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ESSERE COME TALE.

Il compito di un'analisi tematica dell'In-essere, §28.

Tutti i capitoli precedenti, dal capitolo II al capitolo IV, si sono soffermati sullo studio del fenomeno

primariamente unitario dell'essere-nel-mondo, articolando l'analisi nella mondità del mondo realizzata

come complesso di significatività dei rimandi di tutti i mezzi intramondani nella loro utilizzabilità (Cap.

III), nel chi che è questo fenomeno quotidianamente inteso come Si scoperto a partire dal con-essere

con altri con-Esserci in quanto essere-con-gli-altri (Cap. IV), e su un accenno del significato di in-essere

nell'espressione essere-nel-mondo (Cap. II) in modo che non lo si fraintendesse come mera spazialità di

qualcosa semplicemente-presente che sta dentro qualcosa d'altro.

E questo in-essere sarà la via d'accesso non più solo alle modalità con cui l'Esserci entra in relazione col

"mondo" (sia come prendersi cura dell'ente, che come aver cura degli altri, che nella dispersione di se

stesso nel si-stesso) ma alle condizioni che rendono possibile la relazione stessa (vedi §13), ossia

all'apertura strutturale che l'Esserci ha verso il mondo in quanto in-essere nel-mondo.

Chiarito dunque che questo in-essere non va inteso come una proprietà derivata, secondaria dell'Esserci

come essere-nel-mondo (perché è stato innanzi tutto colto come parte di un intero che non è

semplicemente somma delle parti) ma come co-originario all'Esserci stesso, che fin da quando è è-in, ciò

non esclude che questo in-essere possa essere sviluppato "in quanto tale", mostrandone la molteplicità

di caratteri costitutivi del suo essere (p.164).

E non si deve neppure incorrere nella tentazione di interpretare l'in-essere solo come l'essere del "fra",

cioè come il modo di essere dell'incontro e della relazione tra i due estremi "Esserci" e "Mondo", perché

così facendo si cadrebbe nell'errore di pensare solo ad un ponte esterno ai due, dando per scontati e

non indagati il modo di essere dell'Esserci ed il modo di essere del Mondo, frammentando il fenomeno

unitario che è invece l'essere-nel-mondo).

• Il "fra" è già concepito come risultato della convenientia (concordanza, corrispondenza) fra due

semplici-presenze. Questa impostazione sbriciola il fenomeno e poi tenta di ricostruirne l'unità

senza successo. E ciò perché […] manca il "modello" in base al quale la ricostruzione dovrebbe aver

luogo (p. 164). Ancora una volta quindi H. rimarca la necessità in Filosofia (a differenza delle

scienze empiriche) di partire dalla comprensione dell'intero, e poi semmai articolare il discorso in

maniera settoriale, ma non dalla frantumazione iniziale del fenomeno in tante parti che poi per

forza di cose non potranno mai essere "riunite", come un puzzle, a formare l'intero, perché l'intero

non è mai stato colto, non è mai stato compreso da chi opera questo tentativo di unificazione, e A - La costituzione esistenziale del Ci.

dunque non può semplicemente ottenerlo come semplice somma delle singole parti (sarebbe

come avere migliaia di pezzi del puzzle senza sapere quale sia l'immagine da dover ricostruire). L'Esser-ci come situazione emotiva, §29.

Parallelismo con la contemporanea cognizione incarnata, che parte dallo studio del cervello, poi lo L'analisi degli stati d'animo dell'uomo parte innanzi tutto dalla necessità heideggeriana

inserisce nella corporeità, poi nell'intercorporeità ecc., fallendo necessariamente. ancora una volta di distinguersi polemicamente dalla tradizione filosofica che ha sempre

• Un dato ontico evidente è stato ontologicamente contraffatto fino a renderlo irriconoscibile. […] considerato le emozioni qualcosa di accessorio e disturbante per l'indagine filosofica

L'ente la cui essenza è costituita dall'essere-nel-mondo è sempre esso stesso il suo "Ci". Da dopo stessa, e dunque, nella loro perpetua variabilità, ha sempre scelto di espungerle da ogni

Aristotele in poi, la Filosofia ha adombrato e oscurato un dato ontico evidente, cioè il fatto che approfondimento. Al contrario, per H., il fatto stesso che esse siano sempre variabili

l'uomo, nel suo essere, sia essenzialmente sempre nella forma del suo "Ci". Non nel senso di un nell'Esserci dimostra che esso è sempre in uno stato emotivo, e dunque esso deve

mero e spaziale 'qui' e 'là' (fondati dal ci stesso), ma nel senso di una apertura essenziale essere indagato.

attraverso cui l'Esserci "Ci" è per se stesso in una (in unità) con l'esser-ci del mondo; cioè, nel • La tonalità emotiva rivela "come va e come andrà"; mediante questo "come va" lo

senso che l'Esserci è strutturalmente aperto rispetto a tutti quegli incontri col mondo in cui può stato emotivo insedia l'essere nel suo "Ci". L'emotività funge sempre da azione

essere coinvolto, è aperto in un suo mondo che gli è aperto. Per esemplificare il concetto di "Ci" rivelante dell'Esserci nel suo "Ci". Soprattutto gli stati d'animo negativi, o

come apertura essenziale, Heidegger utilizza una metafora tradizionale reinterpretandola. indifferenti (di noia a se stessi) ci impongono a indugiare sul nostro puro Esser-Ci,

• La metafora ontica di un lumen naturale nell'uomo indica la struttura ontologico-esistenziale di e per quanto noi tentiamo di evitarli soppiantandoli con stati positivi (euforia) per

questo ente, cioè che esso è in modo da essere il proprio Ci. Che esso sia "illuminato" significa che è liberarci del peso dell'essere, in realtà lo stesso tentativo di evasione rivela ciò da

in se stesso aperto nella radura [Lichtung, slargo di un bosco che da fittissimo trova un momento cui si vuole fuggire, cioè appunto l'essere come Ci.

di diradamento] in quanto essere-nel-mondo, cioè esso stesso è la radura. (p.165). L'Esserci • E' proprio nella quotidianità più indifferente che l'essere dell'Esserci può rivelarsi

dunque, in quanto "declinato" nella forma dell'essere-nel-mondo, è il lumen naturale di se stesso, improvvisamente come un nudo "che c'è e ha da essere". Il puro "che c'è" si

cioè è strutturalmente aperto nella radura in modo che esso stesso è questa radura (non la manifesta, mentre il donde e il dove restano invece nascosti. (pp.167-168) La

produce), la rende possibile come luce di se stesso, grazie alla sua "apertura essenziale" espressa quotidianità dell'Esserci, nella sua emotività, rivela il nudo "che c'è" dell'Esserci

dal Ci. Il Ci è dunque l'in-essere come tale, che esprime la costitutiva apertura dell'Esserci al stesso, cioè rivela il suo essere-gettato nel mondo, nel suo Ci, senza possibilità di

fenomeno del Mondo che gli si può dischiudere in quanto è egli stesso "luce" per questo incontro scelta anteriore e soprattutto nell'ignoranza del donde (della provenienza

dischiudente; se così non fosse (come infatti non è per tutti gli enti difformi dall'Esserci), se non ci dell'essere dell'Esserci) e del dove (della destinazione, dello scopo ultimo della

fosse questa apertura esistenziale ed essenziale, le cose semplicemente-presenti nella radura non vita in cui siamo gettati) e questo ci provoca uno sconforto tale da indurci a

potrebbero essere "comprese" o "non comprese" nel loro essere appunto semplicemente- tentare di evadere dalla constatazione inoppugnabile della fatticità, effettività

presenti. Solo noi possiamo cogliere le cose, porci le domande su di esse, e nessun'altra forma di (diverso da fattualità propria degli enti intramondani) rivelata dalla tonalità

essere vivente può, perché non aperta costitutivamente al mondo stesso ("povera" di mondo, dirà emotiva rifugiandoci in emozioni positive, che però, come visto prima, nel

qualche anno dopo). rifuggirla la fanno emergere in tutta la sua inevitabilità. L'emotività ci rivela il fatto

L'uomo è condizione stessa della propria possibilità di vedere - (comprendendo) il mondo del nostro essere-qui, del nostro esser-ci, ci fa avvertire il peso della nostra

dischiuso nella radura, in un incontro aperto che non può essere banalizzato (come ha fatto la esistenza come l'aver-sempre-da-essere il nostro essere, ma non ci permette di

filosofia) nel mero concetto di conoscere teoretico, pensando al "lumen" solo in relazione a questa scorgere né da dove ci è giunta questa facoltà, né in quale direzione dovremmo

conoscenza. Occorre dunque ripensare i modi di questo lumen. orientarla, siamo lanciati in mezzo al mondo così, da soli, con l'incombente spada

• L'Esserci è la sua apertura. L'Esserci, nel suo esistere, è sempre un ex-sistere, uno stare-fuori di Damocle di dover compiere il nostro essere senza sapere come dovremmo

esposti nell'apertura espressa dal "Ci". L'uomo è la sua apertura al mondo, che si declina come compierlo, irriducibile ad una comprensione teoretica ma pre-compreso nella sua

emotività comprendente e parlante dell'essere dell'uomo. Per questo, nei paragrafi seguenti (in presenza dall'emotività.

una sezione A - "La costituzione esistenziale del Ci")., Heidegger approfondirà i caratteri • Nella situazione emotiva l'Esserci è già sempre condotto innanzi a se stesso, si è

costitutivi con cui l'in-essere come tale, cioè il Ci dell'Esserci, si esplica: già sempre "trovato", non però sotto forma di autopercezione, bensì di

1. Situazione emotiva [Befinlichkeit], analizzata in generale come emotività autosentimento situazionale. In quanto ente rimesso al suo essere, l'Esserci è

dell'Esserci propria sempre di esso (§29) e poi come modalità specifica della sempre rimesso anche al fatto che deve essersi già sempre trovato […] La tonalità

paura (§30). emotiva non apre l'esser-gettato limitandosi a esibirlo, ma rivolgendovisi e

2. Comprensione [Verstehen, masch.], analizzata anche in rapporto alla facoltà di distogliendosene. Quindi la situazione emotiva ci fa realizzare, come pre-

interpretare da parte dell'Esserci e nelle modalità dell'asserzione (§§31-33). comprensione non teoretica, il nostro esser-gettati, non come autocoscienza

3. Discorso [Rede, femm.], come struttura di fondo del linguaggio e articolazione riflessiva, ma come

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A.A. 2018-2019
33 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/01 Filosofia teoretica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Aristocles di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Gnoseologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Di Martino Carmine.