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Maganza, gli aveva sottratto. Nonostante i rigido impianto, Andrea sapeva differenziarsi ed essere elastico,
consacrando i reali al successo. Di successo fu anche il Guerrin Meschino, dove l’autore consegna al
lettore un perfetto modello di romanzo di iniziazione, oltre che di formazione e di perfezionamento. Il
protagonista è ignaro dei suoi natali e comincia così la ricerca di se stessi, delle proprie origini e del proprio
ruolo nella società. Tutto questo attraverso un lungo pellegrinaggio attraverso il mondo conosciuto,
contornato da descrizioni di luoghi giunte ad Andrea grazie alle prime esplorazioni. Con questo libro si
mettono in evidenza le capacità narrative straordinarie di Andrea e soprattutto propone un ritratto del lettore
ideale dei romanzi di andrea, il borghese fiorentino che poteva immedesimarsi nella continua ricerca di
maggiori fortune, come i suoi eroi.
4) Le storie dei paladini di Francia nel XV secolo
Tra prosa e ottava rima: la produzione cavalleresca nel 400: spetta alla toscana, per gran parte del 400, il
ruolo di capitale della letteratura cavalleresca italiana. Sostanzialmente sono due le cause: lo straordinario
lavoro di riorganizzazione dei materiali carolingi portato a termine da Andrea da Barberino e l’efficacia
poetico narrativa dell’ottava rima. I testi carolingi in prosa e in ottave seguenti saranno da ascriversi al
periodo racchiuso tra i secondo e il terzo quarto del secolo, ovvero tra la generazione di Andrea e quella di
Pulci. Effettivamente la stagoine del romanzo carolingio in prosa volgare, anticiperà e prepara l’epoca dei
poemi in ottava rima. È probabile, quindi, ma non è automatico, il processo di passaggio dalla prosa ai
versi con i poemi in ottava rima.
Fortuna e sfortuna del romanzo cavalleresco in prosa: il romanzo in prosa di matrice coarlongia si
afferma prima del cantare in ottava rima, anche se è difficile affermarlo con certezza. È stato Andrea da
Barberino a dare il via alla fortuna del romanzo cavalleresco in prosa, utilizzando eventi della tradizione
arturiana e carlongia, trasportandoli nell’epoca a lui contemporanea. E sempre a lui si pensa come lo
scrittore più accreditato per la narrazione delle vicende romanzesche in terra di Spagna. Come per
esempio nella saga rinaldiana, spesso si incontra il nome o anche il solo stile di Andrea. L’autore si era
basato su un corpus di testi precedenti e grazie a questi è riuscito a dare un’idea compatta della struttura
romanzesca che teneva insieme le sue opere.
Aspetti e caratteri del testo carolingio in ottava rima: nonostante si sviluppò durante l’Umanesimo e
rilegata all’intrattenimento dei rozzi e degli ignoranti, la produzione cavalleresca mantenne una notevole
vitalità, trovando i suoi operatori tra la folla, per lo più anonima di cantori in panca e suscitando l’interesse
di un pubblico più vasto del normale. Gli umanisti però non persono occasione per denigrare le storie dei
paladini. Ma i cantori, anonimi intagliatori d’ottave, continuarono con la loro arte povera. Nonostante la
grande libertà di scrittura, il genere del testo cavalleresco in ottava rima, aveva una struttura rigida su cui
basarsi: ogni testo si apriva con un’invocazione religiosa e così anche il cantare si chiudeva con una
sintetica preghiera con un saluto agli ascoltatori. La recitazione durava circa un’ora, ma poteva protrarsi per
più o ore o giorni. Il pezzo forte di questi cantari erano proprio le storie sui paladini che restando fedeli a
pochi snodi diegetici, e a degli stereotipi, si assomigliano tutte. C’era Carlo magno un po’ stupido, le trame
ordite da Gano, le avventure in oriente, gli amori tempestosi di Orlando, le diavolerie di Malagigi, duelli,
battaglie, cavalieri cristiani e saraceni ecc. ma una distinzione c’era fra tutti i testi in ottava pervenutici:
probabilmente quelli più scarni e brevi sono più antichi, mentre quelli più lunghi e romanzati sono i più
recenti.
Cantari e poemi del medio 400: tra i cantari più famosi abbiamo Cantare dei cantaru e anche il Vanto dei
Paladini. Importante era anche la Sala di Malagigi. È proprio grazie a questi codici che si scopre che
intorno alla metà del 400 cominciano a essere composti e a circolare testi carlongi più ampi e romanzati, la
cui produzione va avanti per un secolo intero.
5) Il romanzo cavalleresco in Toscana nel secondo 400
Ludi cavallereschi nella firenze del magnifico: tranne che per il Morgante di Pulci, il genere cavalleresco
sempre essere poco praticato nella firenze del magnifico, rilegato come genere a quello dei cantori in
panca e ad un pubblico spocchioso e volgare. Ma l’impressione è sbagliata, in quanto la vocazione
cavalleresca dei fiorentini aveva radici antichissime, e pur mutando le contingenze storiche e sociali, non
era venuta meno. Dopo dante, prederanno ancora più vigore le passioni cortesi e i simboli cavallereschi,
grazie anche alla nascita del pubblico borghese. E proprio attraverso un cerimoniale cavalleresco che i
medici affermeranno il loro stato d’elite nobiliare. Nella seconda metà del secolo a firenze si respira
un’atmosfera tardogotica e il simulare feudale riappare nelle danze, nei giochi, nei tornei ecc. sono i ludi
cavallereschi, e sono una consuetudine che vorrà rafforzare proprio Lorenzo e che si caricano anche di
motivazioni politiche (soprattutto nel rituale della giostra, per la conquista di una bella donna).
Il mito fiorentino di Carlo Magno e la fortuna della letteratura carolingia nella cerchia medicea: il
ritorno alle consuetudini cavallresche a firenze era dato anche dai rapporti con la monarchia oltralpe, resi
ancora più saldi dopo il 1461 con la salita al trono di Luigi 11. La Francia diventa modello supremo di
eleganza cortese e di nobiltà cavalleresca, avendo una grande tradizione a riguardo. E praticare l’epopea
carolingia era un po’ come rendere omaggio agli alleati medicei. Ci sono anche dati che ipotizzano
l’esistenza di un preciso programma cavalleresco, svolto sotto il patrocinio del casato dominante, con gli
autori ben consapevoli del loro ruolo e delle finalità propagandistiche delle loro opere. I compiti degli autori
vengono così definiti sul piano tematic, stilistico e linguistico, così come adeguatamente differenziato è il
pubblico di riferimento. Ogni letteratura di questo periodo è indirizzata verso un lettore specifico, come gli
umanisti, i volgari o gli aristocratici. Verino si rivolgerà agli umanisti, Acciuaiuoli alla classe oligarchica e
alto-borghese mentre i fratelli Pulci verso il popolo.
La Carlias di Ugolino Verino: scritto in molti anni si dedicò molto alle impressioni che avevano i grandi
autori contemporanei della sua opera, come Poliziano. Verino mirava a conciliare sul piano stilistico e
tematico tre diversi componenti letterarie: quella virgiliana, quella dantesca, quella cavalleresca. La prima
riprendendo interi passi di virgilio, la seconda riscrivendo alcuni passi della commedia dantesca e la terza
rifacendosi al Morgante di Pulci, preso come coadiuvante cavalleresco. Il testo fu inviato anche in Francia,
ma non si sa se i reali francesi lo apprezzarono.
Altri romanzi, romanzieri e canterini nella firenze del 400: non furono molti altri a scrivere romanzi
d’ispirazione barberiniana, grazie alla sua enorme fortuna precedente. Ma nel 400, comincia una
sostituzione delle opere classiche, con le opere nuove, che se da una parte possono essere interpretate
come esempi di conservatorismo narrativo, dall’altro confermano l’esistenza di un mercato alternativo di un
pubblico che prediligeva la prosa all’ottava rima.
6) Le muse cavalleresche dei fratelli pulci: il Ciriffo Calvaneo e il Moragante:
un cantare per due autori: per il ciriffo hanno contribuito alla stesura sia luca che luigi e sembra che il
contributo del secondo sia più visibile nella seconda parte delle cinque ottave che compongono il testo e
quindi di gran lunga superiore a quelle di luca che si nota solo nel principio. Il componimento è stato iniziato
nella prima metà degli anni settanta del 400, e si è interrotto più volte a causa delle vicissitudini esistenziali
di luca che venne incarcerato per debiti. Dopo la morte di luca, luigi continuò a metterci mano, ma pubblicò
prima il Morgante, lasciando il ciriffo incompiuto e su direzione di Lorenzo, il Giambullari lo completò. La
materia del poema è trita e forse ripresa da un romanzo perduto dedicato al personaggio di Ciriffo, il povero
avveduto, poema tipico di stampo cavalleresco di impostazione barberiniana. Il povero avveduto è quello
che fa muovere tutta la scena con la sua ricerca senza fine. L’intreccio in ciriffo ha un interesse relativo.
Una trama vale l’altra: quel che conta è affermare la propria potente personalità artistica, in grado di
restituire brio e dignità letteraria ai pedestri canovacci cavallereschi. La scena è tutta dominata dall’autore e
il testo gli serve per mettere in gioco le sua abilità. Nella parte scritta da luigi troviamo un linguaggio
pirotecnico e iperbolico.
Il morgante: anche il morgante fu iniziato negli anni 70. Il primo fatto cronologico del poema riguarda il
1462dove Pulci stesso narra una novella in prosa, del besso senese, a cui nell’autunno di quell’anno,
avevao spacciato per rarissimo pappagallo un comune picchio. Il morgante è diviso in 23 cantari e vide la
luce nel 1478. Ai primi 23 si accodarono poi altri 5 cantari nell’edizione del 1483. La trama del morgante,
come quella del ciriffo non si discosta mai dagli stereotipi diegetici della letteratura cavalleresca di
consumo.
Il funambolo della parola: prima di legarsi alla casa dei Medici erano poche chiare le sue intenzioni
letterarie, ma dopo essersi inserito nel casato e diventando uomo di fiducia potè gestire il suo lavoro come
meglio voleva. In ogni suo scritto comincerà ad utilizzare torno colti o popolari, lessico dialettale e tecnico,
mischiando insieme generi mai accostati prima. Usa metafore scherzose, locuzioni proverbiali e
vernacolari, nomignoli, immagini grossolane, diminutivi degradanti. Questa è la tipica comicità pulciana. È
anche grande ricarcatore di parole come prova il Vocabolarietto di lingua fubesca. Nel morgante i suoi echi
burleschi aiiungono un ulteriore quando decisivo contributo di fantasia ad una lingua polifonica e
letterariamente eterogenea, contrappuntata di latinismi, reminescenze virgiliane, scritturali, dantesche e
petrarchesche, facendosi più mago che maestro del dire.
I portavoce dell’arte pulciana: Morgante, Marguette, astarotte: nella vita pulci è insofferente agli ordini
prestabiliti e scommette infatti sulla riuscita e il successo del Morgante, un personaggio iperbolico,
campione di zuffe e supremo esempio di dismisura. A Morgante sono affidate le inf