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7. OLTRE I CONFINI DEL TESTO
La ricerca semiotica contemporanea va al di là del testo narrativo, in direzione dello spazio, di altri testi come
quelli visivi e della cosiddetta comunicazione “non verbale”.
Lo spazio e la spazialità
Il nostro linguaggio e il nostro sistema di significazione sono caratterizzati dallo spazio. Molto spesso
utilizziamo infatti figure dello spazio che esprimono i nostri stati d’animo, le nostre emozioni e che descrivono
il carattere di una persona (per esempio quando etichettiamo una persona come superficiale, profonda, ecc.).
Oltre queste figure di spazio disponiamo anche di uno schema corporeo che rappresenta l’immagine che
ciascuno di noi ha del proprio corpo. Grazie a questo schema del corpo riusciamo a orientare la nostra
localizzazione a partire dalla quale si costruisce la nostra percezione dello spazio. La percezione corporea è
legata a un livello profondo, il livello di organizzazione del contenuto. Questo livello è però interpretato
differentemente dalle diverse società. Per esempio, possiamo individuare una serie di significati che mutano
a seconda del contesto (destra/sinistra che assume connotazioni politiche, avanti/dietro, dove l’avanti
connota per noi evoluzione e progresso, ecc.). Nell’attribuire senso allo spazio assume un ruolo importante
la direzione, intesa anche come programma narrativo in quanto implica degli scopi e delle azioni da parte del
soggetto. Possiamo quindi analizzare un testo in base al ruolo che ho lo spazio; questo, però, non significa
limitarsi a descrivere lo spazio inteso come scenario in cui si estende il racconto. Lo spazio va invece inteso
anche come luogo che determina o ostacola le trasformazioni dei soggetti e dei valori del testo. Lo spazio è
quindi il luogo della visione ma anche un luogo che coinvolge le relazioni tra soggetto, corpo e mondo.
I livelli di analisi dello spazio
Nel livello di superficie troviamo lo spazio dove si innescano le relazioni tra attori e tra soggetti e oggetti. Qui
possiamo trovare sia una dimensione sintattica che una dimensione semantica. Sul piano sintattico si realizza
la spazializzazione testuale attraverso un procedimento di débrayage (distacco dal soggetto
dell’enunciazione). Sul piano semantico, invece, assumono importanza gli spazi d’azione degli attanti
narrativi. Questi spazi si riferiscono ad opposizioni sull’asse paradigmatico, come ad esempio l’opposizione
città/campagna che si collega a quella tra caos (città) e pace (campagna). Due elementi costitutivi per l’analisi
dello spazio sono il soggetto e la temporalità, che sono presenti nel livello più profondo del testo. Nel
momento in cui inseriamo un attore e un tempo in uno spazio, questo si anima e diventa il percorso di un
soggetto. In alcuni testi, lo spazio entra in relazione con l’intreccio e contribuisce a dare forma al racconto.
Possiamo distinguere diversi tipi di spazio:
1. Uno spazio utopico, dove avviene la performance dell’eroe;
2. Uno spazio paratopico, dove l’eroe acquisisce la competenza e dove c’è la sanzione;
3. Uno spazio eterotopico, che funge da sfondo della narrazione.
Lo spazio di un testo rappresenta quello che il lettore può vedere e quindi conoscere. In tal senso, il lettore
può sovrapporsi al narratore o a un attore del testo. Nel primo caso, il lettore vede e sa di più dei singoli
attori; nel secondo caso, invece, condivide con l’attore una visione limitata. In un testo troviamo quindi una
dimensione percettiva (lo spazio visibile), una dimensione cognitiva (ciò che si vede e si può conoscere) e una
dimensione timico-assiologica (vale a dire una specifica rappresentazione dello spazio). Oltre all’osservatore
emerge la figura dell’informatore che interagisce con la visione del soggetto. Un altro livello dello spazio è
l’allestimento figurativo dove il testo produce determinati effetti di realtà. In questo livello possiamo ad
esempio trovare descrizioni più o meno realistiche.
Un esempio: lo spazio in pubblicità
Nelle pubblicità delle automobili, ad esempio, il ruolo dello spazio è fondamentale. In questo tipo di
pubblicità l’automobile molto spesso percorre un determinato spazio aperto o chiuso. Oltre allo spazio in cui
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l’automobile si muove, c’è anche lo spazio interno dell’auto e lo spazio occupato dal suo volume. In sostanza,
negli spot delle automobili possiamo individuare:
Lo spazio esterno in cui l’automobile si muove;
Lo spazio dell’automobile in quanto volume, cioè oggetto dotato di tridimensionalità;
Lo spazio interno dell’auto, cioè l’abitacolo.
Attraverso questi tre tipi di spazio possiamo individuare le tematizzazioni contenute nel testo e i processi di
valorizzazione del prodotto pubblicizzato. Per esempio, se il testo tematizzalo spazio esterno, sottolineando
le distanze che l’auto può percorrere, il processo di valorizzazione riguarderà l’auto come mezzo che vince e
domina lo spazio. Se lo spot sottolinea lo spazio del volume dell’auto, la valorizzazione del prodotto
riguarderà l’automobile intesa come un corpo con una linea e un profilo desiderabile. Infine, se uno spot si
sofferma sull’abitacolo, la valorizzazione riguarderà l’automobile come luogo di rifugio e come spazio
accogliente. Lo spazio prefigura, a sua volta, un tipo di destinatario a cui lo spot si rivolge. Nel primo caso, lo
spazio esterno dominato dall’automobile può rivolgersi a un destinatario maschile a cui interessano le
prestazioni del veicolo; lo spazio interno e le comodità dell’abitacolo sono rivolte, invece, a un destinatario
con famiglia, ecc.
Il visivo
Oltre ai testi linguistici ci sono anche testi visivi che possono avere funzioni narrative come nel caso dei film.
Questo tipo di testi presenta molte difficoltà: per esempio, specie nella pittura astratta che è un tipo di testo
visivo, non è facile distinguere il piano dell’espressione da quello del contenuto. Inoltre, le immagini non sono
lineari come il linguaggio verbale e quello scritto. Possiamo considerare i testi visivi come delle icone, cioè
segni che sono simili al loro contenuto. Tuttavia, questo non ci permette un’analisi esaustiva del testo visivo,
prima di tutto perché le immagini non sono tutte icone e poi perché la somiglianza di cui si parla, in realtà, è
relativa: infatti, un quadro è bidimensionale ed è formato da pigmenti colorati, mentre la persona ritratta è
tridimensionale ed è costituita di carne e di sangue. Lo icone, in questo senso, sono delle semplificazioni
rispetto alla complessità del reale. In sostanza, si può parlare di immagine se la sua forma si può scomporre
in parti che corrispondono a figure attribuite all’oggetto rappresentato (per esempio, nell’immagine di una
casa posso identificare delle pareti, un tetto, delle finestre, ecc.). Questo processo è chiamato
“iconizzazione”. Possiamo però intendere il testo visivo come il risultato di un certo modo di operare per
produrre senso. In questo caso si parla di semiotica plastica: questo livello consiste, per esempio, nel
guardare un’opera d’arte analizzando però la tecnica del pittore. In questo livello possiamo distinguere tre
tipi di categorie:
1. Le categorie topologiche, che orientano la percezione che abbiamo di un’immagine;
2. Le categorie cromatiche, che riguardano i colori e la loro diversa intensità, saturazione;
3. Le categorie eidetiche, come i contorni e le linee.
Un elemento comune ai testi plastici e ai testi figurativi è il rapporto tra forma dell’espressione e forma del
contenuto. L’espressione, in particolare, non è arbitraria perché essa è vincolata all’organizzazione dei suoi
contenuti. Vi è quindi un rapporto non fra unità dell’espressione e del contenuto, ma fra categorie
dell’espressione e categorie del contenuto.
Gli oggetti
Un tema ancora acceso in semiotica riguarda la possibilità di considerare e interpretare gli oggetti d’uso come
segni costituitivi di un linguaggio. Alla fine degli ’60, in Italia, c’è stato un dibattito per stabilire se gli oggetti
d’uso quotidiano avessero effettivamente un legame con la semiotica. Una delle questioni più discusse
riguarda l’opposizione fra la comunicazione degli oggetti e la loro funzione, cioè capire se gli oggetti
comunicano o funzionano solamente. Nello stesso periodo, anche in Francia sono sorti numerosi dibattiti
sugli oggetti d’uso; le riflessioni, però, non si sono concentrare sulla funzione e sulla comunicazione degli
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oggetti come in Italia, bensì hanno cercato di stabilire se gli oggetti fossero in grado di comunicare valori
sociali. Attualmente possiamo distinguere due differenti modalità di approccio semiotico nei confronti degli
oggetti: un approccio interpretativo che fa capo a Eco e Violi e un approccio che invece fa capo alla scuola
francese, con Greimas, Floch e Fontanille. Entrambi questi approcci partono dalle qualità percettive degli
oggetti, come la forma, il colore, la dimensione, ecc., descrivendoli come veri e propri processi di
significazione.
L’approccio interpretativo
L’approccio interpretativo, in particolare, osserva i comportamenti degli utenti di fronte agli oggetti durante
il loro uso quotidiano. Gli oggetti sono definiti “protesi” quando amplificano una funzione del corpo e di
“interfaccia” quando sono in grado di comunicare la loro funzione anche a utenti inesperti. Questi ultimi
contengono della affordances presenti nella morfologia di un oggetto e servono a comunicare la loro
funzione: ad esempio, un oggetto concavo può essere adatto a contenere, oppure la maniglia di una porta,
in base alla sua conformazione, può indicare se per aprirla è necessario spingere o tirare. Le affordances
possono però comunicare in maniera sbagliata l’uso corretto di un oggetto: per esempio, può capitare che
una persona faccia ruotare un pulsante che invece andrebbe premuto, oppure che possa spingere la maniglia
di una porta quando invece andrebbe tirata. Questi inconvenienti non dipendono dall’incapacità di chi usa
un determinato oggetto, ma sono causati nella maggior parte dei casi dalla cattiva progettazione
comunicativa di quell’oggetto.
L’approccio della scuola francese
Anche l’approccio che fa capo a Greimas considera gli oggetti come dei processi di significazione e quindi
come testi. Gli oggetti, pertanto, vanno interpretati all’interno di una dimensione narrativa: gli oggetti d’uso
non sono soltanto dei semplici manufatti dotati di una forma più o meno funzionale, ma sono