritica si schiera per il primato dell’elemento estetico su quello politico, e difende autori emergenti e
d’avanguardia come Carmelo Bene, Godard, Truffaut, Polanski, ma anche Hawks, Welles e classici
Hollywoodiani. Difende il cinema di ricchezza espressiva e libere interpretazioni.
4) Cinema e Film, nata nel 1967 con Aprà, Roncoroni, Ferrini, Ungari, Ponzi. Essi cercano