Anteprima
Vedrai una selezione di 4 pagine su 14
Riassunto esame metodologia della ricerca pedagogica, prof. Girelli, libro consigliato Apprendere dall'esperienza della Mortari Pag. 1 Riassunto esame metodologia della ricerca pedagogica, prof. Girelli, libro consigliato Apprendere dall'esperienza della Mortari Pag. 2
Anteprima di 4 pagg. su 14.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame metodologia della ricerca pedagogica, prof. Girelli, libro consigliato Apprendere dall'esperienza della Mortari Pag. 6
Anteprima di 4 pagg. su 14.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame metodologia della ricerca pedagogica, prof. Girelli, libro consigliato Apprendere dall'esperienza della Mortari Pag. 11
1 su 14
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

L’educazione promuove la capacità di pensare criticamente e agire in modo politicamente impegnato. 5

Assumere la prospettiva teorica della critical pedagogy è compiere un indagine riflessivamente critica

finalizzata a smascherare le varie forme di condizionamento cui è sottoposto il processo formativo

sviluppato nei luoghi deputati alla formazione.

Il limite della <<critical educational theory>> è quello di concepire la relazione fra le istituzioni formative

e forme di potere dominanti nei termini di una subordinazione ineludibile e insuperabile rispetto alla

quale l’unica azione possibile da esercitare sarebbe quella critica. Questa concezione pessimistica

impedisce l’elaborazione di qualsiasi ipotesi progettuale che si muova nella prospettiva della possibilità

di un cambiamento.

Dal punto di vista di Freire, Giroux e McLaren è essenziale che la critical pedagogy sviluppi un approccio

costruttivo, che combini il linguaggio della critica a quello della possibilità, così da concepire la pratica

educativa non come un agire insuperabilmente strumentale rispetto alle logiche formative predefinite,

ma come un “agire trasformativo” in grado di sviluppare processi educativi alternativi a quelli

dominanti.

Per Freire l’architrave concettuale della critical pedagogy è il concepire l’educazione in termini di

empowerment, come un processo inteso a promuovere quelle abilità e quelle disposizioni cognitive ed

emotive necessarie a posizionarsi come soggetti critici rispetto all’ordine culturale e sociale esistente.

Negare il futuro come oggetto di pensiero significa de-potenziare il processo educativo.

La critical pedagogy afferma che l’educatore deve evitare di fornire risposte precostituire, perché

impedisce il generarsi di quella curiosità che è all’origine del pensare.

Pensare criticamente -> indagare le ragioni di ogni evento, il perché una cosa accade.

La vita diventa esistenza quando l’individuo acquista coscienza di sé e del mondo e questa presa di

coscienza si verifica quando ci si dedica a riflettere su ciò che accade per cercarne il significato.

Concettualizzare la formazione come un processo di <<responsabilizzazione critica>> comporta che i

pratici debbano impegnarsi nella costruzione di un mondo più abitabile, presupporre quindi un

orientamento pedagogico che sia animato anche da sentimenti costruttivi rispetto al futuro.

Questo richiede che sappia coltivare la speranza (punto di riferimento di questo indirizzo “critico

positivo” è Bloch). La speranza attiva energie, sia cognitive che emotive, che hanno l’effetto di dilatare il

campo di esperienza. La speranza è il sentimento della ragione partecipe e attiva che prende le cose

come vanno per farle andare meglio. Fra i fattori che impediscono alle persone di migliorare le loro

condizioni di vita è la mancanza di speranza.

Una formazione che mira a sviluppare un pensiero politicamente costruttivo e ad ideare utopie capaci di

innescare il desiderio di cambiamento è chiamata da Freire <<ottimismo critico>>, che si concretizza in

un pensiero che rende molteplici le prospettive di azione e sa disegnare differenti e imprevisti universi

simbolici. Il profilo di un formatore capace di implementare un laboratorio del pensare riflessivamente

critico è quello di un <<intellettuale critico>> capace di smontare le logiche dominanti, di penetrare

sotto la superficie dei fenomeni, diagnosticare il visibile e analizzare ciò che appare.

Egli destruttura le evidenze, trova e indica i punti deboli, individua le linee di forza che direzionano gli

eventi. Per Foucault la riflessione critica porta il pensiero sul presente, sulle questioni che tendono a

rimanere tacite e sottoporle all’ordine del discorso critico. L’educatore critico non puo’ non essere

anche un <<intellettuale trasformativo>>, cioè capace di assumersi la responsabilità di provocare

cambiamenti nell’ordine esistente per contribuire alla costruzione di una migliore qualità di vita. Dal

punto di vista della critical pedagogy i processi formativi andrebbero incorniciati in una razionalità

emancipatoria che concepisce la pratica educativa non come una mera azione di trasmissione di saperi,

ma come l’esercizio di quella responsabilità politica che mira a contribuire il miglioramento della qualità

della vita. Freire concepisce l’educatore trasformativo come soggetto impegnato non solo a

destrutturare il presente, ma anche ad inventare futuri altrui. La riflessione critica significa non accettare

nessun discorso e nessuna proposta educativa senza prima aver scandagliato ogni presupposto, così da

smascherare ogni ideologia nascosta.

La critical pedagogy ha come limite di concentrare l’attività critica prevalentemente sull’analisi del

contesto culturale, trascurando di includere nel processo formativo l’attenzione al sé. Il laboratorio

dovrebbe sviluppare sia l’approccio filosofico, che si impegna nell’analisi delle preconfezioni che

tacitamente condizionano la propria teoria dell’educazione; l’approccio critico dovrebbe prevedere 6

l’analisi delle ideologie che permeano l’ambiente in cui si agisce e dei vincoli che limitano il processo di

strutturazione dell’attività educativa. L’obiettivo del laboratorio di formazione è la promozione di una

figura di “pratico competente” che progetta pensosamente le sue azioni, affronta le situazioni

problematiche sulla base di deliberazioni supportate da una profonda e larga analisi critica del contesto,

osserva e registra sistematicamente le conseguenze delle sue azioni e riflettere criticamente sulle

potenzialità e sui vincoli presenti nell’ambiente.

4.3 Oltre le possibili distorsioni

Il laboratorio di epistemologia riflessiva è da intendere come il luogo in cui i pratici possono apprendere

come esaminare criticamente l’esperienza e lo spazio simbolico in cui le esperienze accadono. La

difficoltà di un laboratorio di epistemologia riflessiva consiste proprio nell’impegnare la mente a

pensare ciò che tende a rimanere invisibile. È necessario alla base dell’organizzazione del laboratorio ci

sia una messa in discussione critica di alcuni presupposti propri del paradigma positivistico. Alcune

possibili distorsioni che andrebbero messe in discussione sono:

1. La distorsione tecnicistica – si verifica quando la riflessione si limita a pensare le tecniche e le

procedure che si utilizzano nella pratica senza mettere in discussione i fini che orientano l’agire.

Il pratico non si occupa solo di mettere in atto procedure già definite e di organizzare contesti

per conseguire obiettivi che altri hanno stabilito, ma si assume la responsabilità di riflettere

anche sui fini che persegue. Quando il pratico non arrischia quel pensare che mette in questione

i fini che orientano il suo agire allora non fa che confermare l’esistente. Uscire dai confini della

razionalità strumentale, attiva una razionalità etica, responsabilità di mettere in questione

l’ordine esistente guidato dall’intenzione di cercare scenari educativi migliori di quelli attuali.

2. La distorsione manageriale – si fonda sul concetto di una ragione forte che può gestire e

controllare ogni processo cognitivo. A fare da fondamento alla pratica dell’auto-comprensione

dovrebbe essere l’etica del limite, che richiede alla mente di mettere tra parentesi l’illusione di

un pensiero che può essere completamente svincolato da ogni precomprensione e ritiene che

l’obiettivo da perseguire sia il guadagnare consapevolezza di tali vincoli.

3. La distorsione atomistica – tendenza a concepire il pratico come un sé isolato. Il pratico agisce in

una rete di relazioni, le decisioni di agire in una direzione rispetto ad un’altra sono condizionate

dalle teorie. Le azioni sono il risultato di processi deliberativi socialmente. Pensare secondo un

paradigma atomistico può portare a una sopravvalutazione dell’efficacia del proprio agire, che

ha come conseguenza l’innescare processi di disempowerment. Non c’è mai un educatore o un

ricercatore che agisce come unico protagonista, ma l’attore è plurale poiché è costituito da una

rete di soggetti che agiscono sulla base di un progetto di responsabilità distribuita. Bisogna

quindi strutturare una “comunità critica di ricercatori”.

4. La distorsione razionalistica – tendenza a prendere in considerazione solo le dimensioni

intellettuali della vita cognitiva, senza le componenti emozionali. Però c’è sempre una tonalità

emotiva che accompagna il vivere quotidiano, è tale tonalità non è insignificante ma è così

fondamentale che il conoscere senza il sentire non riesce a cogliere il senso della realtà. Ciò che

spesso orienta le nostre scelte sono le emozioni e i sentimenti che inevitabilmente permeano la

nostra vita mentale. Analizzare la propria vita emozionale è necessario al fine di incrementare la

propria capacità di rendere sostenibili anche le condizioni emotive più delicate. Manca

un’educazione del sentire; l’educazione emotiva è necessaria perché ogni processo di

apprendimento è emotivamente connotato, ma anche la capacità di sentire è componente

essenziale della vita etica. Il laboratorio deve coinvolgere i pratici nell’analisi dei sentimenti e dei

desideri che guidano le scelte e condizionano i processi decisionali.

5. La distorsione neutrale – concepisce la prassi come uno spazio simbolico neutro senza

condizionamenti ideologici. Il nostro agire è connotato politicamente,il laboratorio di riflessione

è fortemente contestualizzato nel presente.

4.4 Il formatore riflessivo 7

Il formatore ha la funzione di fornire il supporto necessario a formulare correttamente i problemi, e

quindi a facilitare il processo di analisi dettagliata dell’esperienza. Il suo compito specifico è quello di

rendere liquida ogni cristallizzazione simbolica, problematizzando le abitudini cognitive e mettendo in

discussione tutto quanto è accettato. La sua funzione fondamentale è problematizzare e ciò che lo

qualifica è la passione per l’attività riflessiva e la capacità di stare in ascolto.

1- Adottare uno sguardo sistemico – pensare la realtà come una rete di eventi interconnessi, che si

combinano in infinite possibilità; non si può pensare di comprendere un fenomeno se non

cercando relazioni.

2- Avere il senso del limite

3- Valorizzare la narrazione – narrare significa costruire contemporaneamente 2 scenari: quello

dell&r

Dettagli
A.A. 2015-2016
14 pagine
6 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher carolina_caldana di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Metodologia della ricerca pedagogica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Verona o del prof Girelli Claudio.