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FONDAMENTI E TEORIE DELL’ORGANIZZAZIONE
La pedagogia del lavoro è intesa come la disciplina che analizza il modo di agire dell’essere umano
in un contesto lavorativo e alla base del suo pensiero vi è il rapporto tra il valore educativo e l’agire
lavorativo. Il lavoro infatti non deve essere visti come un’attività necessaria a rispondere ai soli
4 Agire con professionalità significa adottare regole di comportamento che possono essere descritte,
verificate e certificate.
5 Intesa come percorso che rende compatibile il raggiungimento della meta; tenere la rotta significa disporre
di una carta di navigazione, saper fare il punto della rotta stessa, disporre di correnti e venti favorevoli; nel
campo educativo significa conoscere il contesto in cui si opera, saper valutare le proprie risorse, saper
riconoscere i propri bisogni(bilancio personale e professionale).
bisogni di sopravvivenza, ma uno spazio di azione strategica in cui il soggetto dà valore alla
conoscenza, riprogetta nuovi significati ed è al centro del processo formativo. In generale, per
organizzazione si intende quell’insieme di persone associate per uno scopo unitario, tra cui si
dividono le attività da svolgere, secondo certe norme, stabilendo dei ruoli collegati tra loro in modo
gerarchico, in rapporto con l’ambiente esterno. Elemento primario è l’individuazione dell’obiettivo
strategico, il quale dipende dalla storia dell’organizzazione, dall’ambiente, dalle strategie aziendali
e dalle risorse disponibili.
Il modello di Leavit, individua 4 componenti base dell’organizzazione: persona, struttura,
tecnologia, compito; invece Pascale e Athos propongono il modello delle dette S., da cui dipende il
successo aziendale: staff, struttura, sistemi, strategia, skill, stile di direzione, sistema di valori
prevalente. Di seguito vediamo come nel tempo si sono susseguiti diversi modelli organizzativi, nel
tentativo comune di trovare delle regole esplicative per gestire e far funzionale le organizzazioni.
LA SCUOLA DELLO SCIENTIFIC MANAGEMENT O APPROCCIO CLASSICO
Taylor aveva una visione organica dell’organizzazione, che intendeva come una grande macchina
attraverso cui raggiungere una più produttività aziendale. Tra gli elementi distintivi dello scientific
management vediamo: totale separazione tra chi decide e dirige e chi esegue i compiti elementari e
parcellizzati; “one best way”, cioè un’unica modalità organizzativa, fatta di tempi e metodi
standardizzati, attraverso cui è possibile raggiungere determinati risultati aziendali; la
razionalizzazione, la misurazione e la parcellazione delle attività dei singoli sono gli unici modi per
incrementare la qualità e la quantità della prestazione lavorativa individuale; i fattori tempo e
metodo sono determinati per il successo dell’organizzazione; il lavoratore deve essere addestrato
all’esecuzione di un solo compito elementare e deve interessarsi solo alla realizzazione dello stesso.
Gli operai erano pensati come un prolungamento delle macchine. La pedagogia del lavoro critica il
modello di Taylor poiché la sua visione era centrata sul fare il lavoro e non sullo scegliere il modo
in cui lavorare, dimensione invece questa che mira alla piena realizzazione individuale.
IL MODELLO BUROCRATICO
Il filone di studi legato a questo modello si rifà agli studi di Weber. Qui la struttura organizzativa
deve tendere al raggiungimento degli obiettivi, rispettando: la divisione del lavoro in base alla
specializzazione funzionale, la gerarchia di autorità, un sistema di norme e procedure,
l’impersonalità delle relazioni interpersonali, selezione e promozione in base alle competenze
tecniche. Nel modello burocratico le regole e le norme sono il perno di tutta l’organizzazione, la
comunicazione è del tutto formale, i processi decisionali sono gerarchici e vi è un’ossessione per il
controllo, al fine di evitare ogni tipo di incertezza sul funzionamento aziendale. Numerosi sono i
conflitti inter e intrapersonali, generati per la mancanza di comunicazione e per la scarsa
motivazione al lavoro legata alla presenza di routine. Il modello burocratico dunque non è
compatibile con un ambiente complesso e dinamico poiché eccessivamente standardizzato, chiuso
ed autoreferenziale.
LE RELAZIONI UMANE
Gli studi portati avanti dalla scuola di Chicago, volevano correggere l’eccessiva parcellazione di
attività lavorativa proposta da Taylor, e tentare di rispondere al disagio sociale, psicologico e
professionale dei lavoratori costretti all’alienazione. Si formula l’ipotesi che il rendimento dei
lavoratori era determinato dalla situazione sociale e dal livello di soddisfazione psicologica.
L’organizzazione passa così dall’essere considerata una grande macchina all’essere pensata come
organismo vivente che reagisce ai fattori esterni e/o interni e che raggiunge o meno gli obiettivi
prefissati in relazione al livello di benessere percepito dai lavoratori.
In virtù di tali presupposti, si inizia a creare un modello organizzativo in cui si implementano spazi
di socializzazione per i lavoratori, funzionali a un miglioramento dei livelli di produttività
aziendale. Elementi chiave del modello delle relazioni umane sono: il valutare l’azione del
lavoratore non in modo parcellizzato ma nel suo complesso; la negazione della standardizzazione di
Taylor che non tiene conto delle diversità intraindividuali e per questo non può valere in ogni
contesto organizzativo; le motivazioni e le aspettative dei lavoratori influenzano il loro agire sul
posto di lavoro e dunque il clima relazionale influenza la produttività.
L’organizzazione, è vista come un luogo in cui le persone collaborano e interagiscono positivamente
tra loro e con l’ambiente circostante. Affinchè ciò avvenga è importante che vi siano: divisioni di
compiti per persona e/o gruppo; comunicazione e scambi non gerarchici; coincidenza degli scopi
dell’organizzazione con quelli delle persone che vi lavorano attraverso incentivi, coinvolgimenti e
partecipazione ai processi decisionali e produttivi. Il lavoratore non è ingranaggio come nella teoria
di Taylor, ma risorsa umana. Gli obiettivi aziendali non possono raggiungersi se alla base non ci
sono i processi e gli scambi comunicativi. La seconda guerra mondiale ha interrotto gli studi in
ambito delle risorse umane.
LE MOTIVAZIONI
Solo con gli anni ’50, abbiamo una ripresa: uno dei più grandi contributi allo studio delle
organizzazioni arriva dalla scuola motivazionale. Maslow, autore principale del filone, postula
nell’uomo l’esistenza di bisogni fondamentali organizzati a livelli successivi: una volta soddisfatto
un bisogno, questo verrà sostituito da altri di livello superiore e così via. I bisogni di livello
successivo vengono solo dopo aver soddisfatto in gran parte quelli precedenti. Vengono riconosciti
cinque livelli di bisogni:
1)fisiologici primari(cibo, asilo, sesso);
2)sicurezza(bisogno di protezione dal pericolo e dalle minacce);
3)appartenenza e amore(detti anche bisogni sociali di ricerca di relazioni affettive con altre persone
e di avere un posto in un gruppo);
4)stima(che sfocia nel desiderio di ottenere forza, fiducia, indipendenza, riconoscimento,
apprezzamento);
5)autorealizzazione e auto completamento nel fare ciò per cui ci si sente portati.
Alla fine degli anni ’60 Hertzberg, un altro autore in questo filone di studi, identificò i due tipi di
fattori che possono avere effetti motivazionali sul lavoro:
1)hygiene factors: bisogni che se non vengono realizzati provocano insoddisfazione nel
lavoratore(stile di supervisone, rapporti con i colleghi, retribuzione, sicurezza del lavoro);
2)motivator factors: bisogni che se assicurati provocano soddisfazione nel lavoro(responsabilità,
autonomia e crescita professionale, natura del lavoro) ma non possono eliminare eventuali
mancanze nei primi.
Viene data poca importanza al fattore prestigio e alla retribuzione e non si considera l’aspetto
organizzativo del lavoro.
LA TEORIA DI SIMON
Lo studioso sostiene che l’organizzazione è un organismo complesso che opera in un contesto
socio-produttivo, all’interno del quale agisce mosso da una razionalità limitata. E’ quest’ultima che
secondo Simon, muove le scelte individuali di quanti lavorano in una data organizzazione.
Considerando che la razionalità di un individuo, durante il processo decisionale, è limitata cioè dai
condizionamenti fisici, mentali e culturali, Simon definisce un modello decisionale in cui si integra
la scelta ottimale, in seguito alla valutazione delle alternative possibili. L’azione organizzativa è
allora vista come un insieme di programmi d’azione, nei quali si concatenano i fini che si vogliono
raggiungere utilizzando i mezzi disponibili.
L’uomo che dirige deve continuamente decidere secondo tre stadi: intelligenza(scoprire quando
prendere una decisione), progettazione(trovare linee di azione alternative); scelta(selezionare la
linea più appropriata tra quelle disponibili).
L’organizzazione è un sistema cooperativo che accumula le esperienze fatte, valorizza le criticità
incontrate e sistematizza le soluzioni trovate e adottate. Ciò permette di assumere decisioni poco
rischiose anche in momenti di cambiamento e turbolenza del mercato e della società come il tempo
attuale.
VERSO UN APPROCCIO SISTEMICO
Lo scenario contemporaneo, caratterizzato da repentini mutamenti nei processi di lavoro e da
instabilità lavorativa, impone un cambiamento nel modo di pensare le organizzazioni. Queste non
possono essere pensate come sistemi chiusi e rigidi ma come organismi viventi, le cui parti
costituenti interagiscono tra di loro e con il mondo esterno. Ogni azienda deve crearsi dei confini e
gestire le relazioni di scambio con l’esterno per finalizzare i propri scopi. Il controllo è presente ma
al fine di verificare lo stato presente e futuro dell’organizzazione, alla continua ricerca di un
equilibrio con l’ambiente. L’approccio sistemico caratterizza le recenti configurazioni economiche-
organizzativo-produttive, come le imprese-reti e le organizzazioni a rete.
LE ORGANIZZAZIONI CHE APPRENDONO
Parlare di organizzazione pensante significa esprimere l’idea che i membri pensanti
dell’organizzazione prendono le decisioni che influenzano le azioni di loro stessi, degli altri e della
loro organizzazione. La Learning Organization è una metafora, una direzione da seguire, un posto
dove arrivare per realizzare organizzazioni più consone alle caratteristiche dell’uomo. Si tratta di
una struttura organizzativa che sviluppa delle pratiche e delle conoscenze, in modo da assicurare
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