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London Society for Promoting Christianity Among the Jews nota come London Jews’ Society (LJS):

creata a Londra nel 1809 come società volontaria indipendente avente l’obiettivo formale di “istruire

ed ignorante, specialmente colui che a parte alla nazione ebraica”, la LJS operò dal 1815 “in rigida

conformità con la liturgia e i formulari della Chiesa d’Inghilterra e Irlanda”.

La LJS si concentrò inizialmente su azioni di proselitismo all’interno delle comunità ebraiche nell’area

di Londra, dando vita a una traduzione dell’antico testamento in ebraico.

Visti gli scarsi risultati registrati in patria, l’organizzazione decise di spostare le proprie operazioni

all’estero. A partire dal 1820 cominciò a inviare rappresentanti anche in Palestina.

Non fu la prima società missionaria protestante ad attivarsi in questo senso: alcuni esempi come British

Foreign Bible Society o Church Missionari Society.

Benché la LJS non sia stata l’organizzazione apripista nell’invio di missionari in Palestina, essa fu

certamente la prima a cui riuscì l’obiettivo di creare una residenza permanente nell’area.

Il primo rappresentante scelto dalla LJS per essere inviato nel Mediterraneo orientale fu il pastore

svizzero-tedesco Melchior Tschoudy che si pose tre obiettivi: “conversare con gli ebrei, raccogliere

informazioni su di essi, e distribuire testamenti e trattati”.

Meno di un anno dopo la deludente spedizione di Tschoudy, giunse in Palestina un altro missionario

della LJS, l’ebreo convertito Joseph Wolff. Egli contribuì a rafforzare l’impressione dei vertici della

LJS secondo cui gli ebrei di Palestina erano pronti, se non ansiosi, ad accogliere la parola di Cristo.

Tutti questi tentativi non sortirono risultati degni di nota. Risvolti concreti si cominciarono a registrare

solo grazie alle mutate condizioni politiche che di li a poco interessarono la regione.

1840: decennio significativo in cui le autorità egiziane crearono un clima più favorevole nei riguardi

dei missionari, rimuovendo tra le altre cose il divieto ottomano di poter costruire nuove chiese e

garantendo il libero accesso dei pellegrini ai luoghi sacri.

Approfondimento in materia di permessi legati alle costruzioni: storicamente nei territori soggetti alla

dominazione ottomana i cristiani e gli ebrei non potevano costruire nuovi luoghi di preghiera. In alcuni

casi veniva accordata ai dhimmi la possibilità di ripristinare quelli caduti in disuso, a patto che ciò non

comportasse un allargamento degli stessi. Le riparazioni richiedevano un permesso da parte delle

autorità.

Nicolayson (missionario), con l’ausilio di un gruppo di operai scelti, riuscì nell’intento di costruire il

muro di cinta della proprietà e, in data 10 febbraio 1840, a deporre “la pietra di Sion”, la prima pietra

di quella che fu poi conosciuta come la più antica chiesa protestante nel Mediterraneo orientale.

Il governo di Sua maestà appoggiò, con un misto di prudenza e determinazione, quello che fino a pochi

anni prima sarebbe sembrato un progetto velleitario, al limite della follia.

Nonostante la protratta assenza di un permesso ufficiale da parte del sultano, che nel frattempo aveva

ripreso il conto della Palestina grazie anche all’intervento di Londra, la costruzione della chiesa

proseguì, sia pur a rilento, a causa dei forzati avvicendamenti tra gli architetti coinvolti e, soprattutto,

per via delle interruzioni imposte dalla Porta. 7

Gli attriti si acuirono ulteriormente con l’arrivo a Gerusalemme (gennaio 1842) di Michel Solomon

Alexander quale primo vescovo anglicano di Gerusalemme, una nomina, non riconosciuta dalla Porta.

Pur cosciente dei reiterati dinieghi ufficiali espressi dalle autorità romane, Alexander, missionario della

LJS convertitosi dall’ebraismo al cristianesimo nel 1825, depositò per la seconda volta, in data 28

febbraio 1842, la pietra fondante della futura Chiesa, dando un tangibile impulso alla ripresa dei lavori.

Questi ultimi proseguirono senza alcuna autorizzazione ufficiale per quasi un anno, fino a quando il

governatore di Gerusalemme impose una nuova perentoria sospensione.

Al di là delle reazioni estemporanee, la costruzione della chiesa divenne progressivamente una

questione di interesse nazionale. Non solo in quanto l’opinione pubblica associò sempre più la

“costruzione della chiesa all’influenza esercitata dal governo di Sua maestà”, ma anche in virtù della

crescente competizione venutasi a creare con la Russia, la Francia e i loro rispettivi “canali religiosi”.

1845: l’ambasciatore britannico a Costantinopoli fu sollecitato affinché riprendesse con il massimo

della determinazione i negoziati con le autorità ottomane. Queste ultime capitolarono il 10 settembre,

quando il sultano Mahmud II emise un firman, indirizzato al console generale di Sidone e al

governatore di Gerusalemme, concedendo il “permesso regale all’elezione del luogo di culto”.

Dopo tre anni di serrati lavori la Chiesa, lo strumento ideale per esaudire le profezie bibliche, era ormai

pronta. Per la sua consacrazione venne scelta la data del 21 gennaio 1849, anniversario dell’arrivo del

primo vescovo protestante a Gerusalemme. Si scelse il nome di “Christ Church”.

Tra il pubblico presente si curarono il console britannico e quello prussiano, assenti invece i vertici

religiosi e diplomatici delle maggiori realtà presenti nella regione, a conferma dell’isolamento della

diocesi anglicana rispetto a tutte le altre autorità ecclesiali presenti in Palestina.

4.2

Emancipazione femminile, il pungolo dei missionari

La società arabo-palestinese era contraddistinta da una struttura patriarcale, dove le donne

mantenevano però una certa influenza sulle attività dei mariti.

Esse erano nella gran parte dei casi prive di tutele e, sebbene non sia corretto sostenere che le influenze

esterne abbiano prodotto un cambio radicale e generale nei ritmi e nelle modalità di vita delle donne

locali, è altresì controproducente disconoscere loro un qualsivoglia ruolo.

Nelle campagne le donne avevano scarse possibilità di ottenere un’adeguata educazione; nelle città lo

status era per alcuni versi ancora più problematico ( escludendo quelle che appartenevano alle elite più

abbienti). Molte tra esse erano costrette a restare in casa dall’età di 16 anni in attesa di un marito.

In ragione del loro ruolo nei campi e delle maggiori possibilità di vivere a contatto diretto con gli

uomini, le donne di campagna erano sovente sprovviste di velo. Quelle metropolitane, per contro,

erano nella gran parte dei casi costrette a coprirsi integralmente.

4.2.1

Uno sguardo di genere

Le missionarie protestanti erano convinte di rappresentare per le donne arabe un modello “per le altre

sfortunate”. Questo ha impedito alle missionarie di integrarsi nel contesto culturale palestinese.

Tale atteggiamento paternalista era rintracciabile anche nel loro modo di rapportarsi alle donne ebree.

In questo contesto è di particolare interesse soffermarsi nel ruolo svolto dalla Female Education

Society (FES). La FES, fondata a Londra nel 1834, si espanse in molti paesi del mondo come India,

Giappone, Palestina ed Egitto. Qui si impose all’attenzione generale il ruolo svolto da Miss Holliday,

un’agente della FES al Cairo sposata con un missionario della CMS.

Holliday si trovò in una posizione privilegiata per sollecitare un interesse per l’area da parte delle

istituzioni britanniche: ebbe infatti l’opportunità di entrare a contatto diretto con Muhammad Alì e di

educare le femmine presenti nella sua corte.

La creazione di un Egitto moderno che attraverso delle riforme modificasse alcune consuetudini

radicate tra le stesse mura domestiche, ad esempio la ghettizzazione delle donne o la poligamia,

divenne un aspetto centrale in relazione alle politiche britanniche adottate in Egitto. 8

L’opera dei missionari e delle missionarie protestanti ebbe un ruolo non ininfluente nell’avvio del

processo che nei decenni successivi portò alcune fasce della popolazione femminile presente in

Palestina a ricoprire ruoli progressivamente più definiti nell’ambito delle sfide che investirono la

regione. In questo senso non è un caso che il precursore nonché la figura che forse più di ogni altra ha

influenzato il processo di emancipazione della donna araba abbia lavorato a stretto contatto con i

missionari americani ed europei.

Butrus al-Bustani: fondatore della prima società letteraria del mondo arabo; autore del primo

dizionario enciclopedico arabo, nel 1849 pubblicò un trattato nel quale perorò con enfasi la causa

dell’educazione femminile. Le problematiche sollevate ricevettero un marcato interesse.

Il tema dell’emancipazione femminile conobbe in contesti come l’Egitto un percorso particolarmente

sofferto. I colonizzatori promossero attivamente, con toni sovente paternalistici, il miglioramento della

condizione delle donne musulmane, spingendo queste ultime a utilizzare il più possibile vestiti,

espressioni, abitudini, utili a provare la propria indipendenza e “autenticità” nei confronti del resto

della comunità di appartenenza.

Nel contesto di questo paragrafo l’interesse è focalizzato sul processo attraverso cui le attività

missionarie e relative scuole a esse afferenti contribuirono a creare le condizioni affinché le donne

entrassero in maggiore relazione con il mondo esterno. Tale influenza ebbe infatti un ruolo non

trascurabile nell’incentivare le donne a esprimersi pubblicamente sui temi che le riguardavano.

Nel contesto del mondo arabo, solo in Egitto e nell’attuale Libano si ebbe un numero maggiore di

pubblicazioni legate all’emancipazione femminile. Rispetto ad esse la Palestina registrò un deficit in

termini di istituzioni educative all’avanguardia e un numero più circoscritto di potenziali lettori.

Tuttavia, comparando gli articoli pubblicati su questi temi e la popolazione presente in Palestina, salta

agli occhi in modo evidente il dinamismo registrato in quest’area in rapporto al resto del mondo arabo.

5

La diocesi protestante: il terzo strumento

Nel 1841, a seguito della vittoria su Muhammad Ali ottenuta grazie al sostegno britannico, i governi

delle due grandi potenze protestanti europee, Prussia (re Federico Guglielmo IV) e Gran Bretagna,

ritennero che i tempi fossero maturi per costruire a Gerusalemme la prima diocesi protestante di Terra

Santa [due confezioni: quella luterana, riconducibile all’opera di Lutero, e quella anglicana, radicata

nello scisma avvenuto sotto il regno di Enrico 8 Tudor).

L’assenza di una diocesi prot

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Publisher
A.A. 2014-2015
15 pagine
3 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher inshallah di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Porciani Ilaria.