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INFORMAZIONE GEOGRAFICA E CARTOGRAFIA DINAMICA Recentemente la cartografia ha assunto una nuova funzione, passando da
strumento di informazione statica a sistema dinamico e aggiornabile, utile per raccogliere dati e immagini per la pianificazione
territoriale. In tal senso non si avvale più del disegno cartaceo, ma di un insieme di immagini georeferenziate, ossia di una struttura
che vede combaciare vari “strati” a formare una carta complessa. Questo è lo scopo del GIS (Sistemi informativi geografici) e le
applicazioni possono essere molteplici: sviluppo nazionale, progettazione urbanistica, risorse rinnovabili, trasporti e ambiente o altro;
tutto, possibile grazie all’uso del disegno digitale, del telerilevamento e delle immagini vettoriali.
Dalla geografia delle esplorazioni alle esplorazioni della geografia
PRIME ESPLORAZIONI GEOGRAFICHE Fin dalla comparsa dell’uomo sulla Terra, l’esplorazione era praticata con fini diversi: i popoli
primitivi si spostavano alla ricerca di zone di caccia, quelle mesopotamiche per ampliare commerci e colonie; non solo l’Occidente,
comunque, ma dall’Oriente si iniziò presto a muoversi al fine di conquistare nuove terre. Tra gli esploratori del mondo antico si può
citare Alessandro Magno, che avviò una vera e propria politica delle esplorazioni, e seppure a fini marcatamente militari anche queste
esplorazioni distinguevano in una fase strategica e una esplorativa. In un’altra zona del mondo, invece, gli arabi si muovevano verso
nuove terre per cause religiose; l’obbligo di recarsi alla Mecca almeno una volta nella vita si coniugava qui all’esplorazione di territori
da conoscere e acquisire. Le informazioni geografiche in loro possesso derivavano poi non solo dagli spostamenti, ma anche dallo
studio dei testi antichi. I veri e propri esploratori della storia furono quindi Niccolò e Matteo Polo, che percorsero rotte note del
commercio via terra verso Oriente; si spinsero poi più in là, entrando così in contatto con una carovana diretta in Mongolia, e al loro
arrivo furono accolti molto bene. Tornati a Venezia, nel 1269, sollecitarono il pontefice Innocenzo IV affinché instaurasse dei rapporti
col Grande Khun, desideroso di iniziare i suoi contatti con l’occidente. Intrapresero poi altri viaggi, di cui fu protagonista Marco, figlio
di Niccolò, che raccolse le sue conoscenze nel Milione. I primi a navigare lungo le coste dell’Africa furono invece i fratelli Vivaldi, che
non tornarono mai indietro ma raggiunsero di certo Capo Noun e, forse, le Canarie. Per quanto riguarda la conoscenza dell’Atlantico,
molto si deve a Spagnoli e Italiani ma, il più, ai Portoghesi di Enrico il Navigatore, incentivati a trovare nuove rotte per le Indie. In questo
periodo, infatti, lo scopo era circumnavigare l’Africa per dimostrare che la teoria tolemaica – che voleva l’India unita all’Africa – era
errata.
RAPPRESENTAZIONE DEL MONDO L’uomo ha sempre sentito la necessità di disegnare e rappresentare lo spazio che lo circondava, al
fine di orientarsi e poter così sopravvivere. Il maggiore grado di conoscenza è riscontrabile nelle carte di Tolteci, Maya e Aztechi,
caratterizzati dall’uso di simboli per la rappresentazione morfologica del territori; saranno gli eschimesi, invece, i primi a disegnare
carte in rilievo. Vere e proprie carte le produrranno i mesopotamici, seguendo due direttrici diverse: una funzionale, usata per
organizzare le terre coltivate e le vie d’irrigazione in maniera proficua, e una finalizzata a rappresentare il mondo conosciuto (strada
che verrà percorsa poi da Babilonesi). In seno alla cartografia (tecnica) nasceva la geografia (teorica), entrambe arricchite da esperienze
di viaggio più o meno fantasiose. Il primo cartografo fu quindi Tolomeo, e più in generale furono i Greci a raggiungere i massimi risultati.
GRANDI SCOPERTE E RIFLESSI ECONOMICI, CULTURALI E PSICOLOGICI Il primo grande esploratore fu Cristoforo Colombo, che scoprì
come oltre il mare ignoto c’erano altre terre, raggiungibili anche navigando da oriente verso occidente. Durante i suoi viaggi, oltre
annotazioni propriamente geografiche su venti e maree, rilevò anche la presenza di pesci mai visti o la comparsa di fenomeni naturali,
così da realizzare uno studio che confermasse le sue convinzioni sulla forma della Terra. Dopo aver ottenuto i fondi dai sovrani Isabella
e Ferdinando poté così raggiungere il Nuovo Mondo, che in breve fu conquistato dagli europei. I motivi che spinsero Colombo – e dopo
di lui Diaz (Portogallo), Vasco da Gama, Caboto o Cortés – errano essenzialmente due: acquisire ricchezze e diffondere il Cristianesimo.
VISIONI DEL MONDO ATTRAVERSO TEORIE, IPOTESI E PERCEZIONI L’uomo è arrivato ovunque per capire ciò che supponeva, e cioè di
appartenere a un macrocosmo senza i riferimenti che riteneva avesse. Così come è stata possibile l’esplorazione degli oceani e quindi
la composizione di una geografia dell’esplorazione, è fattibile anche un’esplorazione della geografia: senza dimenticare i precursori –
come Humboldt e Ratzel – essa deve quindi prendere coscienza delle discipline che la compongono e sapersi sempre riorganizzare. La
geografia nasce quindi come disciplina dedita allo studio della terra e della sua rappresentazione cartografica, limitandosi a lungo a
svolgere soltanto questo compito; i primi studi furono proprio quelli di Anassimandro, che tentò di rappresentare su una tavoletta la
terra abitata. Con il tempo la disciplina ha ampliato i propri orizzonti, ponendosi nuovi interrogativi e cercando nuovi campi: prima
quello strettamente fisico, poi anche quello antropico. L’evoluzione del pensiero geografico iniziò allora nel XVII secolo con
un’inversione di tendenza, in quanto il carattere degli studi non aveva – fino ad allora – cercato di approfondire i temi della geografia
stessa. La ricerca e la didattica del Settecento furono condizionati fortemente da Kant: per lui, appunto, la geografia si impose come
conoscenza della natura. La definizione marcata della materia giunse però soltanto nel XIX secolo, quando furono enunciati nuovi
concetti scientifici, che la portarono a chiarire quali erano l’oggetto della disciplina e i suoi intenti: spiccò quindi la figura di Humboldt,
che data la sua preparazione naturalistica e fisica si concentrò soprattutto sull’esplorazione e sulla fondazione di società scientifiche.
Tra i maggiori esponenti della disciplina ci fu poi Ritter, fondatore della geografia moderna, spiritualista e stoicista, che insistette sul
ruolo dell’ambiente fisico rispetto alla storia dei popoli (determinismo ambientale). In questo contesto il divario fra geografia fisica e
umana andava aumentando, anche nell’ambito di una sua istituzionalizzazione nelle scuola. A cavallo fra i secoli XIX e XX, però, si tentò
di mettere in ordine le cose: la geografia subì la scissione ma entrambi gli ambiti andarono a indagare il rapporto fra uomo e ambiente.
Il distacco definitivo fu quindi nel 1870, periodo in cui si affermò il pensiero di Ratzel: egli si discostò dai predecessori e subì l’influenza
del naturalismo (da cui poi si distaccò), tanto da essere ricordato come un vero e proprio rinnovatore. Questi contribuirono alla
definizione della geografia così come la conosciamo oggi, disciplina che si è spinta sempre più in là fino ad abbracciare ambiti distanti.
POPOLAZIONE E SOCIETÀ Gli spazi umanizzati
GEOGRAFIA DELLA POPOLAZIONE L’espressione indica lo studio geografico delle comunità antropiche, la loro distribuzione, dinamica,
struttura e mobilità; tutto, tenendo come punto di vista lo spazio. Poiché analizza quindi la distribuzione spaziale degli elementi
demografici, può essere considerata come il nucleo della geografia umana, tanto che in alcuni casi è intesa anche come studio delle
etnie, delle attività della popolazione e delle forme abitative. In genere se ne fa risalire la nascita al XX secolo: nel 1951, infatti, P.
George pubblica un volume dedicato alla geografia della popolazione. Inizialmente le ricerche vertevano sull’analisi della distribuzione
delle popolazione spazio, mentre successivamente l’attenzione è stata dirottata su struttura e dinamica, e in special modo sulla mobilità
personale. L’interesse ha portato alla costituzione di gruppi di ricerca, fra cui spicca l’AGEI in Italia, con lo scopo di individuare segni e
direzioni dei cambiamenti demografici.
DINAMICA DELLA POPOLAZIONE Per dinamica della popolazione si intende lo studio della variazione quantitativa del genere umano nel
tempo e in base alla distribuzione territoriale. Se quest’ultima è stata a lungo di maggior interesse, studiata attraverso la densità
abitativa, oggi si preferisce sottolineare i diversi ritmi di crescita raggiunti nelle varie aree.
Variazione demografica Studi statistici dimostrano che quando l’uomo basava il proprio sostentamento su caccia e raccolta le comunità
rimanevano ridotte; aumentarono con l’avvento dell’agricoltura e la stanzialità, per vivere una vera e propria rivoluzione demografica
nel XVII secolo, quando furono scoperte le medicine in grado di debellare i morbi maggiori, oltreché la maggiore disponibilità di reddito
e quindi un generale aumento della qualità della vita. Nel 1830, quindi, la popolazione mondiale raggiunse il miliardo di abitanti. La
rivoluzione industriale e le innovazioni tecnologiche hanno contribuito anch’esse all’aumento nelle popolazioni sviluppate, mentre nei
Paesi del terzo mondo l’incidenza della mortalità ha continuato a imporsi; solo di recente, con l’avanzare della medicina, il continente
nero va registrando un forte accrescimento, stimato attraverso il tasso di accrescimento medio annuo (formula del tasso di interesse).
I ritmi di crescita sono quindi geograficamente differenziati: se fino al XVII vi era una certa omogeneità, oggi – date le abissali differenze
per quanto riguarda istruzione, tecnologia, medicina ed economia – si registrano ritmi inversi; nei Paesi a economia sviluppata
l’accrescimento è infatti minore rispetto a quello, per esempio, africano. Da qui si può comprendere l’enorme ondata migratoria verso
i Paesi occidentali ed economicamente stabili, a causa dell’accrescimento demografico incontrollabile di quelli più poveri.
Ancora: l’aumento demografico non è quindi conseguenza di un aumentato benessere o della tecnologia, ma dipende soprattutto da
tradizioni di alta natalità e bassa sopravvivenza. Nei Paesi sud-orientali del bacino mediterraneo si osserverà a breve un aumento
dell’offerta di lavoratori, che difficilmente potranno essere assorbiti dall’economia locale; al contempo, nei Paesi dell’Esti la scarsità di
posti di lavoro e la fragilità d