vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Sunto di Sociologia dei fenomeni politici
Docente: Serio
Libro consigliato: L’illusione populista
Autore: Pierre – Andrè Taguieff
Introduzione (da pagina 1 a pagina 40)
Il 21 aprile 2002 al primo turno di elezioni presidenziali in Francia, Le Pen con il 16,86% dei suffragi, si
candida ad affrontare al secondo turno Chirac (19,88%). Questo ha provocato una legittima inquietudine in
coloro che credendo nello stato di diritto e della democrazia pluralista, rifiutano norme discriminatorie. Sul
tema immigrazione il Front National promise imminenti disgrazie, ravvisando il rischio di guerra civile. Le
classi dirigenti, abituati alla solita alternanza destra-sinistra, scoprirono che una portavoce del popolo
poteva interrompere il loro micromondo. Il risultato definito “storico” dei media, fu subito definito un caso
di febbre elettorale, uno sfogo, una patologia provvisoria. Parole confermate poi dal secondo turno dove
Chirac prese l’82,21% dei suffragi contro il 17,79 della Le Pen. Un risultato considerato “sussulto
repubblicano”. Questa estrema destra ha dimostrato di sapersi modernizzare, rinunciando anche
riferimenti espliciti al fascismo e al nazismo, o anche ad autori ideologicamente troppo marcati. Le Pen
dimostrò la forza delle minoranze attive. Il Front National si inserisce nella frattura tra popolo e élite del
potere, la crisi della democrazia rappresentativa, risolvibile con una maggiore vicinanza.
In tutte le retoriche antimondialiste di estrema destra o di estrema sinistra, il fulcro è l’idea del popolo-
vittima, che non appena vota in massa per formazioni di estrema destra diventa una classe pericolosa. Il
disprezzo elitario verso il popolo esiste, almeno quanto il risentimento del popolo verso l’élite.
Imputazione, accusa, denuncia, vendetta sono compresenti nei voti antisistema.
Il risultato di Le Pen evidenzia la presenza di un’altra Francia, che vive nel disagio e nel malessere, molto
distante dalla Francia dei vincenti, dei fortunati. Due France distinte insomma, estranee e nemiche. A
questa concezione si oppone quella repubblicana dell’indivisibilità normativa della Francia come nazione,
fondata sul comune riferimento a un corpo di principi. I “piccoli”, i “senza gradi”, cosi definiti dalla Le Pen,
non si accontentano di soffrire, ma possono affidarsi ad un demagogo sperando in una possibile rivincita.
Dopo il risultato del secondo turno, tra gli antifascisti, una domanda rituale ha fatto immediatamente la sua
ricomparsa: come è potuto accadere? Questa situazione ha portato immediatamente a esternazioni quali:
“la repubblica è minacciata”, “il fascismo è di ritorno”. Qui però non si parla del fascismo studiato dagli
storici nella sua complessità, ambiguità e metamorfosi. Il termine fascismo qui viene utilizzato per far
paura, per risveglia timori, un termine utile a demonizzare un gruppo politico.
Il risultato inatteso francese, ha anche e soprattutto portato in primo piano la questione della irruzione, in
molti paesi europei, di partiti antipariti o antisistema. Questi movimenti o partiti si inseriscono nelle
classiche dicotomie politiche, sono guidati da personaggi telegenici, posti al di fuori della politica che si
ergono a salvatori e vendicatori con discorsi provocatori che parlano alla pancia delle masse. I voti a queste
formazioni sono di rottura, antisistema, di protesta più che voti di adesione ideologica. Ciò che minaccia il
sistema politico delle democrazia liberali/pluraliste è la possibile alleanza deli esclusi, dei vinti e dei delusi. Il
Front National viene considerato come una struttura che organizza questa alleanza.
Analizzando il programma di queste formazioni troviamo una mescolanza di xenofobia antiimmigrati,
antifiscalismo, demagogia populista (promesse allettanti), inquietudini legate all’ordine pubblico e temi
nazionalisti classici.
Il fascismo e la demagogia costituiscono i due estremi entro i quali si possono porre i significati polemici
attribuiti al termine “populismo”. Ordine, autorità, nazione, persuasione, propaganda: sono questi i termini
che si possono trovare tra i due estremi. L’ascesa del populismo è sintomo di una crisi delle democrazie
liberali/pluraliste moderne.
1. Populismo, nazionalismo, nazional-populismo
Prima del 1990 la parola populismo poteva apparire sottoutilizzata. Nell’ultimo decennio del novecento
invece la situazione sembra ribaltarsi. Il termine inizia ad essere usato come operatore di delegittimazione,
di ventata popolare. Il nocciolo del populismo consiste nell’appello al alato affettivo-immaginario dell’uomo
piuttosto che al suo intelletto. Nel discorso mediatico comune, “populismo” indica una minaccia indefinibile
alla democrazia. Ma come sarebbe possibile? Sarebbe un’affermazione paradossale, perché il popolo è
cardine del populismo così come della democrazia. Come si può definire antidemocratico? Non potrebbe
essere soltanto una esternazione di malessere collettivo provocato dall’attuale sistema rappresentativo?
Per quanto riguarda il problema di dare una definizione del termine populismo, considerate le varie
espressioni di questo termine in diverse democrazie, converrebbe ammettere l’esistenza di una
molteplicità di populismi, ciascuno differente in base al quadro nazionale ed al contesto storico. Ciò non
vuol dire che all’interno di uno stesso paese possa essere presente solo una forma di populismo, ma anzi è
pacifico, come nel caso italiano, la compresenza di più forme di populismo. La parola “populismo” è
recentemente tornata di moda in concomitanza con l’emergere del video-potere, cioè lo svolgersi della
competizione politica mediante l’uso dei media, in particolare della televisione. Per potersi affermare il
leader deve poter accedere alla piattaforma televisiva, dimostrando la sua qualità telegenica, soprattutto
nei momenti di forte ascolto. Tutto ciò ovviamente va a scapito delle mediazioni tradizionali. Molti sociologi
infatti hanno ipotizzato che i media si stanno sostituendo ai partiti sia per la selezione della classe politica,
sia come strumenti per la mobilitazione dell’opinione pubblica e sia per la definizione del programma
politico.
Si osserva inoltre che il discorso sul e/o contro il populismo, denunciato come pericolo per la democrazia,
può essere paragonato a quello che prende di mira il nazionalismo o il nazional-populismo.
1.1 Marcare l’estremismo
Uscito dalle strette frontiere del linguaggio specialistico a partire dall’inizio degli anni novanta, il termine
“populismo” appartiene ormai, allo spazio polemico occupato dagli attori politici, dai giornalisti e dagli
intellettuali mediatici. Nel linguaggio comune, gli usi recenti della parola “populismo” sembrano avere
preso la stessa piega di quelli delle parole “fascismo” e “nazionalismo”: l’eccessivo utilizzo di questo
termine lo ha tramutato in un’etichetta infamante, ma non solo. Si è arrivati al punto di usare questo
termine per riunire abusivamente, un certo numero di fenomeni sociopolitici o di leader giudicati
detestabili o temibili da chi li denuncia. In congiunzione o in concorrenza con il nazionalismo o la xenofobia,
il populismo, a partire dall’inizio deli anni novanta, è spesso indicato come incarnazione del male europeo,
il principale fattore di divisione e conflitto in Europa, l’ostacolo principale alla costruzione europea.
3. Percorso e bilancio critico degli approcci specialistici (da pagina 101 a pagina 109)
3.5 Campi di significato
La varietà delle definizioni del termine “populismo” dipendono dal fatto che esse rientrano in diversi campi
di significato. Se ne possono individuare almeno sei:
a. Il populismo-movimento: movimento di mobilitazione delle classi medie e popolari. Gli si attribuisce
una funzione nazionalista e una funzione di protesta. Attraverso l’esercizio di quest’ultima, una
formazione politica riesce a canalizzare il malcontento popolare verso vie e forme di espressione legali.
b. Il populismo-regime: il capo carismatico in regimi autoritari, demagogo classico o videopolitico, si
rivolge direttamente alle masse, traendo la propria legittimità dal fatto di incarnare la volontà del
popolo.
c. Il populismo-ideologia: la salvezza risiede nel popolo, il paese può essere salvato (rigenerato, rinnovato)
soltanto dal popolo, secondo i suoi valori e le sue virtù, mediante un leader. Il populismo qui può essere
inteso come fusione con altri “ismi” (liberalismo, federalismo, nazional-populismo).
d. Il populismo-atteggiamento: gli atteggiamenti populisti possono esistere sia a destra che a sinistra
indipendentemente dalle visioni o dalle tradizioni. È il caso di Chirac, che ha fatto propri gli
atteggiamenti ostili agli “specialisti”, vincendo poi le elezioni presidenziali.
e. Il populismo-retorica: stiamo parlando di una ideologia anti status quo, quindi un populismo polemico,
rivolto contro qualcun altro.
f. Il populismo-tipo di legittimazione: i movimenti populisti sorgono, sotto la pressione di aspirazioni
popolari, in congiunture segnate da una crisi della legittimità politica, generate dai diversi processi di
modernizzazione. In queste situazioni il populismo può designare una forma di legittimazione
provvisoria o transitoria. Questa legittimazione presuppone due modelli: quello della sovranità del
popolo e quello del dominio carismatico.
5. Tipi ideali di populismo politico e forme miste (da pagina 129 a pagina 140)
5.1 I due tipi di populismo politico: il protestatario e l’identitario
Il populismo politico lo possiamo trovare sia in schieramenti di destra che di sinistra. Per quanto riguarda la
caratteristica del populismo politico possiamo definirlo come un sentimento antipartitico, in particolare
antipartito di governo. Nello specifico vengono denunciati i programmi e l’azione degli altri partiti. Si tratta
quindi di una protesta contro i partiti, alla quale si aggiungono: il rifiuto dell’immigrazione, l’ossessione
dell’insicurezza e alla protesta antifisco. I fenomeni sociopolitici caratterizzati come populisti possono
presentarsi anche sotto la denominazione della “terza via”, prodotta in base alla teoria “né destra, né
sinistra, oppure per una congiunzione degli estremi (rivoluzione conservatrice).
Il populismo protestatario
In questa prima forma, l’appello al popolo è rivolto contro le élite al potere, politiche, amministrative,
economiche o culturali. Il populismo in questo caso può essere definito come un iperdemocraticismo che
idealizza l’immagine del cittadino attivo e resta diffidente nei confronti dei sistemi di rappresentanza in
quanto lo priverebbero del suo potere o delle sue iniziative. Q