Anteprima
Vedrai una selezione di 4 pagine su 11
Riassunto esame linguistica italiana, Prof. Claudio Giovanardi e prof Paolo D'Achille, libro consigliato Storia dell'Italiano, Autore Roberta Cella Pag. 1 Riassunto esame linguistica italiana, Prof. Claudio Giovanardi e prof Paolo D'Achille, libro consigliato Storia dell'Italiano, Autore Roberta Cella Pag. 2
Anteprima di 4 pagg. su 11.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame linguistica italiana, Prof. Claudio Giovanardi e prof Paolo D'Achille, libro consigliato Storia dell'Italiano, Autore Roberta Cella Pag. 6
Anteprima di 4 pagg. su 11.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame linguistica italiana, Prof. Claudio Giovanardi e prof Paolo D'Achille, libro consigliato Storia dell'Italiano, Autore Roberta Cella Pag. 11
1 su 11
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

La proposta classicista di Bembo secondo la quale all’imitazione della lingua di Petrarca per

la poesia e di Boccaccio per la prosa, doveva sommarsi l’imitazione dello stile dei temi, dei

moduli metrici e ritmici dei due grandi toscani, era in apparenza assurda perché prevedeva

di adottare come lingua unitaria della scrittura una specifica varietà locale ­ il fiorentino

letterario del Trecento ­ che ormai nessuno dominava più.

Nel 1525 Bembo pubblicava le​

Prose della volgar lingua

: una grammatica del toscano

trecentesco in forma di dialogo, che ne illustrava le norme fonetiche, morfologiche e le

inquadrava in una visione classicistica della scrittura letteraria.

La proposta classicista di Bembo era pensata per dare regolarità e uniformità alla lingua e

allo stile della letteratura, per stabilire norme certe allo scrivere sonetti, poemi e trattati, non

per la comunicazione di ogni giorno. Non poteva piacere agli intellettuali toscani che si

sentivano depositari naturali dell’uso vivo della lingua, ed erano indispettiti dallo scarso

favore accordato da Bembo a Dante e al toscano contemporaneo.

Cosimo I de' Medici fondò nel 1542 l'Accademia Fiorentina, chiamando a farne parte

Benedetto Varchi. Varchi elaborò una sorta di mediazione tra le posizioni di Bembo e quelle

dei fiorentini, perché le norme esposte nelle prose della volgar lingua erano pensate solo per

la lingua scritta. Nella trattato l’​

Ercolano V

archi distinse tra lo stile della scrittura ­ frutto di

elaborazione retorica e imitazione dei grandi autori del passato­ e lingua viva e naturale,

strumento di comunicazione e interazione sociale: in quanto viva quest'ultima dev'essere

regolata secondo il miglior modello esistente che l'autore individua nel fiorentino parlato

privato dei tratti più popolari.

Un passo ulteriore verso l'appropriazione della proposta di Bembo da parte dei toscani lo

compì il letterato fiorentino Salviati che sostenne che non solo la lingua di Petrarca e

Boccaccio è ottima per natura, ma anche quella di qualsiasi autore toscano del 300.

Secondo il veneziano il primato della lingua di Petrarca e Boccaccio non risiedeva nella sua

presunta bontà naturale ma derivava dell'eccellenza letteraria delle opere che in quella

lingua erano state scritte. 5

Il successo della proposta di Bembo si vide nei fatti: industria tipografica si mise subito a

correggere i testi secondo il tipo linguistico trecentesco e gli autori. Non appena fu fissata e

fatta conoscere la norma linguistica tutte le altre varietà locali diminuirono il loro prestigio. Le

varietà locali non scomparvero ma restrinsero i loro ambiti d'uso alla colloquialità spontanea

e alla comunicazione quotidiana. Stabilita una norma scritta per l'italiano tutti gli altri tipi

linguistici divennero dialetti.

La letteratura in dialetto conoscerà un grande sviluppo del 600, ma già nel 500 la produzione

di commedie raggiunse risultati notevoli:È il caso di Angelo Beolco che usa le sottili

differenze linguistiche tra il padovano di città, quello di contado e altri dialetti per

caratterizzare con realismo i personaggi che mette in scena.

Se la letteratura dialettale riflessa presuppone un uso consapevole delle parlate locali, al

polo opposto si collocano le scritture dei cosiddetti semicolti, cioè delle persone che sanno

leggere e scrivere ma hanno una cultura e una pratica limitate e utilizzano

inconsapevolmente elementi dialettali. I semicolti sanno che esiste una norma e cercano di

riprodurla.

Nel 1583 un gruppo di appassionati dilettanti, transfughi dell'Accademia fiorentina, fondò a

Firenze e l'Accademia della Crusca. Benedetto Varchi aveva abilmente conciliato la

proposta bembiana con l'amor proprio toscano, distinguendo tra l'esempio dei grandi autori

del passato, da seguire nella scrittura, e l’uso colto e medio del fiorentino cinquecentesco da

seguire nella lingua parlata. in un'altra direzione si era mosso Salviati, forzando il pensiero di

Bembo: reputava che il toscano del Trecento fosse la lingua migliore per natura e che quindi

andassero presi a modello di lingua non solo Petrarca e Boccaccio ma tutti gli autori loro

contemporanei. La valorizzazione della competenza linguistica dei fiorentini contemporanei

e le idee di Salviati furono alla base del progetto di v

ocabolario che gli Accademici della

Crusca avviarono intorno al 1591.

Il vocabolario avrebbe raccolto tutte le parole usate dagli scrittori toscani del 300 e dai

moderni fedeli all'uso antico, Le voci avrebbero dovuto essere tutte simili nella struttura, per

facilitare al lettore il reperimento delle informazioni,;infine largo spazio doveva essere

dedicato alle attestazioni cioè alle citazioni dirette dei testi trecenteschi.

La prima edizione del vocabolario degli Accademici della Crusca fu stampata nel 1612 a

Venezia.

Gli sviluppi nella modernità

L'epoca barocca rinnovò i temi oggetto di poesia e ampliò enormemente il lessico poetico

fino ad allora selettivo e stilizzato. Un perfetto esempio è fornito da Giovan Battista Marino

che quando nell' Adone descrive l'anatomia dell'occhio umano impiega termini specialistici.

Non era meno sperimentale ed eccessiva la prosa a partire dagli anni 20 emerse una

scrittura ellittica e frammentata, fatta di frasi ridotte al minimo e lineari, quasi quasi priva di

connettivi logici.

La scienza, allora in rapida trasformazione, all'inizio del Seicento parlava ancora latino. lo

scienziato pisano Galileo Galilei fisico, matematico e astronomo, desideroso di far

conoscere le recenti scoperte ad un pubblico più vasto dei soli specialisti, scelse scrivere in 6

​ ​

italiano, e non in latino, le sue opere maggiori: Il Saggiatore e il Dialogo sopra i due massimi

sistemi del mondo

. Non si preoccupò troppo dell'eleganza e della correttezza grammaticale,

ma puntò alla chiarezza delle argomentazioni.

Per indicare le chiazze che con il suo cannocchiale gli aveva permesso di individuare sulla

​ ​

superficie del Sole, scelte il semplicissimo m

acchie solari p

iuttosto che creare e

liomacule

​ ​

eusando la parola greca​

elio ‘ sole’ e la latina m

acula ‘ macchia’.

La tendenza alla descrizione lineare e la chiarezza espositiva sono tutt'ora patrimonio di chi

si occupa di diffondere la conoscenza tra i non specialisti.

Il 700 fu un secolo di grande rinnovamento. La crescita economica aumentò la richiesta di

d’istruzione e la diffusione dell'istruzione fu fattore fondamentale per modernizzare il sistema

produttivo e migliorare le condizioni di vita. Gli stati italiani avviarono politiche volte a

garantire l’alfabetizzazione di base ad ampie fasce della popolazione. In ambito scientifico

l'italiano acquistò spazio ai danni del latino. in italiano si cominciò a scrivere fisica, scienza,

economia e di conseguenza cominciarono a formarsi le cosidette lingue speciali, cioè quegli

insiemi di parole e usi sintattici necessari alle attività specialistiche.

Il rinnovamento settecentesco coinvolgere l'intera Europa. Le nuove le nuove idee e le

innovazioni tecniche circolavano ovunque, e circolavano le nuove parole che lo designavano

anche grazie alla traduzione da una lingua all'altra.

il modello linguistico proposto dalla Crusca, nonostante alcuni ammodernamenti, continuava

però ad essere troppo arcaizzante rispetto agli sviluppi della cultura. la crusca era poco

disposta ad accettare le nuove parole della scienza e della politica che non erano mai state

usate dagli autori del passato ai quali l'Accademia continuava rifarsi. I più insofferenti nei

confronti del modello linguistico tradizionale erano proprio gli illuministi che difendevano

un'idea di lingua meno selettiva ed elitaria è più comunicativa e aderente alla modernità.

Nella Rinunzia avanti notaio al Vocabolario della Crusca A

lessandro Verri ridicolizzava

l'eccessiva preoccupazione per la forma linguistica, che chiama pedantismo.

Melchiorre Cesarotti nel Saggio sopra la lingua italiana S

ostiene che tutte le lingue per

natura cambiano nel corso del tempo, si arricchiscono di nuove parole create al loro interno

o prese da altre lingue, sono soggette all'uso di chi le parla e non all'autorità.

Già nel corso del 500 la Spagna e Portogallo grazie soprattutto alle ricchezze dei

possedimenti del Nuovo Mondo erano diventati gli stati più ricchi e potenti d'Europa. in Italia

lo spagnolo divenne indispensabile per la politica e l'amministrazione; lasciò quindi le sue

tracce, anche se della grande quantità di ispanismi usati nel Cinque e Seicento nella lingua

di oggi resta solo una piccola parte. Intorno alla metà del Seicento alla preminenza dello

spagnolo si sostituì quella del francese. l'Italia in particolare subì il fascino della moda

francesizzante, che investì tutti i settori della vita aristocratica e borghese tanto da essere

definita ‘gallomania’.

il periodo rivoluzionario ( 1796 ­ 1799) e il successivo quindicennio napoleonico

inaugurarono la fase più recente della nostra storia linguistica contrassegnata dalla

progressiva diffusione dell'uso anche parlato dell’ italiano. In questa fase l'azione del

francese si manifestò anche attraverso la propaganda. Il lessico amministrativo

francesizzante si rivelò tanto pervasivo da suscitare le prime riserve puriste: Giuseppe

Bernardoni, funzionario del Regno d'Italia, nel 1812 compilo l

'Elenco di alcune parole oggi di

7

frequentemente in uso le quali non sono nè vocabolari italiani, d

istinguendo tra i prestiti da

eliminare, quelli superflui tecnicismi divenuti indispensabili.

Nel 700 le cose e le idee erano ritenute più importanti delle parole con cui si esprimevano.

Seguì un periodo definito ‘romantico’ di rivalutazione del patrimonio tradizionale, con la

valorizzazione del mito del popolare e del primitivo da una parte e, dall’altra, dell'ideale

classicista. La più decisa presa di posizione a favore della lingua arcaizzante fu del

veronese Antonio Cesari che esaltò il fiorentino del Trecento fino a farne un mito. afferma il

mito della lingua naturale, pura e ancora priva di artifici, del “Secolo d'Oro”, il 300, in cui tutti

parlavano e scrivevano bene.

Cesari era durissimo nel condannare la degenerazione della lingua moderna, che riteneva

imbastardita dalla massiccia presenza di neologismi e francesismi. Gli studiosi chiamano

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
11 pagine
12 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lisaralin di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni di linguistica italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Giovanardi Claudio.