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I TEMI

Mimnermo fu poeta d'amore e nello stesso tempo cantore delle gesta militari degli Smirnei nella guerra

contro i Lidi. Le sue liriche, scritte in dialetto ionico, appartengono al genere elegiaco e furono divise dai

filologi alessandrini in due libri, la Nannò, carmi di argomento mitologico e amoroso dal nome della flautista

amata dal poeta ed il poemetto storico Smirneide, di cui restano pochi frammenti. Inoltre si tramandarono

sotto il suo nome anche delle rime sparse (katá leptón), tra cui eccellono quelle ispirate alla fugacità del

tempo e della giovinezza.

TEOGNIDE (ELEGIA GNOMICA)

Teognide nacque a Megara verso la fine del sec. VI a.C. Influente membro dell'aristocrazia terriera della

sua città, si oppose attivamente all'emergere dei nuovi ceti e per questo gli furono confiscati i beni e fu

mandato in esilio prima a Sparta e poi in Sicilia.

I TEMI

Sotto il suo nome ci è stata tramandata una silloge (il cosiddetto Corpus Theognideum). La parte che viene

riconosciuta come autentica è quella contrassegnata dalla sfreghís (sigillo) del poeta, ossia il nome del

fanciullo amato, Cirno, a cui Teognide si rivolge. Le elegie di Teognide sono essenzialmente didascaliche e

abbondano di massime: ispirate a forte spirito aristocratico, impartiscono insegnamenti riguardo la virtù

politica, il comportamento verso le classi più umili, i passatempi. In esse si riflette un'epoca di grandi

sconvolgimenti politici, in cui nuove classi si affacciano e minacciano non solo la supremazia, ma anche il

modo di vita dei nobili. Di qui un'acuta nostalgia per gli ideali del passato in declino e uno sdegno pieno di

rancore per i tempi nuovi.

SENOFANE

Nacque intorno al 580 a.c in asia minore. Lasciò poi la sua patria e iniziò una lunghissima carriera cm

rapsodo e poeta. Più tardi si stabilì in una colonia dell’italia meridionale dove entrò in contatto con

parmenide che gli fu maestro. Senofane compose elegie, silli e un poema (sulla natura) del quale ci sn

pervenuti 40 frammenti. In senofane coesistono la figura tradizionale del rapsodo e quella nuova del

sapiente che proclama la verità confutando credenze tradizionali. Egli nn è quindi un filosofo nel vero senso

xkè nn si preoccupa di eleborare un’interpretazione della realtà. Lui è influenzato da idee maturate in

ambiente intellettuali. X lui la poesia è il mezzo essenziale di comunicazione; tuttavia è notevole la sua

critica alle idee tradizionali in nome di una concezione più elevata degli dei e della virtù. L’aspetto + imp del

suo pensiero è la critica alla religione tradizionale cn una nuova concezione monoteista della divinità.

SAFFO (LIRICA MONODICA)

Le scarse notizie sulla sua vita si ricavano, oltre che dagli accenni contenuti nelle sue liriche, dalle

testimonianze di alcuni autori antichi. Nata a Ereso, nell'isola di Lesbo, da famiglia aristocratica, fu

coetanea di Alceo (secc. VII-VI a.C.). Si trovò, come lui, coinvolta nelle lotte tra le diverse fazioni politiche

del suo paese, e finì per essere esiliata in Sicilia, da dove poi riuscì a far ritorno. A differenza di Alceo,

tuttavia, la tematica politica non ha alcuna eco nella sua poesia. Ebbe tre fratelli e mostrò particolare

sollecitudine e affetto per uno di loro, Carasso, di cui auspicò il ritorno, dopo che un amore infelice per la

cortigiana Doriche l'aveva trattenuto a Naucrati, in Egitto. Sposò un uomo assai ricco e ne ebbe una figlia,

Cleide, teneramente amata. Della figura di Saffo, già soggetta all'irrisione grottesca dei comici antichi, si

impadronì la leggenda: la si disse piccola, di carnagione scura, di scarsa avvenenza; si fantasticò di un suo

amore infelice per il barcaiolo Faone, che l'avrebbe portata a suicidarsi gettandosi nel mare dalla rupe di

Leucade. È dubbio che abbia conosciuto e amato Alceo, come farebbero pensare un verso famoso del

poeta e alcune raffigurazioni vascolari.

La sua biografia è tutta centrata intorno alla vita del TIASO, la comunità di fanciulle aristocratiche di cui

Saffo curava l'educazione all'eleganza, alla musica e al canto, in preparazione delle nozze. Il significato

religioso del tìaso, connesso con il culto di Afrodite, così come i rapporti di intenso trasporto sentimentale

tra le fanciulle e la loro “maestra”, sono stati a lungo discussi fin dall'antichità, offrendo l'occasione a

interpretazioni di aperta omossessualità. Ma ormai si è concordi nel ritenere che l'amore tra le ragazze, e

con la stessa poetessa, costituiva una tappa fondamentale per apprendere consuetudini e convenzioni di

Eros e aveva innanzitutto una funzione pedagogica.

LE OPERE

I grammatici alessandrini divisero le liriche di Saffo in 9 libri, distinti in base a criteri puramente metrici. Il

primo di essi conteneva i carmi in strofe saffiche; i successivi, carmi in pentametri dattilici, asclepiadei,

tetrametri, ecc.; il nono conteneva epitalami (componimenti per nozze, che accompagnavano il corteo della

sposa diretto alla casa dello sposo). Gli epitalami erano probabilmente composti per essere cantati da un

coro, mentre tutti gli altri carmi appartengono alla lirica monodica, intonata cioè da una sola voce con

accompagnamento della cetra. Tra le sue liriche solo una è giunta intera, la cosiddetta Preghiera ad

Afrodite, riportata da Dionigi di Alicarnasso: delle altre esistono complessivamente circa 200 frammenti,

pervenuti tramite citazioni indirette o ritrovamenti papiracei. La lingua usata è il dialetto eolico, con qualche

richiamo al lessico epico: sue caratteristiche fondamentali sono la baritonesi (ritrazione dell'accento) e la

psilosi (sostituzione dei suoni aspirati).

I TEMI

La lirica di Saffo è dominata dalla intensità della PASSIONE AMOROSA: con uno stile dall'estrema

semplicità sintattica a cui corrisponde il massimo della tensione emotiva, la poetessa dà voce al dolore

degli abbandoni, alla nostalgia delle gioie perdute, alla desolazione della solitudine, al tormentoso strazio

della gelosia. È questo lo spunto da cui muove la più famosa delle sue odi (“A me pare eguale agli dèi...”)

tramandata dall'anonimo autore del Sublime e che fu poi liberamente tradotta da Catullo. In essa,

all'immagine serena del giovane che contempla il sorriso di una fanciulla e ne ascolta le parole, Saffo

contrappone, in termini nudi e drammatici, quella che si può definire la sintomatologia del proprio desiderio

amoroso, che si esplicita in intense reazioni di fisica concretezza. Altrove, scarsi e incantati rimandi

paesaggistici (l'abbattersi del vento sulle querce della montagna, lo splendore di un plenilunio, l'ombroso

incanto di un bosco) fanno da sfondo ai turbamenti amorosi che, nella Preghiera ad Afrodite, si placano

solo nel ricorso confidente alla divinità stessa dell'amore, sempre invocata dalla poetessa e sempre a lei

“alleata”. Negli epitalami è evidente la ripresa di TEMI POPOLARI, che Saffo ricrea in note di garbata e

sorridente delicatezza, come nell'immagine dello sposo prestante come Ares o nel paragone della sposa,

forse non più giovanissima, con una mela trascurata dai raccoglitori, perché posta sui rami troppo alti

dell'albero.

ALCEO (LIRICA MONODICA)

Alceo nacque a Mitilene, nell'isola di Lesbo, attorno al 630 a.C., da una nobile famiglia. Partecipò fin dalla

giovinezza alle lotte fra i “tiranni” locali, e si scagliò perfino contro Pittaco, uno dei sette sapienti greci,

nonostante il rapporto di amicizia che li legava. Insieme ai fratelli di Alceo, quando questi era ancora troppo

giovane per entrare in guerra, Pittaco cacciò il tiranno Melancro. Una volta che Alceo entrò in età per

combattere, i due lottarono insieme contro gli Ateniesi per il possesso del promontorio Sigeo. Durante

questo conflitto, Alceo dovette poco eroicamente fuggire abbandonando lo scudo, come lui stesso ammette

imitando il topos espresso per primo da Archiloco. Poi i due compagni cospirarono contro il tiranno Mirsilo,

ma la missione non riuscì. Il poeta quindi fu esiliato mentre Pittaco, dopo la morte di Mirsilo, divenne

aisumnétes (arbitro) con pieni poteri e di proposito si dimenticò dell'amico. Alceo forse poté ritornare prima

della morte, avvenuta presumibilmente attorno al 560 a.C.

LE OPERE

La sua opera fu divisa dagli alessandrini in 10 libri, ordinati per argomento: inni agli dei, canti delle lotte

civili (stasiotiká da stásis: rivolta), canti conviviali (sumposiaká da sumpósion: simposio), canti erotici ecc.,

di cui rimangono circa 400 frammenti. Nei canti di lotta e nei canti conviviali si esprime la sua voce più

autentica.

I TEMI

Al di là della netta distinzione operata dagli antichi, alcuni motivi ricorrono in entrambi. Il più classico è

quello del VINO, ora celebrato come conforto al dolore o come rimedio ai rigori invernali e all'ardore della

canicola, ora evocato per dare libera voce all'odio contro il nemico o alla esultanza per la vittoria. Nelle

invettive il linguaggio poetico si impenna in espressioni volutamente plebee; altrove la nostalgia si distende

in note amare di solitudine o di rimpianto. Enorme fortuna, fino a divenire un luogo comune retorico, ha

avuto l'immagine della NAVE sbattuta dalla tempesta come metafora del travaglio dello stato in pericolo (in

“Non riesco a capire la rissa dei venti...”).

La pregnanza del linguaggio di Alceo ha suggestionato molti autori, primo fra tutti Orazio, che ne riprese

moduli e temi. La lingua è il dialetto eolico, caratterizzato, come in Saffo, dai fenomeni della psilosi

(mancanza di aspirazione nelle vocali iniziali di parola) e della baritonesi (ritrazione dell'accento).

ANACREONTE (LIRICA MONODICA)

Anacreonte nacque intorno al 570 a.C. nell'isola di Teo. Lasciata la città natale sotto la minaccia

dell'invasione persiana, si trasferì con gran parte dei concittadini ad Abdera, in Tracia. Passò poi a Samo

alla corte del tiranno Policrate e, dopo la morte violenta di quest'ultimo, ad Atene, dove fu accolto con molti

onori da Ipparco, figlio e successore di Pisistrato, protettore delle arti. Quando i tiranni furono cacciati da

Atene, si stabilì in Tessaglia come ospite della corte degli Alevadi. Morì in tarda età intorno al 585 a.C.,

probabilmente dopo aver fatto ritorno alla nativa Teo.

La sua produzione fu ordinata dagli alessandrini in 5 libri e comprendeva carmi lirici, giambi ed elegie.

Sono pervenuti ca 150 frammenti per un totale di ca 300 versi. La sua lingua è il dialetto ionico, con

qualche omerismo e qualche elemento eolico. La poesia di Anacreonte si sviluppa nell'ambito del simposio.

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A.A. 2014-2015
47 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/02 Lingua e letteratura greca

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher simosuxyeah di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura greca e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Micalella Dina.