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VIII, IX-XII, XIII-XVII, XVIII-XX.
La Gerusalemme liberata: la revisione romana contro il meraviglioso
Le Lettere poetiche, pubblicate nel 1587 da Licino, costituiscono una sorta di "diario" della revisione
romana; esse sono di estremo interesse soprattutto per i molti spunti critici riguardanti in generale la
teoria del poema eroico e i principi di poetica di unità d'azione nella varietà, meraviglioso e allegoria.
Nella lettera del 15 aprile 1575 si trova la prima definizione che Tasso propone della propria accezione
di unità d'azione nella varietà: tutto è rinchiuso in un recinto, ovvero la crociata, che può tuttavia essere
scavalcato da chiunque: al di fuori del perimetro bellico c'è il drappello di cavalieri affascinati da Armida
e pronti a porsi al suo seguito, Rinaldo prima ribelle all'autorità di Goffredo e poi, spogliatosi della
dignità di guerriero, succube della bellezza di Armida, Tancredi che invano insegue Erminia credendo
sia l'amata Clorinda e finisce in trappola nel castello della maga, ecc. Seguendo le indicazioni di
Aristotele, che aveva autorizzato per la poesia epica l'uso esteso di episodi secondari connessi all'azione
principale, Tasso realizza l'unità del poema senza far mancare la varietà necessaria per dilettare il
pubblico; egli crede che questo dilatarsi sia contenuto entro i limiti dell'unità d'azione e che i molti
cavalieri che militano nel poema siano da considerarsi come membra di un unico corpo con a capo
Goffredo (unità di numero di molti), tutti tesi a conseguire il medesimo intento, ovvero la liberazione
del Sacro Sepolcro (unità di specie). Diversa era, invece, l'idea di Speroni, che criticava nella
Gerusalemme la mancanza di unità di numero o di molti e di unità di specie.
Nella lettera del febbraio 1576 a Gonzaga, Tasso rivolse la sua attenzione anche verso le unità di tempo
e di luogo: lo spazio dell'azione è circoscritto alla Palestina e, se si considerano gli scontri bellici veri e
propri, esso si restringe ai luoghi intorno a Gerusalemme. Per quanto riguarda il tempo, il poeta decise
di abbreviare il viaggio di Carlo e Ubaldo, che inizialmente era lungo circa un mese giungendo sino alle
Americhe e terminando in un'isola di un immaginario arcipelago del Pacifico, a otto giorni,
individuando nelle Isole Fortunate (le odierne Canarie) il luogo della dorata detenzione di Rinaldo.
Le perplessità dei revisori si esplicarono maggiormente in ambito morale, sia per quanto riguarda le
parti erotiche, sia per quanto concerne la sfera del meraviglioso: l'episodio ad attirare maggiormente
l'attenzione fu quello di Olindo e Sofronia, che de' Nobili e Bargeo reputarono troppo vago e troppo
improvviso e Antoniano troppo amorale. Nell'aprile 1576, nell'unica lettera a lui indirizzata per
ingraziarselo, Tasso annunciò che, pur di non offendere "gli orecchi de' pii religiosi", per timore
dell'Inquisizione e per paura che potessero essere causa di far proibire il libro, era disposto a rimuovere
quei versi e anche una serie di altri incanti, come la visione di Rinaldo e la metamorfosi dell'aquila che,
dopo aver guidato Rinaldo, Carlo e Ubaldo all'accampamento cristiano, si posava sull'elmo della
magnifica armatura destinata al paladino estense divenendo "un gran cimier d'argento". Continuarono
però a rimanere al loro posto (poi comunque scartati nella Conquistata) la trasformazione dei cavalieri in
pesci, la miracolosa comparsa della tomba di Sveno e proprio l'episodio di Olindo e Sofronia, sebbene
corretto su consiglio di Gonzaga (i due giovani, infatti, non si trovavano più volto a volto sul rogo, ma
schiena contro schiena). Insomma, alla fin fine, tutte le parti erotiche e meravigliose del poema
conobbero la stampa; infatti, il poeta ammetteva di essere interessato al successo non solo presso il
pubblico dei "maestri dell'arte", ma anche presso gli "uomini mediocri".
Riguardo l'episodio di Sveno non si trattò soltanto del sepolcro che miracolosamente sorse per ospitare
le spoglie del crociato danese, ma anche della spada dell'eroe destinata a essere impugnata da Rinaldo:
inizialmente il poeta aveva immaginato che l'arma fosse tinta e infetta del sangue dei nemici, gli Arabi di
Solimano, contro cui Sveno aveva combattuto morendo, e che solo a un guerriero prestabilito dal fato
fosse concesso, impugnandola, di renderla "luminosa e netta"; giunto nel campo cristiano, molti
cavalieri inutilmente cinsero la spada sperando che il prodigio si avverasse, ma l'arma fu destinata a
Rinaldo, come Carlo ben sapeva. L'episodio fu limato da Tasso sia sopprimendo il particolare del
sangue, sia la ricerca di Carlo che porta la spada sapendo già che sarà Rinaldo a doverla impugnare.
Da tutto ciò si può capire come Tasso non volesse intervenire sul poema in modo distruttivo
eliminando di sana pianta gli episodi meravigliosi, ma come cercasse una sorta di equilibrio fra
meraviglioso e verisimile, senza ovviamente oltrepassarne i confini: il poeta trovò così un escamotage, una
via d'uscita, per aggirare alcune delle contestazioni dei revisori, facendo passare quegli episodi
censurabili come allegorici ed eliminando comunque spontaneamente quelle parti del meraviglioso che
più difficilmente si prestavano a una lettura duplice, come l'episodio della battaglia di Carlo e Ubaldo
contro il mostruoso custode del giardino di Armida "a fatto ozioso nell'allegoria".
La necessità di una difesa per i versi del poema, a fronte delle critiche che giungevano soprattutto da
Antoniano, spinsero il Tasso a stendere, dopo la partenza dello studioso per la Germania, il testo
dell'Allegoria del poema, inviandola a de' Nobili il 15 giugno 1576; si trattava di un esercizio speculativo
che lo avrebbe spinto a ripudiare la Gerusalemme sino ad allora concepita per inseguire una nuova poesia
che fosse portatrice di verità grazie alla garanzia della storia e grazie ai significati nascosti dietro
all'allegoria stessa; così facendo, poteva proteggere gli amori di Armida e gli "errori" degli eroi crociati,
garantendo quella varietà che sapeva fondamentale per un successo presso i lettori. Le maggiori
allegorie sono:
esercito → corpo
− città arroccata da espugnare → virtù
− Goffredo → intelletto che governa anima e corpo e quindi rappresentante dell'ordine e
− dell'unità
Rinaldo, cavaliere immaginario supposto avo degli Este → parte irascibile dell'anima e quindi
− ribelle portatore di istinti
demoni e altre figure del male → tentazioni che insidiano dall'esterno al conseguimento della
− virtù
inganni della selva → falsità delle ragioni del male
− aiuti prestati da Dio, dagli angeli e dalle figure del bene → ispirazione divina e umana sapienza
− che in forme diverse prestano soccorso all'uomo in preda alle tentazioni
vari avvenimenti che ostacolano l'esito dell'impresa → attori del conflitto tra intelletto, che
− persegue la virtù, e le parti concuscipibile (amori in cui cadono i cavalieri) e irascibile (ribellione
di Rinaldo) dell'anima
riconciliazione di Rinaldo con Goffredo → ubbidienza della parte irascibile dell'anima
− all'intelletto e cooperazione fra le due potenze dell'animo per il buon fine dell'impresa (da soli
non potrebbero sconfiggere i nemici)
conquista finale della città → risultato a cui si perviene quando, ubbidendo alla volontà divina,
− le potenze inferiori dell'anima si assoggettano alle superiori, consentendo all'uomo di ottenere la
felicità politica, che è tramite verso la beatitudine cristiana.
L'ultimo atto della revisione della Liberata fu la Favola de la Gerusalemme, inviata a Capponi nel luglio
1576 perchè questi la facesse pervenire a Salviati, il quale aveva lasciato intendere di essere stato
disposto a un'onorata menzione ma che di lì a qualche anno sarebbe divenuto uno dei più feroci nemici
del poema. Questa lettera fu in realtà un bluff, nel senso che Tasso presentò la propria opera
camuffando i nodi tematici e strutturali che immaginava potessero suscitare polemiche da parte di
Salviati e non solo, e a volte passando sotto silenzio molti degli episodi meravigliosi (es. nave della
Fortuna che Carlo e Ubaldo usarono per giungere al castello di Armida).
Dopo la lettera a Capponi, le manifestazioni violente della mente alterata condussero Tasso all'ospedale
di Sant'Anna e il poema rimase così come egli l'aveva ridotto negli ultimi mesi del 1576.
La Gerusalemme liberata: i modelli letterari
1. l'Iliade di Omero del VIII secolo a.C.: la ribellione di Rinaldo e il suo allontanamento dal campo
di battaglia, coincidente con la fase di maggiore difficoltà dell'esercito cristiano, sono ispirati alla
vicenda di Agamennone e Achille; Erminia, che descrive dall'alto di una torre al re Aladino i
cristiani, sembra Elena rivolta a Priamo; i crociati nel canto I e gli Egiziani nel XVII sembrano
derivare dal doppio catalogo iliadico delle forze in campo; il desiderio di vendetta di Solimano
contro Argillano per la morte del paggio Lesbino e quello di Argante contro Tancredi per la
morte di Clorinda sono esemplati su quello di Achille per l'uccisione di Patroclo.
In particolare, è proprio il duello fra Tancredi e Argante il più memorabile del poema: fra i
personaggi crociati Tancredi è l'unico eroe che vive di inquietudini e timori; è un eroe che si
ferma a riflettere, come nel canto VI quando si incanta a contemplare Clorinda invece di correre
al duello con Argante, conosce il lessico d'amore che adopera nel canto III per dichiararsi alla
guerriera e prova l'oscurità dei sensi di colpa; proprio per queste caratteristiche egli non ha
nulla, anche nella fase più bellicosa del poema, del furore istintivo di Rinaldo o della crudeltà di
Goffredo; nel duello con Argante, egli ha la meglio solo dopo un lungo combattimento e non vi
è alcuna fierezza né orgoglio né disprezzo nei suoi atti, a tal punto che, alla fine del duello, ha
un giramento di testa e sviene; non solo, visto il nemico tramortito, gli offre cavallerescamente
la vita in cambio della resa (e Argante, offeso dalla proposta, lo ferisce al tallone);
2. l'Odissea di Omero del VIII secolo a.C.: invano Armida cerca di invaghire di sé Goffredo con il
suo canto da sirena ma egli ne è immune, come l'Odisseo omerico; il rapporto fra Clorinda e
Argante, cavaliere e donna-guerriera, sembra essere quello di Diomede e Odisseo (il loro
rapporto sembra limitato alla partecipazione in coppia a varie imprese, ma fra i due esistono dei