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CONRONTO VISIONE PIAGETIANA:

I risultati delle ricerche relative al cognitivismo mostrano che lo sviluppo di molti dei fenomeni relativi agli

studi di Piaget non sono così lenti, coerenti e organizzati in stadi come ipotizzava la teoria.

Inoltre viene messo molo in discussione anche la visione che la cognizione infantile si basi esclusivamente

sull’azione e suggeriscono invece che l’architettura funzionale della mente e le competenze del sistema

umano sono fin dalla nascita notevolmente più complesse di quanto fino ad allora postulato. Anche

relativamente all’idea che il bambino impara gradualmente a integrare e coordinare le informazioni

proveniente dai diversi organi sensoriali è stata ampiamente criticata da Gibson che sosteneva che fin dai

primi giorni di vita il bambino integra le informazioni provenienti dai diversi sensi e lo dimostra attraverso

l’esempio della loro capacità di effettuare la localizzazione dei suoni: ciò indica che i bambini fin dalla

nascita si aspettano che il suono sia associato a un oggetto esplorabile attraverso la vista ma anche la

capacità per esempio di riconoscere un ciuccio di cui hanno avuto solo esperienza orale.

Es.: esperimento della scimmia in cui vengono confrontati i volti di due scimmia presentati

contemporaneamente a una vocalizzazione o a un suono il cui inizio e la cui fine erano sincronizzati con il

movimento della bocca di una delle due scimmie. I risultati indicavano che i neonati guardano più a lungo il

volto della scimmia i cui movimenti sono sincronizzati con il suono udito, dimostrando in tal modo la

capacità di cogliere la sincronia della stimolazione nelle due modalità sensoriali.

 già nei primi mesi di vita il mondo percettivo del bambino è molto più stabile, coerente e organizzato di

quanto Piaget avesse ipotizzato. Il bambino smette di essere descritto come un organismo passivo e

immaturo dal punto di vista sensoriale e motorio, oltreché cognitivo, ma diviene un organismo dotato di

sistemi sensoriali funzionanti e di una sofisticata competenza percettiva che gli permette di crearsi

aspettative riguardo al mondo.

LA COGNIZIONE INFANTILE NEI DIVERSI DOMINI DELLA CONOSCENZA

• Conoscenza dell’oggetto

Le competenze percettive nei primi sei mesi di vita sono sufficienti da consentire ai bambini di percepire e

rappresentare gli oggetti del mondo fisico come dotati di proprietà intrinseche e permanenti e cioè che non si

modificano al variare delle condizioni ambientali o del contatto percettivo che il bambino ha con loro. (es.

percezione come continua e unitaria di un oggetto parzialmente occluso a condizione che le due

COMPL parti visibili si muovano in modo sincrono e solidale  barra verticale nascosta da un rettangolo

ETAME bianco orizzontale.) In relazione al completamento percettivo sono anche state fatte ricerche che

NTO

AMODA hanno dimostrato che la capacità di rappresentare oggetti parzialmente occlusi come continui è

LE riscontrabile anche prima dei 4 mesi in condizioni percettive particolari (es. movimento

stroboscopico), caratteristica che dimostra la precoce capacità dei bambini di imporre

un’organizzazione alle scene e agli eventi visivi ai quali sono esposti e di utilizzare le informazioni

visive disponibili per rappresentare e compiere inferenze circa aspetti e proprietà degli stimoli che non sono

percettivamente presenti.

Attraverso il paradigma della violazione dell’aspettativa si è anche dimostrato che nei primi sei mesi di vita i

bambini sono guidati nella loro percezione del mondo da numerose aspettative circa le leggi che vincolano il

comportamento degli oggetti nell’ambiente: per esempio attraverso l’esperimento della Baillargeon e Graber

del coniglio alto e il coniglio basso passanti dietro uno schermo posto lungo il percorso, si è visto che i

bambini guardavano più a lungo l’evento impossibile rispetto a quello possibile, dimostrando che i bambini

erano in grado di rappresentare l’esistenza e l’altezza del coniglio anche quando questo scompare dietro lo

schermo e di aspettarsi che il coniglio più alto appaia nella finestra durante il suo passaggio dietro lo

schermo.

A differenza di Piaget quindi i ricercatori che si ispirano all’approccio cognitivista hanno utilizzato compiti

più semplici per misurare le abilità percettive di base che costituiscono il prerequisito per l’emergere di

comportamenti cognitivamente più complessi.

 il bambino è quindi in grado di rappresentare mentalmente gli oggetti come dotati di specifiche

caratteristiche percetti e che tale rappresentazione è indipendente dal contatto percettivo con l’oggetto, già in

età precoce.

• La cognizione numerica

Secondo Piaget i bambini non sarebbero in grado di rappresentare gli aspetti quantitativi dell’ambiente prima

dei 5-6 anni (ingresso nel periodo operatorio concreto), ma attraverso le ricerche più recenti si è visto che i

bambini nei primi mesi di vita sono in grado non solo di compiere discriminazioni tra diverse quantità

numeriche e non numeriche, ma anche di compiere operazioni aritmetiche come quella di individuare la

relazione ordinale tra diverse numerosità o individuare la costanza del rapporto tra diversi valori numerici.

Attraverso il paradigma dell’abituazione sono state infatti fatte varie ricerche che hanno dimostrato che nel

primo anno di vita i bambini sono in grado di rappresentare il valore numerico comune a diverse

configurazioni visive che differiscono dal punto di vista percettivo. Oltre alla capacità di cogliere il valore

cardinale di insiemi numerici, i bambini nel primo anno di vita sono anche in grado di apprezzare l relazioni

ordinali tra quantità numeriche ossia quelle definibili in termini di maggiore o minore.

 i bambini sono quindi in grado di rappresentare il valore cardinale di un insieme numerico e anche le

relazioni tra valori diversi.

• La cognizione sociale

Tale dominio comprende le conoscenze che i bambini hanno relativamente alle proprietà specifiche degli

esseri sociali che consentono loro di identificarli nell’ambiente differenziandoli dagli oggetti fisici. Gli

oggetti sociali sono riconoscibili per la presenza del volto o per il movimento specifico che li caratterizza.

Varie ricerche hanno dimostrato che già dalla nascita i bambini mostrano una preferenza spontanea per il

volto umano e cioè verso quegli stimoli che raffigurano anche in modo molto esemplificato il volto umano

(preferenza innata). Tale meccanismo innato spingerebbe il bambino a spostare in modo automatico

l’attenzione verso tutte quelle configurazioni visive che possiedono la struttura del volto, definita dalla

presenza di tre aree a forte contrasto disposte a formare un triangolo. Alla base di questa predisposizione

innata ci sarebbe un meccanismo sottocorticale specifico finalizzato alla detezione del volto (conspec). I

neonati sono risultati anche estremamente sensibili alle informazioni veicolate dagli occhi, come dimostrato

dal fatto che essi preferiscono un volto con gli occhi aperti allo stesso volto ma con gli occhi chiusi e anche

un volto con uno sguardo diretto che uno con lo sguardo orientato (sensibilità innata per il contatto visivo).

Sensibilità anche per le espressioni emotive: preferenza per un volto felice piuttosto che per un volto neutro,

preferenza che può potenzialmente essere dovuta all’esperienza visiva accumulata dal bambino nei primi

giorni di vita con il volto sorridente del caregiver. L’identità di volto quindi è rappresentata fin dalla nascita

come una proprietà invariante che non si modifica al variare dell’apparenza percettiva del volto.

Un’altra abilità percettiva per il dominio della cognizione sociale è la sensibilità verso il movimento

biologico  la capacità di individuare i propri con specifici quindi dipende non solo dalla presenza del volto,

ma anche da altre caratteristiche che gli esseri umani condividono con gli altri vertebrati. Tale abilità, di

saper distinguere il movimento corporeo, emerge precocemente nello sviluppo, già nei bambini di circa 5

mesi, ma anche prima.

APPROCCIO INNATISTA-MODULARE

Per quanto riguarda l’approccio di derivazione cognitivista quindi si pensa che la capacità di apprendere e

creare rappresentazioni a partire dall’informazione ambientale sia maggiore rispetto a quanto veniva

ipotizzato nell’ambito della teoria piagetiana. Secondo i cognitivisti l’architettura della mente adulta risulta

essere organizzata in modo dominio-specifico e soprattutto risulta essere vista come un processo continuo.

Questi due assunti teorici sono stati ripresi ed estremizzati dagli approcci innatisti che interpretano le precoci

competenze infantili come il prodotto del funzionamento di un sistema cognitivo altamente specializzato dal

punto di vista funzionale che consente al bambino di organizzare i contenuti di conoscenza di cui dispone

dalla nascita in relazione a domini specifici. Uno di questi modelli è quello della mente modulare delineato

da Fodor. Tale teoria assume l’esistenza di un insieme di sistemi di elaborazione dell’informazione, chiamati

appunto moduli, che si caratterizzano per essere innati, immodificabili e altamente dominio-specifici. Questa

teoria ha suggerito l’esistenza di un forte legame tra a tesi innatista e il carattere dominio-specifico della

cognizione, descrivendo l’architettura della mente umana come vincolata da un’architettura innata, rigida,

immutabile e altamente dominio-specifica. Fodor sosteneva quindi che l’architettura della mente umana è

costituita fin dalla nascita da un insieme di elaboratori altamente efficienti e specializzati (moduli) adatti a

codificare e manipolare specifici tipi di informazione e la cui presenza è specificata nelle nostro patrimonio

genetico. Questi moduli vengono definiti da Fodor come dei decodificatori automatici delle informazioni

presenti nell’ambiente e vengono descritti come funzioni verticali: ricevono l’input dai trasduttori (funzione

di trasformare le informazioni contenute nello stimolo n un formato manipolabile da parte del sistema

cognitivo), che trasformano le stimolazioni ambientali nel formato che ogni modulo specializzato può

elaborare e forniscono dati in uscita in un formato comune che è accessibile all’elaborazione da parte dei

processi centrali che sono legati al funzionamento di tutto il sistema cognitivo  attraverso i moduli la mente

trasforma gli stimoli ambientali in rappresentazioni

Proprietà dei moduli:

1. Sono dominio-specifici

2. Eseguono operazioni obbligate e cioè non possono astenersi da elaborare input. Carattere automatico

e veloce.

3. Sono informazionalmente incapsulati o cognitivamente impenetrabili: non sono influenzati ne dalle

credenze e dalle attese, ne d

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
27 pagine
7 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/04 Psicologia dello sviluppo e psicologia dell'educazione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher babinaaaa di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia dello sviluppo cognitivo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Simion Francesca.