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L’originalità del lessico di Montale si conferma anche per gli hapax “asserparsi”, “arrossarsi” ,“bioccoso”. la
grande ricchezza del vocabolario Montaliano comunque, non contraddice l’identificazione di un ristretto
dizionario personale, cioè la presenza nella lingua del poeta, di un buon numero di parole chiave che
ricorrono insistentemente nei suoi libri a partire dagli ossi e non di rado formano significative opposizioni:
vita, luce, sole \ morte, buio, ombra.
Una Lingua Scarnificata, Uno Stile Sentenzioso: Il tratto stilistico senza dubbio più tipico della poesia
montaliana è il suo carattere sentenzioso; Gran parte della forze espressiva di Montale consiste nel saper
concentrare un’immagine, un’illuminazione in un breve spazio sintattico che di solito ha la forma di un
endecasillabo. Il tono reciso dei versi di nota soprattutto nelle chiusure memorabili di alcune poesie:
esemplari alcuni ossi brevi composti da due quartine come “Mia vita, a te non chiedo lineamenti” nei quali si
può notare la regolarità pausata della costruzione sintattica, resa evidente anche dal punto fermo,e la
funzione preparatoria che hanno i primi sei versi, completati dall’explicit epigrammatico. Importanti è anche
l’uso delle forme verbali e l’organizzazione dei membri della frase: Montale preferisce i tempi verbali
dell’indicativo presente o futuro che gli consentono l’improvviso precipitare del verso nel motto o
nell’immagine risolutiva. Anche nelle liriche più razionali, filosofiche, non mancano delle parti emotive, che
però non risultano essere in contraddizione con la generale aridità sentimentale degli ossi: quando il pathos si
concentra sui ricordi di infanzia, nostalgie o speranze, sono presenti molte interiezioni, spesso inserite in
frasi esclamative: “ah l’uomo che se ne va sicuro..”. Importante è anche l’elencazione ellittica, ossia la
“designazione successiva di oggetti del discorso poetico, priva di attribuzione verbale e quindi senza
sviluppo sintattico”. In questo modo Montale da concretezza a quella poetica dell’oggetto puro che non ha
proprietà liriche. L’elencazione ellittica è senz’altro il dato stilistico più interessante ed innovativo che sarà
presente nelle successive opere, a partire dalla “Occasioni”
Figure Retoriche:
- Sinestesia: Nella critica letteraria, l'associazione espressiva tra due parole pertinenti a due diverse
sfere sensoriali (per es. parole calde, silenzio verde ). La sinestesia non è molto frequente nelle opere
Montaliane, e gli ossi, che rappresentano il serbatoio più vasto, ne contiene solo 37 e il numero
diminuisce di libro in libro: Luigi Rosiello dice che le sinestesie diminuiscono sempre di più man
mano che Montale si allontana dal simbolismo, infatti nelle opere giovanili si trovavano più
sinestesie. Ne I Limoni ne troviamo 4 di tipo vista > udito (più chiaro si ascolta il sussurro); In
Riviere ne troviamo di nuovo 4 ma più varie: vista > udito (voci d’oro); udito > vista ( luci parlano) ;
calore > vista (fredde luci) ; udito > olfatto ( sentire profumo di voci). Non è casuale l’uso
sistematico di sinestesie in quelle poesie come Fine dell’infanzia e Egloga in cui la memoria ricorre
all’”età illusa” ancora in grado di provare molteplici sensazioni.
- Metafora : chiaro retaggio dell’esperienza simbolista, è molto più marcata negli ossi rispetto alle
raccolte successive
- Similitudine : molto utilizzate per produrre analogie esplicite
- Ossimoro : Figura retorica consistente nell'accostare, nella medesima locuzione, parole che
esprimono concetti contrari (lucida pazzia). Il più delle volte il ricorso alla coincidenza degli opposti
è funzionale alla descrizione di qualcosa di complesso, come il mare, che ha la caratteristica di
essere vasto e diverso, e contemporaneamente fisso.
- Anafora : Figura retorica che consiste nel riprendere, ripetendola, una parola o un'espressione
all'inizio di frasi o di versi successivi, per sottolineare un'immagine o un concetto. L'effetto è tanto
maggiore quanto più numerose sono le ripetizioni. Proposta con molta insistenza nelle poesie della
prima stagione, poi rifiutate, è usata con molta parsimonia dal Montale degli Ossi; tuttavia l’uso
dell’anafora trova in Fine dell’infanzia il suo culmine d’interesse, come si può notare nella
terz’ultima strofa.
I Temi Principali
La poesia tra fallimento e miracolo: uno dei macro-temi della poesia di Montale, già presente negli Ossi, è
il fallimento dello strumento poetico che non è più in grano di offrire parole illuminanti o di regalare formule
magiche al lettore (Non chiederci la parola). Pur con le dichiarate carenze, la poesia mantiene l’importante
funzione di esercitare una critica radicale del reale: può mostrare le contraddizioni della vita e richiamare,
senza infingimenti, con rigore filosofico ad una virile presa di coscienza delle problematiche umane. Di
conseguenza, la rottura del rapporto armonico tra l’uomo e la natura, tra l’io e la realtà (disarmonia) finisce
per essere l’oggetto privilegiato di studio della poesia. Per questo la parola poetica, pur con i suoi limiti,
torna ad essere con Montale un atto di fede. La disciplina poetica è nel suo compiersi persino sacra,
miracolosa. In una lettera a Barile, Montale parla di se stesso come un trobadour occupato nell’ascolto della
sua ispirazione, deciso ad ubbidire al suo bisogno di espressione musicale, più che di un sofista e poeta da
laboratorio impegnato nella distillazione di impeccabili eleganze. La poesia ha bisogno di circostanze
particolari, di una sorta di grazia, per esprimersi compiutamente. In altre lettere, Montale parlava
dell’esercizio poetico come un dono e come attesa del miracolo.
Il paesaggio: è la prima preda poetica del poeta. Negli Ossi il paesaggio è quello ligure, che tuttavia resta
presente in modo quasi ossessivo anche nelle altre raccolte. I panorami della riviera ligure hanno una grande
forza evocativa, che Montale fa propria regalandoci aperture e scorci di una poesia che domina il tratto del
grande paesaggista (Egolga, Fine dell’infanzia, Riviere). Ma Montale non si abbandona alla descrizione del
paesaggio per meri scopi ornamentali. Sia il paesaggio marino che quello terrestre si caricano di significati e
di valenze metaforiche e nel consueto gioco di opposizioni proprio del linguaggio poetico montaliano
assolvono a specifiche funzioni narrative (il mare a cui è dedicato Mediterraneo è il padre e la voce
suprema). Mare e terra si contrappongono negli Ossi sin quando la speranza di una conciliazione con il mare
divino si esaurisce e Montale, allontanato dal padre, prende atto dell’impossibilità di svellare le sue radici.
Riguardo al significato simbolico della natura terrestre, la corrispondenza fra quell’ ambiente aspro e la
condizione esistenziale del poeta fu subito messa in evidenza dai primi interpeti degli Ossi. Le praterie, il
secco greto ecc sono una sorta di corrispettivo oggettivo, fisico del malessere metafisico del poeta, specchio
della vita che si sgretola. Montale parte dalla consapevolezza dell’effimero destino umano. All’aridità inerte
dell’esistenza corrisponde la petrosa natura ligure, con il terreno bruciato dal salino (Portami girasole) a
simboleggiare l’anima che non sa più dare un grido (Casa sul mare). Lo stesso scrittore si definisce un albero
bruciato dallo scirocco anzi tempo in una lettera a Svevo. Per quel che riguarda la funzione analogica di un
paesaggio è esemplare il primo movimento di Mediterraneo, “Giunge a volte, repente”. Qui la vita è
equiparata alla pianta che nasce dalla devastazione e la margherita, umile simbolo esistenziale e forse di una
poesia che nasce dalla sofferenza, cresce nella fenditura del suolo arido. Altrettanto eloquente è “Incontro”.
Attraverso questo uso del paesaggio terrestre, Montale riesce a comunicare la negatività della vita.
L’indifferenza è una posizione di difesa che anticipa la figura immobile di Arsenio. Tuttavia le immagini e le
forme naturali della vita essiccata non sempre sono interpretabili come corrispettivi del sentimento inaridito
del poeta. Alcuni oggetti-simbolo propri di quella natura scarna divengono metafora del rigore morale
dell’individuo, della dignitosa resistenza al flusso ripetitivo della vita, che può crescere le sue radici anche in
quell’ambiente riarso. Così, ad esempio, il ciottolo levigato dell’acqua e della salsedine è uno degli emblemi
positivi di Esterina ed è anche il simbolo di un’intransigenza intellettuale e filosofica priva di chiaroscuri,è
ciò che avrebbe voluto essere lo stesso poeta. In Riviere sono presenti altri oggetti-culto come l’osso di
seppia o l’albero essiccato. Nella poesia degli Ossi solo raramente trova spazio la città, vista da Montale
come disumanizzata e rumorosa a differenza della città ideale che farebbe vedere il mare e sarebbe il luogo
in cui un esiliato ritrova la sua pace.
La luce del meriggio: nel primo libro montaliano si celebra una poesia diurna. Il paesaggio è ritratto sempre
nell’ora meridiana. È proprio in quest’ora senza ombra che finisce per coincidere con un’ora tipica nella
quale può intravedersi una promessa di sollievo. Su tutto domina una sorgente vitale, il sole. Nel momento in
cui esso punta i suoi raggi a perpendicolo sulla terra tutto sembra immergersi in un’assoluta immobilità che
pure aspira al prodigio. L’anelito del girasole (Portami il girasole) è tutt’uno con l’ardore di vita a cui
aspirerebbe il poeta roso dal male. È nel meriggio afoso in cui può schiudersi ed è possibile vedere la barca
della salvezza. Nelle varie liriche si possono cogliere movimenti psicologici distinti, benché sintetizzati nella
stessa entità fisica, nella certezza della luce e dei suoi vari effetti. Il tempo del meriggio è foriero di un’ora
sospesa in una realtà smemorata ma feconda, un’ora la cui durata non è calcolabile, è fuori dal tempo ed
esprime il vuoto, la consapevolezza del travaglio o quel senso di attesa per un evento salvifico.
Il tempo e il miracolo: il tempo degli Ossi che sfugge ad una cronologia rigorosa e consequenziale: è un
tempo soggettivo e interiore. A questa fuga precipitosa del tempo verso il nulla la memoria cerca di sottrarre
qualcosa, ma invano. Montale sa che dimenticare e morire sono la stessa cosa: “Una delle noie maggiori che
dà il pensiero della morte è proprio questa: l’estinzione definitiva dei ricordi che port