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LE FORME DI GOVERNO

La separazione dei poteri, la sovranità popolare, l’indirizzo politico ­>

A) La separazione dei poteri

Quando si parla di “separazione dei poteri” senza ulteriori specificazioni si intende far riferimento alla teoria, attribuibile a

Montesquieu, secondo la quale le funzioni legislativa, esecutiva e giurisdizionali (Poteri) dello Stato sono distribuite fra

distinti centri di potere, rispettivamente detti Parlamento, Governo ed Ordine giudiziario.

La separazione orizzontale o funzionale dei poteri è la divisione o separazione dei poteri sovrani e quindi originari. La

separazione verticale o territoriale dei poteri attiene ai fenomeni del decentramento e dell’autonomia in base ai quali

l’esercizio dei poteri viene distribuito su più livelli territoriali, coerentemente con le esigenze della popolazione, in modo

da garantire il più immediato ed efficiente soddisfacimento.

La ratio della formula organizzativa dei poteri statali è quella di evitare degenerazioni autoritarie o dispotiche, è infatti

sconsigliabile che tutto il potere legale risulti concentrato in un’unica persona e in un unico apparato, confusione dei

poteri, com’era invece tipico dell’esperienza dello Stato assoluto.

La ratio della separazione dei poteri è l’impossibilità di un cumulo integrale di due qualsiasi delle funzioni fondamentali in

capo allo stesso organo, non potendosi però arrivare ad escludere qualsiasi reciproca interferenza.

Si possono individuare tre possibili significati della formula “separazione dei poteri”:

. distinzione, ovvero separazione dei poteri come constatazione del fatto che gli Stati sono soliti distribuire al loro interno

il potere sovrano

. bilanciamento, ovvero separazione dei poteri come tecnica atta a consentire che nessun organo costituzionale sia mai

in grado di prevalere sugli altri, pur non potendosi escludere reciproche interferenze

. specializzazione, per cui ciascun degli organi costituenti fa soltanto una cosa

La critica fondamentale alla dottrina della separazione dei poteri si incentra sulla persistente attualità della tripartizione in

legislativo, esecutivo e giudiziario dei poteri, intesi in senso sia soggettivo (organi), sia oggettivo (funzioni). In altri

termini, da un lato, si constata, sul piano positivo, sia l’esistenza di organi costituzionali in numero superiore a tre (si

pensi al caso italiano, al Presidente della Repubblica ed alla Corte Costituzionale), sia l’emersione di funzioni statali

ulteriori rispetto alle classiche tre (si pensi in particolare alla funzione di indirizzo politico ed alla stessa ripartizione

verticale delle funzioni fondamentali tra Stato ed enti territoriali substatali). Poi sul piano logico, l’unica differenziazione

pensabile ed ineliminabile è quella tra creazione (legis­latio) ed applicazione (legis­exsecutivo) di una norma con una

logica priorità della prima rispetto alla seconda: ogni altra articolazione (ad iniziare da quella tra amministrazione e

giurisdizione) ha valore semplicemente positivo ma proprio per questo relativo e vale quindi sul piano teorico ma non su

quello dottrinale. Dunque la tradizionale articolazione dei poteri appare ad un tempo, sul piano concettuale

eccessivamente ampia (i momenti del potere sono solo due) e sul piano positivo troppo limitati (le funzioni e gli organi

sono ben più di tre).

Il fondamento positivo della separazione funzionale dei poteri è rintracciabile nel combinato disposto degli artt.3, 70 e

102, comma 1, Cost. Riguardo alla separazione organica, invece, il riferimento più importante si rinviene nell’art.104,

comma1, Cost., in cui si oppone la magistratura ad ogni altro potere. Tale risultanza testuale è implicitamente confermata

dalla stessa struttura della Parte II della Carta fondamentale, in cui si disciplinano, nell’ordine: il Parlamento (Titolo I), il

Presidente della Repubblica (Titolo II), il Governo (Titolo III), la Magistratura (Titolo IV), le Regioni, le Province, i Comuni

(Titolo V), la Corte Costituzionale (Titolo VI).

Emerge con evidenza che in questa Parte della Costituzione vi sono sei Titoli (e dunque almeno sei apparati, sei Poteri)

a fronte di tre sole funzioni.

Il testo costituzionale ha affiancato ai Poteri tradizionali, altri Poteri, per cui la critica all’aspetto organico coinvolgerà la

teoria, ma non la dottrina della separazione dei poteri.

L’art.70 Cost. dispone che la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere e l’art.102, comma 1,

Cost. precisa, specularmente, che la funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle

norme sull’ordinamento giudiziario. L’art.104, comma 1, Cost. definisce la magistratura ordine autonomo ed indipendente

da ogni altro potere.

Dal combinato disposto degli artt.102, comma 1, e 104, comma 1, Cost. si ricava una chiara riserva di funzione

giurisdizionale in capo alla magistratura giudicante.

La separazione dei poteri non tollera una confusione tra funzione legislativa e funzione giurisdizionale.

La funzione legislativa designa l’attività consistente nel fare le leggi, tale attività è esercitata collettivamente dalle due

Camere (art.70), ciò significa che si chiamano leggi gli atti, cioè i prodotti dell’attività, del Parlamento.

L’art.3, comma 1, Cost. sancisce che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. Tale enunciato prima ancora che un

principio è una regola, e più precisamente una prescrizione che la Costituzione rivolge al titolare della funzione

legislativa affinchè i suoi atti siano strutturati in modo da non realizzare disparità di trattamento (per lo meno in

riferimento a sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali) tra i destinatari dei comandi

adottati con legge. E l’unico modo per non incorrere nelle suddette disparità è che il comando sia formulato in modo

generale, sia cioè indirizzato a tutti.

Dunque sancendo che la funzione legislativa è l’attività parlamentare consistente nel porre comandi generali, può

ottenersi specularmente una definizione formale della funzione giurisdizionale, identificabile con l’attività giudiziaria

consistente nel porre comandi non generali ma singolari. Inoltre, mentre provvedimenti giurisdizionali devono essere

motivati, i provvedimenti legislativi non devono essere motivati.

Il senso e la portata della separazione dei poteri, intesa come dottrina, nel diritto italiano odierno, sono:

. dal punto di vista funzionale, i poteri giuridici restano tre, ma soltanto per due di essi (quello giurisdizionale e quello

legislativo) è prescritta una separazione assoluta

. il fatto che in Costituzione non sia menzionata la funzione amministrativa avvalora l’ipotesi che si tratti di una funzione

residuale

. stante, poi, la subordinazione anche dei giudici (oltre che degli amministratori) alla legge (art.101, comma 2, Cost.), si

spiega come la separazione tra amministrazione e giurisdizione sia un effetto indiretto della separazione tra quest’ultima

e la legislazione

. cosa, questa, che trova conferma anche sotto il profilo organico, laddove la magistrature viene costituita in ordine

indipendente ed autonomo dall’art.104, realizzando pertanto un’ipotesi di vera e propria riserva di funzione

giurisdizionale e, quindi, di separazione specializzata

. viceversa, le mutue interferenze tra i Poteri politici (Legislativo ed Esecutivo) inducono ad optare per una strutturazione

dei loro rapporti nei termini meno rigorosi di un bilanciamento non specializzato, sebbene sia da precisare che, in virtù

del disposto dell’art.70 Cost., mentre le incursioni del Governo nella funzione legislativa sono tassative, quelle del

Parlamento nella funzione esecutivo­amministrativa sono virtualmente illimitate

. per quanto concerne, infine, le figure menzionate nella Parte II della Costituzione ulteriori rispetto alle tre

originariamente previste nella ricostruzione montesquieuiana (Presidente della Repubblica, Corte Costituzionale, Regioni

ed Enti locali), esse troveranno posto nel sistema, a seconda dei due casi, in relazione alle funzioni legislativa,

esecutivo­amministrativa o giurisdizionali.

B) La sovranità popolare

L’art.1, comma 2, Cost. dispone che la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della

Costituzione. La locuzione “sovranità popolare” può essere intesa in vari significati:

. che lo Stato è democratico e quindi al popolo bisogna riconoscere il massimo possibile di poteri diretti

. che lo Stato deve essere dotato in un sistema elettorale per le scelte dei governanti, il c.d. principio rappresentativo

. si tratta di espressione a sé, del tutto distinta da quelle attinente alla sovranità in senso proprio, la quale ultima delinea

una posizione di supremazia giuridica spettante al Governo, e cioè allo Stato­apparato.

La stessa Costituzione distingue testualmente tra titolarità ed esercizio della sovranità, per cui è ben possibile

un’interpretazione del dettato costituzionale che tenga assieme le locuzioni “sovranità del popolo” e “sovranità dello

Stato” e conseguentemente la separazione dei poteri: titolare della sovranità è il popolo, ma l’esercizio di essa è dalla

Costituzione stessa demandato ai Poteri costituiti (ad iniziare dal Parlamento), i quali operano in regime di separazione

funzionale, piuttosto che di confusione.

La Costituzione risulta formalmente posta al di sopra del popolo sovrano che dunque può essere al tempo stesso

sovrano e sottoposto alla Costituzione. Per questo si parla di sovranità limitata.

C) L’indirizzo politico

La funzione di indirizzo politico sembra tale in un senso diverso da quello delle funzioni tradizionali. Ad esempio, la legge

è un’espressione di funzione legislativa ma non potrebbe non dirsi, nel contempo, espressione della funzione d’indirizzo

politico, ove per indirizzo politico si intenda la manifestazione di volontà armonica e coerente di uno o più soggetti in

funzione del conseguimento di un fine politico. È indubbio che la legge sia l’atto d’indirizzo politico per eccellenza, e

quindi è altrettanto giusto dire che la legge è atto d’indirizzo politico, quanto che sia espressione di funzione legislativa.

Ne deriva che la medesima parola “funzione” deve designare, nel caso della funzione legislativa ed in quello della

funzione d’indirizzo politico, due cose distinte. Più precisamente, nel primo caso, così come a proposito delle funzioni

esecutivo­amministrativa e giurisdizionale, si allude ad un concetto tecnico­formale di funzione, ossia all’attività di un

dato organo (Parlamento) che culmini in un dato atto tipico (legge

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A.A. 2014-2015
123 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/08 Diritto costituzionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giurisprudenzariassunti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto costituzionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia o del prof Vignudelli Aljs.