Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Nell’antropologia culturale americana venne fatta però una distinzione, tra classe e casta, ovvero un
gruppo con una propria posizione entro una società gerarchicamente stratificata, ma chiuso; agli
individui è vietato passare dall’una all’altra (il termine è di origini portoghesi) .
La maggior parte degli studiosi occidentali ha giudicato il sistema di stratificazione dell’India il prototipo
della stratificazione in caste e alcuni sostengono che fuori dell’India non si può affermare propriamente
che la casta esista. Altri, invece, trovano utile applicare il termine a forme di stratificazione sociale
sviluppate altrove, ma simili come genere allo schema dell’Asia meridionale.
Razza
Il concetto di razza si sviluppò nel contesto dell’esplorazione e della conquista europee, a
cominciare dal XV secolo.
La razza è una categoria della popolazione i cui confini si pretenda corrispondano a
insiemi distinti di attributi biologici.
Il razzialismo è la convinzione che esistano razze biologicamente distinte, convinzione
che sfociò ben presto nel razzismo, l’oppressione sistematica di una o più “razze”
socialmente definite ad opera di una “razza” specifica, giustificata in base alla pretesa
superiorità biologica dei dominanti e all’altrettanto pretesa inferiorità biologica dei
dominati.
Il pensiero razzista perdura anche all’inizio del ventunesimo secolo e il suo solo possibile
significato è che le categorie razziali hanno origine non nella biologia ma nella società.
È importante riaffermare che tutte le cosiddette razze sono comunità immaginate.
il concetto tradizionale di razza della società occidentale è biologicamente e geneticamente privo di
significato.
Razza sociale = status acquisito contraddistinto da un marchio razziale nell’ambito di un sistema di
stratificazione composto da categorie simili a classi, aperte, alle quali si assegnano,
appunto, marchi razziali
colorismo = sistema di identità sociali negoziato a seconda della situazione lungo un continuum di
tonalità dell’epidermide dal bianco al nero
Etnicità
Per l’antropologo i gruppi etnici sono gruppi sociali i cui componenti si distinguono in
base all’etnicità, un principio di classificazione sociale utilizzato per creare gruppi basati
su caratteristiche culturali selezionate quali la lingua, la religione o l’abbigliamento;
l’etnicità emerge da processi storici che incorporano gruppi sociali distinti in una singola
struttura politica in condizioni di ineguaglianza.
L’etnicità si sviluppa via via che i vari gruppi tentano di comprendere i vincoli materiali cui
sono sottoposti nell’ambito della singola struttura che li restringe. Tale fenomeno è
descritto talora come una lotta fra l’autoattribuzione (cioè gli sforzi degli interni per
definire la propria identità) e l’eteroattribuzione (cioè il tentativo degli esterni di definire
l’identità dei gruppi).
Un risultato di questa contrapposizione è la comparsa di nuovi gruppi e identità etnici che non sono in
rapporto di continuità con alcun singolo gruppo culturale preesistente.
Esempio: Nel Camerun settentrionale i funzionari coloniali tedeschi, francesi e britannici si affidarono ai
capi musulmani locali ai quali attribuivano importanza.
Essi adottarono la pratica musulmana di aggregarle miriade di popolazioni non musulmane delle colline
e delle pianure e di chiamarle Haabe o Kirdi, cioè “pagani” .
Le confrontarsi dunque con una medesima autorità coloniale e giungendo a condividere una situazione
e un insieme di interessi comuni, Guidar, Daba, Fali, Ndjegn e Guiziga erano tutti trattati allo stesso
modo della autorità locali e svilupparono un nuovo e più comprensivo livello di identità etnica, come in
questo caso il riconoscimento di questi gruppi di appartenere ed identificarsi come Kirdi.
Nazione e stato nazionale
La Rivoluzione francese, iniziata nel 1789, cancellò del tutto il diritto divino del re, e i governanti ebbero
bisogno di definire un nuovo fondamento sul quale legittimare l’autorità statale.
La soluzione che si affermò radicava l’autorità politica nella nazione: un gruppo di persone che si
riteneva condividessero storia, cultura, lingua e perfino patrimonio fisico.
Le nazioni furono associate al territorio, come era avvenuto per gli stati, e lo stato-nazione o stato
azionale si impose come unità politica ideale nella quale coincidevano l’identità nazionale e il territorio
politico.
La nazionalità è il senso di identificazione con lo stato nazionale e la lealtà nei suoi confronti.
L’impegno dei funzionari governativi e delle istituzioni statali per instillare nei cittadini tale senso di
nazionalità è stato definito nazionalismo.
Come abbiamo visto gli stati sono proprio le strutture politiche che generano le identità etniche fra i vari
aggruppamenti culturali che essi incorporano su basi ineguali;
-ma cosa succede se un gruppo decide di mantenere la propria identità respingendo quella nazionalista e
così mettendo in dubbio la legittimità dello stato stesso?
Al fine di evitare una tale eventualità le ideologie nazionaliste comprendono tipicamente alcune
caratteristiche culturali dei gruppi culturali subordinati.
Tramite questa operazione si spera che i gruppi subordinati identificandosi per alcuni tratti nell’identità
nazionale la accettino come propria professando lealtà nei suoi confronti.
Williams chiama questo processo egemonia trasformista, ovvero un programma nazionalista volto a
definire la nazionalità in modo da conservare il dominio culturale del gruppo dominante e da
comprendere tuttavia sufficienti caratteristiche culturali dei gruppi subordinati, al fine di assicurarsene
la lealtà.
I leader nazionali traggono la misura dell’affidabilità e della lealtà dei cittadini da quanto fedelmente essi
copiano (o rifiutano di copiare) le pratiche culturali che definiscono l’identità nazionale.
Sfortunatamente le pratiche dei gruppi subordinati che non vengono comprese nell’ideologia
nazionalista sono regolarmente marginalizzate e svilite, e la persistente adesione ad esse può
considerarsi sovversiva. Alcuni gruppi per di più possono essere del tutto ignorati.
Tutte le categorie sociali discusse sono creazioni culturali non giustificabili rifacendosi alla biologia o alla
natura in genere.
Molti membri delle società studiate sostengono però il contrario, ricorrendo a quelle che gli antropologi
definiscono argomentazioni naturalizzanti, ovvero la deliberata rappresentazione di particolari identità
(di casta, classe, razza, etnicità e nazione, per esempio) come se discendessero dalla biologia o dalla
natura anziché dalla storia o dalla cultura, in modo da farle apparire eterne e immutabili.
Per rendersi persuasiva, la pretesa di naturalizzazione si affida alla riduzione immaginaria o
combinazione delle identità.
Ad esempio tutte le forme d’identità analizzate nel capitolo sono state descritte o giustificate qua e là
nel tempo rifacendosi a una sostanza corporea condivisa; Così facendo la cultura viene ridotta al sangue.
Capitolo 14: Il mondo globale
La conclusione della guerra fredda e la caduta del comunismo provocarono la crisi del pensiero marxista
e molti dei capisaldi della teoria della modernizzazione furono resuscitati nella forma della teoria
economica liberale, che prometteva di apportare prosperità ad ogni stato nazionale e di predisporgli
una nicchia nel mercato capitalistico in corso di globalizzazione.
Il prodotto di tutti questi processi viene spesso dipinto come inequivocabilmente positivo, ma gli
antropologi che vi si dedicano hanno dimostrato che i risultati non sono positivi per tutti.
La globalizzazione è il rimodellamento delle condizioni locali ad opera di potenti forze globali su scala
sempre più vasta e con intensità crescente.
Questo processo suggerisce un mondo ricco di movimento e mescolanza, di contatti e di legami, di
persistenti interazione e scambio culturali.
È apparso evidente per qualche tempo che gli effetti della globalizzazione non sono uniformi.
Gli studi sulla globalizzazione mettono in evidenza i modi con i quali il globale si articola con il locale: la
ricerca mira a dimostrare come i processi di globalizzazione si svolgano nel contesto di particolari realtà
sociali e debbano fare i conti con esse.
La conseguenza è che tutti possono continuare a vivere la propria esistenza locale, ma il mondo
fenomenico di ciascuno è divenuto in qualche misura globale. (Inda e Rosaldo)
I flussi innescati dalla globalizzazione hanno minato la possibilità degli stati nazionali di presidiare
efficacemente i propri confini, suggerendo la necessità di rivedere le idee concernenti gli stati nazionali.
I migranti contemporanei hanno dato vita a varie identità transfrontaliere. Alcuni si impegnano nel
nazionalismo a lunga distanza, che sfocia nell’emergere di stati transfrontalieri che vedono negli
emigranti i cittadini transfrontalieri della loro patria ancestrale anche quando sono legalmente cittadini
di un altro stato. Per alcune cittadinanze transfrontaliere è necessario che si stabiliscano stati nazionali
transnazionali compiutamente definiti.
Il termine diaspora indica le popolazioni migranti dotate di identità comune che vivono in varie località
del mondo; è una forma di identità transfrontaliera non centrata sull’edificazione nazionale
(nazionalismo).
Il nazionalismo a lunga distanza si ottiene quando i membri di una diaspora incominciano ad
organizzarsi a sostegno delle battaglie nazionalistiche che si combattono nella madrepatria, o ad
agitarsi per ottenere un proprio stato.
Lo stato transfrontaliero è una forma di stato nella quale si rivendica che le persone che hanno lasciato
il paese e i loro discendenti rimangano parte dello stato d’origine pur essendo cittadini di un altro.
La cittadinanza transfrontaliera è propria di un gruppo di cittadini di un paese che continua a vivere in
patria, più le persone emigrate dal paese e i loro discendenti, a prescindere dalla cittadinanza attuale
(ad esempio parecchi paesi latinoamericani permettono agli emigranti naturalizzati cittadini di stati
come gli USA di conservare la doppia nazionalità e perfino il diritto di voto nel loro paese d’origine).
La forza del nazionalismo a lunga distanza e delle cittadinanze transfrontaliere mette in evidenza
l’incoerenza e i paradossi insiti nel significato che alla cittadinanza si dà negli stati nazionali in cui si
stabiliscono gli emigranti.
La citta