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Riassunto esame diritto privato, docente Morlotti Poletti, libro consigliato " Linguaggio e Regole del diritto privato", Iudica-Zatti: L'ordinamento giuridico, le fonti del diritto italiano, concetti di norma, legge e diritto Pag. 1 Riassunto esame diritto privato, docente Morlotti Poletti, libro consigliato " Linguaggio e Regole del diritto privato", Iudica-Zatti: L'ordinamento giuridico, le fonti del diritto italiano, concetti di norma, legge e diritto Pag. 2
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Trattato di Maastricht). Si tratta di strumenti che costituiscono un’organizzazione

sovranazionale di cui il nostro Paese fa parte, e fanno nascere un ordinamento nuovo ed una

struttura con propri organi e fonti, i cui compiti includono l’armonizzazione degli ordinamenti

dei Paesi, la tutela dei diritti fondamentali della persona. Con i trattati di Nizza e Lisbona,

nasce una vera e propria Costituzione europea. I Trattati della Comunità e dell’Unione

europea sono stati qualificati come fonti di rango costituzionale, le cui disposizioni vincolano

il legislatore italiano. Si è affermato il principio della prevalenza del diritto comunitario sul

diritto nazionale nelle materie di competenza dell’UE (es. Carta dei diritti Fondamentali

dell’UE). Benché le norme della Costituzione italiana conservino il primato nell’ambito

dell’ordinamento interno, la Carta assume valore di fonte di rango costituzionale in quanto

integra la tutela dei diritti apprestata dalla nostra Costituzione e vincola il legislatore

nazionale al rispetto del contenuto dei diritti da essa previsti.

Nelle materie previste dal Trattato dell’Unione Europea il Consiglio può emanare dei

regolamenti che hanno immediata efficacia nel diritto interno degli Stati membri e prevalgono

sulle norme statuali difformi. Il Trattato prevede che il Consiglio della Comunità emani

direttive volte ad avvicinare il diritto interno dei singoli Stati. La direttiva è una prescrizione

rivolta agli Stati perché provvedano all’armonizzazione delle disposizioni legislative. In Italia

tale procedura è stata prevista: ogni anno il Parlamento approva la legge di delegazione

europea, in cui si delega il Governo all’adozione di decreti legislativi per il recepimento delle

direttive e degli altri atti dell’Unione che necessitino di provvedimenti attuativi. Con cadenza

annuale viene approvata anche la legge europea, contenente previsioni modificative di

disposizioni interne che risultino in contrasto con l’ordinamento dell’Unione. Si è poi

affermato il principio per cui le direttive inattuate hanno immediata applicazione quando

siano incondizionate, chiare e sufficientemente precise; così la direttiva è fonte del diritto 5

nell’ordinamento interno. Regolamento e direttive incidono al livello della legge ordinaria.

Eventuali conflitti con una legge italiana vanno risolti attraverso il principio della competenza.

Regolamenti e direttive possono essere emanati soltanto nelle materie su cui l’UE risulta

avere competenza.

L’applicabilità delle norme. L’entrata in vigore

Perché una disposizione normativa divenga parte integrante dell’ordinamento giuridico,

occorre che essa sia entrata in vigore, cioè divenuta applicabile. L’entrata in vigore è

subordinata alla pubblicazione del testo normativo e al decorso del periodo di vacatio legis.

La pubblicazione consiste nella riproduzione del testo nella Gazzetta Ufficiale della

Repubblica (per gli atti statuali) o nel Bollettino Ufficiale della Regione (per atti regionali) o

nell’affissione all’albo (per le norme comunali). Ha la funzione di garantire la conoscibilità

delle norme dell’ordinamento. L’intervallo di tempo che deve trascorrere tra la pubblicazione

e l’entrata in vigore dell’atto normativo (vacatio legis) dura di regola 15 giorni (art. 73).

Ciascuna legge può tuttavia ridurre o sopprimere il periodo e disporre un’entrata in vigore

immediata (catenaccio). Trascorso il termine, la norma è applicabile e vincolante senza

riguardo alla conoscenza di fatto da parte dei destinatari. La conoscibilità legale e formale

cede, in alcuni casi, alla conoscibilità effettiva (ignoranza inevitabile).

Abrogazione delle norme. Principio di irretroattività

Ciascuna produzione di norme di eguale fonte è tale da poter produrre sempre nuove norme

giuridiche. È possibile che una nuova norma confligga con quelle emanate in precedenza. In

alcuni casi, il legislatore elimina la disciplina preesistente (abrogazione espressa), ma

qualora sia un giudice ad accorgersene si viene a creare un’antinomia che deve essere

superata per far sì che l’ordinamento mantenga un carattere di coerenza. Il criterio per

risolvere il conflitto è quello cronologico, che fa prevalere la norma più recente in caso di

norme prodotte da fonti omogenee (cioè di pari forza normativa). Questa abrogazione,

insieme al caso i cui la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore,

sono tipi di abrogazione tacita. Esiste anche il referendum abrogativo (art. 75), sebbene non

ammesso per le leggi come quelle tributarie.

L’abrogazione può avvenire anche nel caso in cui il legislatore provvede a riordinare in un

unico atto la disciplina di un’intera materia prima regolata da norme sparse: si formano testi

unici, tra cui ricordiamo i codici.

Il conflitto tra norme successive può risolversi in senso diverso quando la norma posteriore

non sia diretta a regolare l’intera materia oggetto della disciplina preesistente, ma solo a

sottrarre alcuni casi a quella disciplina, che rimane però in vigore per la generalità della

fattispecie. Anche nel caso opposto, la regola preesistente può rimanere in vigore, se diretta a

soddisfare esigenze particolari, proprie alle specifiche fattispecie.

Tra le cause che determinano la cessazione di efficacia della legge c’è la consuetudine

abrogativa, il ripetersi di un comportamento contrario a quello prefigurato dalla legge o il

perpetuarsi all’interno della collettività di un contegno omissivo della generalità dei soggetti;

e cioè la costante disapplicazione della regola (desuetudine). L’abrogazione di una norma

giuridica non significa che essa scompaia dall’ordinamento, ma solo che perde vigore a partire

dall’abrogazione. La norma abrogata mantiene la sua forza prescrittiva con riguardo ai casi

che si siano verificati prima dell’abrogazione, anche se la controversia sorge dopo l’intervento

6

abrogativo: la nuova disciplina regola solo i fatti successivi alla sua entrata in vigore.

L’art. 11 Disp. Prel. Cod. Civ. spiega il principio dell’irretroattività delle leggi: la legge non

dispone che per l’avvenire. Nelle leggi penali, questo principio è assistito da garanzia

costituzionale in base al principio di legalità (nullum crimen sine lege, art. 25). Fuori dal

penale, il principio è derogabile dallo stesso legislatore: la retroattività può essere disposta

con un’espressa previsione in contrario o risultare dalla stessa disciplina prevista.

Si pongono problemi per la disciplina delle situazioni in svolgimento, che siano sorte sotto il

vigore della vecchia disciplina, e non si siano concluse al sopravvenire della nuova. Il

legislatore predispone una serie di norme dirette a risolvere questo problema (diritto

transitorio che regola il passaggio dall’una all’altra disciplina).

Rapporti tra fonti diverse. Parità, prevalenza, competenza

I problemi derivanti dalla concorrenza di una molteplicità di fonti del diritto possono

produrre norme di forza diversa con riguardo a una stessa materia. Finché non sono in

conflitto, la disciplina stabilita da una fonte si affianca alla disciplina prevista dall’altra (es.

quando ad una legge segue un regolamento di esecuzione). Può anche verificarsi il conflitto

tra norme di fonte diversa; diventa fondamentale la posizione in termini di grado e

competenza reciproca tra le fonti. Se sono fonti diverse ma di pari grado, il contrasto si

risolverà col criterio cronologico. In ipotesi di diverso grado, subentra il principio

gerarchico: prevale la fonte superiore per grado. La norma prodotta dalla fonte inferiore,

anche se successiva, dovrà ritenersi illegittima, con la possibilità di innescare azioni per

eliminarla. La Costituzione e le leggi costituzionali sono superiori alle leggi ordinarie, che sono

superiori ai regolamenti. Può accadere che esistano più fonti a ciascuna delle quali è

assegnato un differente ambito di materia (competenza). Se i limiti posti ad una fonte sono

violati, la norma posta è illegittima, con conseguente possibilità di procedere alla sua

eliminazione.

L’illegittimità delle norme

Dire che una norma è illegittima significa rilevare un vizio nella sua formazione che la rende

inidonea alla sua funzione regolatrice. Affermare l’illegittimità non equivale ad affermare la

nullità o l’inesistenza di una norma. L’ordinamento prevede meccanismi per l’eliminazione

delle norme illegittime; ma, finché il risultato non è ottenuto, l’ordinamento tollera in via

provvisoria l’antinomia: la norma illegittima continua a svolgere la sua funzione finché non

viene cancellata. Il problema di accettare l’illegittimità costituzionale delle norme può essere

sollevato dal giudice richiesto di applicare la norma, ma il giudizio è affidato alla Corte

Costituzionale. Nel caso dei regolamenti, la valutazione di illegittimità può essere fatta da

qualunque giudice, ai soli fini di disapplicare il regolamento nel decidere il caso concreto; ma

il potere di annullare le norme e cancellarle dall’ordinamento spetta solo ai giudici

amministrativi.

L’evoluzione delle fonti

Per fonti si può intendere i modi di produzione propri di un sistema o i depositi da cui può

essere ricavato il materiale con cui costruire una decisione giudiziale.

Nel panorama internazionale, assumono rilievo i documenti di soft law, indirizzati agli Stati

aderenti per indicare linee di indirizzo cui adeguare i loro ordinamenti (es. Dichiarazione

Universale UNESCO). Le prescrizioni nei documenti di questo tipo hanno consentito uno 7

sviluppo legislativo ed interpretativo, offrendo criteri di integrazione del diritto di ciascun

paese. L’intreccio tra prassi e fonti formali è in continuo sviluppo.

La libertà contrattuale consente la creazione di modelli che si consolidano e creano usi

contrattuali rilevanti. Contribuiscono diverse iniziative di raccolta alle quali le parti possono

fare riferimento. Ciò concorre a formare un’autoregolamentazione trasversale dei rapporti

contrattuali. Di grande rilievo sono le norme deontologiche e i codici di autodisciplina, per

quanto riguarda i rapporti professionali e il diritto del consumo. Si tratta di documenti di

auto-regolazione che disciplinano la condotta di professionisti o di imprese: norme che

rappresentano il diritto interno a un’organizzazione che non fanno parte del diritto statuale,

ma possono esservi incluse per rinvio espresso del legislatore.

Il nostro ordinamento si regge sul principio per cui il giudice è soggett

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A.A. 2015-2016
9 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Fancia95 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Privato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano o del prof Morlotti Poletti Laura.