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COLETTE E "LES GRATTEURS DE PAPIER"

Nel 1910 Gaston Chéreau, direttore della sezione letteraria "Contes" per il quotidiano Le Matin,

pensa di presentare Colette al proprio consiglio di amministrazione. Le Matin faceva parte di un

consortium, una specie di associazione che riuniva le sei principali testate parigine. Quasi nessuno

però voleva una donna così chiacchierata come Colette, un "saltimbanco" come veniva definita

all'interno della redazione giornalistica, in quanto vi era il timore che alla sua personalità disinvolta

corrispondesse un giornalismo giudicato non in linea con il giornalismo equilibrato e attento a non

andare contro la borghesia di quel tempo. Colette era invisa alla direzione generale de Le Matin

anche per la sua vita privata. Tuttavia il direttore Chéreau, incurante dell'opposizione dei colleghi,

decide di scritturare Colette, che inizia la sua attività giornalistica al giornale con molta umiltà e voglia

di imparare, mettendosi a completa disposizione di qualsiasi forma di responsabilità che le veniva

accordata. All'inizio viene imposto a Colette un periodo di prova durante il quale non può firmare i

suoi scritti, per questo motivo nei suoi primi articoli, al posto del suo nome, compare una piccola

maschera. Il 27 gennaio 1911, invece, Colette rompe l'anonimato e scrive per la prima volta alla fine

Willy”. A questo punto, comincia un periodo fecondo di

dell'articolo il suo nome "Colette

collaborazioni giornalistiche per Colette, alla quale verranno affidati servizi giornalistici più

impegnativi, fino a diventare responsabile di numerosi incarichi all'interno della redazione. La madre

Sido era però contraria alla carriera giornalistica della figlia in quanto giudicava inconciliabili le attività

di giornalista e scrittrice, anche per via della differenza fondamentale che separa un articolo di

giornale da un romanzo, ovvero la modalità narrativa: per gli articoli non era necessaria alcuna

raffinatezza letteraria e, a differenza del romanzo, andava consumato rapidamente. Pertanto

richiedeva una scrittura chiara e concisa.

Quando Colette sposò il barone Henry de Jouvenel, uno dei personaggi più in vista alla direzione

del quotidiano, comincerà l’attività dì cronista impegnandosi a fondo per dimostrare di essere

all'altezza del suo compito e di non essere una privilegiata. Una delle qualità più importanti di Colette

sarà non soffocare mai la propria libertà di pensiero e d'espressione e non scendere mai a

compromessi. Gaétan Sanvoisin riconoscerà inoltre a Colette "un giornalismo al 100%", ovvero il

giornalismo sul campo e diretto. In questo senso, con i suoi reportages Colette ha aperto la strada

al giornalismo moderno, basato sul modello americano. Colette è inoltre la prima a parlare nel

giornalismo francese di "subconscio" che racchiude i sentimenti, il modo di essere, amare e soffrire

delle persone. Con Colette si comincia a parlare di follia, amore e sofferenza, cioè tutti quei valori

che i giornalisti prima di allora non avevano tenuto in debita considerazione. Colette, a modo suo, è

anche la "bohème dell’attualità", cioè non dà mai nulla per scontato, ma certifica sempre sul campo

le informazioni. Infine, Colette riesce a equilibrare la passione con il rigore attraverso una scrittura

seria e responsabile. Lo stile di Colette ha tenuto presente quindi una serie di elementi quali: il

realismo, la sensibilità emotiva dell'oggetto di cui si parla e del pubblico. Inoltre ha saputo sostenere

l'originalità interpretativa, cioè le qualità che Colette metteva nel raccontare e riferire le notizie sotto

forma di articolo. Colette, in sostanza, è stata una persona che si è fatta da sola, grazie anche

all'aiuto della sua audacia, motivata da tutte le esperienze, anche negative, che ha vissuto sulla

propria pelle. Colette ha inoltre saputo penetrare con molta sensibilità nella sfera dei sentimenti

femminili e fare un ritratto della donna nella parte più sensibile, più intima di sé. In particolare, in un

breve racconto pubblicato su "Gringoire" nel 1937, Colette affronta il tema dell'aborto e della

drammatica condizione della donna nella Parigi di quel tempo, sottolineando le condizioni disumane

in cui erano costrette a vivere le ragazze madri che non potevano esporsi al giudizio della gente,

così come l'ignoranza di alcune classi sociali e la solitudine della donna.

Le critiche musicali

A partire dal 1895 fino al 1903 Colette si dedicherà, prima di entrare nel quotidiano Le Matin, alla

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pubblicazione di articoli di critica musicale, riuscendo con la sua "verve allocutoria" (capacità

dialettica) a rendere gradevoli anche i concerti musicali più noiosi. Quando comincerà a firmare

questi articoli, Colette non potrà mettere solo il suo nome perché dai primi dell'800 fino alla fine

dell'800 non era dignitoso che una donna sposata si firmasse con il solo suo nome. L'attività di critico

musicale di Colette fu svolta con il benestare del marito che era un musicologo molto raffinato. A

quel tempo il mondo musicale era strettamente elitario, in quanto quei pochi rinomati critici si

riservavano il diritto e il potere di promuovere o stroncare un artista o un'opera musicale. Colette

riesce a entrare in questo ambiente grazie al marito, il quale affinerà ulteriormente il gusto musicale

di Colette, la quale sarà inoltre coinvolta in una querelle riguardo l'effettiva paternità degli articoli di

cronaca musicale, dal momento che molti pensavano che in realtà gli scritti di Colette fossero opera

del marito. I dubbi a rimasero per molto tempo, ma 27 anni dopo, nel 1927, in un articolo di Willy,

quest’ultimo affermerà che la paternità degli articoli messi in discussione è da attribuirsi a Colette.

Bisogna però sottolineare che, durante tutta questa diatriba, Colette ha sempre mantenuto un

grandissimo ritegno, mostrando ancora una volta la sua umiltà e semplicità. In quegli anni, inoltre,

Colette si vergognava un po' dei suoi inizi non molto edificanti e maturerà un complesso di inferiorità

determinato dall'essere una provinciale trapiantata a Parigi.

Lo stile usato da Colette per le sue cronache musicali è allegro, brioso e spumeggiante e rivela tutte

le qualità del suo modo di essere. Anche se non ha competenze musicali specifiche come un

Debussy, con le sue critiche, Colette riesce a fare un affresco musicale del suo tempo, mettendo in

evidenza prima di tutto le sensazioni. Attraverso l'ironia, la semplicità e le sue frasi argute, Colette

dà alle sue critiche musicali un tono allegro e spensierato che risultava molto gradito ai lettori.

Le cronache giudiziarie

Colette fu incaricata dalla redazione del quotidiano Le Matin anche di seguire e commentare i

processi più clamorosi della sua epoca. Questi eventi particolari erano riferiti da Colette con un'ottica

del tutto originale, in quanto le sue cronache scritte davano la sensazione di una diretta dei luoghi

dove erano accaduti i fatti criminali. Colette, inoltre, con la sua grande capacità di osservazione che

le era caratteristica, durante le cronache dei processi che seguiva direttamente nelle aule dei

tribunali, non informava solo i lettori sullo svolgimento del processo, ma esaminava attentamente

l'atmosfera dell'aula e l'atteggiamento dei giudici, del pubblico e degli imputati. Tra il 1912 e il 1939,

una serie di fatti di violenza portarono Colette a interessarsi di numerosi crimini, avendo anche la

possibilità di conoscere direttamente i diversi imputati. Per quanto riguarda lo stile usato per le

cronache giudiziarie, sia sul piano formale sia su quello etico, Colette ha continuato ad attenersi a

una documentazione dei fatti presentati in una ottica di assoluto rigore giornalistico e alla cautela nel

giudizio, inoltre ha cercato sempre di non deformare la realtà dei fatti. Un'altra caratteristica dello

stile di Colette che ritroviamo anche nelle sue cronache giudiziarie è la cura per il particolare. Colette,

infatti, informava il lettore anche dei fatti più bizzarri e apparentemente marginali che accadevano

durante i processi. Attraverso i profili dei criminali contenuti nelle cronache giudiziarie, Colette

cercava di far luce sul mistero e di approfondire i meandri di una parte oscura della mente e della

psiche che portavano queste persone a compiere atti così brutali. I ritratti di questi criminali, offerti

da Colette, rappresentano quindi un esempio di intensità e finezza psicologica. In alcuni casi, inoltre,

Colette invocava clemenza e comprensione per gli imputati, facendo leva su attenuanti come

l'atmosfera soffocante di certi ambienti familiari, le situazioni di violenza e disonore, ecc., come è il

caso di una ragazza, Violette Nozières, che, dopo aver avvelenato il padre, aveva tentato di uccidere

anche la madre. Oppure sottolineava una serie di qualità esteriori degli imputati come l'impeccabilità

dell'aspetto, la raffinatezza delle maniere, l'educazione, la cordialità, come nel caso di Landru che

aveva infierito su centinaia di donne, vittime del suo fascino. Colette non lesinava critiche

all'ordinamento giudiziario, al giustizialismo delle sentenze, alla funzione catartica delle sentenze e

all'indecenza di dover spettacolarizzare la morte degli imputati attraverso esecuzioni aperte anche

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al pubblico. Per Colette era la società con le sue regole ad accrescere la mostruosità di questi

criminali, fingendo ignoranza e ostentando ripugnanza per tutti quei comportamenti che non

garantivano sicurezza. Per questo motivo, Colette sollecitava una rieducazione dei colpevoli, invece

di sottrarre loro per sempre il diritto alla vita.

Le cronache di guerra

Molti critici che hanno letto gli articoli di Colette l'hanno spesso tacciata di antistoricismo.

L'antistoricismo è, per definizione, una corrente che nega la storia. Questa accusa è determinata dal

fatto che Colette non ha un'impostazione etica, ideologica e filosofica, al contrario di Simon de

Beauvoir, Marguerite Duras, ecc., per le quali ogni evento politico e ogni fatto storico era interpretato

solo sulla base della loro ideologia politica (il comunismo). In Colette, invece, non si ravvisa il grande

respiro ideologico; dai suoi articoli e dai suoi romanzi sono quindi completamente estranee le finalità

politiche, inoltre è assente la linea ideologica all'impegno personale (I’éngagement). In questo senso

Colette, decidendo di non abbracciare nessuna ideologia, si è sempre considerata una del popolo

anche perché sarà s

Dettagli
Publisher
A.A. 2010-2011
9 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/03 Letteratura francese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Valja di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura francese e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Fiore Ester.