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Londra quartieri di Tottenham, 2011: in seguito alla morte di un ragazzo causata da
1) un colpo di arma da fuoco esploso da un agente di polizia, scatta una furiosa
rivolta.
Francia: la rivolta delle banlieues parigine del 27 Ottobre 2005, in seguito alla
2) morte per fulminamento di 2 giovani ed il ferimento di un terzo, i quali si erano
rifugiati all’interno di una cabina elettrica convinti di essere inseguiti dalla polizia. Il
caso genera in 3 settimane di rivolta, arrivando allo stato di emergenza.
3
Milano via Padova: un cittadino egiziano viene ucciso da un cittadino domenicano.
3) Scoppia una rivolta in tutto il quartiere a causa dell’impossibilità di avere il corpo in
24 h.
Amartya Sen: un altro tema cruciale per comprendere le violenze collettive è quello
dell’identità.
In molte violenze collettive accade che diventa centrale il tema dell’appartenenza ai
gruppi, la necessità di salvaguardare le apparenze costitutive della propria identità e le
relazioni che intercorrono fra l’ingroup e l’outgroup.
In questa prospettiva di analisi può essere collocato il fenomeno delle bande di latinos.
Violenze oppositive
Ogni società democratica contiene soggettività profondamente ostili, che alimentano i
conflitti arrivando a negare le basi stesse della democrazia. In gran parte del mondo
queste violenze oppositive si mostrano senza significato politico, in Italia invece molti di
questi atti si consumano in quell’area generica definita “tifo calcistico” il quale assume la
forma di scontro politico.
Sempre più spesso assistiamo a unione tra squadre storicamente ostili contro le forze di
polizia, legati da un fine prettamente politico.
Luigi Manconi: In Italia la politicizzazione pervade ogni sfera sociale e ogni ambito
relazionale, rappresentando un incentivo alla mobilitazione perché offre ragioni al possibile
slittare delle azioni collettive verso la violenza.
Sofferenze urbane
La marginalità sociale, intesa come l’essere collocati al di fuori dei mercati legali del lavoro
e dei meccanismi di distribuzione dei bene e dei servizi, non è più l’unico fattore di
esclusione sociale.
Il venire meno di centralità strutturali e la conseguente comparsa di una fase di mobilità
culturale, stravolge l’ordine dei bisogni promuovendo bisogni quali l’individuazione della
propria identità e di quella collettiva. La fusione di necessità materiali (economici) e non
(culturali) riporta in auge il concetto di dignità della vita.
In questa dimensione ampia di sofferenza metropolitana\, le violenze trovano collocazione.
Nasce la percezione diffusa che ogni spazio urbano sia una zona di frontiera, in cui tutti
possono diventare nemici. 4
Capitolo III – Odio razziale
Senso di insofferenza nei confronti di chi “abita le nostre terre” e che percepiamo come
lontano, distante, diseguale.
Esempio di Rosarno il caso riguarda un gruppo di persone con regolare permesso di
soggiorno, libere di risiedere dove volevano, che per evitare un linciaggio sono state
spostate fuori Rosarno.
Linciaggio: appartiene alla sfera delle violenze collettive più spontanee e meno
organizzate si manifesta come un gesto irrazionale e immorale, ma può anche essere
visto come un tentativo estremo di ristabilire l’ordine morale nel punto in cui è stato violato.
Nel caso di Rosarno, viene giustificato dal voler ristabilire i confini tra ingroup e outgroup.
I linciaggi si manifestarono soprattutto tra il XIX e XX secolo negli Stati del Sud
dell’America. Anche allora come oggi, era la percezione di una perseverante minaccia al
proprio status sociale e alla propria autorità morale e politica sostenere atti di violenza. In
particolare si fa riferimento alla popolazione nera che stava uscendo dalla schiavitù.
Linciaggio come tortura pubblica secondo Garland era una forma di repressione
razziale organizzata e alternativa alla giustizia ufficiale. Era un rituale retributivo volto a
riaffermare un sistema di controllo razziale fragile ed instabile attraverso l’esecuzione
pubblica.
Il sistema giudiziario era percepito dalle masse come lento e inadeguato a rispondere con
efficacia a crimini e criminali affidare alle autorità il controllo di tali situazioni comportava
il riconoscimento di un carattere strettamente legale, spogliandoli della connotazione
razziale. La vittima veniva privata della sua dignità e collocata su un piano inferiore.
Mixofobia
Oggigiorno assistiamo ad un massiccio movimento di persone che desidera spostarsi da
una parte del mondo all’altra individui e gruppi, molto distanti geograficamente, iniziano
ad immaginare e sentire collettivamente.
La proliferazione di immagini identitarie crea un sistema di differenze non omogeneizzabili
all’interno dei confini dello stato nazionale questa tensione tra globale e locale si riflette
nelle città in un processo di ri-definizione continua degli spazi.
Multiculturalismo: è la risposta filosofico-politica nata negli anni 60 per coniugare il
rispetto delle differenze culturali con l’universalismo giuridico, e per integrare il pluralismo
all’interno della tradizione culturale politica liberale.
Quest’auspicabile passaggio da società frammentaria a società multiculturale deve fare i
conti con il sentimento di mixofobia (fobia del mescolarsi con altri) che continua ad
espandersi.
L’altro diabolico
In determinati contesti paura, disgusto e odio si riversano su soggetti prescelti affinché altri
possano dotarsi di una legittimazione socio-politica.
Si crea una condizione d’odio verso un qualcosa che non si conosce, la si stereotipa.
Roberta de Monticelli legge l’odio con uno sguardo fenomenologico; nella sua
prospettiva questo sentimento sociale identifica l’altro, l’odiato, con una volontà di male.
L’odiante sente l’altro come essenzialmente malevolo, portatore di una volontà malefica
non occasionale ma costituiva della sua modalità di relazionarsi. In relazione al fatto che
l’altro sia malefico si evidenziano tre possibili reazioni:
Si sente un turbinoso smarrimento, tipico di quando ci si imbatte in una malvagità
1) che appare senza senso, verso la quale ci si chiede continuamente “perché?”.
Si odia perché l’altro è diabolico, rappresenta il male, strutturando verso di lui
2) profonde forme di rancore. 5
Si comincia a non credere ai propri occhi, a negare che ciò di orribile che è
3) accusato sia effettivamente accaduto, allontanando da se gli effetti di un gesto
distruttivo.
Rispetto a queste tre possibilità di reazione al male l’odio sposa le seconda.
Disgusto e contaminazione
Dentro questa incapacità di partecipare emotivamente alle vite degli altri, prima ancora di
sentire odio può essere il disgusto la prima scossa interiore che conduce al rifiuto
dell’umanità altrui.
Martha Nussbaum L’idea centrale del disgusto è la contaminazione dell’individuo,
un’emozione viscerale che comporta marcate reazioni fisiche di repulsione. La proiezione
sociale del disgusto consiste nel tentativo di emarginare persone o gruppi associandoli a
un’immagine corrotta dalla sporcizia del corpo, animalesca e quindi sub umana.
Un esempio sono i Rom, ormai sinonimo di ogni nefandezza.
Roghi
E’ inoltre opportuno riflettere su come le angosce di esser invasi e il desiderio di difendersi
al contempo appaiano comprensibili: i continui allarmi di sicurezza portano inevitabilmente
a sentire queste presenze come pericolose per la propria integrità.
Rogo “preventivo” appiccato nel Dicembre 2006 alla tendopoli di Opera (Milano),
allestita dalle istituzioni per ospitare centinaia di rom sgomberati.
Rogo di immondizia nei campi rom.
Scelte di campo
Per affrontare la questione è necessario avviare dei tentativi di integrazione. Un esempio è
il patto di via Triboniano, uno strumento mediante il quale si garantiva alle persone di un
campo abusivo l’accesso legale ad abitazioni attraverso la sottoscrizione di un insieme di
regole che, nel rispetto delle differenze culturali, generano percorsi d’inclusione al fine di
rendere controllabile la vita nel campo. Nonostante l’ingente finanziamento per
“l’emergenza rom”, la situazione non è migliorata, infatti, continua a prevalere la logica
dello sgombero.
Discriminazione “With a smile”
Si può dire che l’Italia è diventata nell’ultimo ventennio del tutto assimilabile a quei pesi
occidentali segnati dal razzismo anche nel secondo dopoguerra, dove sono presenti
disuguaglianze che incidono concretamente sulle forme di organizzazione politica,
economica e sociale.
In questo contesto il razzismo opera su due livelli: il pregiudizio razziale che coinvolge i
singoli individui e il razzismo come sistema di distribuzione delle ricchezze e del potere.
Giunti a questo livello il razzismo entra nelle maglie di alcune amministrazioni attenuando
il suo carattere aggressivo e violento; diventa però più persuasivo prendendo il nome di
“discrimination with a smile” o “racism without racists” come lo definisce E.Bonilla-
Silva. Può essere definito come una sorta di “razzismo light”.
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Capitolo IV – Forme del controllo e spazi urbani
James Q. WIlson e G. L .Kelling, in un articolo dal titolo “Broken Windows”, descrivono
il percorso attraverso il quale disordine, paura e criminalità, si influenzano reciprocamente.
La violazione di norme sociali condivise riguardanti l’utilizzo degli spazi pubblici, creano a
loro giudizio situazioni di degrado e abbandono di aree che, in quanto luoghi insicuri,
rischiano di diventare zone preferenziali per lo svolgimento di attività illecite. Ai primi
segnali di degrado si tende ad evitare quelle aree percepite come pericolose, che col
tempo, diminuendo il controllo sociale informale esercitato dagli abitanti, diventano sempre
più a rischio di criminalità.
I segni di inciviltà provocano insicurezza per vari motivi:
• Vengono visti dai residenti come spie del crollo delle norme che regolano la vita
quotidiana e l’incapacità di farle rispettare.
• Le persone ritenute responsabili di queste violazioni vengono considerate una
minaccia perché imprevedibili e dunque capaci di tutto.
• Le inciviltà sono, per loro natura, molto visibili, più dei reati.
Secondo Wilson e Kelling, il degrado, in assenza di tempestivi interventi riparatori, si
autopropaga e diventa contagioso, così come dimostrano gli studi di Philip Zimbardo nel
1969: lo psicologo sociale di Stanford a