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(SEZIONE 3) I LINGUAGGI DELLA SUPERVISIONE
Come ben sappiamo l’obiettivo della supervisione è quello di allargare la visuale degli educatori, donargli
nuovi punti di vista, far riconoscere e comprendere elementi della complessa realtà socio/educativa, offrire
nuove ipotesi di lettura, individuale e collettiva, in modo da relazionarsi con nuove forme alla realtà
9
educativa. Il gruppo , nonché qui l’equipe educativa, è una piccola comunità che ha al suo interno un codice
deontologico, una mission, quindi un insieme di più individui che interagiscono tra loro, con lo scopo di
conseguire determinati obiettivi, finalità e metodi condivisi per la promozione psicofisica di coloro che gli
sono affidati.
Uno dei punti cardine su cui poggia la supervisione è la comunicazione: elementi fondamentali sono il
dialogo e l’ascolto che dovranno essere stimolati dalle tecniche del supervisore. La supervisione è da
considerare uno spazio educativo formativo, dove il giudizio viene sospeso, un luogo dove il confronto è
visto come risorsa e per tale motivo possono essere utilizzate diverse metodologie e tecniche d’intervento; il
supervisore dovrà tener presente tutte le motivazioni e i pareri, tenendo conto del pensiero di ogni membro,
promuovere il dialogo e saper gestire le dinamiche del gruppo, creare un clima collaborativo e di fiducia
reciproca, favorendo la collaborazione tra i vari componenti dell’equipe, senza creare alleanze con essi. E’
importante che al momento della richiesta di supervisione si abbia la consapevolezza di quali sono le
tematiche che andranno affrontate, in tal modo il supervisore potrà dare un’impronta ed un indirizzo
adeguato alla conduzione e allo svolgimento della supervisione. Dunque, l’educatore supervisore, il quale
accanto a tutte le abilità disciplinari che costituiscono la sua figura professionale, deve avere anche una
specifica e solida preparazione nel significato del linguaggio e quindi in ambito linguistico, imposterà il suo
intervento, scegliendo la metodologia che ritiene più efficace per mettere in circolo il dialogo, sospendere il
giudizio e i conflitti presenti all’interno del gruppo(tale procedura previene anche la sindrome di burnout).
La comunicazione educativa deve tenere conto di alcuni aspetti caratterizzanti:
-il canale: mezzo attraverso cui l’emittente ottiene il messaggio, che può essere trasmesso per esempio
attraverso un’interazione faccia a faccia, al telefono o via lettera;
-il contesto: luogo in cui avviene lo scambio comunicativo, ovvero la situazione in cui l’atto comunicativo si
inserisce;
-il feedback: informazione di ritorno che permette all’emittente, mentre sta comunicando, di percepire se il
messaggio è stato ricevuto, capito, approvato o viceversa; è una sorta di costante verifica del responso
generato dalla nostra comunicazione e può essere formulato sia in modo verbale che non verbale;
9 Secondo Brown: un gruppo esiste quando uno o più individui definiscono se stessi come membri e quando la loro
esistenza è riconosciuta da almeno un’altra persona
-il messaggio: è il contenuto di ciò che si comunica e può essere un dato, una notizia o una sensazione; è
importante non credere che il significato del messaggio è contenuto all’interno del messaggio stesso, in
quanto il significato emerge solo dalla lettura contestuale del messaggio e da tutti gli altri elementi della
comunicazione.
La comunicazione può essere intesa come un processo fondamentale attraverso il quale gli uomini mettono
in comune pensieri, idee e operano uno scambio di esperienze, sentimenti, conoscenze, desideri e bisogni; si
tratta di uno scambio di significati che influiscono sui modi personali di essere, di fare, di sentire se stessi e
gli altri. Vi sono importanti fattori che influenzano la comunicazione:1)elementi ostacolanti, sono quelli
che la disturbano e la alterano, come rumori, brusìo, volume basso della voce (aspetti fisici) e aspettative,
pregiudizi, vissuti emotivi(aspetti psicologici); 2)elementi facilitatori sono: la motivazione a comunicare che
può essere dovuta al solo desiderio di essere ascoltati da qualcuno(se la motivazione è invece assente o
scarsa invece la comunicazione non ha proprio inizio o fa fatica ad evolversi creando incomprensioni e
tensioni tra gli interlocutori), l’autenticità (cioè la disponibilità verso gli altri e l’esprimersi con semplicità e
sincerità facendosi comprendere per quel che si è veramente), la congruenza (ossia la coerenza tra ciò che si
esprime a parole e ciò che si manifesta a livello non verbale), l’assenza di pregiudizi e l’avere frequenti
rapporti sociali (ciò consente sia di apprendere vari stili di comunicazione e sia di arricchirsi sul piano
dell’esperienza e delle conoscenze).
E’ evidente come la comunicazione ricopra una grande importanza nel processo educativo e nella vita degli
individui: siamo continuamente influenzati dalla comunicazione in quanto è una componente fondamentale e
naturale della nostra vita sociale quotidiana.
Il supervisore, così come l’educatore, è una figura molto creativa in quanto costruisce il suo personale stile
lavorativo mettendo insieme le conoscenze che ha appreso, l’esperienza acquisita durante il suo percorso
lavorativo e durante l’arco della vita e soprattutto attingendo dalla quotidianità che vive con le persone di cui
si prende cura. Il supervisore nello svolgimento del proprio lavoro ha a disposizione diverse tecniche
metodologiche da utilizzare e combinare tra loro: il primo strumento che utilizza è se stessoegli non è un
soggetto neutro, così come ogni persona e ogni professionista sociale, ma ha i suoi pensieri, i suoi vissuti, le
sue emozioni, i suoi ricordi, le sue capacità, il suo modo di relazionarsi e tutto ciò, che porta sempre con sé, è
presente anche durante la supervisione. Ogni volta che si trova a lavorare sugli altri il supervisore deve
necessariamente lavorare anche su se stesso e riflettere su quello che appartiene alla sua persona e ciò che
invece appartiene agli altri.
Una delle tecniche rilevanti utilizzate dal supervisore è il dialogo strategico:esso è un insieme di domande,
suggestioni e stratagemmi comunicativi proposti in modo da mettere il proprio interlocutore di fronte alla sua
realtà; lo scopo è quello di spingerlo a concentrarsi sul come avviene e funziona ciò che viene preso in esame
e non sul perché, in quanto quest’ultimo si concentra sulle cause impedendo l’evoluzione della
comunicazione. Gli strumenti che compongono questa tecnica sono:
1)le domande strategiche: il supervisore formula le domande con abilità in modo da indurre l’interlocutore
ad assumere nuove prospettive di sé e della sua realtà che non aveva considerato e che invece sono
probabilmente più funzionali per la risoluzione dei problemi prospettati; il supervisore costruisce ogni
domanda prendendo spunto dalla risposta precedente che ha ottenuto in modo da mantenere un filo
psicologico continuo; le domande possono essere di esplorazione, di specificazione, epistemologiche, di
collegamento/confronto, riepilogative;
2)la parafrasi:il supervisore ripropone con le sue parole all’interlocutore quello che quest’ultimo gli ha detto
e la parafrasi gli serve per assicurarsi che abbia appunto compreso le sue parole e soprattutto i significati più
profondi dietro di esse; mediante ciò il supervisore valorizza la persona e conferma un ambiente di fiducia;
abbiamo frasi del tipo: “mi corregga se sbaglio”, “controlliamo se ho capito bene”;
3)gli aforismi e le metafore: il linguaggio metaforico e analogico è quello migliore per stimolare e provocare
l’inconscio dell’interlocutore attraverso immagini ed emozioni, facendogli “sentire” la manifestazione e gli
effetti del suo comportamento; si potrebbe dire: “è un po’ come tentare di svuotare il mare con un secchio
bucato!”, oppure il supervisore potrà riutilizzare la stessa metafora utilizzata dall’interlocutore, arricchendola
di significati.
4)il riassunto per ridefinire e la conclusione: viene prodotta una sorta di parafrasi finale che ripercorre tutto
il processo svolto, prepara al cambiamento e definisce quanto si ha appreso; è questo il momento in cui si
concretizza la problematiche e si propongono delle soluzioni.
Il dialogo strategico e i suoi strumenti hanno lo scopo di far comprendere in modo differente le cose all’altro,
portandolo a cambiare le sue reazioni, i suoi comportamenti e le cognizioni di se stesso e nello stesso tempo
dando modo al supervisore di conoscere la persona o il gruppo che gli sta di fronte.
Alla base della comunicazione possiamo dire che esiste un quadrangolo: 1)epistemologia che ne è alla base;
2)metodologia che ne deriva, ovvero promozione di reti educative e sociali; 3)linguaggio educativo e
organizzazione del lavoro, cioè un pluralismo espressivo e comunicativo di livello superiore; 4)competenze e
strumenti operativi coerenti al ruolo di esperto. Il ruolo fondamentale che il supervisore esercita si riflette in
un programma strutturato e variamente articolato nelle sue molteplici forme espressive e comunicative;
affinchè si parli di relazione educativa è importante che vi sia l’osservazione della realtà oggettiva e la forma
e il contenuto della comunicazione educativa.
(SEZIONE 4) L’ARTE DELLA SUPERVISIONE 10
L’educatore supervisore, a differenza degli altri professionisti supervisori , mette in gioco tutta la sua
persona perché condivide tante ore e molte attività dei supervisionati e sviluppa capacità di auto soluzione
dei problemi; gli educatori professionali di comunità conoscono variegate modalità di intervento, passano
molto tempo con l’utente condividendo con lui/lei tutti o quasi i momenti della giornata, affrontando i suoi
problemi psicologi e fisici, i suoi stati d’animo e annotando i suoi progressi o regressioni.
Il supervisore in alcun modo cercherà di sostituirsi nelle decisioni del supervisionato ma al contrario
condividerà la convinzione che abbia i mezzi per trovare da solo la via d’uscita, promuovendo così
l’autostima e stimolando le sue capacità. Il supervisore dev’essere dotato di alcuni peculiari qualità, come ad
esempio: essere autentico(essere sempre se stessi), essere empatico(sensibilità molto spiccata nel mettersi nei
panni dell’altro cercando di comprendere i suoi stati d’animo e i suoi punti di vista), astenersi dal giudizio(si
dimostra accogliente e dà prova d’interesse poiché è concentrato su ciò che viene vissuto e non