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Sunto di indologia, prof. Pieruccini, dispensa consigliata: Quando e come il vegetarianismo si affermato in India Pag. 1
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QUANDO E COME IL VEGETARIANISMO SI E’ AFFERMATO IN INDIA

Cinzia Pieruccini

Situazione nell’India odierna:

Vegetariani: hindu soprattutto devoti a Vishnu-Krishna, brahmani, un po’ i vaisya, meno gli shudra, i

• jaina.

Non vegetariani: musulmani, ksatriya, i dalit (fuori casta), i sikh.

In generale in India il basso consumo di carne è dovuto anche a ragioni economiche.

Si evita la carne di vacca e manzo perché considerati sacri.

Molti vegetariani non mangiano neanche le uova, alcuni no cipolla e aglio.

Una statistica riporta che il 42% delle famiglie indiane è da ritenere vegetariane.

I numeri sono troppo alti → la dieta vegetariana evoca uno status sociale alto.

Però l’India è il paese in cui il vegetarianismo è più diffuso.

Il vegetarianismo in India si lega alla dottrina della non violenza e alla sacralità della vacca.

Sia ahimsa che dieta vegetariana si sono inizialmente diffuse in ambito sramana (cioè fra asceti itineranti da

cui prendono forma buddhismo e jainismo).

Carne e sacrificio vedico

Agli inizi della civiltà in India la letteratura era religiosa → i Veda.

La religiosità indiana all’inizio si incentra sul sacrificio che serve ad assicurare vita prospera sulla terra e

nell’aldilà.

Sacrificio domestico: officiato dal capofamiglia

• Sacrificio solenne: sacerdoti brahmani operano per conto di un committente.

Il sacrificio ha una onnipotenza in se stesso perché dalla sua corretta esecuzione dipende la conservazione

del mondo.

Offerte sia vegetali (es. Soma) che animali (solo domestici, pasu, tra cui anche vacche).

Sacrificio più importante: sacrificio del cavallo con cui si conferma il potere del sovrano.

Uccisione dell’animale avviene fuori dall’area sacrificale e senza spargimento di sangue.

La vittima viene poi smembrata. Una parte è cotta nel fuoco rituale e offerta a dei, brahmani, committente e

altre persone coinvolte.

Esiste un formulario che cerca di allontanare l’idea della violenza e della morte → la vittima è indotta ad

acconsentire, viene posta una foglia sacra fra lama e animale, la vittima ascende al cielo dopo essersi

ritualmente ricomposta.

Perché questo? Perché nel sacrificio vedico c’è identificazione committente – vittima che è il suo alter ego

(la violenza perché alter, la negazione della violenza perchè è ego).

Quindi nel contesto del rituale vedico la dieta carnea è accettata, compresa carne di vacca.

Inizia a comparire un disagio però davanti all’uccisione, dovuto forse al timore che la violenza possa

ritorcersi contro chi l’ha compiuta.

Questo timore si esprime nella concezione di “mondo rovesciato” dell’aldilà in cui l’uomo verrà mangiato da

ciò che prima era il suo cibo (Brahmana, storia del figlio di Varuna).

Chi mangia e chi è mangiato

Dharmasutra e Dharmasastra → testi di legge.

Ci sono indicazioni su cibi leciti e illeciti.

Ci sono pochi divieti sui vegetali.

Animali da mangiare → erbivori, animali della foresta e allevati (da fattoria)

• Animali proibiti →carnivori, animali da villaggio

Catena alimentare in concezione vedico-brahmanica:

dèi > uomo > animali erbivori > piante > acqua

Rapporto di potere fra esseri si stabilisce in base a chi mangia e chi è mangiato.

Anche l’ordinamento in varna funziona nello stesso modo: le classi inferiori sono “cibo” per quelle superiori

(classi elevate si servono di quelle umili per la propria sopravvivenza).

È un mondo regolato dalla legge del più forte (legge dei pesci).

Religioni nuove

Circa 500 a.C. → mondo religioso del brahmanesimo è in crisi.

Religione del sacrificio è insoddisfacente dinanzi a nuovi concetti: samsara (ciclicità delle esistenze) e

karman (azione che determina la vita successiva).

Questi concetti implicano la consapevolezza che l’esistenza partecipa di una sostanza eterna, il Brahman, che

coincide con la natura eterna di ogni individuo, l’Atman.

Conoscenza che Brahman = Atman porta alla liberazione (moksha) dal ciclo delle esistenze.

Questa concezione della realtà entra nel pensiero brahmanico con le Upanishad.

In quel periodo la sacralità dei Veda è rifiutata da jainismo e buddhismo, religioni costruite sui concetti di

samsara e karman e che hanno come scopo la liberazione.

Esse vengono elaborate in ambito sramana, cioè fra gli asceti che rifiutano la vita domestica e mondana del

capofamiglia e che cercano la realizzazione in una vita itinerante o solitaria.

Fra gli sramana si sostanziano per la prima volta le istanze della ahimsa (nonviolenza) e del vegetarianismo.

Questi valori si esplicitano poi nel buddhismo, nel jainismo e nei movimenti brahmanici di matrice ascetica.

Brahmanesimo assimila tendenze ascetiche nella dottrina degli asrama (= stadi della vita) → ogni maschio

dei primi tre varna deve trascorrere 3 + 1 periodi nella vita:

1. studente vedico → brahmacharin

2. uomo sposato, capofamiglia → grihastha

3. colui che sta nella foresta → vanaprastha

4. rinunciante totale → sannyasin

Viene elaborata una dottrina che cerca di conciliare la vita nel mondo con esigenze spirituali: dottrina dei

trivarga (= dei tre scopi dell’uomo):

1. soddisfare kama (desiderio sessuale)

2. artha (utile economico)

3. dharma (legge del mondo)

4. moksha (liberazione).

Gli esordi dell’ideologia vegetariana

Dharmasutra e Dharmasastra raccomandano che l’eremita viva di ciò che la foresta offre e che il

rinunciante viva di ciò che ottiene dalla questua.

Manu per il rinunciante non prescrive una dieta vegetariana. Egli deve nutrirsi solo di ciò che riceve in

elemosina quindi è obbligato ad accettare quello che capita.

Quindi nonviolenza e vegetarianismo all’inizio non sono coincidenti necessariamente.

Ci sono possibilità di nutrirsi di carne purché l’animale non sia stato ucciso da chi lo consuma o allo scopo di

nutrirlo.

Chi se ne ciba così è sollevato da responsabilità.

I jaina considerano la nonviolenza assoluta un ideale irraggiungibile perché ogni elemento esistente è

formato da sostanza vivente; così ogni azione prevede l’uso di una certa violenza.

Dunque l’atteggiamento jaina consiste nel delegare l’atto violento ad altri (i monaci ai laici).

Non violenza non richiede inizialmente l’adesione rigorosa a una dieta vegetariana.

Però alla base delle scelte alimentari c’è il desiderio di non macchiarsi personalmente di violenza quindi alla

radice del vegetarianismo c’è un ideale non violento.

Nel buddhismo Theravada (il più antico) non appare il vegetarianismo.

Esso invece compare nel buddhismo Mahayana (Grande veicolo).

Nel buddhismo l’adozione del vegetarianismo riguarda solo certi ambiti e certe correnti.

La vacca sacra

La vacca, in quanto animale sacro, non può essere uccisa né mangiata.

Questo atteggiamento nell’India contemporanea è esito delle pressioni dei movimenti legati all’integralismo

hindu che hanno fatto della protezione della vacca una loro bandiera in opposizione nei confronti dei non

hindu, considerati come non veri indiani.

Anche Gandhi si è fatto promotore della santità della vacca.

Non è vero però che da sempre la religiosità hindu ha vietato l’uccisione di questo animale.

La religione vedico-brahmanica anzi non aveva remore nel farlo. Nella letteratura vedica i bovini hanno

preminenza assoluta.

La loro rilevanza economica è straordinaria. Il fatto che il sacrificio include i bovini fra le vittime non fa

altro che confermare il loro valore.

La vacca è diventata anche protagonista di un repertorio di metafore usate per esaltare esseri di genere

femminile: vengono chiamate vacche dee, fonti di nutrimenti e forze cosmiche.

Forse quelle che all’inizio erano metafore sono diventate dichiarazioni di identità.

La sacralità della vacca è anche associata al brahmano: egli in quanto officiante del sacrificio ha bisogno dei

prodotti della vacca. Qui non è in questione la santità della vacca, ma quella de sacerdote.

Emerge poi la concezione dei 5 prodotti della vacca dalle proprietà purificatrici: latte, cagliata, burro

chiarificato, urina e sterco.

Excursus: la questione della vacca nell’India moderna e contemporaneamente

La questione della protezione della vacca è al centro di contrasti politici.

Dall’epoca coloniale il dibattito si sovrappone ai tentativi di ridefinizione dell’identità hindu.

La protezione della vacca era una cruciale questione politica però già nell’India pre-britannica.

Durante l’epoca Mughal esistevano movimenti di protezione (pare che Akbar abbia ridotto la macellazione di

bovini).

Per esempio per i sikh il divieto di macellazione in Panjab era un segno marcatore di identità nei confronti di

Mughal e della East India Company.

Inoltre la questione della vacca e del consumo di altri animali è al centro della Great Mutiny del 1857.

Il primo Cow Protection Movement nasce nel 1880 nel movimento riformista che mira a rifondare

l’induismo basandolo sulle scritture dei Veda.

La protezione della vacca in quel contesto viene abbracciata anche da gruppi più ortodossi ed è sostenuto

anche da nazionalisti.

L’atteggiamento del governo coloniale che cerca di preservare la macellazione produrrà l’opposizione fra

comunità religiose e contro lo straniero.

La vacca è quindi un simbolo politico per mobilitare gli hindu nella lotta all’indipendenza.

L’India protettiva nei confronti della vacca è una nazione esclusiva: respinge la minoranza musulmana e le

caste considerate impure.

La posizione di Gandhi ad esempio è ambigua nei confronti delle caste impure.

In India non esiste una norma condivisa a proposito della protezione della vacca.

24/29 stati hanno leggi che regolamentano la macellazione.

L’India è uno dei principali consumatori ed esportatori di manzo → quindi sono presenti allevamenti

intensivi.

I movimenti di promozione della sacralità della vacca sono tuttora diffusi e promossi dal governo centrale

del Bharatya Janata Party.

Inoltre la protezione invocata è arbitraria proprio per il fatto che la produzione di latticini è centrale per la

dieta e per le offerte religiose indiane e implica la presenza di allevamenti intensivi molto criticati.

Asoka

Asoka della dinastia Maurya fa iscrivere degli editti in pracrito nel suo impero.

Prima testimonia

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Publisher
A.A. 2016-2017
4 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-OR/18 Indologia e tibetologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher noemicalgaro di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Indologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Pieruccini Cinzia.