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FIGURE DEL MISCONOSCIMENTO
Figure del misconoscimento (negazione del riconoscimento) e loro conseguenze che hanno una
funzione importante:
1. Violenza
2. Privazione dei diritti
3. Umiliazione
L’integrità della persona è da ricondurre ai modelli di riconoscimento. Nei racconti personali di chi
subisce il misconoscimento dominano categorie morali che evocano forme di riconoscimento
negato.
Comportamenti che ci colpiscono nella nostra comprensione positiva di noi stessi che abbiamo
acquisito per via intersoggettiva grazie alla realizzazione di quei modelli.
Ingiustizia non semplicemente legata a comportamenti che ci danneggiano materialmente o che ci
restringono la libertà fisicamente. Percepiamo comportamenti come ingiusti perché ci toccano nella
comprensione che abbiamo di noi stessi.
Honneth mostra nesso fra individuazione/riconoscimento, per via negativa da cui vulnerabilità
degli esseri umani. Per l’uomo è decisivo il senso di approvazione più del soddisfacimento di
bisogni materiali.
Vari livelli nell’analisi di Honneth:
diritto: degradazione tangibile legata alla negazione dei diritti, stima sociale: mortificazione
provocata da un’allusione al nostro insuccesso, misconoscimento legato al modello dell’amore.
Esperienza del misconoscimento è attentato alla fiducia in sé, rispetto di sé e autostima.
Reazioni negative sono spinta motivazionale all’opposizione e al conflitto sociale spinta al
progresso.
Dal più basilare al più complesso (nei modelli di riconoscimento: dagli ambiti più ristretti alla
comunità più estesa).
Primo modello del misconoscimento: VIOLENZA
Forma più elementare di misconoscimento.
Minaccia dell’integrità fisica (asimmetria con il corrispondente modello di riconoscimento).
Degradazione personale viene dall’impedimento di disporre liberamente del proprio corpo.
Tentativo di imporre controllo sul corpo di un altro determina grado di mortificazione nell’altro che
intacca nel modo più profondo il rapporto pratico che la persona ha con se stessa.
Es. tortura o stupro: non solo dolore fisico ma combinazione dolore/sentimento di essere sottoposti
senza difese alla volontà di un altro soggetto.
Mina la fiducia in sé stessi e nel rapporto con gli altri. Si rompe il rapporto con il proprio corpo.
Distrutta la forma più elementare del rapporto pratico con sé: fiducia di poter disporre del proprio
corpo.
È l’unica non dipendente dall’orizzonte storico-culturale. È valida universalmente.
Crollo della fiducia nel mondo sociale. Per quanto possa cambiare la percezione della violenza
all’interno dell’orizzonte culturale, le conseguenze saranno sempre le stesse.
Ricoeur: se deve esserci rimando al modello positivo non ci possiamo limitare agli attacchi
all’integrità fisica. Propone di usare idea di disapprovazione per maggior specularità con il modello
positivo dell’amore: privato di approvazione l’individuo è come se non esistesse.
Mancanza di desiderio è forse il misconoscimento più originario e lesivo.
Secondo modello del misconoscimento: PRIVAZIONE DEI DIRITTI
Degradazione che colpisce rispetto morale per sé stessi.
Soggetto che viene sistematicamente escluso dal possesso di diritti all’interno della società.
Diritti che sanciscono l’essere membro della comunità sono negati mancato accreditamento di noi
stessi.
Se mi sento discriminato rispetto agli altri ne va anche del rispetto che ho per me stesso.
Non restrizione violenta dell’autonomia personale, ma connessione con il sentimento di non
possedere status di partecipante alla società. Non sono a pieno titolo riconosciuto dalla comunità.
Privazione dei diritti si accompagna alla perdita del rispetto di sé (= capacità di riferirsi a se stessi
come persona con uguali diritti dei suoi simili).
La società ha un concetto ridotto di noi, non siamo riconosciuti come in grado di intendere e di
volere. Non siamo riconosciuti come persone giuridiche, membri a pieno titolo della comunità.
Questa forma ha una grandezza storicamente variabile: quanto alla quantità di diritti attribuiti a un
soggetto, quanto alla quantità di soggetti che possono vedersi riconosciuti dei diritti.
Esclusione è storicamente determinata.
Terzo modello del misconoscimento: UMILIAZIONE
Negare valore sociale a singoli gruppi o individui.
Si riferisce alla misura di stima sociale che all’interno di un orizzonte storico-culturale viene
accordata al modo di autorealizzazione di un individuo o di un gruppo.
Impossibilità di riferirsi al proprio modello di vita come positivo all’interno della comunità.
Perdita dell’autostima.
Stima che abbiamo di noi è legata all’autenticità della stima dell’altro.
Stima sociale dipende dalla storia e dalla cultura: qualità vengono apprezzate in un’epoca e
diprezzate in un’altra.
Conseguenze del misconoscimento:
morte psichica (violenza), morte sociale (privazione dei diritti).
Honneth fa riferimento alla morte o alla malattia.
Né in Hegel né in Mead si erano trovate testimonianze su come esperienze di misconoscimento
possano determinare l’impegno di un individuo in un conflitto. Avevano detto che succedeva ma
non avevano detto come questo succedeva. Mancava collegamento psichico tra sofferenza e
reazione attiva che informa persona interessata sulla condizione sociale.
Dal sintomo alla causa. Dal sintomo alla consapevolezza della propria condizione sociale. Questo
passaggio è svolto dai sentimenti di reazione negativa. Sintomi psichici con cui soggetto diventa
consapevole che gli è negato ingiustamente il riconoscimento sociale.
Quando l’approvazione manca nella persona si apre un vuoto psichico che si esprime nei sintomi,
sentimenti negativi= indicatori di un vuoto di riconoscimento.
Honneth attribuisce l’importanza maggiore alla vergogna: comporta la maggiore depressione del
proprio valore. Nella vergogna viene minato l’io ideale che ogni soggetto ha.
Es. quando si delude un’aspettativa e proviamo vergogna, senso di inettitudine siamo allontanati
dall’ideale che ci eravamo rappresentati. Il fallimento ci sprofonda in un baratro di senso di
inferiorità.
Il misconoscimento può fungere da fattore motivazionale, può spingere alla ricerca del
riconoscimento.
Passività attività. Spezzare sofferenza delle mortificazioni trovando la capacità di agire.
Questo dipende dalle opportunità di assumere un punto di vista morale, occorre che il
misconoscimento assuma una valenza morale, non vicenda privata.
La possibilità pratica che questo succeda dipende dalla condizione empirica dell’ambiente.
Ricoeur si distanzia da Honneth nel 3° modello di riconoscimento (fino a questo punto erano
d’accordo).
p.213 “Percorsi del riconoscimento”: nel percorso del riconoscimento ha prelevato la lotta (in
Hegel). La lotta assume un carattere morale: non lotta per il potere (Hobbes) ma riguarda
l’autocoscienza.
Ma Ricoeur pone un interrogativo: è sufficiente ricorrere per rendere ragione del progresso umano
alla sola idea di lotta, anche se trasformata da quella di Hobbes?
Percorso che porta al riconoscimento rischia di essere interminabile, lotta continua.
La lotta da sola non riesce a dar conto del riconoscimento.
Lo stato di natura di Hobbes si contrappone alla teoria dei diritti naturali: esclude ogni appello alla
sfera morale per riconoscere l’altro come un competitore.
Quando un soggetto potrà ritenersi davvero riconosciuto?
p.244: se la lotta è l’unico modo per ottenere riconoscimento e questa è infinita ci troviamo di
fronte a una nuova forma di coscienza infelice perché c’è sentimento di vittimismo (continuo
mancato riconoscimento) o perché ci si continua a prefigurare ideali irraggiungibili.
p.245: per scongiurare una nuova coscienza infelice bisogna prendere in considerazione
l’esperienza effettiva degli “stati di pace” bisogna considerare le esperienze concrete in cui si è
riconosciuti.
Abbinare lotta interminabile e risultati già raggiunti.
L’esperienza degli stati di pace testimonia che la motivazione morale per la lotta per il
riconoscimento non è illusoria. La lotta non va verso un’utopia (che annullerebbe la motivazione
morale essendo la lotta per il riconoscimento una maschera della lotta per il potere).
Le esperienze di riconoscimento pacifico non risolvono, ma confermano, ci fanno cogliere che la
nostra ricerca di rapporto con l’altro è un’azione che conviene.
Alternativa alla lotta va cercata nelle esperienze pacificate
↓
in cui conseguiamo stati di pace e che hanno caratteristiche: sono basate su mediazioni
simboliche = sono esperienze che non risolvono, hanno carattere simbolico. Non sono nell’ambito
della giustizia e del calcolo né del commercio.
Nel cuore della lotta si insinuano esperienze pacificate di mutuo riconoscimento che irradiano
l’esperienza umana.
Il dono
Dono/scambio di doni una delle chiavi della riflessione etica. Nelle società primitive il dono una
chiave per comprendere le relazioni. Scambio dei doni è esperienza fondatrice. È un’espressione
contraddittoria perché scambio ha a che fare con il risarcimento (dono scambiato= non dono).
Ricoeur si serve di testi: “Gli stati di pace” e “Il prezzo della verità” che lavorano sul tema del dono
(elaborato da Marcel Mos in “Saggio sul dono”).
Ricoeur si pone delle difficoltà da sé: gli ostacoli sono 2
1. Nella nostra cultura esistono modelli di stati di pace conosciuti con denominazione di
origine greca: filìa (amore come amicizia), eos (amore come eros), agàpe tre modi per
dire l’amore.
Agàpe (amore come gratuità) sembra rifiutare il mutuo riconoscimento, il dono non si
aspetta nessuna restituzione.
Come si può individuare nell’agape uno stato di pace basato sul mutuo riconoscimento?
Soluzione: utilizzare carattere unilaterale di agape per contrastare pericolo che all’idea del
mutuo riconoscimento ricorra idea di reciprocità viene introdotta distinzione fra mutualità e
reciprocità.
Reciprocità = ha a che fare con il calcolo. Bisogna restituire in modo equivalente.
Mutualità = dimensione di gratuità nella reciprocità.
p.248: paradosso del dono e del contro-dono (dono scambiato).
2. Nel carattere agapico del riconoscimento si vede contrasto con la logica mercantile =
opposta al dono. Nel mercato: re