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2. LA RIPETIZIONE COME RITO CULTURALE
culturali, sono un’esperienza sempre ripetibile, se pensati ogni
I fenomeni, spirituali e
volta in modo diverso, nella loro naturale irripetibilità.
Pasolini, ad esempio, ricorda che in campo culturale, il consumo non avviene mai
nelle due sue componenti: l’opera
perché non vi è mai la totale deperibilità del prodotto
e il fruitore (lettore di un libro, spettatore di un film, visitatore di un museo). Ecco
quindi che parliamo di ripetizione. 9
La ripetizione
Walter Benjamin nella sua opera più conosciuta (L’opera d’arte nell’epoca della sua
riproducibilità tecnica, 2000) afferma che attraverso la riproduzione tecnica di
un’opera d’arte (stampa, fotografia, video) viene a mancare quell’hic et nunc che
rendeva la visione di un bene o di un’opera culturale un momento esclusivo, unico,
rendendolo così un fenomeno di massa. Diciamo quindi che la riproducibilità tecnica
modifica il rapporto tra masse e arte. Un individuo che rivede più volte un’opera d’arte,
sviluppa il suo gusto che lo rende un critico più o meno competente, in grado di
il giudizio degli altri in un processo di massificazione dell’opera.
condizionare
Nella contemporaneità in coniugazione la riproduzione perde il suo ruolo di agente
culturale per le masse, per spostare l’attenzione sulla sua multifunzionalità, capace di
interconnettersi con svariati fenomeni socioculturali attraverso la sua caratteristica più
dinamica che è la ripetizione.
Oggi non ci si interessa più alla capacità di riprodurre, ma alla possibilità di ripetere in
diversi modi l’esperienza estetica facendola diventare un’abilità non solo tecnica ma
anche intima e relazionale. Ognuno di noi, attraverso i social, può aprirsi un canale
video, un atelier fotografico, una pagina di opinione. Parliamo quindi di ripetizione
come quell’atto individuale e collettivo, continuo e connesso, che porta i Movers a
narrare e condividere contenuti fatti di emozioni ed esperienze in un contesto
culturalmente sferico che, come una ruota in veloce incedere, sposta senza sosta il
confine dei processi e delle dinamiche socioculturali.
Ripetere diventa l’azione che contraddistingue la contemporaneità in coniugazione ed
è formata da tre diverse funzioni che ne scandiscano la portata socioculturale.
La funzione primaria del ripetere è quella reiterativa: ridire o rifare qualcosa che si
ritenga opportuno rivivere, riproporre o che si reputi necessario migliorare o
correggere. La funzione reiterativa nella contemporaneità in coniugazione apre ad una
ulteriore connotazione che è la trasformazione.
Trasformarsi attraverso la ricostruzione del proprio bagaglio culturale rappresenta,
quindi, il punto centrale della ripetizione contemporanea che è un’azione socioculturale
che permette di divulgare la trasformazione continua di un individuo.
La funzione secondaria del ripetere è, invece, quella rappresentativa che permette di
partecipare, non più aderire come nella società declinata, a piattaforme di conoscenza
e svago sempre aperte e disponibili, erogatrici di un sapere personalizzabile e
coniugabile con le richieste della società. Questo pone al centro le persone e non più le
nozioni o discipline, tanto che ogni individuo convolto (insegnate, studente, studioso)
diventi coprotagonista attivo della scena culturale.
La ripetizione diventa così fondamento dell’edutainment (forma di intrattenimento
finalizzata sia all’educazione che al divertimento) che ha alla base la socializzazione
tra le persone. Quest’ottica didattica porta le persone ad essere “ripetitori culturali”,
togliendo così parte del potere a chi è invece detentore istituzionale della cultura
(scuole, accademie, università). L’esempio più calzante di ciò è l’enciclopedia on line
Wikipedia che permette di acquisire velocemente dati su un determinato argomento.
Queste informazioni poi vengono rimesse in circolo in altri contesti culturali (una
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lezione, una pagina scritta, un dibattito) avviando così un processo ripetitivo
potenzialmente infinito.
Infine, il ripetere corrisponde a una funzione reinterpretativa della cultura in tutte le
sue espressioni artistiche, attraverso un processo di coniugazione tra eventi che creano
riti e relazioni in rapida successione.
Questa evoluzione fa sì che, se prima era l’artista ad avere in mano tutte le regole del
gioco, oggi è l’individuo che fruisce dell’opera ad avere la possibilità di esercitare un
rilevante attraverso la ricezione dell’opera d’arte.
potere
I riti
Quando Duccio di Buoninsegna finì, il 9 giugno 1311, di dipingere la sua Maestà, la
grande tavola fu portata a Siena con una processione, presieduta dal vescovo e dalle
partì dall’abitazione dell’artista al duomo, mentre il popolo
autorità cittadine, che
portava candele accese. Questo episodio non rappresenta altro che un rito che collega
l’opera a tutto il tessuto sociale che componeva l’allora comunità senese.
Certamente i senesi che parteciparono alla processione non formavano una massa, ma
rappresentavano un pubblico che fruiva, che partecipava e che provava a raccontare se
stesso attraverso un’opera d’arte.
Lo stesso avveniva per le rappresentazioni religiose che, come afferma Emile
“costituiscono rappresentazioni collettive che esprimono realtà collettive; i
Durkheim,
riti costituiscono modi di agire che sorgono in mezzo a gruppi costituiti e sono destinati
a suscitare, a mantenere e a riprodurre certi stati mentali di questi gruppi”.
Ora, nel XXI secolo, la ripetizione assume una duplice valenza poggiata su due riti
cruciali della contemporaneità in coniugazione: la fuga dalla quotidianità e la ricerca
di realizzazione.
Il concetto di rito, specialmente se rapportato alla contemporaneità in coniugazione,
diviene spesso sinonimo di simbolo. Il rito assume così una valenza semiotica, dal
momento che avviene quando produce senso, ovvero quando consente di sperimentare
eventi che si mostrano con una certa frequenza e che assumono un ruolo particolare in
un determinato contesto sociale.
Nella contemporaneità in coniugazione i riti si intersecano continuamente, passando
dal quotidiano di uno alla socialità di molti dove, anche grazie al propagarsi di Internet,
i riti stessi avvengono in modo sempre più rapido.
La partecipazione ad un evento socioculturale costituisce un rito che, secondo uno
schema di Arnold Van Gennep, prevede tre fasi: lo studio dei riti preliminari di
dall’ambiente, attraverso cui una o più persone comprendono che nella
separazione
comunità di loro riferimento è in atto un cambiamento; i riti liminari di margine, dove
il soggetto accetta il confronto con il cambiamento sociale; infine, i riti postliminari di
aggregazione a un nuovo ambiente.
Il grado zero di un livello culturale è quello cosiddetto della uniformazione, intesa come
norma collettiva che descrive la fase in cui le persone e le loro cerchie familiari e
amicali cercano di avvicinarsi a forme di partecipazione culturale all’interno del loro
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contesto (partecipazione a sagre, fiere popolari o religiose). Al termine della
uniformazione, iniziano le tre fasi che scandiscono il rito che, nella contemporaneità in
coniugazione chiameremo come movimenti.
che si può definire dell’aggregazione,
La prima fase è il movimento preliminare dove
le persone si ripartiscono nelle comunità dei Movers, scegliendo di seguire il trend
socioculturale che meglio li rappresenta (ad es. itinerari turistici che abbinano svago e
cultura, tipo la crociera). La seconda fase è quella del movimento liminare, che prevede
che la comunità prima aggregatasi si trasformi in una vera e propria distinzione, cioè
un movimento in cui conta molto l’aspetto personale e dove deve emergere la capacità
personale di assolvere pienamente a esigenze e desideri di conoscenza intellettuale e di
benessere personale (ad es. itinerari turistici incentrati esclusivamente su visita a musei
Infine, l’ultima fase è quella del
o alla partecipazione a festival tematici). movimento
postliminare, di emancipazione, quale scelta privata con cui un individuo si differenzia
dagli altri, sentendo un desiderio quasi inappagabile di raggiungere un livello culturale
fortemente personalizzato (ad es. percorsi a carattere individuale incentrati su ambiti
specialistici come l’arte contemporanea o il restauro).
Pertanto un rito è sempre l’oggetto di una dinamica motivazionale che collega gli
individui e le loro comunità in un viaggio di scoperta e che rende la cultura lo strumento
più ricercato per descrivere la diversa appartenenza alle comunità dei Movers.
Volendo vedere come il patrimonio culturale si differenzia nei differenti gruppi,
diciamo che per i Drivers esso diviene una zona privilegiata di scambio dove ognuno
può sentirsi rappresentato e mediante il quale può aggiornare continuamente la sua
posizione sociale e il suo bagaglio culturale.
Per i Players, invece, il patrimonio culturale assume la forma di uno spazio dinamico
e temporaneo, di fuga dal quotidiano dove sviluppare svago. Infine, per i Keepers il
patrimonio culturale rappresenta un luogo recintato che testimonia bellezza e identità
e che riveste una funzione di baluardo contro i tempi che mutano: un insieme di vestigia
in cui ognuno si può riflettere per sentirsi rassicurato da un passato certo mentre vive
un presente incerto.
La partecipazione
Il movimento che descrive il periodo delle reti in coniugazione e dei riti in ripetizione
necessita un senso di desiderio continuo, di possesso. Pasolini diceva che “per amare
la cultura occorre una forte vitalità perché la cultura è un possesso e quindi necessita
di un desiderio di possesso”.
Questo possesso avviene attraverso due prospettive. La prima è quella che definiamo
conservativa, cioè quella che si incentra su un consumo inteso quale espressione dei
bisogni primari di un individuo (vitto, alloggio). La seconda è quella che definiamo
progressiva e riguarda le differenze tendenze attraverso cui individui, reti e comunità
palesano le loro richiesta attraverso il consumo. Queste tendenze possono essere
culturali (volte a creare o migliorare il proprio bagaglio di conoscenze), socializzanti
(volte a favorire l’incontro e lo scambio tra le persone), simboliche (volte a
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rappresentare l’universo comunitario degli individui) o emozionali (volte a ge