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SACRIFICIO,

esempio di stile narrativo storico;

- singolare è il gruppo dei musicanti composto con due figure viste di dorso. Probabilmente si tratta

- di un espediente per evitare che le lunghe trombe occupassero troppo spazio;

la posizione di scorcio delle trombe e la posizione delle figure rivolte verso il fondo del rilievo

- indicano che nella mente dello scultore tale fondo non esisteva;

le figure non occupano tutta l’altezza del fregio ma lasciano un vuoto al di sopra delle teste, in

- modo tale che esse dessero l’impressione di muoversi;

questo è uno dei pochissimi esempi di libertà spaziale e di concezione prospettica nell’arte romana.

-

4- PITTURA

scene di mercato, scene di processioni religiose, ecc.

- i fatti vengono illustrati con la preoccupazione di rendere ben evidenti gli avvenimenti. Ciò si

- ottiene distorcendo la prospettiva.

- Rissa nell’anfiteatro, Museo Archeologico Nazionale di Napoli (p. 64):

esempio:

- - rissa fra spettatori di Pompei e di Nocera, avvenuta nel 59 d.C.;

- anfiteatro distorto nella sua veduta interna;

- velario che ricopriva una parte dell’edificio per riparare gli spettatori

dal sole posto in alto, distaccato dal resto (come il baldacchino nel

rilievo da Amiternum) → tutto ciò che caratterizza il luogo deve es-

sere rappresentato senza nuocere alla chiara leggibilità della scena.

ARTE PATRIZIA

RITRATTO

Risale a non prima della metà del IV secolo a.C., cioè a non prima che il ritratto fisionomico si

affermasse in Grecia.

San Giovanni Scipioni, Biblioteca Nazionale di Parigi (p. 73):

- - ritratto onorario pubblico dipendente dalla ritrattistica ellenistica;

- testa in bronzo;

- tecniche “impressionistiche”, come il punteggio della barba o i capelli.

il tipico ritratto romano nasce invece nella sfera privata e precisamente in quella del culto familiare

- (anche se poi -ricordiamolo- si estenderà all’immagine da porsi sulla tomba, es. Cippo funebre,

Museo Nazionale a Taranto, p. 74): tipicamente romano è lo nonché il privilegio di

ius imaginum,

tenere le immagini degli antenati nell’ambiente centrale della casa, ovvero nell’atrium. Le imagines,

riprodotte in epoche successive in numerose repliche per seguire gli appartenenti ai vari rami della

famiglia, venivano conservate ciascuna in un armadietto a sportelli, ed erano prima in cera e poi in

scultura.

a partire dal I secolo a.C., ovvero dall’età sillana, il ritratto romano cerca di esprimere l’austerità e la

- forza di volontà di una particolare stirpe ed è caratterizzato da:

- minuzioso realismo, con descrizione precisa dell’epidermide;

- attenzione all’analisi e non all’effetto d’insieme.

un esempio che riassume quanto detto fino a qui riguardo al ritratto è la Statua Barberini, Palazzo

- dei Conservatori (p. 78), che rappresenta un uomo in toga che porta due busti:

- la statua è d’età augustea per il tipo e il trattamento della toga;

- la testa posta sulla statua è il tipico ritratto risalente al tempo del II triumvirato

(43-32 a.C.);

- i busti sono “precedenti”, ovvero d’età repubblicana, limitata a poco più del col-

lo, e il loro stile non è quello del ritratto di età sillana, ma appartengono al natu-

ralismo di tradizione ellenistica e medio-italica. Nello specifico, il busto tenuto

con la mano destra risale al 50-40 a.C., mentre quello tenuto con la mano sinistra

risale al 20-15 a.C.

da tutto ciò si può capire come il ritratto romano del I secolo a.C. non possa assolutamente avere

- un’unica etichetta o un’unica definizione. Esso, infatti, può seguire ben quattro correnti di diversa

provenienza:

ritratto semplice e oggettivo, di ascendenza medio-italica;

1-

2- ritratto di tendenza patrizia di età sillana;

3- ritratto ellenistico, ricco di modellato e un po’ plastico;

4- ritratto ancora di ascendenza medio-italica ma che ha assorbito l’insegnamento ellenistico.

l’esempio tipico di commistione di elementi ellenistici e romani è la statua di un “generale”, Museo

- Nazionale, trovata a Tivoli (p. 86): - figura nuda, raffigurata come gli eroi della leggenda greca;

- corazza posta a lato, che fa da puntello alla statua;

- volto plastico con labbra leggermente aperte e panneggio ab-

bondante, tipici della ritrattistica ellenistica;

- eccessiva ricerca del dettaglio, tipica della ritrattistica patrizia di

età sillana.

accanto a questi ritratti, vi è l’imago ovvero l’immagine sullo scudo, di origine greca e

clipeata,

- metallica (es. ritratto su scudo, Museo di Ostia, p. 90).

non si può dire che il ritratto romano sia una derivazione della maschera funebre. La maschera

- funebre, infatti, è la “matrice ideologica” del ritratto, ed è assai difficile esprimere perfettamente in

forma artistica attraverso il ritratto il dato materiale della maschera. Il miglior documento del

rapporto fra maschera e ritratto è una testa in terracotta, Museo del Louvre a Parigi (p. 92).

Dunque, poiché la fissata nella maschera non era di per sé un fatto artistico, è stato solo

imago

attraverso il contatto con il ritratto ellenistico altamente plastico che la civiltà romana si è espressa

appieno in quest’arte.

ultimo aspetto da ricordare è il ritratto dipinto (es. ritratto di un magistrato municipale di Pompei e

- di sua moglie, Museo Archeologico Nazionale di Napoli, p. 100, e ritratto di donna anziana, Museo

di Berlino, prodotto in Egitto, p. 101). COLOMBARI

Coloro che non potevano economicamente esternare sé stessi in un grande monumento architettonico

si riunivano in associazioni, che mediante una quotazione annua garantivano l’accoglimento delle ceneri

in un ambiente decoroso. Questi sepolcreti, per le nicchie semicircolari che si aprivano sulle pareti

come i rifugi dei colombi, venivano detti “colombari” (p. 104). Ciò dimostra il particolare aspetto della

società romana, profondamente attaccata alla volontà di durare oltre la morte nel ricordo degli uomini

attraverso la costruzione di grandiosi sepolcri lungo le strade, di modo che i passanti potessero vederli e

leggere le iscrizioni. SCULTURA – NEOATTICISMO

Il Neoatticismo è una fase della scultura antica iniziato nel II secolo a.C. e conclusosi nel I secolo d.C.

Le officine scultoree neoattiche erano dislocate soprattutto ad Atene (da qui il nome) e servirono la

grande domanda da parte dei collezionisti romani di statue secondo lo stile classico del V-IV secolo a.C.

e talvolta quello arcaico del VI secolo a.C. I neoattici non producevano copie, ma opere originali

secondo i caratteri dell’epoca classica, ispirandosi alle opere più antiche. La produzione neoattica aveva

dunque carattere retrospettivo, neoclassico e nostalgico, nostalgia che però svanì una volta che il

neoatticismo venne portato a Roma con i vasi delle fabbriche di Arezzo, le argenterie, i camei, le

gemme incise e i vetri, ispirati all’arte di Pergamo, Siria e Alessandria (pp. 203-7).

Abbiamo così, per esempio, la copia del “Doriforo” di Policleto a Napoli (p. 182), la statua-ritratto

dell’imperatore Augusto al Museo Chiaramonti a Roma (p. 183) che nasconde sotto la corazza ancora il

corpo del Doriforo, la coppia di personaggi raffigurati in aspetto di Venere e Marte al Museo Nazionale

(p. 184), la giovane donna raffigurata come Onfale ai Musei Vaticani (p. 185), ecc.

PITTURA

spazio suggerito mediante espedienti grafici e coloristici.

- utile per capire la distinzione fra la pittura di età romana di diretta tradizione ellenistica e la pittura

- romana vera e propria è il Teseo liberatore. Di esso vi sono appunto due repliche, entrambe

conservate al Museo Archeologico Nazionale a Napoli:

a. replica proveniente da Ercolano (p. 111), si trova sulla Basilica e appartiene alla cultura

ellenistica. Essa costituisce una copia fedele di pittura greca ricca di chiaro-scuri. La sua

concezione è del tutto aderente al senso del mito: Tèseo, che assomiglia quasi alle statue di

Lisippo, è quasi abbagliato dal successo della sua impresa, ha l’occhio sbarrato e, esaltato dalla

grandiosità del momento, non presta attenzione ai fanciulli salvati; il Minotauro, invece, ucciso, è

un essere assolutamente mostruoso;

b. replica proveniente da Pompei (p. 112), si trova sulla facciata di una casa privata e appartiene alla

cultura romano-campana. Qui non vi è assolutamente la presenza del mito, anzi, la scena

rappresentata potrebbe essere l’illustrazione di un fatto di cronaca: Tèseo ha un’anatomia

grossolana e volgare, mentre il Minotauro non è terribile, ma quasi da compassionare. Il tutto

viene tradotto in un linguaggio familiare e quotidiano.

episodio dell’Odissea, Biblioteca Apostolica del Vaticano (p. 117), situato nella casa sull’Esquilino,

- che appartiene alla cultura ellenistica.

da tutto questo si può capire come la pittura romana derivi fondamentalmente da quella greca: la

- prima, infatti, non è nient’altro che una rivisitazione della seconda. Ma si hanno comunque delle

pitture non toccate assolutamente dal mondo greco, anche se solo per l’1%: si tratta, in particolare,

di pitture che rappresentano scene storiche e scene trionfali. Abbiamo così:

1- frammento proveniente da una tomba dell’Esquilino, Palazzo dei Conservatori (p. 113):

- rappresenta una scena storica, sebbene l’episodio rimanga incerto. Questa pittura si collega co-

munque con Massimo Rulliano, console nel 322 a.C. e comandante romano nella II guerra

sannitica del 326 a.C.;

- la scena è descritta su un unico fondo chiaro diviso in quattro zone sovrapposte;

- i personaggi rappresentati sono molto più grandi del normale;

- queste ultime due caratteristiche mostrano che la pittura romana non ha ancora assunto le ri-

cerche chiaroscurali, luministiche e spaziali tipiche di quella ellenistica.

2- pitture trionfali, che venivano portate nei cortei e che rappresentavano episodi della guerra vinta

o i luoghi degli scontri o le città conquistate. Di esse però non rimane nulla.

I QUATTRO “STILI”

Lo scavo di Pompei ha restituito talmente tanti materiali di consumo e di uso quotidiano che essi

vengono usati come base per la classificazione dei tipi di pittura. Senza il suo scavo non conosceremmo

nulla della suddivisione in “stili”, dal momento che Roma ha restituito un numero davvero ridotto di

testimonianze.

Nel 1882 lo studioso-filologo Man ha distinto, in particolare, quattro tipi di pittura, suddividendoli in

quattro “stili”, descritti nel di Vitruvio, secondo il quale la pittura doveva essere

De Architectura mìmesis,<

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
26 pagine
1 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/07 Archeologia classica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Tonnina di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Archeologia e storia dell'arte greca e romana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Verona o del prof Facchini Giuliana Maria.