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DALLE ORIGINI ALL'AVVENTO DEL FASCISMO
Anche in Italia la nascita delle riviste cinematografiche non coincide con la nascita della critica cinematografica. C'era un disinteresse nei confronti del cinema, influenzato da Benedetto Croce che privilegiava il soggetto creatore e l'intuizione lirica rispetto alla tecnica, e quindi portava ad un atteggiamento di sospetto nei confronti del cinema, arte meccanica per eccellenza. Su riviste come "La rivista fonocinematografica", "La lanterna", "il cinematografo" prevale l'interesse per gli aspetti scientifici del medium. Non vengono ancora poste questioni relative alle potenzialità espressive del nuovo mezzo, né al suo possibile statuto artistico. Alcuni intellettuali comunque si muovono in controtendenza. Tra questi Giovanni Papini che, sulla "Stampa" instaura un parallelo tra cinema e vita moderna celebrando il cinematografo come superiore al teatro. Per la sua possibilità di
registrare e riprodurre grandi eventi appena avvenuti. Le istanze che dominano in questo periodo sono essenzialmente 3:
- la necessità di nobilitare e portare il nuovo mezzo verso le classi più abbienti, con la conseguente promozione di un cinema di derivazione letteraria
- la volontà di legare la modernità tecnologica del medium al clima di celebrazione della tecnica tipico dell'avanguardia futurista
- il progetto di trovare una via cinematografica al realismo
Nel 1910 nasce "Vita cinematografica", una delle testate più significative del periodo muto. Il problema estetico quindi si affaccia anche su altre testate in concomitanza con la nascita di rubriche stabili sul cinema. Una apposita rubrica è creata a "La gazzetta del popolo" già dal 1908, altri quotidiani imitano l'esempio e chiedono agli intellettuali di farsi carico delle recensioni. Nasce qui la tradizione di affidare ai letterati le rubriche cinematografiche.
Matilde Serao interviene regolarmente sulle pagine del "Giorno" ecosì fanno suoi colleghi. Gli interventi di condanna non mancano: Luigi Capuana, Grazia Daledda, Nino Oxilia si dichiarano sostanzialmente a favore del nuovo mezzo. Assolutamente convinti della superiorità del cinematografo (rispetto alle altre arti) rimangono Prezzolini e Marinetti, per giungere alla consacrazione del nuovo mezzo da parte di D'Annunzio, nel 1914. A questo punto la questione dell'artisticità del cinema è già stata superata. Ci si interroga piuttosto sullo statuto dell'autore cinem., cioè sulla figura che istituzionalmente può essere ritenuta responsabile del risultato estetico. Grazie agli interventi di Sebastiano Arturo Luciani vengono affrontati per la prima volta i problemi specifici del linguaggio cinem. (ritmo, montaggio, illuminazione) e i legami con le altre arti. Il cinema mediante questo confronto serrato di paradigma
Il comparativo entra di fatto nel contesto estetico-culturale dell'epoca. La critica cinematografica, per la maggior parte dei casi, è del tutto sprovveduta. Nella pratica corrente di recensione domina l'impressionismo più assoluto, l'occhio del recensore è disattento a ogni elemento tecnico ed espressivo specifico.
TRA ANNI '20 E '30
Il passaggio dal muto al sonoro porta con sé una nuova contrapposizione di schieramenti tra chi è favorevole all'innovazione tecnica e chi già rimpiange il muto. Tra i primi bisogna ricordare il lavoro editoriale di Anton Giulio Bragaglia.
ANNI '30
La critica guadagna la definizione istituzionale, i critici acquistano competenze e il discorso analitico si fa più preciso. Si inizia a definire un progetto di difesa della tradizione realista. Il fronte teorico è abbastanza vivace. L'imperialismo dell'estetica crociana è indebolito dai lavori di Bragaglia e Giovannetti.
L'attività editoriale di Luigi Chiarini e Umberto Barbaro cerca e ottiene l'avvicinamento ad altre tradizioni critiche: l'estetica di Giovanni Gentile, il confronto con le teorie del cinema straniere. In questi anni nel contesto della produzione editoriale del Centro Sperimentale di Cinematografia, a cura di Barbaro e Chiarini, si traducono saggi. La critica cinematografica diventa un vero e proprio mestiere. La cosa vale nel campo delle riviste specializzate "Bianco e Nero" diretta da Chiarini, come in quella delle pubblicazioni popolari. Sono per lo più intellettuali dall'ampia formazione umanistica a occupare per primi i ruoli di critici cinematografici: Filippo Sacchi al "Corriere della Sera", poi Mario Gromo alla "Stampa". Tra i letterati a scrivere stabilmente di cinema: DeBenedetti, Savinio, Moravia, Piovene, Pannunzio, Corrado Pavolini. Ma è soprattutto con la nascita di "Cinema" che la critica si manifesta perCiò che sarà in modo più evidente nel dopoguerra: radicale contestazione dell'esistente, insoddisfazione per lo stato presente, volontà di capire il cinema e anche di modificarlo indicando nuove strade da percorrere. Sotto la direzione prima di Vittorio Mussolini e poi di Giovanni Puccini, nei primi anni '40 la pubblicazione acquista una connotazione chiaramente antifascista.
ANNI '40
Qui vanno colti i primi germi della poetica neorealista. Viene anticipata la poetica zavattiana del pedinamento: bisogna usare la macchina da presa per pedinare il nostro simile nelle sue azioni quotidiane. Gli scritti di De Santis, Alicata, Mida, Pietrangeli descrivono e prescrivono un "dover essere" del cinema a venire, secondo indicazioni poetiche che trovano in "Ossessione" di Visconti una sorta di manifesto realizzato (lo stesso Visconti aveva contribuito al rinnovamento critico con l'articolo).
“Cadaveri”). DOPOGUERRA Rappresenta un periodo di fervido attivismo culturale e di feroce battaglia delle idee tra i diversi orientamenti ideologici. La difesa del cinema italiano appare una priorità nazionale. In poco tempo nascono più di trenta riviste e vengono pubblicate svariate monografie. La magg. Parte degli intellettuali è chiamata ad esprimersi su questioni di cinema o a tenere rubriche di critica. Tra questi Elio Vittorini, Italo Calvino, Franco Fortini, Renato Guttuso, Eugenio Montale, Ennio Flaiano, Cesare Musatti, Giacomo Debenedetti, Alberto Moravia, Giuseppe Berto, Corrado Alvaro. Il lavoro teorico si muove ancora sulla linea del recupero degli scritti di teoria anni ’30. L’attività di Chiarini e Barbaro dà ancora orientamento alle pubbl. di settore. Lo scontro politico di questi anni lascia un segno anche sul terreno della cultura cinem. La corrente neorealista, dopo i primi successi presso le élites
intellettuali e il loro interesse internazionale si rivelano un fenomeno tutt'altro che unitario, ma al contempo diventano un partito preso, una poetica da difendere dai rischi di contaminazione. Nasce il canone realista. La valutazione si stringe intorno a precetti estetici estremamente normativi. Il messaggio del film deve corrispondere a certe parole d'ordine. I tentativi di aprire le lezioni del realismo a forme di intrattenimento popolare sono guardati con sospetto. Condanne e incomprensioni investono alcuni dei fenomeni più interessanti del cinema post-bellico: dalle opere di Rossellini e Fellini, a quelle di Antonioni, Lizzani, Pietrangeli, Lattuada. Esemplare è la parabola di un critico-critico come Aristarco. Egli è tra gli animatori della nuova serie di "Cinema" e fonda nel 1953, "Cinema Nuovo". Visconti è considerato uno dei pochi registi che sembra perseguire il grande progetto di un passaggio dal neorealismo al realismo.Estromissioni invece investono alcuni dei magg. Autori della cinematografia internazionale: Fritz Lang, John Ford, Orson Welles, Alfred Hitchcock. A favore della complessità e della lotta al pregiudizio si distinguono in questo periodo alcuni giovanicritici militanti: Renzo Renzi, Tullio Kezich, Callisto Cosulich, Oreste Del Buono. Oltre alla ripresa delle pubblicazioni per "Bianco e Nero", nel 1950 nasce anche "Filmcritica". Il direttore Edoardo Bruno, accoglie una vasta gamma di voci, anche politicamentedissonanti: Pietro Bianchi, Gian Lugi Rondi, Luigi Chiarini, Glauco Viazzi, Carlo Lizzani. Nel 1952, fondata da Fernando diGiammatteo, nasce la "Rassegna del film", una delle poche riviste che tenta di stare al passo con l'evoluzione dell'industria cinem.Nazionale, affrontando senza preconcetti il cinema popolare. Si allarga la frattura tra autori e critici da una parte, tra criticaspecializzata e critica quotidianistica.
dall'altra.
ANNI '60
Nuovi critici e nuove riviste. Al "Corriere della Sera" Arturo Lanocita resiste fino al 1961 poi viene sostituito da Giovanni Grazzini. Al "Giorno" va Pietro Bianchi. A "La Stampa" dal 1955 Mario Gromo ha lasciato l'incarico a Leo Pestelli. Ugo Casiraghi scrive su "l'Unità", Moravia tiene una rubrica su "l'Espresso", Filippo Sacchi su "Epoca". L'innovazione è però solo parziale. Dal punto di vista degli strumenti analitici impiegati i recensori non contribuiscono in alcun modo alla diffusione di una terminologia tecnica propria di un linguaggio specialistico adeguato. Ci si mantiene saldamente ancorati a parametri di verosimiglianza e coerenza drammatica modellati sugli standard del senso comune. Negli anni dal 1965 al 1967, intellettuali come Barthes, Metz, Pasolini, si incontrano nell'interesse comune per la creazione di una coscienza
critica sensibile alle pratiche di significazione e all'analisi del testo. Saranno soprattutto le riviste specializzate a raccogliere queste sollecitazioni, nel momento in cui lo scontro politico e le istanze radicali esploderanno nei conflitti del '68. ANNI '70 Negli anni della contestazione la critica cinematografica militante anima un largo dibattito che ha per oggetto il rapporto tra pratica filmica e pratica rivoluzionaria. È il problema del cinema politico. Le posizioni espresse dalle varie correnti di pensiero sono molteplici, ma possono essere ricondotte agli apporti delle 4 pubblicazioni principali del periodo: 1) "Cinema nuovo": il cinema appartiene alla cultura dominante, cioè borghese. Il cinema da promuovere e da difendere è quello che sappia farsi espressione delle ragioni delle classi subalterne: FUNZIONE SOCIALE 2) "Ombre Rosse": dà maggior voce al movimento studentesco. L'intellettuale deve smettere di concepire se stesso intermini di specializzazione dei saperi, deve prendere parte alla lotta politica concretamente. LA CRITICA DEVE ESSERE AL SERVIZIO DELLARIVOLUZIONE
"Filmcritica": difende autori delle cinematografie emergenti e dell'avanguardia: Carmelo Bene, Godard, Truffaut, Polanski, Glauber Rocha, il Free cinema inglese. Ma anche Hawks, Welles e altri classici hollywoodiani. Il cinema deve andare oltre l'utilizzo d