vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
1
La linguistica cognitiva è un’insieme di studi sviluppati tra gli anni ’70 e gli anni ’80 ed ha come punto centrale l’importanza del
significato e dei processi concettuali. A differenza della linguistica tradizionale, la linguistica cognitiva non considera il linguaggio
come innato, bensì costruito in funzione del significato. Inoltre il linguaggio è strettamente legato all’uso che se ne fa, in quanto le
sue componenti vengono costruite in base a specifiche situazioni. La linguistica cognitiva è tale perché considera il linguaggio come il
deposito della conoscenza del mondo (Geeraerts e Cuyckens). Mark Johnson ha inquadrato questo paradigma all’interno di 4 svolte
cognitive più generali che hanno caratterizzato la linguistica della seconda metà del ‘900:
La prima svolta è quella determinata da Chomsky e dalla grammatica generativa. Chomsky rifiutò l’idea che la grammatica fosse
acquisita tramite un processo induttivo: l’acquisizione della grammatica è possibile perché organizzata secondo alcuni principi
innati, mentre le diverse lingue sono diverse a causa di diversi parametri locali. Inoltre Chomsky ha sostenuto che la mente è
modulare e il linguaggio costituisce un modulo della mente
La seconda svolta, secondo Johnson è costituita da 3 caratteristiche della mente umana:1) La mente non è separata dal corpo, ma
interagisce con esso e con l’ambiente, influenzando le nostre operazioni mentali; 2) La mente umana non è separata rispetto a
quella degli altri esseri viventi, poiché esiste una continuità tra le capacità della mente animale e quella umana; 3) Ragionare non
significa elaborare simboli senza significato: esistono infatti strutture immaginative come le figure retoriche
La terza svolta riguarda le ricerche effettuate nell’ambito delle neuroscienze. Johnson, infatti, sostiene che «siamo organismi con
sistemi neuronali complessi che nascono e si evolvono nel tempo attraverso le interazioni del corpo con i luoghi in cui ci veniamo a
trovare».
La quarta svolta, detta svolta culturale, viene illustrata da Michael Tomaselli, secondo cui la cognizione umana ha caratteristiche
specifiche (Specificità di organismi e di sostanze che sono attivi solo verso una determinata specie di animale o vegetale e non verso
altre). Renè Dirven, Wolf e Polzenhagen (pron. Polzenaghen) hanno sottolineato che i modelli culturali sono schemi cognitivi
condivisi dai gruppi sociali.
2
Come facciamo ad assegnare una cosa o un essere ad una categoria? L’approccio classico è quello che definisce una categoria in
base ai tratti che la compongono. I tratti sono necessari, sufficienti e binari (ovvero con solo due possibilità); ma altri studiosi non
sono d'accordo: Wittgenstein sostenne che a volte è difficile trovare caratteristiche comuni, ma piuttosto si trovano delle
“somiglianze di famiglia”. Un’idea simile in linguistica era venuta a Labov che aveva cercato di capire come l’uomo riesca a
distinguere una tazza da una ciotola, assegnandole a categorie diverse. Anche lui concluse che il confine tra tazza e ciotola non era
netto, ma vi era una somiglianza, quindi noi non categorizziamo gli oggetti come X o non-X, piuttosto usiamo nomi diversi per
indicare categorie vicine. Rosch, a partire dalla metà degli anni ’70 ha introdotto il concetto di prototipo. La Rosch partiva da
un’indagine sui colori, secondo la quale i colori di base costituiscono il punto di partenza nell’acquisizione del linguaggio e sono
comuni a diverse lingue, mentre i colori “periferici” differiscono in base alla cultura. Questo permette al nostro sistema cognitivo di
funzionare nel migliore dei modi. Secondo Rosch, inoltre, il prototipo è semplicemente il risultato sperimentale derivato dai giudizi
di un certo numero di soggetti. Eco suggerisce tre modi di intendere il prototipo:
1) Come l’elemento di una categoria che diventa modello per conoscere gli altri;
2) Come schema (ad esempio quando pensiamo a un cane, non pensiamo a un dalmata o a un labrador, ma a un bastardo e
questo cambia da cultura a cultura)
3) Come un insieme di requisiti esprimibili, necessari per dare l’appartenenza a una categoria
3
Uno dei capitoli principali nella storia della linguistica cognitiva è rappresentato dagli studi sulla metafora. L’idea che gli uomini
abbiano la capacità cognitiva di concettualizzare il mondo in figure si ricollega al pensiero di alcuni pensatori come Vico e Nietzsche.
La linguistica cognitiva richiama a Vico, secondo il quale la conoscenza non sta nella pura cogitatio, ma anche nella capacità
dell’uomo di produrre simboli e nella possibilità di questi di trasformarsi in linguaggio. Le figure generano la conoscenza come
accade nell’acquisizione del linguaggio infantile. L’interesse di Vico è rivolto agli schemi concettuali che secondo lui rappresentano
mezzi cognitivi attraverso i quali mondo e linguaggio entrano in contatto. La figura non nasce aggiungendo qualcosa alla parola, ma
nasce per mezzo di intersezioni, antitesi, inclusioni, soppressione di aree concettuali.