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CHE COSA DETERMINA I PROFITTI DELL’IMPRESA?
Che cosa ci può dire la teoria economia sulla dimensione dell’impresa?
Può essere utile distinguere due aspetti di questo problema generale: che cosa determina l’estensione
orizzontale dell’impresa e che cosa determina il suo grado di integrazione verticale. Per estensione
orizzontale intendiamo quanti prodotti diversi produce l’impresa, e quanto di ciascun prodotto. Per
integrazione verticale intendiamo quanti stadi del processo produttivo vengono svolti all’interno dell’impresa.
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La dimensione di un’impresa è determinata essenzialmente dai suoi costi. Se la curva dei costi è a forma di
U e c’è libertà di entrata, le imprese tenderanno a produrre in corrispondenza del punto di minimo dei costi
medi.
Dobbiamo però sottolineare che l’evidenza empirica suggerisce che le curve dei costi medi hanno sì forma
ad U, ma con la parte bassa della U molto larga e piatta. Questo significa che c’è ampio intervallo di livelli di
produzione in corrispondenza dei quali i costi medi sono vicini al minimo. La struttura dei costi potrebbe non
essere sufficiente a determinare univocamente le dimensioni dell’impresa.
Il problema si complica ulteriormente con la distinzione tra impresa e impianto. I costi di produzione sono
collegati alla dimensione dell’impianto. Supponiamo che ci sia un unico livello di produzione in
corrispondenza del quale i osti medi sono minimi, ma che un’impresa possegga due impianti. Anche se è più
grande quest’impresa avrà lo stesso costo medio di un’impresa che possiede un solo impianto. Questo
introduce un ulteriore motivo di indeterminatezza della dimensione dell’impresa.
I confini verticali dell’impresa
Un altro problema è: perché da un settore ad un altro si osserva una variabilità così spiccata nel grado di
integrazione verticale?
Una delle decisioni più importanti che deve prendere un’impresa è quella che riguarda il modo di ottenere gli
input per la produzione finale: dovrà acquistarli o fabbricarli sé stessa? In altre parole, dovrà usare il mercato
(separazione verticale) o l’impresa (integrazione verticale)? Il grado di integrazione verticale che osserviamo
in un certo settore industriale è la risultante di tutta una serie di decisioni di questo tipo, prese ai vari stadi
del processo produttivo.
Capire la natura delle scelte tra acquistare e produrre aiuta a capire la natura dell’impresa e le determinanti
della struttura del mercato.
(Capitale specifico: si investe su determinate attrezzature produttive e possono essere usate solo per quella
determinata carrozzeria (o bene) per cui sono state progettate).
(Opportunismo post contrattuale: se un’impresa dopo aver stipulato un contratto a lungo termine con un suo
fornitore lo incentiva a spostare i magazzini per l’assemblaggio vicino al suo stabilimento. Questo creerebbe
una condizioni di sottomissione e vincolo maggiore del fornitore nei confronti del cliente)
Queste due condizioni del capitale specifico e dell’opportunismo post contrattuale possono essere delle
cause per cui le imprese si integrano verticalmente cioè si decide di realizzare alcune transazioni all’interno
dell’impresa stessa piuttosto che attraverso il mercato.
La chiave di questa spiegazione sta nella presenza di capitale specifico con la conseguente possibilità di
mettere in atto comportamenti opportunistici una volta che gli investimenti sono stati realizzati.
Chi ha realizzato investimenti specifici può più facilmente essere preso per il collo: problema dell’hold up.
L’integrazione verticale non risolve tutti i problemi di incentivazione e ne crea di nuovi.
Entrambe le soluzioni estreme: completa integrazione verticale e completa separazione verticale implicano
pertanto problemi di incentivazione. A sua volta la soluzione ottimale può essere intermedia.
Una possibilità è quella dell’integrazione residuale in cui un certo input è acquistato in parte da un fornitore
indipendente e per la parte residua dalla società controllata. Un altro sistema intermedio è il franchising: un
sistema usato in diversi mercati, questo unisce i vantaggi dell’integrazione verticale (gli investimenti specifici
sono pagati dalla casa madre) con quelli della separazione verticale (i franchisee hanno forti incentivi a
esser efficienti perché è a loro che spettano i profitti che restano dopo aver pagato il franchising).
Una terza soluzione intermedia è rappresentata dalle relazioni di fornitura in uso in Giappone (keiretsu). In
un keiretsu l’impresa e i suoi fornitori sono legati da una relazione di lungo periodo ma informale, tale
relazione non è una completa integrazione verticale ma si avvicina molto a questa nel fornire i giusti
incentivi ad investire in capitale specifici.
I confini dell’impresa spesso non sono definiti in maniera chiara. UN keiretsu può essere considerata
un’impresa a sé stante? Probabilmente no, ma non si tratta neppure di tante altre imprese indipendenti. Può
anche capitare che due imprese per il resto molto simili presentino forte differenze nella loro organizzazione
interna ( per esempio Benetton e Zara).
Anche se il problema dell’organizzazione dell’impresa è molto complesso, sia sul piano tecnico che su quello
pratico, possiamo riassumere quanto abbiamo visto fin qui nel modo seguente:
I confini orizzontali dell’impresa dipendono sostanzialmente dalla struttura dei costi. I confini verticali sono il
risultato della mediazione tra le esigenze contrapposte di fornire i giusti incentivi a realizzare investimenti
specifici ed evitare fenomeni di lassismo all’interno dell’impresa.
PERCHE’ LE IMPRESE SONO DIVERSE?
Le imprese non sono tutti uguali. - - 14
La redditività varia sensibilmente da un’impresa all’altra. Se si considera quanto le imprese possono essere
diverse le une dalle altre questa osservazione no è particolarmente sorprendente.
Tuttavia si osserva che il saggio di profitto differisce anche tra imprese che operano nello stesso settore e
hanno più o meno la stessa dimensione. Ricerche empiriche hanno mostrato che solo il 20% della variabilità
del saggio di profitto può essere spiegata da variabili quali la dimensione dell’impresa o il settore in cui
l’impresa opera. La differenze nei saggi di profitto tendono a permanere nel tempo.
A cosa è dovuto quell’80% di variabilità che le ricerche empiriche non riescono a spiegare?
Perché alcune imprese godono di un vantaggio competitivo persistente?
Nel mondo degli affari possono esserci degli ostacoli all’imitazione che consentono a certe imprese di
ottenere risultati sistematicamente migliori rispetto ad altre. Tra questi ostacoli ci possono essere ad
esempio certe restrizioni legali. Inoltre è difficile valutare per ogni singola azienda quali siano i fattori cruciali
da poter imitare.
Il funzionamento di una organizzazione complessa dipende da un insieme di conoscenze tacite, che si
acquisiscono attraverso l’esperienza e sono difficili da trasmettere a terzi (sono conoscenze non scritte che
non si possono esprimere nella forma di regole di comportamento ben definite o algoritmi). IN questi casi è
molto importante anche la strategia che ciascuna impresa adotta che potrebbe essere fondamentale per
compiere la scelta corretta. Nel mondo degli affari ci sono molte scelte strategiche da fare che possono
avere un effetto duraturo sulla perfomance dell’impresa: quando entrare in un mercato, in che misura
espandere la capacità produttiva, se fondersi o acquisire concorrenti, quanto investire per migliorare la
tecnologica, che tipo di contratti fare con fornitori e clienti, per non menzionare le strategie di prezzo e
pubblicità.
Anche altre fonti di vantaggio competitivo sono importanti.
La cultura di un’impresa, termine generico col quale ci si riferisce alle conoscenze tacite e a una serie di altri
fattori che non possono essere imitati, è una fonte di vantaggio competitivo almeno importante come la
strategia.
Oltre a tutti i fattori menzionati è importante il ruolo della storia nel determinare la performance di un’impresa.
Infatti un aspetto importante della competizione tra imprese può essere la curva di apprendimento molto
pronunciata il che significa che il costo di produzione di ciascun bene tende a diminuire significativamente al
crescere del numero di beni prodotti in passato. (esempio: McDonnel Douglas, Boeing, Lockheed). Lo spirito
del gioco è avanzare il più rapidamente lungo la curva di apprendimento.
Possono esserci inoltre circostanza casuali di durata limitata nel tempo che possono avere effetti persistenti
sulla struttura del mercato.
Possono farsi altri esempi in cui invece che la curva di apprendimento il fattore cruciale sono le esternalità di
rete, gli switching costs, ecc.
La conclusione è che a volte è inutile pretendere che uan teoria generale possa spiegare l’eterogeneità delle
imprese e bisogna invece riconoscere l’importanza della storia nel determinare la struttura del mercato e le
caratteristiche delle imprese che in esso operano.
La perfomance delle imprese è molto variabile. Le imprese sono diverse le une dalle alte per via della
presenza di ostacoli all’imitazione, conoscenze tacite, scelte strategiche e eventi storici.
MONOPOLIO E REGOLAMENTAZIONE
Ci sono possibili vie intermedie tra il monopolio e la concorrenza perfetta: monopolio puro, impresa
dominante, oligopolio ristretto, oligopolio allargato concorrenza monopolistica, concorrenza perfetta.
Il monopolio puro è quella situazione in cui l’impresa detiene il 100% della quota di mercato. Un’impresa
dominante invece è quella che detiene più del 50% del mercato. - - 15
MONOPOLIO
Il modello di monopolio ipotizza che ci sia un mercato ben definito con un solo produttore. Il monopolista
fissa il prezzo p e i consumatori domanda D(p) o in altro modo per vendere la quantità q il monopolista fissa
P(q) dove P(.) è la funzione inversa di D(.).
Producendo q il monopolista produce q e sostiene un costo pari a C(q). Il monopolista sceglie il prezzo che
massimizza i profitti.
Dato che prezzo e quantità sono legati dalla funzione di domanda, è indifferente per il monopolista scegliere
prezzo o quantità ottimale da produrre. Anche se assumiamo che il monopolista fissi il prezzo e i
consumatori scelgano la quantità domandata in funzione del prezzo possiamo ragionare come se il
monopolista fissasse la quantità che desidera venga acquistata dai consumatori lasciando che il mercato
determini il corrispondente prezzo.
Si avrà la massimizzazione dei profitti