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Alla strategia adattiva si contrappone quella non adattiva (B), meno interessata a trovare soluzioni

innovative e sostenibili e a fornire risposte immediate, proponendo pene più severe e un più massiccio

ricorso alla detenzione (tolleranza zero).

Come osservato da Battistelli, l’attività di prevenzione presenta una serie di criticità in termini di

imputabilità, data dalla difficoltà di stabilire una relazione chiara causa/effetto. Al contrario le funzioni di

contrasto si concretizza in attività di imputabilità immediata.

I principali attori della sicurezza sono gli amministratori, guidati da un principio di razionalità finalizzata a

mantenere l’integrità della propria organizzazione e i politici, che hanno bisogno di popolarità, per vincere

la competizione tra chi appare più intransigente. Nella pratica le due logiche risultano intrecciate.

 problema: governare attraverso il crimine.

Per intervenire sulla sicurezza non si può non partire dalla prevenzione. Agire in tempo per impedire il

verificarsi di aventi dannosi è la strada maestra per affrontare il problema della sicurezza. La prevenzione

comprende non solo azione orientate, in senso negativo, a evitare o contenere i fattori di rischio ma anche

azioni rivolte, in senso positivo, a rafforzare i fattori di protezione individuali ed organizzativi. Il paradigma

dominante è stato per lungo tempo la prevenzione fondata sul presupposto che i fattori che inducono alla

devianza e alla criminalità rintracciabili nella struttura sociale.

L’attuale configurazione delle strategie deriva dall’esigenza di superare il modello eziologico della

criminalità alla base della prevenzione sociale, ritenuto da molti obsoleto e insoddisfacente. A partire dalla

fine degli anni ’70 in concomitanza con l’avvento di leadership politiche conservatrici che avevano fatto del

problema della legalità e dell’ordine un cavallo di battaglia, si è sviluppato un approccio situazionale, che

prevede interventi rivolti a evitare o controllare la specifica situazione criminosa. Si tratta di misure volte a:

ostacolare le opportunità per le violazioni delle norme; ridurne i vantaggi; aumentare i rischi ( si basa

quindi sul fatto di considerare che l’attore scelga responsabilmente e razionalmente).

Due ideologie: quella di sinistra, che punta l’attenzione ai fattori strutturali, e quella di destra, interessata a

rimuovere le devianze.

Spesso le politiche di contrasto prendono di mira intere categorie sociali considerate a rischio.

La prevenzione situazionale invece interviene sull’ambiente fisico attraverso forme di controllo del

territorio. Gli attori della prevenzione strutturale sono soggetti istituzionali pubblici a più livello.

In un modello incentrato sul controllo del territorio come quello situazionale invece assumono un ruolo di

primo piano non solo gli operatori di polizia, ma anche i soggetti privati che forniscono risorse tecnologiche

ed umane per i sistemi di sorveglianza.

Prevenzione sociale cause sociali Prevenzione situazionale riduzione opportunità di crimine

Groenmeyer e Schmidt sostengono che, pur se molti progetti nel campo delle politiche e dei servizi sociali

usano l’etichetta di misure di prevenzione del crimine, spesso si tratta soltanto di un artificio retorico,

strategicamente, orientato ad ottenere ascolto e finanziamenti presso le istituzioni politiche; a partire dagli

anni ’90 si diffonde un approccio blended, che attinge elementi dai diversi modelli di prevenzione.

Lo sviluppo delle policy nel settore della sicurezza urbana in Italia è avvenuto con certo ritardo rispetto ad

altri paesi europei.

Nella prima metà degli anni ’90 si apre una prima fase caratterizzata dal crescente protagonismo da parte

dei sindaci nella ricerca di spazi di intervento per rispondere alla crescente preoccupazione dei cittadini. La

progettazione e la gestione delle politiche per affrontare la sicurezza apparivano inizialmente orientate a

ricomporre la frattura ideologica tra prevenzione strutturale e prevenzione situazionale, attraverso

interventi di prevenzione integrata. A partire dal 1998 si è aperta la fase di negoziazione e riforme, con

protocolli d’intesa tra comuni e prefetture e una collaborazione tra diversi livelli territoriali. La fase

propulsiva che caratterizza la fine degli anni ’90 tuttavia non riesce a favorire l’istituzionalizzazione delle

esperienze di collaborazione: all’inizio del 2000 infatti si tornerà a parlare di nuovo di misure deterrenti

contro la criminalità (emergenza sicurezza) e si darà avvio alla stagione dei patti per la sicurezza.

L’allarmismo che caratterizza il discorso pubblico, insieme al linguaggio emergenziale, porta a configurare la

situazione come una vera e propria emergenza nazionale; tuttavia le ordinanze dei sindaci appaiono un

fenomeno caratterizzato da modesta diffusione, breve durata e limitato impatto.

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La ricerca del capitolo è stata condotta su un campione di cittadini dei 5 capoluoghi di provincia della

regione Lazio: Frosinone, Latina, Rieti, Roma e Viterbo. L’indagine si è basata su interviste telefoniche a un

campione rappresentativo di 2075 cittadini da 18 anni in su, utilizzando il metodo del CATI (computer

assisted telephone interviewing) con l’obiettivo di rilevare la percezione di sicurezza dei cittadini dfei

capoluoghi del Lazio. Inoltre si è indagato se vi fossero o meno zone considerate pericolose e per quali

motivi e fonte dell’insicurezza. Uno spazio specifico è stato dedicato ad alcune innovazioni introdotte dal IV

governo Berlusconi (ronde e strade sicure).

L’osservatorio tecnico scientifico sulla sicurezza e la legalità della regione Lazio ha pubblicato nel 2012

l’ultimo rapporto sullo stato della sicurezza, confermando il più elevato tasso di criminalità dei centri urbani

e dei capoluoghi di provincia rispetto ai centri meno popolosi; il rapporto testimonia inoltre una ripresa

della delittuosità nel 2010-11.

I cittadini romani definiscono la città di Roma poco o per niente sicura nel 52 % dei casi. Al contrario le città

di Rieti e di Viterbo sono ritenute molto o abbastanza sicure rispettivamente dal 90% e 86%; Frosinone è

ritenuta sicura dal 77% mentre Latina dal 57%.

Un altro risultato atteso è la più alta percentuale di donne che giudicano la propria città di residenza

insicura. Un’altra variabile presa in considerazione è quella del titolo di studio: al crescere del titolo di

studio, cresce la percentuale di giudizi positivi sulla sicurezza della città di residenza (chi ha un titolo di

studio universitario percepisce la sicurezza al 71%). Meno discriminante l’auto-collocazione politica degli

intervistati: coloro che si distinguono di più sono quelli con nessuna collocazione politica. Più marcata la

differenza tra quanti dichiarano di avere difficoltà economiche e quanti invece dichiarano di non averne;

più alta è la percentuale di chi percepisce la città più insicura tra quanti dichiarano di vivere in condizioni

economiche precarie. L’insicurezza è dichiarata con percentuali più elevate tra le donne, tra gli anziani, tra i

meno istruiti e tra chi vive in condizioni di difficoltà.

La regressione logistica binomiale è un tipo di analisi che consente di stimare l’effetto specifico di ciascuna

variabile indipendente sulla variabile dipendente: l’essere donne, anziani, vivere in una città popolosa,

dichiarare una condizione economica difficile e vivere in zone periferiche sono variabili che incidono su una

maggiore percezione di insicurezza della città. Il rapporto di maggiore fiducia con il proprio quartiere di

residenza si verifica dunque solo nei contesti più grandi, dove il resto del territorio rubano può essere

percepito come meno conosciuto (Roma e Latina).

I motivi dell’insicurezza della città e del quartiere secondo il campione di intervistati riguardano gruppi

sociali con target di stigma e interessati negli ultimi anni da provvedimenti sicuritari (immigrati e criminalità

organizzata); particolarmente sentiti sono comportamenti non criminali quali il degrado urbano o la

presenza di gruppi sociali outsider. Come atteso sono innanzitutto i furti negli appartamenti ad essere

indicati come motivo di insicurezza della città e del quartiere, insieme al degrado urbano e ai reati di strada

(borseggi).

L’indagine presenta una specificità, in termini di sicurezza percepita, tra residenti delle zone centrali e

residenti delle zone periferiche e delle frazioni nei 5 capoluoghi. Anche il campione romano ha una sua

specificità: la maggior percezione di insicurezza tra i cittadini di Roma riguarda in modo specifico gli abitanti

delle periferie. Sono questi ultimi a ritenere nel 54% dei casi Roma poco o per niente sicura.

La maggioranza (64%) degli intervistati ritiene che siano le zone centrali della città ad essere più sicure. Solo

il 12% indica le zone periferiche come maggiormente sicure.

Per quanto riguarda le motivazioni, una larga parte dei romani ritiene le zone centrali più sicure perché c’è

più polizia, in quanto si registra un addensamento dei presidi delle forze dell’ordine nelle zone centrali. Per

tutti gli altri capoluoghi vale l’opposto: la prima motivazione è quella della maggiore frequentazione di

persone nelle zone centrali. Il 36% dichiarano l’esistenza in città di zone ritenute pericolose. Do contro il

56% degli intervistati dichiara di non evitare nessuna zona della propria città per motivi di sicurezza. Il 46%

del campione femminile indica l’esistenza di quartieri o luoghi pericolosi: solo a Roma la maggioranza dei

residenti dichiara l’esistenza di zone off limits (Frosinone è la seconda città dopo Roma che presenta zone

pericolose), in particolare Tor Bella Monaca.

La ragione più citata tra quelle che fanno ritenere insicuro un luogo della città è lo scarso controllo da parte

delle forze dell’ordine, i furti, lo spaccio e la presenza di gruppi stigmatizzati.

I fenomeni che con maggiore frequenza sono stati osservati da parte degli intervistati riguardano il degrado

urbano e i disservizi pubblici (marciapiedi in cattive condizioni). Tra chi abita nelle zone centrali, sono più

elevate le percentuali di quanti dichiarano di osservare molto o abbastanza di frequenza inquinamento,

traffico e difficoltà di parcheggio, schiamazzi notturni e gruppi di giovani che infastidiscono. Al contrario, in

periferia è più elevata la percentuale dei romani che osservano disagi dei collegamenti pubblici, la sporcizia

nelle strade, la povertà, l’emarginazione, la criminalità e lo spaccio.

Le politiche di sicurezza sono di tre tipi: il contras

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
9 pagine
5 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Crash_9009 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia dell'inclusione e della sicurezza sociale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Ricotta Giuseppe.