vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Anche l’uomo che non ha ancora una “fede” precisa può possedere un’intima religiosità (che si manifesta
nella ricerca della domanda).
Questo tipo di approccio consente di avvicinare l’intera tradizione filosofica che, nell’ipotizzare lo statuto
del reale e/o dello sforzo conoscitivo umano, intende il senso religioso come categoria strutturale della
costituzione identitaria e auto-comprensione della persona, a prescindere dall’adesione di fede.
Attraverso la definizione si Solov’ëv, giungiamo ad una definizione, seppur provvisoria, del senso
religioso, che assumiamo come costante pro-tensione della persona verso il proprio centro: centro che si
lascia avvertire inizialmente nella carne, ma che avvia un auto-trascendimento verso l’Altro. 4
3. Uno sguardo metodologico: senso religioso e “opzione teorica iniziale” nelle
Scienze umane
L’oggi sarebbe il frutto di un percorso che dall’adesione alla sfera religiosa tenderebbe a una prospettiva
sempre più “scientifica” ed “adulta”, cioè secolarizzata.
Feuerbach in e l’Essenza interpreta la teologia come “antropologia
L’essebza del cristianesimo della religione,
rovesciata” e la religione come illusoria proiezione di bisogno finiti umani. Il senso religioso si
risolverebbe in “credenza”, superata dall’inarrestabile avanzamento della storia e della spiegazione in
termini totalmente materiali e “scientifici” del mondo e dei fenomeni umani.
Sulla scia di Feuerbach anche Marx interpreta il fatto religioso come epifenomeno di processi materiali,
radicato nelle sperequazioni socioeconomiche del capitalismo: la “falsa coscienza” religiosa crollerà nella
società comunista, dove, eliminata l’economia borghese, cadranno anche le sovrastrutture
istituzionali/culturali ad essa corrispondenti.
Anche secondo Durkheim il “sacro” è un “fatto sociale”, frutto dell’organismo collettivo nel quale si
costituisce, che si sovrappone al “profano” (la realtà) come elemento di organizzazione sociale. Il “Dio”
adorato nella religione sarebbe il volto personale e accessibile dell’ordine sociale stesso; l’esito ultimo
della credenza religiosa (la sua vera funzione) sarebbe la solidarietà sociale.
Il dato comune a questa varietà di approcci è l’insistenza sulla concretizzazione esteriore socialmente e
culturalmente connotata “religione”, a scapito del “motore interiore”, il “senso religioso”.
Va detto che, soprattutto negli orientamenti contemporanei alla disciplina sociologica, questa posizione
è stata in parte ridimensionata, se non addirittura sconfessata. Si pensi ad esempio alla riflessione di
Luckmann, il quale ritiene insostenibili le premesse antropologiche del razionalismo e di “molte, se non
tutte, le teorie sociologiche del sec. XX”, nella convinzione che la religione costituisca un aspetto
universale della condizione umana.
Secondo l’Autore, la dimensione religiosa manterrebbe una sua specificità, costituendo il “legame
specificamente umano tra l’essere umano individuale e una visione collettiva del significato di vista”.
Anche la psicologica condivide tendenzialmente l’assunzione materializzante di fondo: nelle sedi
accademiche è caratterizzata dal prevalere di approcci di tipo comportamentista, cognitivista e
neurobiologico e ciò determina la “materializzazione” della questione del senso religioso in ogni
accezione: in tali contesti l’attenzione è all’esperienza religiosa come “prodotto psichico” di processi
endomentali del soggetto, che in essi si esaurisce.
Analogo il discorso rispetto alla maggior parte delle psicologie di orientamento psicoanalitico: celebre
l’interpretazione freudiana di Dio come effetto di un bisogno infantile dell’uomo.
In Freud ricostruisce le origini antropologiche del fatto religioso. I riti legati ai tabù nelle
Totem e tabù,
comunità primitive, equivalenti al sintomo nevrotico nell’individuo, neutralizzano il rimorso per la
ribellione edipica nei confronti del padre primigenio. L’assassinio del padre scatenerebbe il senso di colpa
collettivo inchiodando i figli a una volontaria “obbedienza postuma” che rende intoccabili il totem/padre
e le donne del clan. Questi tabù espiatori sarebbero la fonte della religione.
Da alcune correnti di Psicologia della Religione a orientamento psicoanalitico vengono comunque spunti
determinanti in ordine alla definizione del “senso religioso”. Fizzotti, ad esempio, separa la teoria
psicoanalitica freudiana, esplicitamente debitrice del positivismo, dalla clinica, che si rapporta alla
prassi
realtà dell’uomo nella sua interezza: solo per scelta a priori la ricerca di Dio, condivisa dall’umanità
intera, può essere ritenuta una prova dell’origine psicologica-immanente della coscienza religiosa.
Non necessariamente la finitezza umana prova l’inesistenza di Dio.
4. Quale approccio metodologico/epistemologico per la comprensione del senso
religioso?
Il metodo più rispettoso dell’oggetto “senso religioso” come qui definito sembra provenire da approcci
fenomenologici ed ermeneutici, per il particolare modo in cui vi si pensa il rapporto tra uomo e realtà.
Il metodo fenomenologico sembra permettere una ricerca non snaturante del senso religioso nelle
produzioni culturali umane. 5
Fenomenologia ed ermeneutica evidenziano come, quando il soggetto si rapporta al reale, interrogandosi
su Dio, lo faccia e propria esperienza.
a partire da dentro la
In questo senso dal “pensiero non si esce”, ma il pensiero non è l’arida ragione cartesiano-hegeliana, né
il freddo strumento calcolante dei positivisti. È ragione “carnale”, che fa tutt’uno con la vita. E proprio
a partire dallo svolgersi della vita e dall’osservazione della condizione umana, condotta con il metodo
fenomenologico/ermeneutico, è possibile rinvenire tracce del senso religioso anche in pensatori
dichiaratamente “non credenti”.
L’educabilità umana e la religiosità: genesi, intrecci, sviluppi Maria Teresa Moscato
1. Pedagogia e religione: le ragioni di un lungo silenzio
Il silenzio in tema di religione e di educazione religiosa dipende, per un verso, dalle specifiche censure e
dai riduzionismi che colpiscono la religione e la religiosità umana, come oggetti di ricerca, nell’intero
orizzonte delle scienze umane e sociali, orizzonte in cui i riduzionismi sono anche più importanti delle
censure effettive. La specifica censura pedagogica dipende, inoltre, per un altro verso, dalla
configurazione assunta dalla pedagogia contemporanea, all’interno del paradigma delle scienze
dell’educazione, che è divenuto progressivamente prevalente a partire dagli anni Settanta del secolo
scorso.
Prima che alla definizione dell’oggetto indagato, la premessa deve quindi riferirsi all’idea stessa di
pedagogia come sapere scientifico.
La pedagogia scientifica si configura oggi, prevalentemente, come una teoria “pratico-poietica”, che ha
per oggetto quel particolare agire umano che denominiamo “educare”: dunque una “teoria dell’agire
educativo” assunto come agire intenzionale, razionale, progettuale, modellizzato, verificabile.
Nel relativo ampliamento della produzione pedagogica e degli spazi accademici, intervenuto alla fine del
Novecento, la pedagogia rimane quindi legata, nelle rappresentazioni e nelle attese sociali, in primo luogo
alla formazione degli insegnanti di ogni livello, e degli educatori, con una specifica attenzione alle
situazioni di disagio sociale e di handicap. Da ciò deriva anche un rischio latente di “medicalizzazione”
della competenza educativa, prefigurata comunque sempre come subalterna e “minore”, rispetto alle
scienze psicologiche e neuropsichiatriche.
Per un altro verso, il supposto sapere pedagogico produce una serie di “ricettari”, conditi di moralismi e
di ideologie implicite, dove la pedagogia appare un sapere filosofico “minore”, un ibrido disciplinare, cui
è attribuito comunemente un tasso di scientificità molto ridotto.
Questa parabola sembra paradossalmente coincidere con l’apparente vittoria accademica di una
pedagogia “scientifica”, nei confronti di una più tradizionale pedagogia “filosofica”; con la separazione
della filosofia dell’educazione dalla pedagogia generale; e con la progressiva espunzione della
componente filosofica dal corpo riconosciuto della riflessione pedagogica scientifica.
La molteplicità degli approcci e delle definizioni, si presenta dunque aggravato nell’area della pedagogia.
Si comprende allora perché la religione non appaia in nessuna delle infinite potenziali liste si compiti
educativi: l’intero orizzonte disciplinare delle scienze dell’educazione è costruito sulla base di alcune
pregiudiziali ideologiche, oggi superate solo in parte, che leggono la “secolarizzazione” come un
processo evolutivo che sposta davanti a sé la religione come residuo irrazionale, ignorando perfino la
possibilità di un pensiero religiosamente orientato che sia del pari scientificamente giustificato o
giustificabile.
Di fatto, anche la più recente produzione dedicata all’educazione multiculturale e interculturale, che si
trova costretta a confrontarsi con le religioni degli immigrati, dietro il proclamato rispetto per la ipotetica
equivalenza delle religioni, non presenta categorie pedagogiche adeguate, ma piuttosto opera, almeno
provvisoriamente, sono un’imbarazzata neutralizzazione/negazione della dimensione religiosa in
quanto tale. 6
Per individuare nella religiosità un oggetto pedagogico, occorre riconoscere prima che una pedagogia
scientifica possa legittimamente costituire una teoria descrittivo/interpretativa della fenomenologia
dell’educazione, e che essa abbia una propria matrice filosofica interna come condizione del suo
costituirsi, matrice precedente al volgersi a qualsiasi progettualità e prassi educative.
Esiste, naturalmente, per un altro verso, una letteratura specializzata che affronta i temi della
metodologia dell’educazione religiosa, ma si tratta normalmente di una letteratura limitata nei confini
dei propri circuiti culturali, in ambiti di appartenenza ecclesiale. E ci sono poi moltissimi testi mirati
espressamente alla didattica della religione nella scuola, che trattano la religione come contenuto
didattico per quanto specifico.
Si deve osservare che, in tutta la letteratura di appartenenza religiosa, laddove si può supporre che la
“religiosità” costituisca un obi