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I processi di governance rinviano alle relazioni che si strutturano in forma mutevole nel corso del
tempo, tra economia, politica e società. Queste relazioni, a loro volta, sono orientate tanto da
principi normativi quanto da criteri di razionalità non solo tra loro reciprocamente coerenti, ma
anche tendenzialmente condivisi dagli attori politici, ed economici e sociali che agiscono nello
stesso spazio di governance. Ad esempio nelle forme di governance market oriented si ritiene che il
principio della competizione abbia un'efficacia allocativa maggiore delle forme di azione pubblica
orientate alla gerarchia. Nelle forme di governance network oriented si ritiene invece che in una
situazione di crescente individualizzazione e specializzazione delle forme dell'azione sociale e
politica, il principio dell'interdipendenza (tanto degli individui, quanto dei sottosistemi sociali) sia il
solo che possa garantire efficaci forme di azione pubblica. Ma se cresce la consapevolezza
dell'interdipendenza, allora cresce anche il bisogno di ricorrere a forme di collaborazione → public
network management. Si tratta di modelli che nel loro insieme sostengono nuove forme di
collaborazione tra stato e cittadini. Le nuove pratiche partecipative non sono automatiche.031
Secondo un approccio sistemico, le esperienze di partecipazione di partecipazione si sviluppano non
solo perchè la trasformazione dei regimi di accumulazione della ricchezza economica e dei connessi
modelli di solidarietà sociale e rappresentanza politica determina un deficit generalizzato di
riconoscimento, di legittimazione e una crisi delle tradizionali forme associative, ma anche perchè
questi stessi regimi di accumulazione hanno dei costi sociali estremamente rilevanti a cui i politici
devono trovare una compensazione (risposta: partecipazione).
3.
Il passaggio al neoliberismo temperato segnala almeno in apparenza un depotenziamento della
radicalità del paradigma neoliberista. In realtà però ciò che il neoliberismo perde, almeno in parte,
nella radicalità dei suoi contenuti lo acquista in termini di pervasività, come capacità di permeare in
profondità le forme dell'azione pubblica. Il primato del mercato come strumento regolativo e della
mercificazione come processo di costruzione di valore economico, vengono assunti come taken for
granted nell'azione pubblica e quindi sostenuti e gestiti politicamente. Il passaggio verso l'attuale
tipo di capitalismo è avvenuto grazie alla Thatcher, secondo la quale non ci sono alternative al
liberismo.
Tra la riduzione apparente della radicalità del paradigma neoliberista e l'aumento della sua
pervasività c'è una relazione inversa: il decremento della prima sostiene strumentalmente
l'incremento della seconda che, a sua volta, trova nella promozione di nuove forme di
partecipazione una delle possibili risorse di supporto politico-organizzativo, discorsivo e di
legittimazione. Per Bourdieu il neoliberismo si basa sulla finzione del primato della razionalità
individuale che riesce però a dar vita ad un discorso forte, in virtù del suo essere sostenuta dagli
attori che dominano le relazioni economiche come (fmi, oecd). B. ritiene quindi che la capacità di
radicamento e diffusione deriva a sua volta da portatori di interessi principalmente economici.
La dimensione spaziale del neoliberismo è una tematica spesso sottovalutata dalle analisi
contemporanee, ed è proprio qui che emerge la centralità del concetto di scala (è il luogo in cui le
dimensioni strutturali, politiche, istituzionali e sociali si intrecciano, con esiti variabili). Qeusta
interconnessione assume una logica trans-scalare, piuttosto che multiscalare, in cui le relazioni non
solo di tipo reticolare, ma si sviluppano sul piano orizzontale (in una stessa scala) e verticale (tra
scale collocate su diversi livelli).
Il neoliberismo si presenta come una particolare forma di organizzazione del capitalismo. Duménil
e Levy considerano il neoliberismo come un insieme di regole di funzionamento de capitalismo,
sintetizzate in una disciplina del lavoro e del management che favorisce gli azionisti, nello
smantellamento del welfare, nello sviluppo delle istituzioni finanziarie, nel rafforzamento del ruolo
della banche.
La discussione sulla varietà di capitalismi viene introdotta da Michael Albert nel 1991 nel libro
Capitalisme contre capitalisme, in cui parla di vittoria del capitalismo nella sua opera di rivoluzione
restauratrice. Il capitalismo si divide in due grandi tipi. Il primo modello, quello neo-americano,
fondato sul successo personale e sul profitto di breve periodo; l'altro renano, concentrato sulla
Germania e sul Giappone, che valorizza il successo collettivo, il consenso e la preoccupazione per il
lungo periodo. Nonostante il secondo modello registri performance superiori, è travolto dal modello
americano. Inoltre, nonostante Albert individua due modelli, ipotizza la convergenza verso un unico
modello americano (idea non condivisa da Boyer e Hollingsworth). Questi ultimi criticano l'idea del
primato del single one best way: le principali motivazioni di tale impossibilità fanno riferimento alla
complessità e alla differenziazione dei sistemi sociali di produzione. → coesistenza di diversi
modelli. Streeck individua i connotati di una sorta di ideal-tipo di capitalismo contemporaneo,
caratterizzato da: crescente globalizzazione dei mercati, elevata dipendenza internazionale degli
assetti istituzionali, capacità dei mercati di rovesciare le regole istituzionali, alta instabilità
economica, massimizzazione del profitto a breve termine, presenza di conflitti. Il suo tratto
distintivo fondamentale è rappresentato dalla trans-scalarità della modalità di produzione della
ricchezza e di quelle della sua modalità di riproduzione istituzionale.
Secondo D. Harvey il neoliberismo è un progetto politico finalizzato a ristabilire le condizione per
l'accumulazione capitalistica e restituire potere alle élite economiche, successivamente alla crisi
economica degli anni '70. Brenner, Peck e Theodore definiscono il capitalismo nei termini di un
progetto politicamente guidato di intensificazione del primato delle regole di mercato e dei processi
di mercificazione, sviluppato in due fasi: anni '70-'80 e '90. si afferma inoltre in virtù di una doppia
dinamica: la distruzione della statualità keyensiana e la successiva costruzione di un nuovo regime
di regolazione (flessibilizzazione del mercato del lavoro, politiche monetariste, imposizione fiscale,
privtizzazione dei servizi pubblici).
Il neoliberismo sembra avere bisogno di uno stato forte, in grado di assicurare non solo il primato
del mercato e della proprietà privata e di separare i mercati da ogni possibile forma di controllo
sociale, ma anche di ripetere all'infinito il mantra della competitività come impareggiabile
strumento di sviluppo e crescita economica e sociale. La promozione di nuove forme di
partecipazione appare uno tra i diversi strumenti utilizzabili dagli attori politici per ridurre gli effetti
destabilizzanti di un progetto che mentre rafforza l'autoritarismo dello stato e depotenzia la
democrazia libera le dinamiche mercantili da ogni possibile forma di controllo sociale e collettivo.
Luciano Gallino descrive la situazione globale dopo 40 anni di primato del neoliberismo su scala
globale: i processi di delocalizzazione produttiva minano la sicurezza dell'occupazione e delle
condizioni di lavoro tanto nei paesi economicamente sviluppati quanto quelli in via di sviluppo.
Dopo un trentennio neoliberista il mondo contemporaneo appare risucchiato dal vortice
dell'insicurezza, responsabile di una crescente frammentazione sociale.
4.
Il neoliberismo, nella sua forma temperata, sembra invece caratterizzabile come una componente
costitutiva del funzionamento del capitalismo trans-scalare contemporaneo. Il principale tratto
differenziale tra il capitalismo trans-scalare e le forme storiche precedentemente assunte dalla
società dall'economia capitalista è rappresentato dal fatto che la valorizzazione del capitale può
compiersi soltanto mediante azioni che si sviluppano attraversando sistematicamente differenti scale
spaziali. Le istituzioni una volta costituite, influenzano le modalità con cui gli individui si
rappresentano il mondo e agiscono in esso, regolano i conflitti e stabilizzano le forme
dell'organizzazione sociale. Il neoliberismo può essere considerato un prodotto storico in grado però
di produrre a sua volta forme storiche determinate di azione pubblica.
La neoliberalizzazione può essere considerata come il processo di istituzionalizzazione del
neoliberismo stesso. Il risultato come istituzione si consolida riproducendosi nel tempo e nello
spazio attraverso la tipizzazione, validazione e spersonalizzazione dei suoi valori e principi
normativi. Brenner, Peck e Theodore concepiscono la neoliberalizzazione come un processo di
mercificazione e mercatizzazione della vita sociale caratterizzato da varie forme. Tale
ristrutturazione si compie in tre fasi. La prima fa riferimento ad esperimenti locali in cui si realizza
la destrutturazione di sistemi di regolazione basati sul primato dell'azione pubblica a cui segue una
strutturazione di sistemi market oriented. Tali esperimenti vengono veicolati, attraverso reti di
azione e di e di conoscenza trans-nazionali e trans-scalari, in diversi territori. Successivamente tali
soluzioni cristallizzano regimi regolativi trans-nazionali che definiscono le regole del gioco
all'intero degli stessi contesti locali di azione. Attraverso questi passaggi si sviluppa quella che può
essere definita la spirale della neoliberalizzazione, ovvero il processo storico attraverso cui si
compie la progressiva istituzionalizzazione del neoliberismo. La spirale, tra gli anni '70 e i '90, porta
a compimento il passaggio tra la disarticulated neoliberalization alla deep neoliberalization: è negli
anni '90 che si arriva alla piena istituzionalizzazione del neoliberismo.
La partecipazione, in questo quadro, può essere considerata una risorsa di tipo discorsivo utilizzata
per sostenere il primato egemonico del neoliberismo, fornendo compliance: costituisce quindi uno
dei principali frames normativi e cognitivi per soddisfare la legittimazione. In tale contesto è
importante considerare il ruolo degli attori politici ed economici (teoria del rèfèrentiel).
Il référentiel di una politica racchiude le visioni del mondo sottostanti all'azione pubblica che si
sostanziano in valori, norme e immagini. I valori costituiscono le rappresentazioni di ciò che è
buono o deprecabile, le norme rappresentano i principi di azione; le immagini infine diffondono
messaggi in maniera immediata. I mediatori del réfèrentiel sono costituiti