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Riassunto esame Antropologia Culturale, prof. Lia Zola, libro consigliato I beni culturali demoetnoantropologici di Bravo G., Tucci R. (2006) Pag. 1 Riassunto esame Antropologia Culturale, prof. Lia Zola, libro consigliato I beni culturali demoetnoantropologici di Bravo G., Tucci R. (2006) Pag. 2
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I beni culturali DEA sono un sottoinsieme del sistema chiamato “cultura”;

- la cultura,”.

- La cultura non corrisponde all’istruzione, ma nel senso etnografico e antropologico, include conoscenza,

credenze, arte, morale, modelli di comportamento e prodotti, e qualsiasi capacità e abitudine dell’uomo come

membro di una società

- In quanto “capacità e abitudine acquisita”, la cultura è trasmessa da una generazione all’altra, è dunque

“tradizione”.

- La cultura comprende quindi anche i manufatti, la varietà di oggetti, i prodotti materiali di questi uomini in

società.

La tradizione disciplinare di studiosi delle scienze antropologiche, ha privilegiato due tipi di culture:

- quelle dei popoli extraeuropei non provvisti di scrittura, gruppi umani variamente definiti “primitivi o “selvaggi”;

- e quelle delle comunità europee, soprattutto rurali, scarsamente o per nulla alfabetizzate

Il campo DEA comprende le culture delle classi popolari (oralità), indicato con “folklore”, “tradizione” o “cultura

popolare”.

- Cirese ridefinisce il folklore come la cultura delle classi strumentali e subalterne, caratterizzate da una

condizione socioeconomica (lavoro manuale), e che sul piano politico hanno un ridotto accesso agli strumenti

del potere.

- Nel nostro paese le classi subalterne coincidono con quelle rurali, con il mondo agropastorale, e poi con la

classe operaia;

La formazione dei beni demoetnoantropologici.

Il primo problema che si pone è quello del riconoscimento. La cultura delle classi subalterne è diventata solo

recentemente un settore di studio, ma ricostruirne le origine è un problema complesso:

- solo dal XIX secolo ci sono ricerche dedicate allo studio della tradizione popolare, ma a causa della

trasmissione orale:

non ci sono memorie esterne,

o non ha prodotto archivi, biblioteche, musei,

o soprattutto è priva d’intellettuali specializzati nella registrazione scritta.

o

- inoltre la tradizione popolare è fatta da elementi diffusi, condivisi, e di trasmissione prevalent. comunitaria e

familiare

- nella seconda metà del ‘900, con l’affermarsi delle osservazioni di Gramsci sul folklore, che la cultura delle

classi subalterne viene nuovamente ad acquisire una dimensione valoriale: si configura come un contributo alla

creazione di una nuova coscienza sociale, come cultura di contestazione e di contrapposizione alla logica

dominante del profitto, e in ultima analisi come componente e strumento della lotta di classe.

- parte il primo grosso impegno di elaborazione di schede di catalogo nella seconda metà degli anni 70, con la

nota serie FK

- quello dei Beni Culturali di tradizione popolare è chiaramente un patrimonio in continua espansione.

La rivitalizzazione delle tradizioni popolari.

Nell'ambito della rivitalizzazione delle tradizioni popolari, tra gli anni 60 e 70, oggetto privilegiato è il canto popolare:

- intellettuali impegnati, ricercatori, etnomusicologi polemizzano con la musica leggera corrente e interpretano

quella di tradizione popolare come una cultura di classe, autonoma e antagonista, da riscoprire tra le masse

popolari.

- il vero avvio della rivitalizzazione si realizza alla fine degli anni 70 e s’indirizza principalmente verso la festa

tradizionale.

il gruppo spontaneo di Magliano Alfieri a Cuneo s’impegna in questa attività: insegnanti, studenti,

o impiegati lavorano alla raccolta e registrazione con intervista di canti del repertorio locale e di informaz

sul ciclo festivo.

quest’ attività si configura come reazione a quella che viene percepita come un'aggressione da parte

o della società urbana e industriale che minaccia la cultura e l'economia contadina.

la festa non viene solo studiata attivamente, ma anche rimessa in scena, comunicata, rappresentata,

o con relativi rischi di ibridazione e contaminazione

esempi il quaresimale canto delle uova, che prevede percorsi notturni tra le case del paese per

o raccogliere uova e altri doni richiesti con strofe canoniche, oppure la notte della taranta.

Conclusioni.

Recuperare il patrimonio della tradizione si configura sempre più come produzione di risorse per il territorio almeno in

due sensi:

- internamente alla comunità si ricostruiscono reti di rapporti, si forniscono occasioni di associazione e di attività

creativa comune e la fruizione della propria tradizione diventa un'importante campo di interazione, di socialità e

di espressività;

- all'esterno, coltivare le tradizioni e le memorie fornisce un'immagine come positiva della comunità e del

territorio; una sorta di marchio di qualità per attrarre risorse finanziarie, turistiche, e promuovere il mercato dei

prodotti locali.

2. Beni materiali e immateriali: rilevamento e documentazione

Il rilevamento dei beni MATERIALI DEA richiede innanzitutto:

- il riconoscimento, all’interno delle comunità che li producono

- e poi il possesso di specifiche competenze molto diversificate (da quelle tecnologiche a quelle meccaniche).

MA le nozioni tecniche non bastano a restituire la complessità di un bene materiale DEA nel territorio e in un dato

contesto:

- Il rilevamento di uno strumento di lavoro agricolo, ad esempio, deve individuare la categoria tecnologica a cui è

riconducibile, ma anche le testimonianze sul campo circa il suo uso, la storia individuale, gli attori sociali

coinvolti, etc..

- senza questi documenti l'oggetto viene svuotato della sua vera essenza

- i beni materiali vengono tradizionalm identificati con i manufatti dei contesti rurali, pre-industriali, e mestieri

tradizionali

- però anche in accezione contemporanea, beni oggettuali che abbiano valore negli attuali contesti socio-

culturali:

Clemente parla di “oggetti di affezione”, cioè la necessità di comprendere l’uso personalizzato, e

o specifico di un oggetto, e non la sua semplice funzione, bensì il valore simbolico in uno specifico

contesto di vita

Il rilevamento dei beni IMMATERIALI DEA presenta notevole complessità:

- non hanno stabile presenza sul territorio, ma prendono vita in occasioni specifiche, fuori delle quali non sono

osservabili.

- Cirese ha posto in rilievo l’esistenza dei beni immateriali, definiti volatili:

canti, fiabe, feste, cerimonie e riti vanno perduti per sempre se non vengono fissati su memorie durevoli

o

- il concetto di patrimonio immateriale si è trasformato fino a comprendere beni molto differenziati:

dai giochi, alle danze, dalle consuetudini giuridiche alle storie di vita (con osservazione partecipante)

o fino alle performance connesse alla vita familiare, sociale e lavorativa interna alle comunità, il cui

o rilevamento è possibile seguendo il naturale svolgimento delle attività e della vita in determinati contesti

sociali.

- Il territorio resta dunque il luogo privilegiato dove cogliere questi beni

- I beni immateriali costruiscono identità e memoria, e rappresentano importanti risorse locali per uno sviluppo

sostenibile.

- Il fissaggio e la conservazione su supporti audiovisivi, è un’espediente ma non può essere un sostitutivo dei

beni stessi

alcuni punti critici

- la realizzazione delle documentazioni audiovisive devono rispondere a determinati standard di qualità;

- il rilevatore deve possedere competenze metodologiche e tecniche per l'utilizzo della strumentazione;

- bisogna rendere esplicita la soggettività del ricercatore, dichiarando il punto di vista delle scelte adottate;

- l’uso dell'intervista nel rilevamento, in quanto non costituisce un bene culturale in sé, ma soltanto un mezzo per

ottenere le esecuzioni di beni immateriali.

Beni etnomusicali

- si distinguono per la loro polifunzionalità e consistono sostanzialmente in esecuzioni musicali di tradizione orale.

- La mutevolezza tipica dei beni immaterial si manifesta nell’estetica della variazione e della micro-variazione

dell’esecuzion

- comprende anche beni materiali come strumenti musicali, esclusivi delle tradizioni popolari locali (zampogne), o

condivisi con lo strumentario colto (violino), o anche tipologie temporanee (vegetali, foglie), o fatte ad hoc

(tamburi a frizione)

- Il rilevamento per i beni etnomusicali richiede ancora maggior precisione per ciò che attiene alla registrazione

sonora, per una riproduzione utilizzabile sia ai fini di studio, sia a fini di diffusione.

alcuni punti critici

- i beni etnomusicali sono anche al centro di processi di produzione di spettacoli e di dischi nell'ambito della

cosiddetta musica popolare, avviati negli anni 60 con il movimento del folk music revival, di forte impostazione

politico-culturale, per cui la restituzione della musica popolare alla gente avrebbe potuto costituire un veicolo di

presa di coscienza.

- Negli anni 70 gli eventi connessi con la musica venivano seguiti anche da schiere di appassionati.

- Oggi la musica popolare è caratterizzata da frammentazione delle culture musicali locali e da ibridazione di

generi diversi

Gli archivi nazionali

La costituzione di archivi sonori e audiovisivi ha preso avvio nel secondo dopoguerra con la nascita del centro

nazionale di studi di musica popolare dell'accademia nazionale di Santa Cecilia. Dal 1948 a oggi sono nati una pluralità

di archivi sonori e visivi:

- Archivi di etnomusicologia dell'accademia nazionale di Santa Cecilia. le raccolte si caratterizzano per la

puntualità metodologica e per l'accuratezza tecnica delle registrazioni, effettuate con l'ausilio di fonici e di

attrezzature della Rai.

- Archivio etnico linguistico-musicale della discoteca di Stato. nasce nel 1962 con lo scopo di documentare

le varie forme dell'espressività orale tradizionale. Le sue raccolte si classificano in M-musicali, L-linguistiche,

LM-linguistico-musicali,

- Archivi audiovisivi del MNATP. scopo di conservare le documentazioni di ricerca sulla religiosità e sulle

ritualità popolari

- Archivio dell'Istituto Ernesto de Martino, valorizzando la cultura orale e del canto sociale vecchio e nuovo.

- Archivi locali

3. Beni materiali e immateriali: feste e musei

La ripresa di attenzione verso le tradizioni pastorali e comunitarie, e la loro riproposta si manifestano soprattutto nei

settori:

- della rivitalizzazione di feste e cerimonie

- della creazione di musei etnografici locali

La distinzione tra beni, fra tratti culturali, materiali e immateriali non va intesa in modo troppo rigido:

- ogni oggetto materiale in quanto tratto di cultura implica una sua immaterialità

- in ogni artefatto si esprimono sia strumentalità sia espressività e saperi.

- Cirese, con la proposta del termine "volatile", evidenzia che il bene immaterial

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Publisher
A.A. 2014-2015
7 pagine
4 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ruggero_1973 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Zola Lia.