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La metafora in questo senso viene considerata come un modo per strutturare i concetti che permette di
comprendere anche le astrazioni. La linguistica cognitiva rifiuta l'idea che una metafora stia al posto di una
qualche espressione letterale con lo stesso significato. Le metafore, quindi non sono parafrasabili o traducibili.
Una metafora come "La discussione è una guerra" è una metafora strutturale, per cui un concetto viene
strutturato nei termini di un altro. Accanto alle metafore strutturali incontriamo quelle che vengono chiamate
metafore di orientamento che strutturano interi sistemi di concetti e che hanno a che fare con l'orientamento
spaziale. Con le metafore spaziali acquista importanza il ruolo del corpo perché esse sono basate sull'esperienza
corporea e culturale. Accanto a queste abbiamo le metafore ontologiche, che riguardano l'esperienza degli oggetti
fisici e delle sostanze che vanno al di là dell'orientamento spaziale. Le esperienze con oggetti fisici danno la
possibilità di strutturare molti concetti che riguardano eventi, emozioni o attività. Le metafore di questo tipo
sono moltissime. Si possono menzionare le metafore di entità e di sostanza, quelle che implicano una
concettualizzazione di esperienze come contenitori, e le metafore di personificazione. Lakoff si richiama alla
teoria dei prototipi; un prototipo è un insieme di proprietà che individuano una somiglianza di famiglia. Le
esperienze a partire dalle quali costruiamo concetti sono sempre esperienze strutturate, e questo permette loro di
essere coerenti. Il modello di base di Lakoff e Johnson ha avuto diversi sviluppi. Uno dei più interessanti è
quello proposto da Grady, Oakley e Coulson i quali hanno sostenuto che una metafora probabilmente più che
mettere in corrispondenza due domini diversi, tende a mescolarli. Proprio questa mescolanza è l'aspetto vitale.
L'idea trae spunto dalla proposta di Fauconnier e Turner di considerare la metafora come un processo generale
della cognizione umana chiamato blending, che combina materiale cognitivo con origini diversi. L'idea di
blending viene illustrata da Turner in un diagramma da lui proposto. Il diagramma presenta quattro spazi, due di
essi costituiscono l'input, ad esempio il concetto di coraggio e quello di leone; il materiale proveniente da questi
due spazi è proiettato in un terzo spazio, per così dire la miscela. Il quarto spazio è costituito da ciò che i due
input condividono. Come scrive Turner, la struttura nuova può essere generata in tre modi: da una combinazione
delle proiezioni dei due input ottenendo relazioni che non esistono negli input separatamente; da un
completamento basato su altri frame e scenari; infine da un'elaborazione. L'idea è interessante perché ci spiega
che le metafore sono creative in quanto producono qualcosa di nuovo e non si limitano a proiettare un dominio
su di un altro. Inventando somiglianze, la metafora riesce a dare una forma inedita a ciò che altrimenti sarebbe
informe o stereotipato. Esplora le emozioni più complesse, offrendo loro un linguaggio. Mentre la metonimia
disinnesca il conflitto collegando concetti incompatibili in un legame consistente, la metafora permette
un'interazione e fusione concettuale. La linguistica cognitiva ha dedicato una certa attenzione anche alla
metonimia, differenziandola dalla metafora, nel senso che, mentre questa è una relazione fra due domini
cognitivi, la prima rimane all'interno di uno stesso dominio. Una metonimia consiste nel designare un'entità
tramite un'altra che stia alla prima come la causa sta all'effetto e viceversa, oppure che le corrisponda per legami
di reciproca dipendenza (contenente/contenuto; occupante/luogo occupato; proprietario/proprietà, etc.). Croft ha
sottolineato che la metafora è una relazione fra due domini che non appartengono alla stessa matrice, mentre la
metonimia è una relazione all'interno di una stessa matrice di dominio. La metonimia concettuale, quella fra un
segno e un altro segno, è quella che la linguistica cognitiva considera più propriamente una relazione
metonimica. La metonimia non riguarda solo il nome ma può toccare predicati, proposizioni e così via. Il
collegamento fra un dominio metonimico di partenza e quello di arrivo può avere maggiore o minore forza
secondo quanto i due sono concettualmente vicini.
4 - SEMANTICA
In ambito statunitense tanto la tradizione strutturalista quanto la linguistica generativa hanno sempre
cercato di fornire una teoria del linguaggio che prescindesse dalla semantica. Il testo di riferimento è Il
linguaggio di Leonard Bloomfield, che ha dato avvio a una lunga tradizione estremamente importante. La
linguistica americana nasce avendo come campo di studio le lingue amerindiane, lingue dunque non scritte,
spesso sconosciute. Descrivere tali lingue utilizzando gli strumenti della linguistica europea era impossibile. Lo
strutturalismo statunitense è stato dunque distribuzionalista, ha cercato cioè di individuare le unità del
linguaggio sulla base della distribuzione, prescindendo dal significato. La linguistica cognitiva parte dall'assunto
che il linguaggio è un sistema simbolico che rispecchia la concettualizzazione dell'esperienza linguistica. La
semantica diventa così il nodo centrale del linguaggio. Tutti questi contributi convergono comunque su alcuni
punti fermi che sono: 1) il linguaggio non è una facoltà autonoma; 2) la grammatica è fatta di
concettualizzazioni; 3) i concetti/significati hanno un radicamento esperienziale e corporeo; 4) quello che si sa
del linguaggio si ricava dal suo uso. L'idea della non autonomia del linguaggio ha fatto sì che la semantica si sia
appoggiata ai modelli della psicologia cognitiva, in particolare ai modelli della memoria (frames/domini), della
percezione, dell'attenzione (processi semantici di concettualizzazione) e della categorizzazione (teoria dei
prototipi). Il secondo assunto è sintetizzato nello slogan di Langacker "la grammatica è concettualizzazione",
che rappresenta il nucleo centrale della linguistica cognitiva. Il terzo assunto, correlato con il quarto, afferma
l'importanza di riconoscere le concettualizzazioni, e quindi i processi cognitivi, come un'interazione mente-
ambiente attraverso il nostro corpo. Il quarto assunto riguarda l'uso del linguaggio, che è rilevatore della
conoscenza linguistica. Le categorie e le strutture in semantica, sintassi, morfologia e fonologia vengono dunque
costruite dalla nostra cognizione di specifiche occorrenze in specifiche occasioni d'uso. L'acquisizione del
linguaggio è un processo guidato dall'esperienza linguistica. L'ipotesi più comune che ha caratterizzato molta
ricerca in semantica è che le parole denotano i concetti. La semantica componenziale di derivazione strutturale
analizza le relazioni semantiche fra le parole, includendo le relazioni di iponimia, antinomia, etc. Secondo questa
teoria molti concetti non sono atomici e possono essere scomposti in tratti semantici. Le categorie che si creano
in questo modo sono formate da una serie di proprietà necessarie e sufficienti per descrivere i propri membri e
sono categorie discrete. Per i linguisti cognitivi la categorizzazione avviene attraverso procedimenti diversi, di
somiglianza e analogia fra i concetti. Inoltre i confini fra le diverse categorie non sono confini netti. Il significato
è quindi vago. Nella tradizione logica invece i concetti vengono definiti secondo le condizioni di verità: le
condizioni in base alle quali si può affermare che un concetto si applica o non si applica alla situazione del
mondo. La linguistica cognitiva cerca di fornire una teoria esaustiva che tenga conto delle intuizioni degli utenti
di una lingua. A livello intuitivo abbiamo la sensazione che i concetti non si muovano in maniera casuale
all'interno della mente. Questa esigenza di trovare nuovi mezzi per l'organizzazione concettuale ha portato a una
serie di proposte che vanno sotto il nome di: "frame", "schema", "script", "scena". Una delle proposte che ha
avuto più rilevanza nella linguistica cognitiva è stato il modello della Frame Semantics di Fillmore. Il frame
secondo questa concezione non è altro che una schematizzazione dell'esperienza, la quale viene rappresentata a
livello concettuale e immagazzinata nella memoria che collega come in un reticolo i diversi elementi ed entità
associati a una particolare scena. Fillmore cita un'ampia gamma di esempi per dimostrare che ci sono fenomeni
significativi nella semantica che non possono essere spiegati da un modello di semantica strutturalista. Per
esempio, utilizza la relazione fra man/boy e woman/girl. La relazione fra le due coppie non è la stessa: spesso
girl si utilizza fino a un'età più adulta di boy. In un'analisi dei frame semantici man, boy, woman e girl
richiamano frame che non includono semplicemente la distinzione sessuale biologica, ma anche differenze nel
comportamento fra i due sessi che spiegherebbero la tradizionale asimmetria fra boy/girl. La Frame Semantics è
in grado di spiegare anche la coerenza di un testo. Il frame è un'area coerente della conoscenza umana o un'area
coerente dello spazio concettuale. Ma come si può identificare un'area coerente dello spazio concettuale
distinguendola dalle altre aree? Una risposta a questa domanda viene da Langacker, che affronta il problema in
maniera empirica analizzando il significato della parola "raggio". Il termine "raggio" simboleggia il concetto
[RAGGIO]. Il primo senso di "raggio" è quello di "una linea che collega il centro di un cerchio con qualsiasi
punto della sua circonferenza". Un [RAGGIO] è una linea, ma non una qualsiasi linea: è una linea definita in
relazione con la struttura del cerchio. In altre parole, si può comprendere [RAGGIO] solo con una base di sfondo
del concetto [CERCHIO]. I due concetti sono strettamente correlati. Langacker definisce questa relazione nei
termini di un concetto, il "profilo" (profile) e una "base" (base). Il profilo si riferisce al concetto simboleggiato
dalla parola in questione. La base è quella conoscenza o struttura concettuale presupposta dal profilo concettuale.
Langacker usa anche il termine "dominio" (domain) per la base. Quest'idea è molto vicina al frame di Fillmore.
Il significato di un'unità linguistica deve specificare sia il profilo sia la sua base. Il dominio è quindi una struttura
semantica che funge da base per almeno un profilo concettuale. La relazione fra il profilo e il suo dominio di
base è particolarmente evidente quando si analizzano quei casi in cui le distinzioni nel significato della parola si
applicano non al conce