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I beni culturali DEA sono un sottoinsieme del sistema chiamato “cultura”;
- la cultura,”.
- La cultura non corrisponde all’istruzione, ma nel senso etnografico e antropologico, include conoscenza,
credenze, arte, morale, modelli di comportamento e prodotti, e qualsiasi capacità e abitudine dell’uomo come
membro di una società
- In quanto “capacità e abitudine acquisita”, la cultura è trasmessa da una generazione all’altra, è dunque
“tradizione”.
- La cultura comprende quindi anche i manufatti, la varietà di oggetti, i prodotti materiali di questi uomini in
società.
La tradizione disciplinare di studiosi delle scienze antropologiche, ha privilegiato due tipi di culture:
- quelle dei popoli extraeuropei non provvisti di scrittura, gruppi umani variamente definiti “primitivi o “selvaggi”;
- e quelle delle comunità europee, soprattutto rurali, scarsamente o per nulla alfabetizzate
Il campo DEA comprende le culture delle classi popolari (oralità), indicato con “folklore”, “tradizione” o “cultura
popolare”.
- Cirese ridefinisce il folklore come la cultura delle classi strumentali e subalterne, caratterizzate da una
condizione socioeconomica (lavoro manuale), e che sul piano politico hanno un ridotto accesso agli strumenti
del potere.
- Nel nostro paese le classi subalterne coincidono con quelle rurali, con il mondo agropastorale, e poi con la
classe operaia;
La formazione dei beni demoetnoantropologici.
Il primo problema che si pone è quello del riconoscimento. La cultura delle classi subalterne è diventata solo
recentemente un settore di studio, ma ricostruirne le origine è un problema complesso:
- solo dal XIX secolo ci sono ricerche dedicate allo studio della tradizione popolare, ma a causa della
trasmissione orale:
non ci sono memorie esterne,
o non ha prodotto archivi, biblioteche, musei,
o soprattutto è priva d’intellettuali specializzati nella registrazione scritta.
o
- inoltre la tradizione popolare è fatta da elementi diffusi, condivisi, e di trasmissione prevalent. comunitaria e
familiare
- nella seconda metà del ‘900, con l’affermarsi delle osservazioni di Gramsci sul folklore, che la cultura delle
classi subalterne viene nuovamente ad acquisire una dimensione valoriale: si configura come un contributo alla
creazione di una nuova coscienza sociale, come cultura di contestazione e di contrapposizione alla logica
dominante del profitto, e in ultima analisi come componente e strumento della lotta di classe.
- parte il primo grosso impegno di elaborazione di schede di catalogo nella seconda metà degli anni 70, con la
nota serie FK
- quello dei Beni Culturali di tradizione popolare è chiaramente un patrimonio in continua espansione.
La rivitalizzazione delle tradizioni popolari.
Nell'ambito della rivitalizzazione delle tradizioni popolari, tra gli anni 60 e 70, oggetto privilegiato è il canto popolare:
- intellettuali impegnati, ricercatori, etnomusicologi polemizzano con la musica leggera corrente e interpretano
quella di tradizione popolare come una cultura di classe, autonoma e antagonista, da riscoprire tra le masse
popolari.
- il vero avvio della rivitalizzazione si realizza alla fine degli anni 70 e s’indirizza principalmente verso la festa
tradizionale.
il gruppo spontaneo di Magliano Alfieri a Cuneo s’impegna in questa attività: insegnanti, studenti,
o impiegati lavorano alla raccolta e registrazione con intervista di canti del repertorio locale e di informaz
sul ciclo festivo.
quest’ attività si configura come reazione a quella che viene percepita come un'aggressione da parte
o della società urbana e industriale che minaccia la cultura e l'economia contadina.
la festa non viene solo studiata attivamente, ma anche rimessa in scena, comunicata, rappresentata,
o con relativi rischi di ibridazione e contaminazione
esempi il quaresimale canto delle uova, che prevede percorsi notturni tra le case del paese per
o raccogliere uova e altri doni richiesti con strofe canoniche, oppure la notte della taranta.
Conclusioni.
Recuperare il patrimonio della tradizione si configura sempre più come produzione di risorse per il territorio almeno in
due sensi:
- internamente alla comunità si ricostruiscono reti di rapporti, si forniscono occasioni di associazione e di attività
creativa comune e la fruizione della propria tradizione diventa un'importante campo di interazione, di socialità e
di espressività;
- all'esterno, coltivare le tradizioni e le memorie fornisce un'immagine come positiva della comunità e del
territorio; una sorta di marchio di qualità per attrarre risorse finanziarie, turistiche, e promuovere il mercato dei
prodotti locali.
2. Beni materiali e immateriali: rilevamento e documentazione
Il rilevamento dei beni MATERIALI DEA richiede innanzitutto:
- il riconoscimento, all’interno delle comunità che li producono
- e poi il possesso di specifiche competenze molto diversificate (da quelle tecnologiche a quelle meccaniche).
MA le nozioni tecniche non bastano a restituire la complessità di un bene materiale DEA nel territorio e in un dato
contesto:
- Il rilevamento di uno strumento di lavoro agricolo, ad esempio, deve individuare la categoria tecnologica a cui è
riconducibile, ma anche le testimonianze sul campo circa il suo uso, la storia individuale, gli attori sociali
coinvolti, etc..
- senza questi documenti l'oggetto viene svuotato della sua vera essenza
- i beni materiali vengono tradizionalm identificati con i manufatti dei contesti rurali, pre-industriali, e mestieri
tradizionali
- però anche in accezione contemporanea, beni oggettuali che abbiano valore negli attuali contesti socio-
culturali:
Clemente parla di “oggetti di affezione”, cioè la necessità di comprendere l’uso personalizzato, e
o specifico di un oggetto, e non la sua semplice funzione, bensì il valore simbolico in uno specifico
contesto di vita
Il rilevamento dei beni IMMATERIALI DEA presenta notevole complessità:
- non hanno stabile presenza sul territorio, ma prendono vita in occasioni specifiche, fuori delle quali non sono
osservabili.
- Cirese ha posto in rilievo l’esistenza dei beni immateriali, definiti volatili:
canti, fiabe, feste, cerimonie e riti vanno perduti per sempre se non vengono fissati su memorie durevoli
o
- il concetto di patrimonio immateriale si è trasformato fino a comprendere beni molto differenziati:
dai giochi, alle danze, dalle consuetudini giuridiche alle storie di vita (con osservazione partecipante)
o fino alle performance connesse alla vita familiare, sociale e lavorativa interna alle comunità, il cui
o rilevamento è possibile seguendo il naturale svolgimento delle attività e della vita in determinati contesti
sociali.
- Il territorio resta dunque il luogo privilegiato dove cogliere questi beni
- I beni immateriali costruiscono identità e memoria, e rappresentano importanti risorse locali per uno sviluppo
sostenibile.
- Il fissaggio e la conservazione su supporti audiovisivi, è un’espediente ma non può essere un sostitutivo dei
beni stessi
alcuni punti critici
- la realizzazione delle documentazioni audiovisive devono rispondere a determinati standard di qualità;
- il rilevatore deve possedere competenze metodologiche e tecniche per l'utilizzo della strumentazione;
- bisogna rendere esplicita la soggettività del ricercatore, dichiarando il punto di vista delle scelte adottate;
- l’uso dell'intervista nel rilevamento, in quanto non costituisce un bene culturale in sé, ma soltanto un mezzo per
ottenere le esecuzioni di beni immateriali.
Beni etnomusicali
- si distinguono per la loro polifunzionalità e consistono sostanzialmente in esecuzioni musicali di tradizione orale.
- La mutevolezza tipica dei beni immaterial si manifesta nell’estetica della variazione e della micro-variazione
dell’esecuzion
- comprende anche beni materiali come strumenti musicali, esclusivi delle tradizioni popolari locali (zampogne), o
condivisi con lo strumentario colto (violino), o anche tipologie temporanee (vegetali, foglie), o fatte ad hoc
(tamburi a frizione)
- Il rilevamento per i beni etnomusicali richiede ancora maggior precisione per ciò che attiene alla registrazione
sonora, per una riproduzione utilizzabile sia ai fini di studio, sia a fini di diffusione.
alcuni punti critici
- i beni etnomusicali sono anche al centro di processi di produzione di spettacoli e di dischi nell'ambito della
cosiddetta musica popolare, avviati negli anni 60 con il movimento del folk music revival, di forte impostazione
politico-culturale, per cui la restituzione della musica popolare alla gente avrebbe potuto costituire un veicolo di
presa di coscienza.
- Negli anni 70 gli eventi connessi con la musica venivano seguiti anche da schiere di appassionati.
- Oggi la musica popolare è caratterizzata da frammentazione delle culture musicali locali e da ibridazione di
generi diversi
Gli archivi nazionali
La costituzione di archivi sonori e audiovisivi ha preso avvio nel secondo dopoguerra con la nascita del centro
nazionale di studi di musica popolare dell'accademia nazionale di Santa Cecilia. Dal 1948 a oggi sono nati una pluralità
di archivi sonori e visivi:
- Archivi di etnomusicologia dell'accademia nazionale di Santa Cecilia. le raccolte si caratterizzano per la
puntualità metodologica e per l'accuratezza tecnica delle registrazioni, effettuate con l'ausilio di fonici e di
attrezzature della Rai.
- Archivio etnico linguistico-musicale della discoteca di Stato. nasce nel 1962 con lo scopo di documentare
le varie forme dell'espressività orale tradizionale. Le sue raccolte si classificano in M-musicali, L-linguistiche,
LM-linguistico-musicali,
- Archivi audiovisivi del MNATP. scopo di conservare le documentazioni di ricerca sulla religiosità e sulle
ritualità popolari
- Archivio dell'Istituto Ernesto de Martino, valorizzando la cultura orale e del canto sociale vecchio e nuovo.
- Archivi locali
3. Beni materiali e immateriali: feste e musei
La ripresa di attenzione verso le tradizioni pastorali e comunitarie, e la loro riproposta si manifestano soprattutto nei
settori:
- della rivitalizzazione di feste e cerimonie
- della creazione di musei etnografici locali
La distinzione tra beni, fra tratti culturali, materiali e immateriali non va intesa in modo troppo rigido:
- ogni oggetto materiale in quanto tratto di cultura implica una sua immaterialità
- in ogni artefatto si esprimono sia strumentalità sia espressività e saperi.
- Cirese, con la proposta del termine "volatile", evidenzia che il bene immaterial