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La meridionalizzazione dell’amministrazione non ha risparmiato le forze dell’ordine. Ammassari ipotizzava
un condizionamento nel comportamento amministrativo dei burocrati italiani, per oltre ¾ provenienti dal
mezzogiorno. Il fenomeno in ogni caso si presentava eterogeneo, più pronunciato nelle amministrazioni
centrali piuttosto che in quelle periferiche. Secondo D’Orsi (1972) circa il 20% delle domande di PS
proveniva dal centro-nord , mentre il restante dal centro-sud garanzia di pensione e stipendio.
Il profilo del poliziotto medio presentava, oltre all’estrazione meridionale, un’età molto giovane e un livello
di istruzione bassissimo. L’impopolarità raggiunse il suo massimo storico nel ’68 Pasolini (“Il PCI ai
giovani!”-Valle Giulia). L’effettiva natura del ’68 era quella di un imponente processo di modernizzazione
che andava ad impattare con i difensori di un ordine irrimediabilmente obsoleto.
Circa 40 anni dopo la situazione è cambiata radicalmente (la scolarizzazione raggiunge il 60%, il processo di
meridionalizzazione si è ridimensionato). Complessivamente è possibile affermare che il rapporto con le
forze dell’ordine è positivo, anche se permangono “sacche di aggressività” (g8 ??).
3 Prevenzione Farruggia
Politiche di sicurezza e di prevenzione efficaci non possono esaurirsi a livello locale, ma presuppongono un
coordinamento continuo tra la periferia e il centro. Nel 1998 la giunta Rutelli ha previsto la costituzione e
l’attivazione del programma Roma sicura con lo scopo di realizzare interventi di miglioramento della vita
nei quartieri, contrasto al degrado, la socializzazione e il ripristino di zone degradate. Nel settembre 2001 la
giunta Veltroni istituisce un assessorato alla sicurezza, divenute nel secondo mandato (2006) assessorato
alle politiche giovanili, ai rapporti con le università e alla sicurezza. Il patto Roma sicura, stipulato il 20
marzo 2007 tra prefettura di Roma, regione Lazio, provincia di Roma e il comune. Grazie ad esso comune,
provincia e regione si impegnano a stanziare un fondo speciale di circa 15 milioni per realizzare progetti e
programmi speciali che investono le forze dell’ordine nazionali e locali. Incremento delle unità. Nel 2008
il sindaco Gianni Alemanno stanzia altri 10 milioni per il nuovo patto sulla sicurezza di Roma che saranno
investite in pattuglie militari ed estensione della video-sorveglianza.
Caso Seicase (nome del quartiere e degli attori sociali inventati).
Seicase corrisponde ad una zona periferica di uno dei 19 municipi e rappresenta una sintesi di due
fenomeni ad alta problematicità sociale: quello dell’emergenza abitativa e quello dell’immigrazione. La
ricerca è iniziata nel marzo 2004 e terminata nel settembre 2007, ed è stata portata avanti con interviste e
osservazione diretta.
Attualmente sono attivi alcuni progetti diretti agli abitanti del quartiere e finalizzati alla gestione della
conflittualità sociale e al miglioramento della qualità della vita. Dall’ottobre 1999 opera il Progetto Rosso,
promosso da un ordine religioso e sostenuto finanziariamente dal comune di Roma e dal municipio: si
rivolge ai giovani e mira alla loro educazione, prevede inoltre la ristrutturazione di un’area sportiva, un
laboratorio di serigrafia, un centro di aggregazione giovanile e un’associazione di promozione sociale (+
promuove la notte bianca). Il Progetto Verde intende contribuire al miglioramento della vita sociale del
quartiere. Il Progetto Arancione è un centro di educazione ed integrazione per bambini e adolescenti figli di
cittadini stranieri e di coppie miste.
Con il termine sicurezza urbana si possono intendere sia politiche dirette alla prevenzione della criminalità
di strada, sia politiche di prevenzione sociale. In un quartiere come Seicase tanto gli operatori sociali
quanto gli amministratori locali e le forze dell’ordine considerano la problematicità della zona come
strettamente legata alla scarsa qualità della vita, che è a sua volta attribuita all’assenza di servizi basilari,
alla precarietà della condizione abitativa, al degrado, al senso di isolamento; solo in secondo piano si
collocano problemi legati alla criminalità e micro-criminalità.
le inciviltà sono le trasgressioni di norme condivise riguardanti i comportamenti negli spazi pubblici e
portano ad un indebolimento dei legami sociali e, conseguentemente, del senso di comunità; sono inoltre
percepite come mancanza di interesse da parte dell’amministrazione. A questa condizione di inciviltà
ambientale si aggiunge la precarietà sociale. Così i carabinieri alla domanda su quali siano i problemi
specifici incontrati nel quartiere evidenziano un’alta conflittualità tra i residenti, prima ancora del traffico di
stupefacenti: sia carabinieri che polizia ritengono che bisognerebbe intervenire con progetti di
riqualificazione ambientale, oltre che sociale, che potrebbe essere notevolmente migliorata dalla
regolarizzazione della condizione abitativa.
Gli operatori del PV sostengono di essere maggiormente coinvolti dagli amministratori locali di centro-
sinistra; così come pure gli agenti della municipale. Un operatore del PR sostiene, come pure la polizia e i
carabinieri, che la presenza delle amministrazioni locali è insufficiente: in particolare un operatore della
polizia sottolinea che il comune dovrebbe rispettare le graduatorie di assegnazione dei posti alloggio. La
polizia vede Seicase come un ghetto in cui sono state riversate famiglie con gravi problemi sociali, poveri e
disoccupati.
È ormai condivisa l’idea che il senso di insicurezza sia riconducibile a due ordini di fattori: i sentimenti
soggettivi e le minacce alla propria incolumità. Possono essere applicate forme di controllo repressive
(hard) e preventive (soft). Da quanto emerge dalle interviste rivolte ai 5 abitanti del comprensorio una
maggiore presenza delle forze dell’ordine sarebbe auspicabile e garantirebbe una contenimento
dell’illegalità. La scarsità di controlli a Seicase è confermata da un esponente della polizia che afferma come
la presenza delle forze dell’ordine sia diminuita rispetto al 2001. Dalla testimonianza degli operatori sociali
emerge invece che un’azione di contrasto alla criminalità realizzata dai corpi di polizia, con modalità
repressive, non sarebbe adeguata in un territorio con così alto disagio sociale, in quanto verrebbe vissuta
come un controllo e non come un servizio.: molto più utile sarebbero politiche di prevenzione (un
operatore PV li definisce come un corpo estraneo). I carabinieri affermano che la loro presenza sul
territorio è solo di tipo repressivo e che la prevenzione non può essere realizzata.
sicurezza come problema da porsi collettivamente.
Dal punto della polizia è necessario un rafforzamento del proprio personale, ma è indispensabile anche un
intervento più puntuale dei sevizi sociali; il servizio effettuato dalla polizia è visto come un’azione
assistenziale finalizzata alla rassicurazione attraverso un maggiore contatto diretto, piuttosto che
unicamente repressivo. L’assenza del senso di appartenenza al territorio e di coesione sociale è avvertita
come un serio problema.
L’irruzione, nello spazio micro della sicurezza, di altri attori, dalle associazioni alle istituzioni, ha segnato la
progressiva perdita del monopolio statale in questo ambito. Si parla dunque di sicurezza integrata o
partecipata, in cui la collaborazione tra i numerosi soggetti operanti nel territorio viene realizzata
attraverso strumenti regolativi ed è incentrata sulla prevenzione del crimine, sulla gestione della
convivenza, sulla riqualificazione e miglioramento della vita. Perchè un’integrazione tra i diversi attori che
operano nel settore della sicurezza si realizzi, è necessario che essa sia preceduta da un mutamento dei
modelli culturali di riferimento degli operatori delle istituzioni, in particolare di polizia, che spesso hanno
delle resistenze ad accettare la perdita di centralità. Quanto al coordinamento e alla collaborazione degli
operatori sociali con le forze dell’ordine, una simile situazione viene ritenuta improbabile da queste ultime
per via della discordanza sui metodi di intervento (la dimensione umana è prioritaria per gli operatori). Un
poliziotto intervistato non solo non è a conoscenza del tipo di lavoro effettuato dagli operatori sociali, ma
ritiene che ognuno debba occuparsi del proprio settore. Sia gli operatori del PR e del PV affermano di non
avere rapporti con le forze di polizia. Entrambi inoltre esprimono delle riserve sul metodo utilizzato dalle
istituzioni per affrontare i problemi. Spesso il lavoro autonome e referenziale della polizia e dei carabinieri
si traduce in una difficoltà di collaborazione con altri soggetti.
5 Quartiere latino: Alessandro Franzé
La crescente paura del crimine sta generando nuovi schemi di comportamento e di fruizione degli spazi
pubblici. Si moltiplicano le zone sconsigliate in particolari ore e la città si connota sempre più come un
sistema di barriere che, attraverso nuove forme architettoniche, determina una processo di
inclusione/esclusione.
L’indagine ha utilizzato la tecnica dell’intervista tramite questionario standardizzato, articolato in 35
domande a risposta chiusa, salvo alcuni casi, rivolte alla polizia: le principali aree tematiche riguardano la
percezione della criminalità, le fonti dell’insicurezza urbana e la valutazione delle organizzazioni. L’indagine
ha avuto per oggetto la quasi totalità (68/73) dei poliziotti che prestano servizio presso uno dei 36
commissariati: 13 donne e 55 uomini, con età media di 36 anni, con prevalenza di origine di centro e sud,
con il 71% di diplomati superiori (9% laureati e 20 con diploma elementare).
Il quartiere latino si presenta come storicamente operaio e circondato dalle mura Aureliane che ne ha
favorito l’isolamento e con bassi costi delle locazioni. L’espansione della città in generale ha comportato
importanti mutamenti, che riguardano la frequentazione soprattutto di una fascia giovanile esterna attratta
dalla presenza degli esercizi commerciali e dalla sua natura di luogo di incontro a basso costo (+
trasgressioni varie): ciò ha comportato la contrapposizione della popolazione residente e dei frequentatori.
Sono più alti i numeri delle inciviltà (anche con un impatto maggiore), che il numero di rapine e scippi:
l’assenza di situazioni gravi consente alla polizia una gestione relativamente agevole dell’ordine e una
regolare attività di contrasti dei reati.
Il livello di percezione del fenomeno criminale non è allarmante e oscilla tra il 46% e il 48% (poco e
abbastanza), mentre il livello