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A TAVOLA!... NEL SETTECENTO.

Il ragout di Du Bos e il vino di Hume.

Du Bos chiede se si usa la ragione o le leggi matematiche per decretare la bontà di un sugo,

sollevando il tema del giudizio di gusto. Du Bos si muove sul piano del giudizio che deve

confrontarsi con l'organicità,l'unità e la continuità spirituale del genere umano. Esiste ed è sempre

esistito nell'uomo,un senso che fa conoscere la bontà di ciò che si mangia:si assaggia una pietanza

e,anche se non si conoscono le regole per prepararla,si può dire se è buona o meno.

L'estetica e la buona tavola hanno molto in comune,nel Settecento che è il secolo i cui si

moltiplicano i trattati sulla cucina.

Per gli uomini del Settecento,il fine dell'arte non è la conoscenza ma il gusto ha comunque delle

regole a cui si possono sottoporre le opere geniali. Hume,ne La regola del gusto,espone una norma

con cui conciliare i vari sentimenti degli uomini e che esalta un sentimento condannando il suo

contrario. Il giudizio estetico è implicito nel piacere per un oggetto e dipende dalla struttura della

mente e degli organi di senso. Anche l'immaginazione ha un ruolo determinante.

Da un lato si guarda al soggetto e alle sue peculiarità percettive,dall'altro all'oggetto e alle sue

caratteristiche costitutive. In questo modo si salva la fruizione da uno sterile soggettivismo patetico

e dall'accusa di falsità.

Per Hume,la verità dei gusti e delle opinioni non relativizza il gusto. La bellezza non è una qualità

delle cose ed esiste solo nella mente di chi contempla ma solo il critico può emettere dei giudizi

sulla bellezza.

L'essere umano viene inteso come dotato di istinti connaturati dati un corredo innato che consente la

percezione immediata del valore degli oggetti conosciuti. È una forma altra di giudizio che la

ragione conosce solo a posteriori.

La bellezza o la bontà viene accolta dal soggetto che ha un senso per poterla ricevere. Per Du Bos il

sesto senso è ancora compromesso con i sensi esterni;per Hutcheson è la più grande capacità di

ricevere idee piacevoli che risiede nel gusto e nel genio. È un fine taste che non si avvale di processi

conoscitivi anche se un piacere razionale si possa affrancare al piacere del gusto.

L'uomo di gusto è sano,sensibile e con apparato sensoriale funzionante. Hutcheson ricorda che non

è il danno o il vantaggio che procura un oggetto a rendere più o meno attraente. Piacere e dolore

risiedono nell'immotivata immediatezza sensibile. Lo studio dei sensi e delle loro qualità è

propedeutico allo studio degli usi e dei costumi. L'idea di una genesi empirica delle idee morali e

del giudizio di gusto si basa sulla convinzione che i sensi sono educabili e raffinabili,mentre la

mente e l'immaginazione sono soggette ai loro stessi limiti fisici. La fisiologia dell'uomo non è da

sottovalutare nel ruolo che ha nella conoscenza.

La conformazione fisica dell'uomo fa si che alcuni sapori risultano sgradevoli e altri no. Una

mancata risposta del gusto può dipendere da un'imperfezione dell'organo. Esistono qualità degli

oggetti che suscitano particolari sentimenti e anche se queste risposte sono universali,solo i critici e

i buon gustai possono esprimere giudizi universali.

C'è gusto e gusto.

Il Settecento è stato,anche per i testi di cucina,un laboratorio. I libri di cucina risento dell'influenza

francese che si rivolge ad una fruizione gustativa regolato dove la componente religiosa seicentesca

perde di potenza. Dal 1730 al 1770 si moltiplicano i testi di cucina editi per poi ridursi all'alba della

Rivoluzione. In questo periodo di rivoluzione culinaria,si modificano anche i gusti. Il cuoco viene

considerato un artista che sa comporre i sapori e uno scienziato che dosa gli elementi chimici per

ottenere nuovi composti. È anche un medico perché si cura dell'alimentazione umana che permette

la salute.

Si raggiunge un equilibrio tra mente e corpo con una dieta corretta;si cerca di comprendere la

digestione e di capire quali sono gli effetti degli alimenti.

La querelle des bouffeurs vede opporsi i sibariti che difendono la tavola moderna ai tradizionalisti

che vogliono cose semplici e naturali. I sibariti esaltano una cucina precisa e raffinata,con un uso

limitato delle spezie e dell'agrodolce,l'uso dei brodi per le salse.

Nel 1739 spopola il Nuovo trattato di cucina di Menon a cui segue,7 anni dopo,La cuoca borghese

e La scienza dello chef nella cui prefazione de Foncemagne sviluppa una relazione tra gusto e

musica.

La disputa raggiunge i vertici quando Des Alleurs prende in giro con Lettera di un pasticcere

inglese la sapienza chimica della nuova cucina che ambisce a diventare scienza con delle regole

precise.

Il concorso dei gusti fa il buon gusto anche se sono poche le persone che lo possiedono. Il gusto

cambia,si adatta e si evolve come risultato di un equilibrio tra i vari piaceri dell'anima. Come le

regole dell'arte devono adeguarsi ai gusti dei contemporanei,anche la tavola deve seguire

l'evoluzione dei costumi.

Il legame tra filosofia e gusto è esplicito nelle innovazioni gastronomiche di un secolo che si

prepara alla Rivoluzione. La piccola e media borghesia è in fermento e trionfa la cucina borghese di

Menon. Il successo de La cuoca borghese spiega la diffusione dei preconcetti del gusto oltre

l'aristocrazia,nella consapevolezza,descritta da Diderot nel Nipote di Rameau,che di fronte al cibo

non ci sono divisioni sociali. La scelta dei commensali e un codice di comportamento si sviluppa

dentro una società che sta cambiando.

La cucina diventa un'arte che,inventata per piacere o bisogno,si è perfezionata grazie al genio dei

popoli ed è diventata raffinata. Anche la cucina deve sottostare al senso dei rapporti che Diderot

individua come regola soggettiva del gusto. Un cuoco richiede solo palati delicati e sensibili per

assaporare i propri ragù perché ci vuole corrispondenza tra chi crea il piatto e chi lo gusta in quanto

deve cogliere i sapori e loro rapporti. Il gusto in generale consiste nella percezione dei rapporti ed è

un principio soggettivo e non prescrittivo:si definisce bello tutto ciò che può risvegliare l'idea dei

rapporti. Il palato deve sapersi adattare alle dissonanze che il cuoco crea per piacere e per stimolare

l'appetito,ritardando il senso di sazietà. Il buongustaio sa comprendere l'arte del cuoco che deve

esserne all'altezza.

Se il palato deve fruire in modo corretto,il corpo deve essere in salute che è direttamente influenzata

da cosa si mangia. Secondo Foncemagne,lo spirito di ogni nazione dipende da cosa si mangia.

Un'alimentazione sana e varia è la base per sviluppare il genio.

Il gusto sperimentale è possibile grazie alla varietà di cibi esotici che arrivano dall'Oriente e

dall'America. Diderot ama moltissimo le nature morte di Chardin che uniscono elementi comuni ed

esotici.

Du Bos ritiene che i fattori ambientali,sociali e culturali siano importanti per il genio ma non

determinanti,Foncemagne studia ogni singolo alimentano nell'auspicio che cucina e medicina

tornino a comunicare. La cucina influenza direttamente lo sviluppo fisico e comportamentale ed

aiuta la saluta umana. Si fa strada anche l'idea che la qualità delle pietanze,la loro varietà e la loro

preparazione non sia la prima causa di malattia ma lo è l'abuso di cibo.

Jaucourt afferma che la cucina moderna,a cui manca la moderazione,è dannosa. Attacca la cucina

dei ragout,esaltando quella in cui domina l'armonia e la misura. Al contrario Foncemagne sostiene

che il buon cibo e chi lo prepara sono troppo spesso accusati ingiustamente:la cucina raffina gli

alimenti,li perfezione,li depura e li spiritualizza. Per Jaucourt sono l'armonia,la misura e la

moderazione i veri metri di misura per un secolo dove si deve avere gusto.

La fame è il miglior condimento.

Ogni organo ha la propria volontà desiderativa e lo stomaco ha quella della fame. Du Bos sostiene

che nei banchetti normali,dove non si ha una fame eccessiva,il cibo e il piacere che ne deriva non è

così appagante rispetto a quello che prova con molta fame ed un pasto grossolano. Per cui se le

raffinatezze possono appagare il bisogno,non sempre appagano il piacere.

Diderot distingue tra fame ed appetito. La fame si sviluppa da un bisogno;l'appetito ha una

relazione con il gusto e con il piacere che gli alimenti procurano. La soddisfazione della fame è

comune sia agli animale che all'uomo mentre l'appetito è proprio dell'uomo. Du Bos sosteneva che

gli uomini non provano nessun piacere che non sia nato dal bisogno,Diderot opponeva che il gusto

più raffinato si attiva solo quando il bisogno è stato soddisfatto.

Il binomio bisogno e raffinatezza orienta sempre di più la capacità di educare il gusto perché

qualsiasi arte senza gusto è patologica. Diderot afferma che il vero appetito è per gli uomini

laboriosi,ovvero di chi sa raggiungere il giusto equilibrio tra desiderio e fare,che non si lasciano

sopraffare dal bisogno e che sanno colmare un sano appetito con le delizie del palato. È dal

desiderio che nasce la volontà e non viceversa.

La fame è quindi una sensazione magnifica per Diderot perché è piacevole da soddisfare,stimola il

gusto e permette di esercitarlo. Quando però va oltre il dilettevole dolore si trasforma in qualcosa di

indomabile con l'antropofagia che il limite estremo dello spettro della fame che anche Voltaire

descrive in Candido. Nel libro,il protagonista sostiene che i cannibali non avrebbero mangiato la

carne umana se ne avessero avuta di quella animale a disposizione. Anche se un atto da cattivi

cristiani,cibarsi di carne umana è,per Diderot,giustificabile se si ha fame.

Ai piaceri della tavola di cede facilmente tanto che Voltaire denigra ogni austerità e non crede che il

digiuno possa servire a qualcosa nella spiritualità.

Jaucourt,alla voce Fame fisiologica,sostiene che le causa di questo istinto vada ricercate nella

struttura dell'organo predisposto alla sensazione:la frizione tra i filamenti e le pieghe dello stomaco

causata dall'aumento del sangue e dall'azione dei muscoli è una della cause della fame.

E quando la fame non c'è?

Burke si chiede se odori e sapori abbiano la capacità,nell'uomo,di suscitare una grandezza come

quella del sublime. Tali sensazioni virano verso il disgusto e devono essere inserite in un contesto

che li mimetizza per portare al piacere. Odori e sapori troppo intensi colpiscono i sensi e innescano

reazioni spiacevoli. Ma come esiste un gusto depravato,esiste anche un appetito depravato che

s

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
26 pagine
10 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/04 Estetica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher LaTita di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Estetica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Mazzocut-Mis Maddalena.