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Ordine professionale. I produttori guardavano alla Screen Writers Guild come a
una minaccia al loro potere materiale.
Gli anni Trenta in Italia
nello stesso periodo in Italia non c'era un sistema regolamentato, lo
sceneggiatore non lavorava a stipendio fisso, ma film per film.
In Italia di rado si usavano indicazioni tecniche nella sceneggiatura, essa non si
trasformò in una forma di scrittura specializzata. Nel 1931 Emilio Cecchi fu
nominato direttore della Cines, e fu la sua presenza ad aggregare al cinema
scrittori e personaggi della cultura italiana. (cecchi è stato scelto anche perchè è
stato a Hollywood e si guarda all'industria cinematografica americana come a un
modello). Avvenne negli anni Trenta in Italia la ricerca di un prodotto medio, la
ricerca di storie per un pubblico che era stato privato, dal blocco delle
importazioni, dei film americani.
Studio system all'italiana:
nello studio system all'italiana innanzitutto c'era l'ufficio soggetti e il Direttore
della produzione, che lo presiede. L'ufficio soggetti ha il compito di raccogliere,
ricevere, ricercare, selezionare, coordinare idee per film che presenterà
all'approvazione del Consiglio di amministrazione prima e al Direttore di scena
poi. Il Direttore di produzione deve conoscere il minimo e il massimo potenziale
di sfruttamento dei mezzi e degli uomini di cui può disporre lo stabilimento.
Genina, insieme a Righelli, è stato il regista più importante del periodo
precedente la guerra. Ha cominciato a scrivere soggetti, poi è passato alla regia.
Fra i migliori film dell'annata se ne trovano diversi che svolgono soggetti scritti
da "scrittori": Zavattini, Napolitano, D'Errico, e scritti appositamente per il
cinema. I soggetti pensati cinematograficamente funzionano meglio degli
adattamenti da altre opere: il cinema come arte narrativa dispone di precise
leggi.
Il cinema a Milano durante il Fascismo:
i centri di interesse erano il Cineclub di Miano, il "Convegno" di Enzo Ferrieri,
una rivista autorevole, ricca di motivi culturali importanti. Poi si formò l'ATA
(Artisti Tecnici Associati) diretta da Carlo Ponti.
Il cinema neorealista
il cinema neorealista è il prodotto della cultura e dell'antifascismo del
dopoguerra, e prende avvio tra i tavoli delle trattorie romane frequentate dagli
intellettuali in una fase in cui l'industria cinematografica è inoperante per i danni
provocati dalla guerra.
Le sceneggiature neorealiste sono il prodotto di un lavoro di gruppo. La
sceneggiatura veniva prima discussa, possibilemente a partire da una ricerca
preliminare, attraverso interviste, esplorazioni, reportage fotografici, ecc... e
divisa in "blocchi", sui quali ognuno lavorava con competenze specifiche.
Durante gli anni '50 questo lavoro collettivo porta all'emergere di coppie di
sceneggiatori, come Steno e Monicelli, Age e Scarpelli, ecc..
Nel cinema neorealista il film deve nascere dall'esperienza della realtà, dunque
l'idea parte con un lavoro di ricerca e investigazione della realtà sociale.
Un gruppo tra gli sceneggiatori del neorealismo dà vita alla commedia all'italia e
al cinema di genere, mentre un altro gruppo lavora all'ombra dell'Autore. La
curiosità per il reale si riversa anche nel fatto di analizzare il modo di parlare dei
personaggi e quindi nella specializzazione linguistica del dialogo. Viene
introdotto anche l'uso del dialetto, adeguato a certi soggetti.
L'ambiente neorealista nasce in un clima morale, ideologico e culturale, da una
serie di riunioni a Roma che si proponevano di stendere una dichiarazione degli
intellettuali progressivi.
I rapporti tra produttori, sceneggiatori, registi e attori divennero sempre più
frequenti e vitali. Il mestiere era condotto in maniera artigianale. C'erano pochi
mezzi (a differenza dal cinema americano) ma un grande fervore di idee. Le
paghe erano basse o inesistenti.
Il Marc'Aurelio (un giornale) era una scuola formidabile, perché prima di tutto si
imparava il rigore; si faceva la cosiddetta "riunione delle battute", ciascuno
portava la sua idea per un disegno con la battuta, le più divertenti passavano ai
disegnatori, poi il "battutista" poteva cominciare a scrivere.
La sceneggiatura neorealista non si preoccupa più di inventare storie
spettacolari, ma l'obiettivo è rendere significative le cose della realtà. Il film
poteva nascere per strada o a tavolino. Scompare la figura dello sceneggiatore
che nella solitudine del suo studio segue le suggestioni della fantasia, e subentra
lo sceneggiatore-reporter, col suo lavoro di inchiesta, lievitato poi dalla fantasia.
Le ammucchiate: si era in tanti a prender parte alla scrittura di una
sceneggiatura, talvolta tutti riuniti in una piccola e misera stanza, ognuno con
l'intento di comparire nei titoli di testa. Pian piano il numero si ridusse e si arrivà
alla media di tre sceneggiatori per film. Era importante scegliere i compagni
giusti, così il tempo speso insieme, anche a chiacchierare poteva risultare
proficuo.
In quest'ambiente nacquerò storici film come Paisà e Ladri di biciclette.
C'era poi l'uso delle revisioni: perché i produttori non ci capivano molto, allora si
rivolgevano a un altro sceneggiatore per farlo revisionare. Spesso il produttore si
rivolgeva a molti sceneggiatori e il film passava di mano in mano.
Sceneggiatore-regista: autore
anche a Hollywood, come in Italia, verso la metà degli anni Trenta iniziò ad
emergere la figura dello sceneggiatore-regista. Questi personaggi che uniscono
nelle proprie mani il contenuto narrativo e la mise en scene, danno vita a quella
che sarà poi la figura dell'Autore.
Cinema americano e italiano, negli anni '40, vedono l'emergere, nella gerarchia
creativa, della figura del Regista; ma mentre in America ciò avviene noostante gli
studios, in Italia, seppure in un numero limitato di casi, il regista si trasforma nel
garante di un prodotto alto, culturalmente più qualificato.
La collaborazione alla sceneggiatura non è una condizione necessaria per la
nomina ad "autore", secondo la teoria elaborata dai Cahiers du Cinema, ma dagli
anni '50 anche il regista americano è di solito sceneggiatore o comunque ha
stabilito maggior controllo sul processo creativo del film.
Il cinema italiano dagli anni Sessanta a ieri
il cinema d'autore (Antonioni, Visconti, Fellini..) richiede allo sceneggiatore
l'adesione al punto di vista del regista e un lavoro funzionale al mondo di
immagini, poesia, fantasia, problemi esistenziali, stati d'animo dell'Autore, cioè
un tipo di sceneggiatura dove l'impianto narrativo e i personaggi passano in
secondo piano, ed emergono una stilizzazione visiva e problematiche interiori,
che normalmente erano considerate "anticinematografiche".
Si ha dunque un livello più "alto" e complesso di espressione, creativo e
stimolante. Il cinema d'Autore mette in crisi la sceneggiatura tradizionale, intesa
come scrittura di racconti standard, e lascia posto a un nuovo arruolamento di
scrittori e poeti (Bassani, Pasolini, Bartolini, Guerra..). La commedia all'italiana,
col suo impegno politico e il rapporto con la realtà sociale, richiede il lavoro di
uno sceneggiatore completo. Si ha comunque la scomparsa del prodotto medio, e
la crisi di un'industria cinematografica mai consolidatasi, una produzione
polarizzata intorno a livelli alti (cinema d'autore) o molto bassi.
Negli anni '50 la commedia all'italiana si era presentata come una sorta di
reazione al neorealismo: presentò un'italia un po' falsificata, di provincia, di
paese, folcloristica, con la povertà bella, che dava un'immagine un po'
contraffatta di quella che era la realtà italiana. Poi negli anni '60, col boom
economico, la commedia italiana ha cominciato a registrare forse con maggiore
verità quelli che erano i passaggi della società italiana. Avvalendosi sia della
satira, sia del dramma, è riuscita a dare un quadro in presa diretta della realtà,
contrinuendo alla consapevolezza critica di massa, e a demistificare certi tabù. I
temi si sono ispessiti, ma non c'è stato cambiamento di autori e di attori; hanno
assunto quella parte drammatica che fino all'epoca era stata trascurata,
l'ispirazione viene cercata nella cronaca.
(Alcuni sceneggiatori: Festa, Campanile e Franciosa erano più "goliardi" e
scanzonati; Scola e Maccari bravi ma più professionali; Age e Scarpelli più
elaborati e ambiziosi.
Nei film di Antonioni le parole sono soltanto un commento, un sottofondo alle
immagini. All'inizio, quando si costruisce la sceneggiatura, tutto era affidato alle
parole, poi, a mano a mano, cadono le parole e affiorano i gesti, e l'importanza
delle indicazioni visive.
Fellini presenta invece una visione più favolistica della realtà; erano film che
nascevano da inchieste però l'interpretazione cambiava. La Dolce Vita è nato da
lunghe riunioni, poi ci fu il tattamento e la divisione delle sequenze. Il copione
era un seguito di materiali che Fellini, il regista, ricuciva. Fellini rifugge la realtà:
prende ispirazione da poche immagini, che poi non verranno mai girate, ma
avranno dato tutta la suggestione necessaria per creare un intero film.
Il declino di Hollywood e la riconversione
dopo il '48 l'industria cinematografica italiana attraversò un periodo di crisi. La
diffusione della televisione, il divorzio tra Case di produzione e catene di sale
cinematografiche, l'aumento dei costi di produzione, provocarono il crollo dello
studio system. Una della prime scelte imposte dalla crisi fu il fatto di stipulare
contratti non più annuali, ma film per film. Resistono, comunque, le Case di
produzione, che cercano di sperimentare e differenziare, per es, facendo spazio
anche al cinema d'autore, e reclutando registi di estrazione intellettuale.
La nuova Hollywood ha potuto utilizzare la televisione come campo
d'addestramento delle nuove leve, recuperando quello che era l'apprendistato
negli studio systems.
È emersa così una nuova generazione di registi e sceneggiatori, tra cui Francis
Ford Coppola, John Milius, Hill, Schrader (che hanno iniziato la loro carriera
come sceneggiatori per poi diventare registi).
La sceneggiatura cambia: non si usano più le indicazioni tecniche, ma diventa un
racconto visualizzato, in dettaglio e arricchito di dialoghi (Pasolini la chiamava
sceno-testo). Si è rinnovata anche per quel che riguarda l'uso della lingua nei
dialoghi, i road movies hanno atti