Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
2.4. LA COMUNICAZIONE COME INCONTRO TRA IDENTITÀ
Il superamento del modello che riduceva la comunicazione ad una relazione tra emittente e
ricevente, contribuisce ad accrescere e stabilizzare la sua connotazione di attività sociale come
messa in atto di una determinata forma di rapporto tra gli interagenti focalizzando l’attenzione sul
carattere relazionale, intersoggettivo dell’identità e analizzando i fattori sociali e le dinamiche
interattive che sono alla base della sua genesi e del suo mantenimento.
L’identità si potrebbe definire come un processo che si snoda lungo l’intero arco evolutivo
della persona e trae contenuti, ridefinizioni e nuove espressioni dalle tappe fondamentali che
l’individuo percorre. Essa presuppone la capacità dell’individuo di divenire oggetto a se stesso.
Avere un'identità significa porsi la domanda “chi sono” e ciò è possibile nel momento in cui il
soggetto impara a guardarsi attraverso gli occhi dell’altro, assumendone il ruolo e adottandone i
simboli significativi – strumenti dell’interazione – attraverso una riflessione sugli atteggiamenti che
33
gli individui assumono nei confronti di un proprio simile, all’interno di uno stesso ambiente sociale
23 .
(Erikson, 1966)
Una prima distinzione di fondo sul concetto di identità può essere fatta considerandola da una
24
parte come predicato di un soggetto individuale, dall’altra come predicato di gruppi di individui .
È quindi necessario distinguere tra identità individuale e identità collettiva o di gruppo,
definita quest’ultima come il prodotto dell’interazione tra un sistema autonomo di simboli e confini
(simbolici e territoriali) e le aspettative, gli scopi, i bisogni, i valori di ogni singolo individuo.
L’utilizzo nelle scienze sociali del concetto di identità collettiva presuppone due possibili interessi:
comprendere quelli che sono i meccanismi generali che spingono i soggetti ad agire in gruppo e
descrivere i processi di formazione, di persistenza e di trasformazione dei gruppi sociali.
Se il concetto di identità è stato per lungo tempo al centro dell’analisi psicologica, nella teoria
sociologica questo tema ha, inizialmente, richiamato uno scarso interesse, orientando gli studi verso
25
altri concetti, affini e diversi allo stesso tem-po: quello di personalità e di carattere sociale .
A differenza della psicologia, che distingue spesso tra identità personale e sociale, la
sociologia prende in considerazione solo quella sociale, in quanto considera l’identità individuale
come prodotto delle interazioni (o relazioni) con gli altri. L’identità è, quindi, personale solo nel
senso della sua localizzazione nell’individuo. Secondo tale dimensione l’identità accorda
all’individuo un senso di unicità e di coerenza della propria persona, sia attraverso il coordinamento
tra le esperienze passate e presenti sia tra le diverse motivazioni, aspettative e credenze, legate ad
26 .
una molteplicità di ruoli
23 Nelle scienze sociali la prima consapevole elaborazione del concetto di identità si deve allo psicanalista neofreudiano
Erikson il quale centra la propria attenzione sul legame stretto che unisce processo diidentificazione e dinamiche sociali,
comunitarie e di gruppo: “lo sviluppo del senso soggettivo di continuità personale dipende in larga misura dalle
possibilità dell’individuo di trovare riconoscimento in comunità e gruppi sociali più estesi” (Erikson in IV
Treccani,
vol., 1994, p. 499). Legandosi alla teoria freudiana, Erikson, colloca il processo di identificazione alla base
dell’autoriconoscimento, non ritenendolo però esaustivo per spiegare il formarsi dell’identità; questa, infatti, si forma
dall’assorbimento delle identificazioni infantili in una nuova configurazione, che dipende a sua volta dalle modalità in
cui il soggetto viene identificato dalla società. Tale processo è indicato come attribuzione oggettiva e vincolante da
parte della società, e come elaborazione soggettiva, autopercezione, modificabile nel corso dell’interazione sociale
24 Quest’ultimo indirizzo si deve agli studi sull’etnicità e sui movi menti sociali, in ambito sociologico, antropologico e storico. Cfr.
A.L. Epstein, Loescher, Torino 1982, Loescher, Torino 1983
Il processo di civilizzazione, L’identità etnica: tre studi sull’etnicità,
25 La personalità è stata intesa dai sociologi come “una struttura plurifunzionale che predispone l’individuo a certi
comportamenti, i quali tuttavia si realizzano solo in rapporto a situazioni contingenti, ossia a una determinata
configurazione del campo a un dato momento” cfr. L. Gallino, Utet, Torino 1988, pp. 491-
Dizionario di Sociologia,
497. Essa rappresenta una regolarità di comportamento, in quanto spinge il soggetto ad agire in modo ricorrente nelle
varie situazioni. Questo aspetto rende il concetto di personalità affine a quello di carattere sociale, con cui si intende “il
modo in cui l’energia umana viene modellata, tramite l’adattamento dinamico dei bisogni umani alle esigenze di una
data società, e incanalata per servire come forza produttiva nell’ordine sociale ivi predominante”, ivi, pp. 94-96.
26 Le teorie sociologiche si collocano lungo un continuum che parte da un grado di integrazione rilevante
(Parsons, Turner) e finisce, passando attraverso le posizioni di Cooley e Mead, con Strauss, Goffman e la
34
L’identità non agisce, ma controlla i processi di azione, mette in relazione il sistema della
personalità con il sistema dei codici e dei valori condivisi dalla società e, alla fine del processo di
socializzazione, risulterà una struttura stabile e internamente coerente la cui unitarietà discenderà
dalla congruenza con un sistema unitario e condiviso di valori (Parsons, 1962). In contrapposizione
Turner distingue tra “immagine di sé” e “concezione di sé o identità” (1982). L’immagine di sé è
legata alla situazione ed è quindi transitoria, la concezione di sé, invece, cambia più lentamente,
manifesta una propensione alla coerenza ed è percepita dall’individuo come qualcosa di
ineliminabile. L’identità è organizzata e integrata dai valori che non sono interpretati come fonte di
coesione sociale, ma danno origine alla prevedibilità del comportamento umano nell’interazione
sociale. All’interno di questo tipo di approcci, in ambito psicologico la concezione maggiormente
condivisa è quella di Erikson, anche se in tempi recenti (fine anni settanta) si è andata affermando in
psicologia sociale la Social Identity Theory (SIT) di Tajfel e Turner che definisce l’identità sociale
27
come quella parte del concetto di sé che deriva dall’appartenenza ad uno o più gruppi .
L’identità di un individuo, tuttavia, non si riduce agli aspetti socializzati del comportamento,
ma implica un’interazione tra la dimensione soggettiva e quella oggettiva e, pertanto, tra un
approccio macrosociologico e un approccio microsociologico.
Con Goffman (1971), infatti, l’identità diviene dimensione ancor più vulnerabile e dinamica:
non è unica ma molteplice, ve ne sono cioè tante quante sono le maschere che l’individuo indossa in
femomenologia sociale (Berger e Luckmann, 1967; Berger, Berger, Kellner, p. 169-184; Holzer, pp. 119-138 in
Sciolla 1983) per considerare tale dimensione labile ed evanescente. La prima concezione è presente in ambito
sociologico all’interno della teoria dell’azione sociale di Parsons (Sono due i punti cardine della teoria: il primo
consiste nel fatto che ogni individuo è contemporaneamente un attore motivato da bisogni, obiettivi, impegni,
sentimenti, e un oggetto di orientamento per gli altri attori e per se stesso; il secondo è che ogni attore agisce in
sistemi interattivi multipli per cui le sue motivazioni e il suo significato (in quanto oggetto) varieranno da un
contesto all’altro. Cfr. T. Parsons, Il Mulino, Bologna 1962 e dello stesso autore
La struttura dell’azione sociale,
in L. Sciolla (a cura di), op. cit., pp. 63-88.)
Il ruolo dell’identità nella teoria dell’azione,
e dell’interazionismo simbolico di Turner (La concezione di sé è per Turner sia un prodotto che un fattore
determinante dell’interazione, nel corso della quale ego interpreta il gesto di alter in base al suo sistema di valori.
In tal caso si parla di interazione casuale, che il sociologo distingue dall’interazione orientata, in cui i
precisi obiettivi dei partecipanti. Cfr. V Turner, il Mulino, Bologna 1982)..
Dal rito al teatro,
27 Secondo la SIT gli individui ordinano l’ambiente sociale in categorie/gruppi significativi di persone e tendono a
definire sé e gli altri in base a queste appartenenze categoriali. Tali appartenenze, tuttavia,non sono solo funzionali a
conferire al mondo esterno una struttura intellegibile, ma rivestono anche un significato affettivo e valoriale e pertanto
contribuiscono al mantenimento di un’immagine positiva di sé e al rafforzamento dell’autostima personale. Turner
chiarisce che l’identità individuale è costituita dalla combinazione di due dimensioni, rappresentate come i poli di un
continuum: ad un estremo si trovano gli attributi individuali di ciascuno, i tratti idiosincratici che definiscono l’unicità
della persona e che fondano l’identità per sonale; all’altro estremo si trovano gli attributi derivanti dall’appartenenza ad
uno o più gruppi sociali (professionali, politici, religiosi, culturali, etnici, ecc.), che sostanziano l’identità sociale.
Secondo l’autore le due identità (personale e sociale) sono in un rapporto di correlazione inversa: se l’una diventa più
forte, l’altra diventa più debole (e viceversa). Cfr. Tajfel H., Turner J.C., in
An integrative theory of intergroup conflict,
W.G. Austin, S. Worchel (eds.), Brooks/Cole, Montrey 1979
The Social Psychology of Intergroup Relations, 35
ogni scena sociale, per presentare un’immagine di Sé positiva e convincente, ma allo stesso tempo
dinamica. Essa deve fare i conti con la credibilità e il giudizio sociale, rischiando costantemente di
essere negata, modificata o consolidata, in un processo di continua negoziazione. Il Sé, o meglio i
molteplici Sé, scaturiscono solo nella rappresentazione delle varie scene, per cui ogni attore non è
altro che un personaggio, sempre diverso, e dietro la maschera non c’è niente di organico.