Riassunto esame Sociologia dei Fenomeni Politici, prof. Montanari, libro consigliato La Comunicazione Politica, Mazzoleni
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Questo si chiama dunque MODELLO PUBBLICISTICO-DIALOGICO della comunicazione
politica perché colloca tale comunicazione all’interno di un più ampio processo di
interazioni discorsive tra tutte le componenti dello spazio pubblico politico, dello spazio
pubblico mediatizzato e della società civile.
I tre attori sono primi inter pares, la loro comunicazione prende forma nell’interazione che
stabiliscono di volta in volta con l’uno o l’altro attore. Si tratta quindi di uno spazio pubblico
di tipo tradizionale in cui i mass media sono soltanto uno degli attori dell’interazione –
comunicazione politica.
IL MODELLO MEDIATICO
Nella sfera politica contemporanea, tra i tre attori, il peso maggiore spetta ai mass media.
Secondo la tesi della mediatizzazione della politica, oggi (pensiamo all’importanza
dell’avvento della televisione) l’azione politica pubblica avviene all’interno dello spazio
mediale o comunque dipende in gran parte dall’azione dei media.
A tal proposito, esistono due scuole di pensiero politologico:
1) quella che propone la concezione competitiva e di mercato: media come arena
pubblica in cui hanno luogo lo scambio e i rapporti di forza tra i tre attori;
2) quella della democrazia del pubblico: a fronte della crisi dei partiti, i media, i
sondaggi di opinione e l’immagine, sono il nuovo foro della deliberazione e della
rappresentanza politica.
Sistema politico Media
M
P C Cittadini
Questa figura denota la funzione inclusiva dei media: i soggetti politici (P) comunicano tra
di loro e con i cittadini-elettori (C) e viceversa, in un contesto mediale.
Secondo questo modello, cosiddetto mediatico, la comunicazione/interazione politica
che avviene tra i tre attori si verifica all’interno dello spazio pubblico mediatizzato.
E AL CONTEMPO SONO
I MEDIA FUNGONO DA RIBALTA DELL’AZIONE POLITICA
INTERLOCUTORI DI ENTRAMBI GLI ATTORI, condizionando i loro rapporti e
obbligandoli ad adattarsi alle logiche che governano la comunicazione di massa.
Rispetto al modello precedente, in cui i media sono uno degli attori dello spazio pubblico,
nel modello mediatico i media si identificano largamente con lo spazio pubblico.
Per questo la comunicazione politica appare il prodotto dell’interazione e della
competizione tra i diversi attori nello spazio pubblico mediatizzato.
La mediatizzazione della politica non è solo ricorso massiccio ai media ma processo che
modifica le forme e la sostanza della comunicazione tra i tre attori:
la comunicazione tra candidato ed elettore; il dibattito intra e interpartitico; i rituali, simboli
e linguaggi politici; la narrazione giornalistica; l’agenda delle issues politiche;
l’elaborazione e pubblicizzazione dell’offerta politica, etc. 4
5. Attori e forme della comunicazione politica
IL SISTEMA POLITICO: si intende generalmente l’insieme delle istituzioni politiche.
Attivano una comunicazione istituzionale cioè espressione delle stesse istituzioni e non
delle persone che ricoprono i vari uffici. Ne fa parte anche l’area non istituzionale, ovvero i
soggetti politici (=comunicazione politico-partitica, prodotto della libertà di manifestazione
del pensiero, di associazione e di competizione per la rappresentanza e la difesa degli
interessi).
IL SISTEMA DEI MEDIA: molteplicità di attori, come emittenti e produttori di
messaggi. Si intende l’insieme delle istituzioni mediali che svolgono attività di produzione e
di distribuzione del sapere (informazioni, idee, cultura). Tradizionalmente sono i grandi
mass media. Tutti si rapportano con il sistema politico, sono oggetto di misure legislative e
amministrative. I mezzi di intrattenimento hanno uno scambio più limitato con il sistema
politico ma più intenso con i cittadini.
IL CITTADINO-ELETTORE: a parte il singolo cittadino, le sue rappresentazioni
collettive (opinione pubblica ed elettorato) sono più nominalistiche che reali. L’opinione
pubblica esiste in quanto rilevata attraverso un sondaggio e l’elettorato al momento del
voto.
5. I flussi e le forme della comunicazione politica
Forme che assume la comunicazione politica a seconda della direzione dei flussi di
interazione:
sistema politico sistema dei media: Niklas Luhmann identifica il potere nella
comunicazione che definisce come “facoltà di influenzare la selezione dei simboli e degli
atti”. Questo tipo di comunicazione può essere visto come rapporto di potere per
estendere la propria influenza (potere che hanno anche i media attraverso la selezione dei
simboli). Questo flusso di comunicazione può assumere diverse forme:
regolamentazione: direttive UE, leggi come la Mammì e la Gasparri, la nomina dei
membri del CdA della Rai;
media e news management: quando il sistema della politica cerca di condizionare
l’attività dei media, es. relazioni pubbliche, conferenze stampa, lottizzazione;
fonte di informazione: quando alcune componenti del sistema politico stabiliscono
rapporti di collaborazione o di scambio con i news media.
Sistema politico cittadino-elettore:
comunicazione pubblica o istituzionale: quando a comunicare sono le istituzioni,
come le amministrazioni centrali e periferiche;
contatto personale: quando i politici nelle campagne elettorali o in occasioni
pubbliche incontrano direttamente i cittadini;
propaganda-pubblicità: quando partiti e candidati si rivolgono all’opinione pubblica o
all’elettorato, attraverso i mezzi di comunicazione di massa, i nuovi media, gli
strumenti del marketing. Comunicazione pubblica = risposta a un dovere di
informazione e trasparenza nei confronti dei cittadini; contatti personali e pubblicità
= richiesta al cittadino di concedere ascolto, consenso e accettazione.
Cittadino-elettore sistema politico: il flusso di ritorno (bottom-up) si sviluppa
attraverso tre fondamentali modalità:
il voto: massima espressione della volontà del cittadino;
il dibattito pubblico: richiama l’agorà greca e per Habermas la caratteristica
fondante della sfera pubblica, consiste nella partecipazione alla discussione delle
questioni di interesse generale, anche attraverso manifestazioni, invio di fax,
telefonate alle radio di tendenza politica;
l’interazione diretta: incontri tra candidati e cittadini; 5
il sondaggio di opinione: da molti è però considerato una forma impropria di
comunicazione.
Sistema dei media sistema politico: è un flusso di comunicazione molto
consistente e prende forme diverse a seconda dei contesti culturali ed istituzionali.
SI manifesta come:
informazione: quando il sistema dei media svolge la sua tradizionale funzione,
veicolando informazioni e dati di natura e interesse politico;
vigilanza/critica: quando svolgono la funzione di portavoce e paladini dei cittadini,
controllando e giudicando l’operato delle istituzioni e dei partiti;
partigianeria: quando è dalla parte delle istituzioni e partiti;
mediatizzazione: quando i media impongono i propri linguaggi e i propri formati alla
comunicazione degli attori politici, come nel caso della spettacolarizzazione e della
costruzione delle immagini.
Sistema dei media cittadino-elettore:
informazione: può essere referenziale (es. i telegiornali) oppure misto (c.d.
infotainment);
informazione partigiana: prodotto della eventuale faziosità dei media che veicolano
messaggi rispondenti agli interessi di una o più parti del sistema politico;
pubblicità: quando i media prestano i propri canali alle comunicazioni dell’attore
politico rivolte ai cittadini.
Cittadino-elettore sistema dei media: la comunicazione di ritorno al sistema dei
media assume le forme di un generico feedback. La “quasi interazione mediata”
(Thompson) permette forme di intervento indiretto come decidere se accendere o
spegnere la tv, cambiare canale, acquistare o no un giornale. Le forme più comuni di quasi
interazione attiva possono essere la partecipazione di membri del pubblico a trasmissioni
televisive su tematiche politiche o le lettere ai giornali. Per alcuni autori vi rientra anche il
sondaggio di opinione svolto da o per conto delle testate giornalistiche.
6. Definizioni della comunicazione politica
Comunicazione politica = lo SCAMBIO e il CONFRONTO dei contenuti di interesse
pubblico-politico prodotti dai sistemi politico, dei media e del cittadino-elettore.
La natura ibrida della comunicazione politica è da ricondurre al fatto che si pone sullo
spartiacque tra due grandi sfere dell’attività umana: la comunicazione e la politica.
Tra gli studiosi:
Dominique Wolton e Brian Mc Nair sono sociologi della comunicazione;
Dan Nimmo, David Swanson e Jacques Gerstlé sono di formazione politologia ma si sono
dedicati quasi esclusivamente allo studio della comunicazione politica.
Wolton è attento agli intrecci tra il campo della comunicazione politica e quello dello
spazio pubblico. Attribuisce un forte peso ai mass media e ai sondaggi. La comunicazione
politica non sopprime la politica ma la rende possibile nella democrazia di massa. Per
Wolton la comunicazione politica è lo spazio dove si scambiano i discorsi contraddittori dei
tre attori che hanno la legittimità di esprimersi pubblicamente sulla politica e che sono gli
uomini politici, i giornalisti e l’opinione pubblica attraverso i sondaggi.
Nimmo e Swanson lavorano alla definizione di un punto di incontro tra i vari approcci di
studio per dare alla comunicazione politica la compattezza concettuale di altre scienze.
Gerstlé ritiene che la comunicazione politica si può meglio definire osservando le sue tre
dimensioni: PRAGMATICA (per l’interazione tra emittente e ricevente nelle varie forme di
informare, convincere, dominare), SIMBOLICA (attraverso i riti del consenso e del
conflitto) e STRUTTURALE (quella che passa dai canali istituzionali, organizzazioni, canali
mediali e interpersonali). 6
McNair costruisce la sua definizione attorno ai tre elementi che compongono il flusso
comunicativo: EMITTENTE (le forme di comunicazione usate da esponenti politici e altri
attori politici), RICEVENTE (la comunicazione rivolta a quegli attori da soggetti non politici
quali elettori e giornalisti) e il MESSAGGIO (la comunicazione su di essi e le loro attività
contenuta nelle notizie, editoriali e altre forme di dibattito giornalistico).
7. Campo di ricerca interdisciplinare
La scienza politica ha, per decenni, trascurato nelle sue categorie interpretative dei
fenomeni politici la variabile comunicazione di massa e interpersonale.
ORIGINI E SVILUPPO DELLA DISCIPLINA
La comunicazione politica come area di ricerca e disciplina di insegnamento è nata negli
Stati Uniti negli anni 50. Nel 1956 troviamo uno dei primi tentativi di indicare la
“comunicazione politica” come uno dei processi intervenienti, assieme alla leadership
politica ed ai gruppi sociali, della mobilitazione e trasmissione dell’influenza politica.
Nimmo e Sanders, nel 1981, compiono una ricognizione completa della crescita della
disciplina dagli anni 50 agli anni 80, abbozzando un primo catalogo delle aree di interesse
scientifico della comunicazione politica: retorica, propaganda, cambiamento degli
atteggiamenti, voto, rapporto tra governo e organi di informazione, analisi funzionalista,
cambiamenti nelle tecnologie.
Nel 1991 i due autori tracciano un bilancio, indicando come si sia passati dal paradigma
della persuasione elettorale allo studio di come i messaggi politici influenzano le
cognizioni, i sentimenti e le decisioni elettorali del pubblico. Le aree di interesse sono,
sostanzialmente, quelle del decennio precedente, con l’uscita del funzionalismo e della
propaganda. La classificazione riguarda ora: la comunicazione elettorale, la
comunicazione politica e l’informazione, la retorica politica, l’informazione e gli
atteggiamenti e comportamenti politici.
In Europa, tra il 1965 e il 1990, si registra una notevole crescita della ricerca sulla
comunicazione politica. Nel 1990 Blumler, Dayan e Wolton elencano, in otto elementi, il
contributo europeo alla ricerca sulla comunicazione politica:
1) superamento del modello lazarsfeldiano degli effetti limitati;
2) prospettiva solistica;
3) approccio cognitivo misto;
4) prospettive normative;
5) interazione tra sistemi dei media e sistemi politici;
6) influenza americana sulla ricerca sul pubblico;
7) analisi longitudinale;
8) focalizzazione ancora troppo interna e nazionale.
Dagli anni 90 la ricerca sulla comunicazione politica è più integrata grazie ad un approccio
comparato tra i diversi Paesi.
8. Le tre fasi della comunicazione politica
La comunicazione politica è strettamente connessa a processi più ampi come la
trasformazione dei valori e dei sistemi sociali, il progresso tecnologico e della
comunicazione, la crisi delle ideologie e dei sistemi politici, la globalizzazione
dell’economia e della cultura, etc. Sono tre le fasi della comunicazione politica individuate
dal secondo dopoguerra ad oggi:
1° fase: IL DOPOGUERRA E GLI ANNI 50. La comunicazione politica era subordinata a
un sistema di istituzioni e di fedi politiche molto salde, in cui i partiti svolgevano le principali
funzioni di cinghie di trasmissione tra il sistema politico e i cittadini. Si votava per
identificazioni di gruppo. 7
2° fase: DAGLI ANNI 60 AGLI ANNI 80. Diffusione della televisione e allentamento delle
tradizionali fedeltà partitiche. Gli inglesi Blumler e Kavanagh (autori della tripartizione dei
periodi) individuano alcuni cambiamenti che caratterizzano questa fase:
attenuazione del meccanismo della selettività nell’esposizione del cittadino-
telespettatore in quanto in tv appaiono tutti i leader politici, grandi e piccoli;
la possibilità di raggiungere anche quei segmenti dell’elettorato che erano scarsi
consumatori dei vecchi media;
con l’informazione televisiva si adottano tecniche per sfruttare al meglio questo
mezzo, anche attraverso una comunicazione più attenta ai climi di opinione e
l’organizzazione “scientifica” delle campagne elettorali.
3° fase: DAGLI ANNI 90 AD OGGI. Grande proliferare dei mezzi di comunicazione. Per
Blumler e Kavanagh si assiste a una mutazione genetica secondo cinque direttrici:
1) professionalizzazione del rapporto con l’opinione pubblica (es. spin doctors)
così che l’arte del governare si trasforma nell’arte di gestire l’informazione
pubblica. Metodi rigettati da alcuni media che li ritengono tecniche
manipolatorie.
2) Aumentata competizione tra contenuti dei media e
comunicazione/informazione politica: molta informazione giornalistica è
sempre più attenta al business, alla moda, al pettegolezzo per la crescente
commercializzazione dei sistemi di comunicazione. I media cambiano quindi
la loro visione della politica: aumento di talk-show o varietà con passerelle di
politici. prima le issues dell’agenda politica erano discusse tra politici,
3) Populismo:
oggi con il declino delle ideologie, correnti di populismo attraversano la
società, i media, i territori della politica. I media puntano sempre più sui
sentimenti, sul privato, popolarizzano anche la politica, con lo scopo di
renderla più conforme ai gusti e alle mode correnti. Il ruolo delle elite di
detentori della competenza politica sta tornando al pubblico che sembra
giocare un ruolo più attivo nella costruzione dei significati sociali e politici
traendo spunti dalla narrativa mediatica.
4) Comunicazione centrifuga: la moltiplicazione dei canali e la frammentazione
dei pubblici permette agli attori politici di confezionare e indirizzare i propri
messaggi a determinate nicchie di destinatari. Una comunicazione per
conquistare il consenso di fasce di elettori distratti dai media nazional-
popolari. Contribuiscono a questa forma le indagini di mercato,
l’individuazione dei profili degli elettori, la posta elettronica e l’informazione
via siti web.
5) Consumo occasionale di comunicazione politica: la politica è sempre più
diluita nella programmazione televisiva, in una specie di contaminazione con
altri generi. 8
CAP. 2 – SISTEMA POLITICO E MASS MEDIA
1. La mediatizzazione della politica
Secondo quanto detto, dunque, la comunicazione politica è il prodotto dello scambio fra i
tre attori dello spazio pubblico: il sistema politico, il sistema dei media, i cittadini-elettori.
Uno scambio che, avvenendo in massima parte attraverso i canali della comunicazione di
massa, presuppone un ruolo centrale dei media.
Molti parlano di cittadino spettatore più che attore, considerato che lo scambio è
sbilanciato a favore di sistema politico e media.
Nel modello pubblicistico-dialogico i media sono al centro dell’interazione tra gli altri due
attori; nel modello mediatico i media sono lo spazio dove viene rappresentata la politica e
dove avviene lo scambio tra i tre attori.
I media acquistano una centralità nell’arena politica, grazie al fatto che hanno conquistato
il ruolo di agenzia di socializzazione sempre più al posto di quelle tradizionali (chiesa,
scuola, partito). Per questo prima della mediatizzazione della politica avviene quella della
società. L’avvento della televisione, mezzo che somma in sé le funzioni di intrattenimento
e di svago del cinema e di informazione della stampa, rappresenta meglio di qualsiasi altro
l’insediamento dei media nel tessuto sociale e culturale.
I media hanno assunto un carattere di necessità, con queste caratteristiche:
Fonte di potere: strumento di influenza, controllo e innovazione nella società,
fonte di informazione indispensabile al funzionamento di quasi tutte le istituzioni
sociali;
arena dove si svolgono molti fatti della vita pubblica nazionale e internazionale;
fonte di immagini della realtà sociale, dove si costruiscono, conservano e
manifestano i cambiamenti culturali e i valori della società e dei gruppi;
chiave per raggiungere visibilità pubblica;
fonte di significati per la sfera pubblica.
Questa centralità ha fatto vedere i media come quarto ramo del governo, dopo i poteri
esecutivo, legislativo e giudiziario. Tanto più che i media non fanno solo da tramite tra
politici e cittadini, ma il sistema politico deve sempre più negoziare con essi tempi,
modalità, registri e contenuti.
Hanno grande potere in quanto interlocutori e/o controllori del potere politico.
Anche la politica è necessaria ai media per tre ragioni:
1) loro attività oggetto di regolamentazione
2) spesso parte della stessa elite di potere
3) dipendenza dalle fonti politiche per l’informazione politica.
Si dice che c’è videocrazia quando si assiste a una supplenza dei media o a una confisca
da parte degli stessi di funzioni proprie del sistema politico.
2. La comunicazione degli attori politici
PROPAGANDA quando i comunicatori sono soggetti politici impegnati nella competizione
per il potere.
COMUNICAZIONE PUBBLICA quando i soggetti politici rivestono funzioni istituzionali,
quindi fanno conoscere l’azione di governo.
Grande peso della comunicazione del presidente negli Stati Uniti per la
IL PRESIDENTE.
forte personalizzazione che contraddistingue questa carica politica e istituzionale.
L’azione di comunicazione presidenziale, per poter stabilire un contatto diretto ed efficace
con il pubblico, segue due strategie: l’aggiramento (ovvero evitarli) e l’imbonimento
(atteggiamento amichevole e collaborativo) dei news media. E’ il classico media
management che, nel caso americano, prende le forme della A) concessione o rifiuto ai
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giornalisti di essere ammessi alla presenza del presidente, B) della scaltra gestione del
segreto per alcuni giornalisti (poco collaborativi, spesso attack dogs ovvero cani d’assalto)
e delle indiscrezioni per altri (più accomodanti).
IL GOVERNO. La comunicazione prodotta dal potere esecutivo si distingue tra
comunicazione pubblica e comunicazione politica. Come nel caso delle presidenze
americane e francesi, l’azione di governo non è disgiunta dall’interesse della propria parte
politica. Le decisioni del potere esecutivo, la policy, che attiene all’interesse pubblico, deve
avere una traduzione comunicativa e di pubblicizzazione (es. Dipartimento per
l’informazione e l’editoria della Presidenza del consiglio e, a livello locale, Urp).
Dal punto di vista della comunicazione politica, due sono le strategie comunicative:
media management: consiste nello stabilire rapporti collaborativi con il sistema dei media
del Paese per avere la massima visibilità dei ministri e politici (conferenze stampa,
partecipazioni a trasmissioni tv, comunicati stampa, etc.).
Information management o news management: consiste in metodi di palese od occulta
manipolazione dell’informazione da parte dei politici al potere. Si va dalla censura al
tentativo di influenzare le nomine, dalle pressioni personali a quelle indirette (sussidi e
sgravi fiscali).
Tra le strategie più diffuse, quella che nei Paesi anglosassoni è chiamata spin doctoring: lo
spin doctor è un consulente del leader di governo che ha il compito di “massaggiare il
messaggio”, cioè di estrarre il meglio da qualsiasi situazione in cui è implicato il leader. Si
tratta di una figura che opera ai confini tra il sistema della politica e quello della
comunicazione, sa anticipare, simulare e stimolare l’azione del giornalista.
Marketing elettorale = quando, negli anni 60, si comincia ad applicare alla politica le regole
della pubblicità. Il termine spin doctor viene introdotto definitivamente nel 1992, con il
candidato democratico Bill Clinton. Le regole dello spin doctor attengono a: messaggio,
portamento, portavoce, amici (trattamento di favore), avversari, preparazione.
E’ la sede dove si attua concretamente la sovranità popolare, espressa
IL PARLAMENTO.
attraverso l’istituto della rappresentanza.
La comunicazione che attiene al parlamento è complessa e si distingue in:
comunicazione istituzionale = pubblicità del dibattito in aula e delle leggi;
comunicazione informale = dialettica tra gruppi parlamentari, fuori dall’aula;
comunicazione giornalistica = per eco informativa che certe decisioni hanno sui mass
media. è il primo prodotto comunicativo elaborato dagli organi
Comunicazione istituzionale:
direttivi e amministrativi dei parlamenti, attraverso pubblicazioni degli atti, bollettini ufficiali,
comunicati stampa e briefings. E’ una comunicazione certificata perché la fonte è pubblica
e immediatamente accessibile a tutti i cittadini.
Comunicazione informale: prodotto non ufficiale, non pubblico e accessibile solo ai
giornalisti. Ne fanno parte interpretazioni, indiscrezioni, veline. Hanno finalità di parte e
spesso manipolatorie.
Si crea una simbiosi tra politici e giornalisti, di vita comune, di brotherhood.
La stampa assume un potere di filtro, decide la notiziabilità di un evento al posto del
parlamento. Questo anche perché i parlamenti sono incapaci di comunicare se stessi, se
non a un pubblico di iniziati. Un modo per aggirare la mediazione giornalistica è la diretta
tv dal parlamento.
I PARTITI.
Si ha un declino delle reti e dei modelli di comunicazione interna ai partiti di massa, con la
migrazione di parte della dialettica intrapartitica sui mass media. Effetto che ha
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riguardato anche la dialettica interpartitica passata dalle aule parlamentari alle pagine dei
giornali o nei talk show televisivi.
Crescita di importanza e di potere dei leader e dei personaggi con buone abilità
comunicative.
Il partito mediale non ha radicamento né storico né organizzativo per cui il consenso
proviene dalla sua forza mediatica (es. Forza Italia). Ha una gerarchia interna meno
burocratica di quella dei partiti tradizionali, mancando i meccanismi di mobilità verticale e
applicando modelli aziendali legati alla performance.
Forza Italia viene anche definito partito personale perché ha al suo vertice una forte
leadership personalizzata che trae forza dal carisma personale, dalla costante visibilità
assicurata dai media, dalla mancanza di dialettica interna.
I GRUPPI DI INTERESSE E I GRUPPI DI PRESSIONE.
Con attori politici si intende l’insieme dei soggetti che interagiscono in un sistema politico
allargato, anche se non sono subito identificabili come politici:
gruppi di interesse: associazioni di categoria, sindacati (come rappresentanze di
interessi svolgono attività di pressione sui decisori pubblici);
gruppi e movimenti che agiscono nella legalità e
manifestano pubblicamente e pacificamente le
proprie idee e posizioni (No Global, Greenpeace,
ambientalisti, pro diritti civili)
gruppi con finalità politiche: gruppi e movimenti che operano nell’illegalità e a
volte nella clandestinità: movimenti terroristici (Ira,
Brigate Rosse professano ideologie politiche) o
fondamentalisti religiosi (Al Qaeda esercitano la
violenza per sovvertire l’ordine pubblico e per
colpire modelli di civiltà)
I gruppi di interesse e di pressione, politici e non, sono resource poor, ossia svantaggiati
nell’accesso alle risorse medianiche.
Todd Gitlin distingue tra copertura informativa dei media e accesso ai media (potere di
definizione degli eventi).
I movimenti fanno spesso ricorso a: immagine del leader maltrattato dai media,
manifestazioni spettacolari di dissenso, linguaggio trasgressivo, etc.
Populismo dei media: stampa e televisioni tabloid puntano a sensazionalismo, titolazioni
shock, scandalismo (c’è concordanza di bisogni tra queste testate e i movimenti).
Media mainstream, al contrario, indica i media di qualità, attenti alle posizioni delle elite
intellettuali e politiche (attenzione allo status quo).
Rapporto tra movimenti terroristici e media: Picard (1986) obiettivi dei terroristi nella
ricerca della copertura dei media: ottenere pubblicità, acquistare legittimità, status,
consenso, eliminare gli oppositori, scatenare effetto contagio per indurre altri gruppi e
individui ad associarsi, forzare le autorità a negoziare.
Tipologie del terrorismo:
TERRORISMO DICHIARATIVO: rende pubbliche le proprie posizioni
TERRORISMO CON POST-SCRIPTUM: ad atti fa seguire spiegazione
TERRORISMO ERMENEUTICO: nasconde le proprie ragioni, lascia nel dubbio per
ingenerare maggiore senso di insicurezza. 11
LA MAGISTRATURA.
In Italia (dove procuratori e giudici sono formalmente indipendenti dagli altri poteri e scelti
attraverso concorsi pubblici) si assiste a un rapporto a tre: politica/giustizia/mass media.
Si è realizzato un circuito mediatico-giudiziario che ha esaltato il potere politico della
magistratura italiana.
La magistratura ha attivamente cercato l’attenzione e i riflettori dei media oltre che
l’appoggio morale e politico.
Un circuito nel quale si pongono anche le commissioni parlamentari di inchiesta, talvolta
oggetto di strumentalizzazioni.
I rapporti tra l’avvocato penalista e i media sono improntati all’interesse del cliente più che
all’etica professionale (codice di comportamento dell’avv. Shapiro).
3 – I mass media
Lo studio sul rapporto tra mass media e politica ha nell’istituzione della Commission on
Freedom of the Press (1947) un importante punto di partenza.
Si analizza innanzitutto il ruolo dei media nella società.
1) Il ruolo dei media nella politica
Si possono distinguere – secondo Robinson e Levy – quattro grandi concezioni teoriche
da cui partire per comprendere la formazione del quadro normativo, i poteri e i limiti dei
media nella società politica statunitense.
Teoria libertaria – o teoria della libera stampa - si basa sulla filosofia politica di John
Milton e John Stuart Mill. Poteva nascere un nuovo ordine sociale solo se venivano a
cadere i vincoli innaturali e artificiali (es. censure) imposti dall’autorità tradizionale.
Teoria del mercato delle idee – o teoria liberistica – le idee possono essere trattate come
beni che possono essere comprati o venduti in un mercato aperto e così le idee migliori
avranno la meglio sul mercato.
Il giornalismo impegnato – la caccia agli scandali politici, ai malaffari, agli abusi fu una
ideologia che ha lasciato una traccia profonda nella professione giornalistica americana.
Teoria della responsabilità sociale – fu formalizzata dalla Commission on Freedom of
the Press, attraverso dei criteri cui dovrebbe attenersi la stampa (resoconto completo,
tribuna per lo scambio delle opinioni, etc.).
Si assiste a una progressiva crescita dell’autoconsapevolezza dei diritti e doveri dei media.
Queste le principali funzioni dei mass media in relazione al sistema politico:
informazione oggettiva
far comprendere a tutti le cose politiche (advocacy journalism per fare il cittadino
partecipe della vita politica)
informazione attiva, di indagine e sorveglianza nei confronti del potere politico
(giornalismo come watchdog ovvero cane da guardia)
intervento diretto nel dibattito politico, tematizzando le questioni (issues)
resistenza ai tentativi dei soggetti politici di limitare l’indipendenza
tenere i conti economici in pareggio, anche come garanzia di libertà
Questi i motivi di frizione tra media e politica:
compromesso tra indipendenza/accesso alle voci della società e obiettivo di
seguire i gusti del pubblico
far parte di una sorta di elite (“Millecinquecento lettori” di Enzo Forcella)
competizione di altre informazioni ed esigenza di spettacolarizzare
Un contributo al dibattito sulle funzioni dei media nella società e nella sfera politica è stato
quello della scuola di Birmingham dei Cultural Studies. Una prospettiva, di ispirazione
marxista, che ha influenzato la ricerca sui mass media in Gran Bretagna e in diversi altri
Paesi. Respinge l’idea che i media devono presentare apertamente una ideologia o
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controllare i comunicatori per conservare lo status quo. Al contrario, sostiene che lo status
quo viene assicurato da una sottile influenza sulla cultura pubblica e in particolare sul
linguaggio.
Stuart Hall, caposcuola dei Cultural Studies, osserva che i moderni media permettono
l’emergere di un “foro pubblico” in cui vengono discussi i problemi della società ma che
può essere controllato e manipolato per rispondere agli interessi delle elite.
E’ certo che l’apparato teorico e normativo sul ruolo dei media, conferisce loro una
centralità e un potere che hanno avuto importanti conseguenze sulla vita democratica di
molti Paesi.
2. La stampa
Il giornale è il più antico strumento di informazione politica, un attore importante dell’arena
politica. A differenza di radio e tv (servizio pubblico) la carta stampata è sempre stata più
faziosa, libera di riflettere solo alcune opinioni, di essere portavoce di alcuni interessi
economici, sociali, politici, regolata solo dalle leggi del mercato e da quelle dell’adesione
politica ed ideologica.
I vari tipi di stampa hanno un peso diverso nel mercato politico:
giornali di qualità: riflettono le opinioni e le posizioni delle elite culturali e politiche
tabloid: giornali popolari che non hanno ambizioni culturali, seguono i gusti del
pubblico, ha obiettivi esclusivamente commerciali, unisce gli ingredienti della
narrativa popolare, ovvero storie di vita, scandali, pettegolezzo, spettacolo, disastri
e tragedie, crimine e violenza, cioè il sensazionale. La ricerca critica dei Cultural
Studies ha dimostrato come questa stampa rafforzi nel pubblico o il disimpegno, la
disaffezione, l’avversione alla politica, o contribuisca a diffondere correnti di
opinione quali il favore per la pena di morte, la discriminazione etnica, idee
populiste, etc.
Il macro-genere di news di questo tipo di stampa è l’informazione-spettacolo
(infotainment) che è praticato soprattutto dal mezzo televisivo, tutt’altro che politicamente
asettico.
3. La televisione
La televisione è di volta in volta:
• co-protagonista assieme ai grandi attori che l’hanno usata o strumentalizzata
• testimone a volte suo malgrado, di drammi spaventosi o di eventi eccezionali
• agente dei piccoli e grandi cambiamenti che hanno modificato gli scenari politici
nazionali e mondiali
La televisione ha cambiato profondamente la politica e la leadership politica a tal punto
che non è esagerato affermare che l’invenzione della televisione è stata una delle pietre
miliari della storia della politica e della democrazia (al pari di eventi come la rivoluzione
francese e la caduta del muro di Berlino).
Il fatto che la televisione è contemporaneamente mezzo di intrattenimento e di
informazione finisce per condizionare il funzionamento della politica.
La televisione ha giocato un ruolo importante per il sistema politico grazie anche
alla sua funzione di fonte primaria di informazione e di formazione politica per il
pubblico generale dei cittadini-elettori.
La televisione vive una rivoluzione tecnologica non solo per la sua nascita ma soprattutto
per la tecnologia digitale che, oltre a moltiplicare i canali e i contenuti, consente una
interattività.
Effetti della televisione digitale:
la frammentazione dei canali potrebbe portare a quella del potere della televisione
maggiore difficoltà dei politici a conquistare visibilità pubblica 13
il pubblico verrebbe a frammentarsi in tante nicchie con caratteristiche
imprevedibili e sempre mutevoli
la televisione frammentata perderebbe quindi la sua antica funzione di fonte unica
o primaria di informazione politica.
4. I nuovi media
Insieme eterogeneo di mezzi di comunicazione: Internet, televisione via satellite, reti
civiche, pay-tv, numeri verdi, talk show, etc.
I nuovi media permettono ai cittadini di accedere più agevolmente all’informazione politica
e di partecipare più attivamente.
Il ruolo principale spetta ad Internet che ha, tra le altre cose, stimolato nuove forme di
aggregazione del consenso e di mobilitazione politica, ha reso possibili forme di
democrazia diretta, ha tolto il monopolio dell’informazione al giornalismo tradizionale, ha
offerto spazi inediti al terrorismo, ha aggravato il divario tecnologico-culturale tra chi può e
ha e chi non può e non ha.
Se Internet prenderà sempre più spazio, ci sarà un indebolimento del potere di
negoziazione del sistema dei media tradizionali nei confronti della politica e un
rafforzamento del potere di propaganda e mobilitazione dei partiti, candidati, gruppi di
pressione che avranno sempre più a disposizione strumenti flessibili, rapidi e interattivi con
i quali stabilire contatti e scambi con i pubblici di riferimento.
5. I commentatori e gli esperti di politica
S tratta dei c.d. politologi od opinion makers, ovvero intellettuali, accademici, giornalisti
con alle spalle frequentazione di palazzi della politica, ex diplomatici ed ex politici.
La figura del commentatore politico è l’evoluzione moderna del consigliere del principe.
L’hanno studiata in particolare i politologi Nimmo e Combs nel volume “The Political
Pundits”, dove pundit significa uomo di scienza, maestri.
Tipi di opinion makers:
sacerdoti: membri delle elite politiche e culturali, i loro interlocutori sono gli altri
membri di quelle elite. Es. editorialisti le cui analisi sono indirizzate ai governanti o
ai leader politici;
bardi: parlano un linguaggio più populista, utilizzano appelli emotivi, sono romantici,
guardano con sospetto coloro che detengono il potere. Parlano delle elite e con le
elite ma non per esse, anzi tendono a parlarne male. Una delle loro forze è l’humor;
oracoli: hanno capacità o presunzione di prevedere gli eventi. Sono ex politici o
leader di minoranze politiche con scarso seguito popolare ma con prestigio
personale, oppure esperti di grande richiamo che possono dare consigli a beneficio
delle elite e dell’opinione pubblica.
A questi tre “pundits venerabili” che traggono la loro forza dal prestigio di ceto o di
esperienza e la esibiscono attraverso i media, si aggiungono i tre tipi di “trendy pundits”
che invece sono creature dell’industria dello spettacolo:
pensatori: intellettuali diventati star televisive;
parlatori: spesso gli stessi pundits della categoria precedente ma presenze fisse
in tutti i talk show televisivi;
critici: dei media che a loro volta commentano i commentatori e i politici oggetto
dell’attenzione dei media.
Nimmo e Combs considerano questa particolare attività di comunicazione politica come un
“quinto potere”, essendosi trasformata in “una industria della conoscenza, in una forza
politica che reclama di essere riconosciuta, capita e ascoltata”. 14
CAP. 3 – MODELLI ED EFFETTI DELL’INTERAZIONE MEDIA-POLITICA
1. Parametri e dimensioni
Si prende in esame l’interdipendenza tra politici e professionisti dei media e quindi una
serie di parametri e modelli del rapporto tra mezzi di informazione e mondo della politica.
Parametro sistemico-normativo (analizza il fenomeno dal punto di vista della
subordinazione-autonomia dei media in un dato sistema politico) - prevede quattro diversi
gradi di integrazione tra giornalismo e potere politico:
1. il grado di controllo statale sulle istituzioni mediali
2. il grado di partisanship dei media
3. il grado di integrazione nell’elite politico-mediale
4. il grado di convincimento circa la funzione sociale e politica della professione
giornalistica.
1. CONTROLLO STATALE: fa differenza se il governo possiede strumenti istituzionali o di
altra natura per tenere sotto stretta vigilanza il sistema dei media oppure se allo stato è
inibita qualsiasi politica di limitazione della libertà dei media.
Aree del controllo governativo-politico/strategia difensiva dei media:
• nomine dei vertici delle organizzazioni dei media (giornali pubblici e privati, case
editrici, istituzioni culturali, emittenti pubbliche e commerciali, agenzie di stampa);
• finanziamenti e agevolazioni fiscali;
• linee editoriali delle testate.
Blumler e Gurevitch individuano cinque livelli di intensità del grado di
2. PARTISANSHIP:
partigianeria/affinità politica/parallelismo politico:
1. massimo grado: partiti direttamente coinvolti nelle imprese editoriali come
proprietari, amministratori, finanziatori (stampa di partito);
influenza indiretta dei partiti per la prossimità ideologica dei
2. forte grado:
professionisti dei media (fiancheggiamento, giornalismo dimezzato);
3. grado medio: appoggio per un dato partito sulla base di una valutazione
critica dell’operato dei politici;
4. basso grado: l’appoggio varia a seconda delle evoluzioni delle vicende
politiche (es. in Italia, movimento referendario pro-divorzio nel 1974);
piena autonomia politica ed editoriale, sino al punto di evitare
5. grado zero:
prese di posizione che possano convergere con quelle di un qualsiasi partito.
3. INTEGRAZIONE TRA ELITE: condivisione degli stessi interessi, coincidenza di ruoli
(giornalisti che fanno attività politica e parlamentari che vengono dai ranghi del
giornalismo), frequentazione degli stessi ambienti che contribuisce a rafforzare amicizie e
complicità, rendendo gli attori più sensibili alle reciproche esigenze.
4. COSCIENZA PROFESSIONALE: livello di consapevolezza che i professionisti dei
media hanno della funzione del giornalismo nella democrazia liberale e il grado di
adesione agli statuti normativi ed etici di questa professione.
Parametro mass mediale (orientamento professionale dei news media). Da un lato un
atteggiamento laico della professione giornalistica (distacco ideale e comportamentale
dalle logiche della politica), dall’altro un’informazione mediale più attenta alle logiche e alle
esigenze della politica. 15
1. ORIENTAMENTO PRAGMATICO: proprio del giornalismo che persegue le finalità
della logica dei media e che applica i criteri di selezione e di produzione tipici del
newsmaking (interessi pubblico).
2. ORIENTAMENTO SACERDOTALE: giornalismo sensibile ai bisogni del sistema
politico e solo secondariamente alle finalità commerciali (giornalismo paladino dello
status quo).
2. Modelli di interazione
Questi i principali modelli delle relazioni che i media intrecciano con i soggetti politici:
a) Il modello avversario – è quello della letteratura romantica sul giornalismo
paladino dei cittadini contro i potenti, del giornalismo watch-dog (cane da guardia) o
advocacy (portavoce della cittadinanza). Si ha un maggiore cinismo, disprezzo anti-
politico, derisione, ricerca dello scandalo e del sensazionale. L’atteggiamento di
cane da guardia non è determinato da un’ostilità strutturale del mondo
dell’informazione verso il mondo della politica ma è una funzione
dell’autoconsapevolezza del proprio potere come distinto da quello politico e quindi
di difenderlo dai tentativi di media management. Le pressioni dei politici vanno dalle
proteste c/o i direttori, alle minacce di togliere le agevolazioni fiscali, dalle denunce
penali ai favoritismo verso i più accomodanti. La strategia di contrattacco dei media
può essere di rendere pubbliche queste pressioni.
b) Il modello del collateralismo – quando vi è concordanza di interessi e scopi,
giornalismo schierato, portavoce di gruppi e partiti. Un parallelismo che può sfociare
nel giornalismo plagiato. I media non si pongono permanentemente e
primariamente come controparti degli attori politici, Lance Bennett parla
dell’indexing, pratica che consiste nel criticare i partiti solo quando vi sono divisioni
nella compagine governativa o sconti tra governo e parlamento. Riguardo al
giornalismo italiano, Giampaolo Pansa definì, alla fine degli anni 70, giornalismo
dimezzato quella posizione collaborativa nei confronti di questa o quella parte. I
media, dunque, non sono un quarto potere in sé e per sé, perché non sono al di
sopra degli interessi politici ed economici ma in questa subalternità del sistema
dell’informazione è evidente la centralità del sistema politico.
c) Il modello dello scambio – I politici hanno bisogno dei media e viceversa, quindi
questa reciproca necessità induce entrambi a preferire al conflitto il negoziato, lo
scambio di risorse. Questo modello prevede che l’interdipendenza sia compatibile
con la preservazione delle distanze tra i due attori, quindi si connota come il
“modello normale” dell’interazione media-politica: i politici, ricercando l’accesso ai
canali di comunicazione, ricorrono agli strumenti normali delle pressioni e
concessioni, mentre i giornalisti, alla ricerca di materiali informativi freschi,
barattano l’ottenimento di quelle con la concessione dell’accesso ai canali.
d) Il modello della competizione – E’ improntato alle idee del confronto e della sfida
tra il potere dei media e quello politico. C’è una visione che presuppone la ricerca
da parte dei media di un potere di influenza politica alternativo a quello che in
democrazie detengono istituzioni e soggetti politici. Esistono molte imprese
editoriali e molte testate giornalistiche che fanno politica, cioè scendono sullo
stesso terreno su cui si muove l’attore politico, contendendogli lo spazio. Lo
schema della competizione configura una parità tra i due soggetti e talvolta una
presunzione di superiorità dei media rispetto ai partiti e agli attori della politica. In
Italia, ad es., la Repubblica e L’Espresso si comportano come veri e propri partiti, in
grado di mobilitare l’opinione pubblica su determinate issues.
e) Il modello del mercato – In America si ha il distacco dei media da chi comanda, a
differenza della simbiosi tra media e politica in molti Paesi europei, per la lunga
16
storia di giornalismo impegnato nelle battaglie politiche. I giornali americani si sono
sviluppati in un contesto di concorrenza per il profitto, quelli europei hanno
coniugato politica e mercato, con una prevalenza della prima ma, con il tempo e
dopo la fine della guerra fredda, con una riscoperta del mercato e della
concorrenza. Tre sono gli effetti della logica commerciale:
• Valutazione commerciale sull’opportunità di trattare temi politici
• Il modo di trattare la politica viene coniugata con l’esigenza di intrattenere il
pubblico, tanto da dare vita all’infotainment che è il risultato di una politica
editoriale sensibile agli indici dell’Auditel. Quindi si assiste a una maggiore
inclinazione di giornali e telegiornali a trattare le soft news (notizie leggere)
• La posizione politica di una testata commerciale può essere dettata
dall’interesse aziendale ad ottenere dall’interlocutore politico favori legislativi
(es. antitrust, esenzioni fiscali, agevolazioni finanziarie, etc.).
LA TABLOIDIZZAZIONE DELL’INFORMAZIONE POLITICA
Howard Kurtz indica tre elementi che contraddistinguono il
processo di tabloidizzazione:
1) un generale decadimento degli standard del
giornalismo
2) una diminuzione delle notizie “hard” come la politica
e l’economia a fronte di un aumento delle notizie
“soft” come pettegolezzi, scandali, etc.
3) un generale cambiamento nella definizione che i media
danno di ciò che i cittadini vogliono sapere per
giudicare l’idoneità di una persona a cariche
politiche.
3. Gli effetti sistemici della mediatizzazione
effetti sistemici = sono il risultato dell’azione mediale sul
funzionamento del sistema politico
Effetti dei media: effetti psicosociali = sono l’impatto che i media esercitano su
atteggiamenti, opinioni e comportamenti politici del pubblico dei
cittadini
Si parla di politica mediata in quanto i media hanno fornito al sistema politico lo spazio, gli
strumenti e i canali necessari al suo funzionamento.
Il potere dei media è dato dalla capacità di incidere sul corso degli eventi, sui personaggi,
sulla formazione dell’opinione pubblica, insomma i media non esercitano il potere ma
possono influire sull’esercizio dello stesso.
è quindi l’insieme degli effetti, empiricamente osservabili, prodotti dai
La mediatizzazione
media sul sistema politico. 17
Gli effetti sistemici si dividono in:
a) effetti mediatici ossia quelli che riguardano prevalentemente gli aspetti mediali
della comunicazione politica:
spettacolarizzazione
costruzione dell’agenda politica
frammentazione dell’informazione politica
b) effetti politici che toccano il modo di essere e di porsi del sistema politico:
personalizzazione
leaderizzazione
selezione delle elite politiche.
GLI EFFETTI MEDIATICI
Vengono presi in considerazione i cambiamenti del discorso politico, nelle modalità di
produzione, articolazione e diffusione del messaggio politico.
Prima dell’avvento dei mass media il discorso politico era un processo comunicativo a
circuito chiuso tra le elite politiche. Poi con la nascita di una sfera pubblica borghese, con
l’aumento della scolarizzazione e con l’estensione del suffragio universale, il circuito si
apre ad input esterni. Il XIX° secolo segna il passaggio dalla politica delle elite alla
democrazia di massa. Nella seconda metà del secolo, le masse vengono organizzate dai
primi partiti operai e socialisti che attuano un’opera di formazione politica utilizzando gli
strumenti di comunicazione allora disponibili: stampati, manifesti, giornali, bollettini.
Con la televisione, poi, si introduce una sintassi completamente diversa che finisce per
annullare la distanza tra pubblico e attore. La comunicazione politica in televisione è
obbligata ad adattarsi alla naturalezza del linguaggio televisivo e ad adottare i codici e le
convenzioni di questo mezzo. Si arriva ad una commercializzazione della politica con
successi elettorali di celebrità, partecipazione a film di politici, etc. A dimostrazione che
comunicazione politica non è solo trasferire informazioni o persuadere ma anche catturare
l’immagine popolare, dare importanza simbolica alle azioni e alle idee.
L’effetto di spettacolarizzazione: comunicazione di massa e cultura popolare hanno
raccolto un’eredità narrativa plurisecolare e si sono coniugate con la realtà politica che ha
spiccata suscettibilità alla drammatizzazione (Erodoto, Plutarco, Dante, Manzoni,
Shakespeare, Hugo). L’attività politica è stata costretta ad adattare le sue forme
tradizionali di comunicazione ai nuovi canoni, ad un sistema in cui gli obiettivi sono sempre
più commerciali e dove bisogna soddisfare la richiesta di contenuti politici che siamo
attraenti, divertenti, sensazionalistici. E’ un processo circolare dove i media
drammatizzano la vita politica e gli attori politici stanno al gioco attraverso strategie di
comunicazione che assicurano l’attenzione dei media.
L’effetto di costruzione dell’agenda politica (o di tematizzazione): si distingue
l’agenda setting - (McCombs e Shaw) che sta a significare l’influenza dei media sulle
percezioni dei temi sociali e politici da parte dei cittadini (effetto non sistemico ma
cognitivo) – dall’agenda building di natura sistemica in quanto si riferisce all’impatto
dell’informazione politica sulla politica e sui politici e non sul pubblico. Indica il ruolo dei
media nella selezione e determinazione dei temi al centro del dibattito pubblico con i quali i
politici devono misurarsi.
L’effetto di frammentazione del discorso politico: si ha l’effetto chiamato sound bites
ovvero pezzetti di dichiarazioni, battute ad effetto, brevi citazioni. La riduzione dello spazio
riservato alla politica, l’estrema semplificazione della realtà, è una causa della
banalizzazione della politica. 18
GLI EFFETTI POLITICI
Questi effetti riguardano le conseguenze dell’influenza dei media e delle logiche produttive
mediali sugli attori politici e sull’azione politica.
L’informazione commerciale preferisce le gesta dei leader al bla-bla del dibattito politico e
quando questo è inevitabile, i media cercano di drammatizzarlo, trasformandolo in scontro
tra personalità.
L’effetto di personalizzazione della politica: la televisione ha cambiato il modo di
conduzione della politica e il come viene percepita, condotta ora in termini di personalità,
attraverso la costruzione del politico come persona con le proprie peculiarità individuali
piuttosto che come rappresentante di un partito o di una ideologia. In Italia il fenomeno è
da ricondurre all’eclissi, negli ultimi venti anni, della centralità dell’organizzazione-partito e
quindi dell’ascesa della politica personalizzata. Processo favorito anche dalla
commercializzazione del sistema televisivo (sempre più privilegiate le figure dei candidati)
e dai cambiamenti nei meccanismi istituzionali (preferenza unica, maggioritario, elezione
diretta dei sindaci e dei governatori). Come per la spettacolarizzazione, gli attori politici si
sono progressivamente adeguati ai registri comunicativi dei mass media.
L’effetto di leaderizzazione: Luciano Cavalli spiega che esistono due tipi di democrazie e
cioè una con leader cioè con leadership personalizzata e una democrazia acefala o dei
partiti. Quella con leader è quella che più si attaglia ai processi di modernizzazione
dell’occidente e in questo i media sono variabili cruciali. In Italia si riscontra la tendenza
alla leaderizzazione del dibattito elettorale: 1994 Berlusconi-Occhetto ma anche nel 1983
Berlinguer-De Mita. La leaderizzazione degli anni 80 e 90 hanno in comune il fattore
televisivo. La differenza sta nel fattore istituzionale: negli anni 80 c’era il voto
proporzionale, negli anni 90, poi, con i referendum e la preferenza unica sul maggioritario
con l’elezione diretta dei sindaci e i collegi uninominali, la leaderizzazione già ricercata dai
media ha ricevuto una forte spinta istituzionale. 1996 e 2001: Polo e Ulivo.
L’effetto di selezione delle elite politiche: un’altra conseguenza della mediatizzazione
della vita politica e della perdita di peso dell’organizzazione partitica, è il trasferimento dei
meccanismi di reclutamento del ceto politico dalle macchine di partito ad agenti esterni al
sistema partitico. I media preferiscono i personaggi telegenici, abili nella dialettica, pronti
alla battuta. Tanto più un politico ha un profilo mediatico, tanto maggiori sono le sue
chances di emergere come candidato o leader. Nella ricerca americana si fa riferimento
all’effetto-setaccio dei candidati nella fase delle primarie. I riflettori vengono puntati sui più
media-genici, sino a creare candidati-personaggi. Setaccio dunque come opera di
selezione, sostituendosi così a quanto facevano i partiti. 19
CAP. 4 – LINGUAGGI, RITUALI E SIMBOLI DELLA POLITICA
1. Linguaggio e comunicazione politica
Gli studi ci mettono di fronte a una visione interdisciplinare e integrata del linguaggio
politico che vede l’apporto di varie discipline.
David Kertzer sostiene che va superata la classica visione della politica come conflitto di
interessi perché infondata e troppo riduttiva in quanto non ci può essere politica senza
simboli e relativi riti.
2. Il linguaggio politico
Che cos’è il linguaggio politico…
Linguaggio indica una complessità di fenomeni che le varie discipline analizzano da
diverse visuali. Spesso linguaggio politico viene usato al posto di discorso politico o
messaggio politico e il senso vero è legato al contesto in cui vengono espressi.
Il concetto di discorso politico è contiguo con quello di linguaggio, da cui deriva.
Il riferimento principale è alle particolari declinazioni grammaticali, testuali, contestuali,
stilistiche espresse nell’uso del linguaggio. Gli aspetti retorici, strutturali, modalità e
strategie conversazionali sono tipiche dell’analisi del discorso.
La letteratura scientifica più recente critica la tendenza della manualistica del settore a
concentrarsi sugli aspetti fonetici, grammaticali e sintattici, ignorando i rimandi sociali e
politici.
Il linguaggio politico è da intendersi, oltre che come fenomeno in sé, come una
categoria analitica della comunicazione politica.
Politica e attività discorsiva come confronto, come forma di governo aperto e democratico
che poggia sulla persuasione piuttosto che sulla forza.
C’è poi l’impossibilità di separare la politica dalla parola visto che non occupano sfere
separate ma che si sovrappongono.
Affermare che il linguaggio politico è un potente fattore
politico,
che i politici e i cittadini si avvalgono di esso per fare
politica,
è affermare che la RETORICA, i SIMBOLI e i RITUALI POLITICI sono
fatti cruciali della comunicazione politica,
che le istituzioni, i partiti, i soggetti politici sono immersi
nel simbolismo,
comunicano attraverso i simboli,
celebrano i rituali per legittimare se stessi e per confermare il
proprio ruolo nella società,
e che la cittadinanza è sensibile a questo tipo di comunicazione e
partecipa ai grandi e piccoli rituali che rassicurano (o sfidano)
l’ordine politico.
Alcune declinazioni di linguaggio politico…
Edelman opera una classificazione non molto apprezzata per il carattere critico-normativo
della sua opera in cui è chiaro il proposito di demistificare la politica. Una teoria definita di
scarsa scientificità anche perché basa la visione della politica quasi esclusivamente sulla
categoria simbolica. Si nota il tentativo di svelare la natura manipolatrice del linguaggio del
potere e di renderne consapevoli soprattutto i destinatari perché si attrezzino a rispondervi
criticamente.
Edelman considera l’intero processo comunicativo e non solo il lessico; le variabili che
analizza sono relative all’emittente, all’argomentazione e al destinatario. 20
Individua quattro tipi di linguaggio politico:
linguaggio esortativo
1. linguaggio giuridico
2. linguaggio amministrativo
3. linguaggio della contrattazione
4.
Emittenti e contesti politici vanno oltre gli attori e i confini dell’arena politica, interessando
anche tribunali, amministrazione pubblica, sindacati. La politica, così, assume una
dimensione trasversale a tutte le sfere dell’attività umana. Il linguaggio non è politico
perché lo usano i politici ma perché è linguaggio del potere e dei rapporti di potere.
1. IL LINGUAGGIO ESORTATIVO
E’ il linguaggio politico per eccellenza, di campagne elettorali, pubblicità, marketing.
Ne sono parte integrante la drammatizzazione e l’emotività per conquistare l’attenzione del
pubblico.
2. IL LINGUAGGIO GIURIDICO
Largamente usato nella comunicazione politica soprattutto di tipo istituzionale. La sua
sintassi consiste in definizioni e imperativi. E’ caratterizzato da flessibilità o ambiguità: le
interpretazioni variano con il mutare dei giudici, dei tempi, del contesto e degli interessi in
gioco. Obiettivi sono l’omologazione del pubblico all’ideologia e alle scelte delle elite che
controllano il potere. Un linguaggio che trova forte resistenza nella comunicazione di
massa in quanto il linguaggio dei media è assai lontano da quello giuridico. (es. processo
Cubani e scandalo Clinton-Lewinsky).
3. IL LINGUAGGIO AMMINISTRATIVO
E’ una derivazione del precedente e somiglia anche perché coloro che lo utilizzano –
pubbliche amministrazioni e burocrati – cercano di stabilire una distanza con i destinatari.
La reazione del pubblico è di irritazione e burla al “burocratese” visto come ostacolo alla
comunicazione trasparente.
4. IL LINGUAGGIO DELLA CONTRATTAZIONE
E’ la comunicazione back-stage, dietro le quinte, ovvero quella utilizzata in ambiti sottratti
alla conoscenza del pubblico e dei mass media. Es. negoziati per formazione liste
elettorali, intese tra deputati in commissione parlamentare, corruzione. Sono cioè scambi
comunicativi che ricorrono agli stili espressivi della contrattazione tra soggetti che in
partenza non condividono gli stessi valori o gli stessi interessi e che quindi cercano di
trovare posizioni di equilibrio-compromesso per una reciproca soddisfazione. Può esserlo
anche un dibattito televisivo.
Un’altra tipologia del linguaggio politico è quella proposta da Cedroni e Dell’Era (2002) che
individuano tre categorie in cui ritroviamo le forme principali del linguaggio della politica:
a) linguaggi rivoluzionari, strumento di cambiamento politico e sociale
linguaggi totalitari, denotano il cambiamento e vi hanno un’influenza diretta
b) linguaggi della crisi, nuovismo che si è imposto nel linguaggio della politica
c) italiana, anche con un lessico di rottura (es. Lega Nord).
L’analisi linguistica…
Approccio che privilegia le caratteristiche e le funzioni della parola e delle sue
combinazioni sintattiche e semantiche.
La lingua dei politici (quella della politica è tecnico-scientifica) è una lingua settoriale, cioè
non ha un lessico specifico né regole convenzionali ma attinge spesso alla lingua comune
e ad altre importandone parole, espressioni e metafore. (es. parole che il linguaggio
politico ha mutuato dal lessico militare, medico, marinaresco). 21
Un metodo per lo studio del linguaggio è l’ACL, ovvero l’analisi delle corrispondenze
lessicali che consente di fare una mappa dell’uso dei termini secondo determinate
caratteristiche, personali, politiche, ideologiche da cui evincere le strategie comunicative.
Altro sistema è la critical discorse analysis che considera il discorso non solo come
insieme di retoriche ma anche di pratiche linguistiche, dove il discorso è una costruzione
sociale della realtà e forma di conoscenza.
Giorgio Fedel analizza il linguaggio di Berlusconi che dismette il politichese a favore di un
linguaggio facile, diretto e assertivo. Tra i registri retorici, l’anafora (ripetizione delle prime
parole nelle frasi successive) o il poliptoto (ripetizione delle forme verbali, riprese e
coniugate in tempi diversi nella stessa frase), tra i motivi tematici la simbolizzazione del
nemico, la riduzione dicotomica della realtà, l’argomento di autorità.
3. I rituali politici
Definire il rituale politico…
Non c’è politica senza rituali, tanto che molti accostano i rituali della politica a quelli
religiosi. Anche il rituale è un tipo di linguaggio politico, essendo un modo di comunicare
fortemente formalizzato e ordinato da regole espressive che riflettono le strutture culturali
di una società o di un contesto politico.
LuKes definisce il rituale “un’attività regolata di natura simbolica che concentra l’attenzione
dei suoi partecipanti su oggetti cognitivi ed affettivi che essi ritengono particolarmente
significativi”.
Per Navarini il rituale come dispositivo politico ha almeno quattro dimensioni:
cioè in funzione di
1. il rituale politico impiegato per raccogliere solidarietà,
integrazione sociale;
2. impiegato per mostrare un potere, cioè per rendere tangibile la forza, lo status e
la legittimità di chi esegue la pratica rituale;
delle azioni che una collettività sta compiendo;
3. utilizzato per costruire il significato
4. per distruggere l’immagine pubblica di un nemico o per attribuirgli la
responsabilità di qualche disgrazia che ha colpito la società.
Propone un lavoro di sistematizzazione delle forme rituali della politica, passando dalle
forme medievali di sacralità della politica (sovrano come unto del Signore), al dispositivo
rituale durante l’assolutismo francese, al culto della patria e della nazione (= religione
civile) con liturgie politiche. Oltre alle cerimonie che hanno al loro centro il leader politico,
un classico è l’elezione: la scheda è un oggetto carico di significati culturali e istituzionali.
Dall’integrazione al conflitto…
Il rituale ha un carattere istituzionale, ovvero non è frutto dell’attività psicologica
dell’individuo ma ha forma standardizzata, è creato dalla società e presentato agli
individui. I riti hanno natura fondamentalmente conservatrice ma anche un potenziale
innovativo. Ecco tre esempi di ritualità dirompente:
1. processi di tangentopoli (processo Cusani). Rituali di degradazione, di
delegittimazione politica dell’intera classe politica coinvolta negli scandali. Sono un
duplice processo di de-identificazione e re-identificazione, con un grande rito di
passaggio dalla prima alla seconda Repubblica;
2. manifestazioni della Lega Nord: cerimonie di identificazione e al contempo di
disgregazione, momenti di spiccata teatralità
3. Sexate di Clinton, desacralizzazione di un leader potente.
Conservazione e cambiamento sono due motori fondamentali della dinamica politica: il
rituale politico può essere considerato come il linguaggio attraverso il quale si
manifesta in modo tangibile, visibile e anche teatrale la competizione per il potere.
22
4. Il simbolismo politico
Se non c’è politica senza rituali, non c’è rituale senza simboli (p-r/r-s).
I simboli sono la parte oggettiva del rituale, veri e propri oggetti, come i totem e le
bandiere, che materializzano l’idea astratta della sacralità dell’ordine sociale.
fenomenologia e riflessione scientifica sulle dimensioni
simboliche della politica
Simbolismo politico trasmissione e scambio dei significati e valori (risorse non
materiali della politica)
L’esercizio del potere richiede sempre pratiche simboliche e, quanto ai simboli, la politica
non si distingue dalla religione.
Nella letteratura politologia due autori rappresentano i poli opposti della riflessione sul
concetto di simbolo e sul ruolo del simbolo nella società politica:
Lasswell – interpreta i fenomeni della politica come un insieme di categorie tra le quali vi
è anche quella simbolica. Ritiene che la natura complessa del potere non sia esauribile
nella seppure importante categoria simbolica. I simboli sono risorse di potere ma il potere
ha a disposizione anche altre risorse.
Edelman – adotta una teoria simbolica della politica. Definisce “simbolo” qualsiasi cosa a
patto che produca gli effetti psicologici indicati.
5. La retorica politica
La retorica come arte e disciplina di comunicazione nella polis greca. Il declino che l’ha
portata ai margini della comunicazione politica è da ricercare anche nella separazione
della dialettica, arte dell’argomentazione fondata sul ragionamento, dalla retorica ridotta a
mezzo di espressione ricercato e gradevole, tanto da avere assunto quasi una
connotazione dispregiativa.
Nel secondo dopoguerra è nata una nuova retorica che ha assunto nuove forme
nell’incontro con i mezzi di comunicazione di massa, incorporando tutte le forme moderne
del discorso persuasivo e non, come la pubblicità, il manifesto, il cinema, la musica.
Hovland è iniziatore della nuova retorica scientifica, un manuale moderno del
persuasore, con suggerimenti pratici di carattere linguistico-formale per rendere efficace la
comunicazione:
a) il messaggio deve attirare l’attenzione di colui che lo riceve;
b) i ragionamento del messaggio devono essere compresi dal destinatario;
c) chi riceve il messaggio deve assimilare gli argomenti contenuti in esso e accettarli
come veri.
La retorica non è strumento obsoleto ma si preferiscono i termini di propaganda e di
pubblicità che sono applicazioni innovative delle tecniche della retorica.
6. Linguaggi della politica e mass media
La comunicazione politica mediata e mediatizzata riveste il maggiore interesse ma quella
immediata è fondamentale per la piena comprensione dei fenomeni.
L’avvento dei mass media ha offerto ai riti e ai simboli della politica nuovi modelli,
linguaggi, fruitori e dunque nuovo potere di integrazione e di legittimazione sociale e
politica. La delocalizzazione del simbolismo politico avviene quando i riti della politica,
originati in un determinato contesto culturale e istituzionale, vengono officiati davanti a un
pubblico più vasto di quello presente. L’ingegneria simbolica fornisce una sorta di anello di
23
congiunzione concettuale tra il campo dei linguaggi della politica e quello delle logiche
della comunicazione di massa. I media trasformano i gesti in simboli.
La realtà dei riti è la sua rappresentazione mediatica, ovvero riti, cerimonie e celebrazioni
assumono un posto nella memoria collettiva del pubblico televisivo non nella forma in cui
sono officiate ma in quella in cui sono trasmesse.
Kertzer: la comprensione politica è mediata attraverso i simboli e il rituale, come potente
forma di rappresentazione simbolica, è un utile strumento per la nostra costruzione della
realtà politica. 24
CAP. 5 – LA COMUNICAZIONE DI CAMPAGNA: PUBBLICITA’ E MARKETING
ELETTORALE
1. Comunicazione elettorale e comunicazione politica
L’elezione è un momento simbolico forte, tanto che il fenomeno della comunicazione
elettorale somma in sé quasi tutto il campo della comunicazione politica. Senza
considerare che ci troviamo dinanzi a una campagna permanente, per il carattere
elettoralistico dell’azione politica di partiti e governo anche nei normali periodi di
legislatura.
Sono tre i caratteri delle campagne elettorali che hanno determinato la loro popolarità:
1) agonismo e natura drammatica – si utilizzano termini di origine sportiva (gara, match,
partita) in un frame drammaturgico in cui si organizzano eventi spettacolari, attori di
richiamo, trucchi, colpi di scena, polemiche e insulti;
2) analogia della competizione partitica con quella di mercato – applicazione del
modello economico all’analisi dei fenomeni politici. Le elezioni come un enorme mercato in
cui la domanda dei cittadini-consumatori si incontra con l’offerta dei partiti-imprenditori.
Anche nel contesto politico si hanno tattiche di persuasione e vendita, negoziazione,
guerra tra le parti, rifiuto o conclusione dell’affare;
3) spazio dove si misura la capacità dei media di incidere sulla politica – impatto
diretto e indiretto nelle dinamiche concorrenziali del mercato elettorale. Si studiano gli
effetti dei media sugli elettori e quindi sugli esiti elettorali. Le campagne elettorali sono
innanzitutto campagne di comunicazione.
Le campagne elettorali, essendo un fenomeno strettamente legato alla comunicazione, si
sono evolute parallelamente alla diffusione dei mass media.
Si passa dall’uso dei manifesti e comizi nei primi decenni del secolo scorso, a radio,
televisione e nuovi media.
Pippa Norris (2000) ha studiato i processi di modernizzazione delle campagne elettorali in
molti Paesi occidentali tracciando la seguente periodizzazione:
• campagne premoderne (metà 1800 - anni 50) – si distinguono per tre
caratteristiche:
a) interazione diretta tra candidati ed elettori
b) gli organi di informazione partigiana fungono da intermediari tra partiti e
cittadinanza
c) elettorato fortemente ancorato all’identificazione e all’adesione ai partiti;
• campagne moderne (anni 60 –80) nella fase del boom televisivo la tv sostituisce
la piazza. Emergono le figure professionali dei consulenti politici, degli esperti di
marketing, dei sondaggisti politici, dei pubblicitari, una massa di nuovi costruttori di
immagine. Lo spot televisivo è l’emblema delle campagne moderne, come i dibattiti
televisivi. Grazie al linguaggio televisivo dell’immagine, la persona del candidato
scalza velocemente il partito dal centro della comunicazione;
• campagne post moderne (dagli anni 90 in poi) si ha la professionalizzazione di
tutte le attività di pianificazione e gestione della comunicazione. L’elettorato viene
segmentato e studiato in profondità, si individuano i target, si fa uso del marketing
elettorale così da contattare ogni singolo elettore. Norris osserva che gli esperti
diventano attori comprimari con i politici. L’elettore-target delle campagne post-
moderne è molto più distaccato che nei periodi precedenti dall’identificazione con i
partiti: è più fluttuante e più influenzabile.
La campagna elettorale è il prodotto delle attività comunicative dei due principali soggetti
della comunicazione politica: il sistema politico e quello dei media. 25
DESCRIZIONE APPUNTO
Riassunto per l'esame di Sociologia dei Fenomeni Politici, basato su appunti personali e studio autonomo del testo consigliato dal docente La Comunicazione Politica, Mazzoleni. Con analisi dei seguenti argomenti: la dimensione simbolica e comunicativa della politica, il sistema politico, il sistema dei media, la figura del cittadino-elettore, il campo della comunicazione politica, sfera pubblica e comunicazione politica.
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Moses di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia dei fenomeni politici e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università La Sapienza - Uniroma1 o del prof Montanari Arianna.
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