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Trattato di Maastricht). Si tratta di strumenti che costituiscono un’organizzazione
sovranazionale di cui il nostro Paese fa parte, e fanno nascere un ordinamento nuovo ed una
struttura con propri organi e fonti, i cui compiti includono l’armonizzazione degli ordinamenti
dei Paesi, la tutela dei diritti fondamentali della persona. Con i trattati di Nizza e Lisbona,
nasce una vera e propria Costituzione europea. I Trattati della Comunità e dell’Unione
europea sono stati qualificati come fonti di rango costituzionale, le cui disposizioni vincolano
il legislatore italiano. Si è affermato il principio della prevalenza del diritto comunitario sul
diritto nazionale nelle materie di competenza dell’UE (es. Carta dei diritti Fondamentali
dell’UE). Benché le norme della Costituzione italiana conservino il primato nell’ambito
dell’ordinamento interno, la Carta assume valore di fonte di rango costituzionale in quanto
integra la tutela dei diritti apprestata dalla nostra Costituzione e vincola il legislatore
nazionale al rispetto del contenuto dei diritti da essa previsti.
Nelle materie previste dal Trattato dell’Unione Europea il Consiglio può emanare dei
regolamenti che hanno immediata efficacia nel diritto interno degli Stati membri e prevalgono
sulle norme statuali difformi. Il Trattato prevede che il Consiglio della Comunità emani
direttive volte ad avvicinare il diritto interno dei singoli Stati. La direttiva è una prescrizione
rivolta agli Stati perché provvedano all’armonizzazione delle disposizioni legislative. In Italia
tale procedura è stata prevista: ogni anno il Parlamento approva la legge di delegazione
europea, in cui si delega il Governo all’adozione di decreti legislativi per il recepimento delle
direttive e degli altri atti dell’Unione che necessitino di provvedimenti attuativi. Con cadenza
annuale viene approvata anche la legge europea, contenente previsioni modificative di
disposizioni interne che risultino in contrasto con l’ordinamento dell’Unione. Si è poi
affermato il principio per cui le direttive inattuate hanno immediata applicazione quando
siano incondizionate, chiare e sufficientemente precise; così la direttiva è fonte del diritto 5
nell’ordinamento interno. Regolamento e direttive incidono al livello della legge ordinaria.
Eventuali conflitti con una legge italiana vanno risolti attraverso il principio della competenza.
Regolamenti e direttive possono essere emanati soltanto nelle materie su cui l’UE risulta
avere competenza.
L’applicabilità delle norme. L’entrata in vigore
Perché una disposizione normativa divenga parte integrante dell’ordinamento giuridico,
occorre che essa sia entrata in vigore, cioè divenuta applicabile. L’entrata in vigore è
subordinata alla pubblicazione del testo normativo e al decorso del periodo di vacatio legis.
La pubblicazione consiste nella riproduzione del testo nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica (per gli atti statuali) o nel Bollettino Ufficiale della Regione (per atti regionali) o
nell’affissione all’albo (per le norme comunali). Ha la funzione di garantire la conoscibilità
delle norme dell’ordinamento. L’intervallo di tempo che deve trascorrere tra la pubblicazione
e l’entrata in vigore dell’atto normativo (vacatio legis) dura di regola 15 giorni (art. 73).
Ciascuna legge può tuttavia ridurre o sopprimere il periodo e disporre un’entrata in vigore
immediata (catenaccio). Trascorso il termine, la norma è applicabile e vincolante senza
riguardo alla conoscenza di fatto da parte dei destinatari. La conoscibilità legale e formale
cede, in alcuni casi, alla conoscibilità effettiva (ignoranza inevitabile).
Abrogazione delle norme. Principio di irretroattività
Ciascuna produzione di norme di eguale fonte è tale da poter produrre sempre nuove norme
giuridiche. È possibile che una nuova norma confligga con quelle emanate in precedenza. In
alcuni casi, il legislatore elimina la disciplina preesistente (abrogazione espressa), ma
qualora sia un giudice ad accorgersene si viene a creare un’antinomia che deve essere
superata per far sì che l’ordinamento mantenga un carattere di coerenza. Il criterio per
risolvere il conflitto è quello cronologico, che fa prevalere la norma più recente in caso di
norme prodotte da fonti omogenee (cioè di pari forza normativa). Questa abrogazione,
insieme al caso i cui la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore,
sono tipi di abrogazione tacita. Esiste anche il referendum abrogativo (art. 75), sebbene non
ammesso per le leggi come quelle tributarie.
L’abrogazione può avvenire anche nel caso in cui il legislatore provvede a riordinare in un
unico atto la disciplina di un’intera materia prima regolata da norme sparse: si formano testi
unici, tra cui ricordiamo i codici.
Il conflitto tra norme successive può risolversi in senso diverso quando la norma posteriore
non sia diretta a regolare l’intera materia oggetto della disciplina preesistente, ma solo a
sottrarre alcuni casi a quella disciplina, che rimane però in vigore per la generalità della
fattispecie. Anche nel caso opposto, la regola preesistente può rimanere in vigore, se diretta a
soddisfare esigenze particolari, proprie alle specifiche fattispecie.
Tra le cause che determinano la cessazione di efficacia della legge c’è la consuetudine
abrogativa, il ripetersi di un comportamento contrario a quello prefigurato dalla legge o il
perpetuarsi all’interno della collettività di un contegno omissivo della generalità dei soggetti;
e cioè la costante disapplicazione della regola (desuetudine). L’abrogazione di una norma
giuridica non significa che essa scompaia dall’ordinamento, ma solo che perde vigore a partire
dall’abrogazione. La norma abrogata mantiene la sua forza prescrittiva con riguardo ai casi
che si siano verificati prima dell’abrogazione, anche se la controversia sorge dopo l’intervento
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abrogativo: la nuova disciplina regola solo i fatti successivi alla sua entrata in vigore.
L’art. 11 Disp. Prel. Cod. Civ. spiega il principio dell’irretroattività delle leggi: la legge non
dispone che per l’avvenire. Nelle leggi penali, questo principio è assistito da garanzia
costituzionale in base al principio di legalità (nullum crimen sine lege, art. 25). Fuori dal
penale, il principio è derogabile dallo stesso legislatore: la retroattività può essere disposta
con un’espressa previsione in contrario o risultare dalla stessa disciplina prevista.
Si pongono problemi per la disciplina delle situazioni in svolgimento, che siano sorte sotto il
vigore della vecchia disciplina, e non si siano concluse al sopravvenire della nuova. Il
legislatore predispone una serie di norme dirette a risolvere questo problema (diritto
transitorio che regola il passaggio dall’una all’altra disciplina).
Rapporti tra fonti diverse. Parità, prevalenza, competenza
I problemi derivanti dalla concorrenza di una molteplicità di fonti del diritto possono
produrre norme di forza diversa con riguardo a una stessa materia. Finché non sono in
conflitto, la disciplina stabilita da una fonte si affianca alla disciplina prevista dall’altra (es.
quando ad una legge segue un regolamento di esecuzione). Può anche verificarsi il conflitto
tra norme di fonte diversa; diventa fondamentale la posizione in termini di grado e
competenza reciproca tra le fonti. Se sono fonti diverse ma di pari grado, il contrasto si
risolverà col criterio cronologico. In ipotesi di diverso grado, subentra il principio
gerarchico: prevale la fonte superiore per grado. La norma prodotta dalla fonte inferiore,
anche se successiva, dovrà ritenersi illegittima, con la possibilità di innescare azioni per
eliminarla. La Costituzione e le leggi costituzionali sono superiori alle leggi ordinarie, che sono
superiori ai regolamenti. Può accadere che esistano più fonti a ciascuna delle quali è
assegnato un differente ambito di materia (competenza). Se i limiti posti ad una fonte sono
violati, la norma posta è illegittima, con conseguente possibilità di procedere alla sua
eliminazione.
L’illegittimità delle norme
Dire che una norma è illegittima significa rilevare un vizio nella sua formazione che la rende
inidonea alla sua funzione regolatrice. Affermare l’illegittimità non equivale ad affermare la
nullità o l’inesistenza di una norma. L’ordinamento prevede meccanismi per l’eliminazione
delle norme illegittime; ma, finché il risultato non è ottenuto, l’ordinamento tollera in via
provvisoria l’antinomia: la norma illegittima continua a svolgere la sua funzione finché non
viene cancellata. Il problema di accettare l’illegittimità costituzionale delle norme può essere
sollevato dal giudice richiesto di applicare la norma, ma il giudizio è affidato alla Corte
Costituzionale. Nel caso dei regolamenti, la valutazione di illegittimità può essere fatta da
qualunque giudice, ai soli fini di disapplicare il regolamento nel decidere il caso concreto; ma
il potere di annullare le norme e cancellarle dall’ordinamento spetta solo ai giudici
amministrativi.
L’evoluzione delle fonti
Per fonti si può intendere i modi di produzione propri di un sistema o i depositi da cui può
essere ricavato il materiale con cui costruire una decisione giudiziale.
Nel panorama internazionale, assumono rilievo i documenti di soft law, indirizzati agli Stati
aderenti per indicare linee di indirizzo cui adeguare i loro ordinamenti (es. Dichiarazione
Universale UNESCO). Le prescrizioni nei documenti di questo tipo hanno consentito uno 7
sviluppo legislativo ed interpretativo, offrendo criteri di integrazione del diritto di ciascun
paese. L’intreccio tra prassi e fonti formali è in continuo sviluppo.
La libertà contrattuale consente la creazione di modelli che si consolidano e creano usi
contrattuali rilevanti. Contribuiscono diverse iniziative di raccolta alle quali le parti possono
fare riferimento. Ciò concorre a formare un’autoregolamentazione trasversale dei rapporti
contrattuali. Di grande rilievo sono le norme deontologiche e i codici di autodisciplina, per
quanto riguarda i rapporti professionali e il diritto del consumo. Si tratta di documenti di
auto-regolazione che disciplinano la condotta di professionisti o di imprese: norme che
rappresentano il diritto interno a un’organizzazione che non fanno parte del diritto statuale,
ma possono esservi incluse per rinvio espresso del legislatore.
Il nostro ordinamento si regge sul principio per cui il giudice è soggett