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I compiti principali da svolgere sono essenzialmente 2:
- Formarsi, cioè capire e conoscere il funzionamento delle start up e studiare a fondo il settore in cui si
vuole andare ad operare.
- Team, poiché è necessaria una squadra di persone motivate e dalle competenze diversificate. Si
definiscono le prime 1 o 2 figure chiave del team in modo da coprire gli ambiti critici per l’avvio.
L’obiettivo di questa fase è arrivare ad avere una visione chiara del settore di riferimento e un Business
Model ben definito.
Fase 2 – Bootstrapping (MVP)
È la fase in cui si trasforma da idea e progetto su carta a qualcosa di concreto. La squadra è composta da 3 o
4 persone e unisce competenze tecniche, di business e una buona conoscenza del settore di rifermento. Il
Business Model indica cosa dobbiamo riuscire ad offrire al mercato. Il concetto chiave è che più si riesce a
far maturare il progetto prima di coinvolgere gli investitori, maggiori saranno le possibilità che essi ci
finanziano. Si tratta questa di una vera e propria fase esecutiva in cui si realizza il prodotto che si vuole
offrire e va strutturato l’insieme di attività necessarie perché il Business Model funzioni. L’obiettivo è quello
di creare l’MVP (Minimum Viable Product) il quale è la versione minima sufficiente del prodotto per far sì
che possa esser presentata al mercato. Lo scopo dell’MVP è quello di avere un feedback dai clienti nel
tempo più breve possibile, così da sviluppare caratteristiche che al mercato interessano ed avere tempi di
rilascio brevi. In questo caso inoltre, sono molte le realtà che possono dare un supporto:
- Coworking: strutture che offrono postazioni ed ambienti di lavoro collaborativo a studenti e giovani che
vogliono avviare una start up. Tali spazi vengono proposti per periodi limitati, ma gratuitamente o a prezzi
molto bassi. Il vantaggio di lavorare in tali spazi è che il team si trova fianco a fianco con altre squadre di
startupper impegnate in progetti diversi, avendo molte occasioni di confronto e scambio.
- Incubatori: sono aziende che in cambio di equity aiutano le start up in fase seed a crescere. I servizi che
offrono sono vari e molte attività possono essere condivise tra le varie start up seguite, perciò l’incubatore
ammortizza i costi e le start up hanno a disposizione servizi che altrimenti dovrebbero pagare molto più
cari.
- Acceleratori: aiutano le start up a decollare attraverso la formazione; inoltre le aiutano nell’ecosistema
corretto, incentivando incontri e presentazione con possibili partner e investitori. La richiesta di equity è
molto più bassa rispetto agli incubatori.
- FFF (Family, Friends and Fools) è il classico “fai da te”. Questa strada risulta la più semplice, ma va
percorsa con attenzione perché spesso non aiuta lo startupper ad entrare in contatto con l’ecosistema di
altre realtà di possibili partner, necessarie per ottenere un ulteriore crescita. 3
Fase 3 – Seed stage (traction)
Fase seed, della semina, in cui il seme della start up viene piantato perché possa germogliare, avendo così
una prima versione del prodotto. Bisogna quindi ottenere visibilità sul mercato e qualche case history di
successo. Essenziale è l’attività di marketing, suddivisa in due filoni principali:
- Visibilità, ovvero la start up deve farsi conoscere
- Product Development, analizzare i feedback per capire come il mercato sta reagendo al prodotto.
Parola chiave di questa fase è traction e come una start up riesce ad ottenere traction dipende tantissimo
dal settore in cui opera e dalla nicchia di clienti a cui mira. Per accelerare la generazione di traction, il
partner ideale della start up è il Business Angel: singoli individui con disponibilità capitali e il desiderio di
investirli in imprese ad alto rischio e con notevoli margini di crescita. L’equity richiesto dall’Angel dipende
molto dal livello di maturazione della start up, dall’apporto di capitali desiderato e dal suo livello di
coinvolgimento nel progetto. Il Business Angel è a sua volta di solito un imprenditore o un manager. Vi sono
molte reti strutturate di Business Angel e piuttosto di cercare di contattarli singolarmente, la strategia è
utile è quella di prendere contatto direttamente con tali network.
Fase 4 – Early stage (scalare)
La start up è avviata, il team ben strutturato, il prodotto raffinato e i ricavi le permettono di sostenersi. Ora
la start up deve solo che crescere rapidamente se intende mantenere le promesse fatte ai Business Angel e
se vuole raggiungere gli obiettivi che si era posta in partenza. Si deve perciò migliorare il prodotto in
funzione dei feedback dei clienti e si deve aumentare visibilità e traction.
Gli obiettivi sono perciò due:
- Scalabilità: il business deve dimostrarsi in grado di moltiplicare la propria efficienza senza richiedere di
moltiplicare struttura e costi.
- Metriche: la scalabilità e la velocità di crescita vanno dimostrate. Raccogliere informazioni sulla propria
efficacia è un’attività importante a fini interni, per misurare le performance, e a fini esterni, per cercare di
coinvolgere nuovi investitori.
A tale livello, gli interlocutori interessanti sono i fondi di investimento strutturati.
- Venture Capital (VC): come i Business Angel, i Venture Capital vedono nelle start up delle opportunità di
investimento ad alto ritorno. A differenza dei Business Angel, qui si ha a che fare con società strutturate che
hanno negli investimenti a rischio la loro attività principale. Il finanziamento da parte di un Venture Capital
è il traguardo di fundraising più alto a cui possa mirare una start up e può raggiungere svariati milioni di
euro. Raramente tali investimenti però vengono effettuati in una sola tranche.
Fase 5 – Exit
Con exit si intende il momento in cui uno degli stakeholder della start up vende le sue quote,
capitalizzandone il valore e uscendo dal board della start up. La exit è l’obiettivo ultimo per i Venture
Capital e anche per i Business Angel. Gli startupper originali, invece, preferiscono a volte rimanere nella
start up, altre volte vedono concluso il loro percorso in quel progetto e decidono di lasciarlo, incassandone
il valore per poi avviare nuove attività. La exit dipende da quando ciascuno dei membri si ritiene soddisfatto
del ritorno del proprio investimento economico o temporale e considera conclusa la propria avventura
nella start up. Un Business Angel può uscire nel momento in cui viene coinvolto un Venture Capital oppure 4
alcuni fondatori possono farlo dopo i primi round di investimento. Altri possono decidere di non uscire mai.
L’unica attività davvero preparatoria per una exit è la crescita.
Più una start up cresce e più aumenta il suo valoro e quindi diventa più redditizia la exit. Tuttavia, oltre alla
crescita, un obiettivo critico è la raccolta di metriche che ne permettano la misura.
In tale fase sono interessanti alcuni soggetti:
- Competitor: possono essere molto interessati all’acquisto totale o parziale della start up per acquisirne le
competenze, il mercato o eliminare un antagonista dallo scenario.
- Big Corp: il sogno di molti startupper è venir comprato da Google; tuttavia è sbagliato lavorare nell’ottica
di un’acquisizione che potrebbe non arrivare mai.
Agli investitori interessano 4 caratteristiche principali del business della start up:
1. Redditività
Angel e VC vedono nelle start up delle fonti di reddito. Quindi, le start up per essere interessanti devono
dimostrare la capacità di garantire un adeguato ritorno del loro investimento. La pazienza dei Business
Angel è notevole poiché molti accettano di aspettare 5/7 anni prima di capitalizzare e il ritorno che si
attendono varia in base alla fase in cui si trova la start up in cui investono.
2. Fattibilità
Necessaria è la fattibilità del progetto e quindi presentarsi ad un investitore con un prodotto realizzato ,
dimostrerà che la squadra è davvero in grado di realizzare quanto promette e che la start up ha valide
possibilità di riuscita.
3. Scalabilità
Nel ritmo di crescita, la scalabilità è un fattore centrale. La possibilità di far crescere il proprio mercato e i
propri ritorni senza aver e una crescita esponenziale dei costi è uno dei fattori critici.
4. Difendibilità
Come noi possiamo analizzare i nostri competitor per individuarne forze e debolezze, anche i nostri
antagonisti possono fare lo stesso, e se il nostro progetto risulterà interessante, potrebbero copiarci. Se per
loro sarà facile colmare il gap e raggiungerci, la nostra start up avrà vita breve, al contrario se riusciremo
proteggerci, avremo un buon vantaggio sui competitor. Spesso gli startupper, per paura dei competitor,
evitano di parlare della loro idea. Tuttavia solo quando questa sarà realizzata e otterrà visibilità, ci si deve
impegnare per tutelarla e difenderla. Le barriere d’ingresso da erigere per difendere il nostro vantaggio
sono:
- Brevetti e privative, ovvero brevettare le caratteristiche della start up.
- Base clienti, tipica dei progetti digitali B2C.
- Brand, la sua forza. Più una marca è nota e più diventa difficile per i competitor meno famosi sostituirne i
prodotti.
- Skill , ovvero a volte il team ha delle abilità uniche e difficilmente imitabili o meglio il progetto può
funzionare solo grazie all’integrazione di più competenze rare.
- Risorse fisiche, ovvero per produrre il prodotto sono necessari macchinari costosi o difficili da reperire.
Una start up che basa il suo business su un caso di questo tipo riduce drasticamente il numero di possibili
competitor che la possono minacciare.
- Capitali, quantità di risorse finanziarie necessarie per avviare il business.
Maggiore è il numero di barriere che si riesce ad innalzare con i possibili competitor e maggiori saranno le
difficoltà che questi dovranno affrontare per raggiungere la start up. 5
Esperienza di Massimo Colomban
Perché un imprenditore italiano dovrebbe investire in start up? Che benefici può ottenere?
Perché lo spirito imprenditoriale è alla ricerca di idee e nuovi prodotti che abbiano un potenziale mercato
che soddisfino richieste, che semplifichino la vita delle persone.
Spesso gli imprenditori hanno paura di avvicinarsi all’Angle Investing perché ritengono di non avere i
capitali necessari per operazioni del genere. E’ davvero sempre necessario investire capitali ingenti?
No. Nelle start up gli investimenti inziali non sono quasi mai superiori al milione di euro.
- Risolvere un problema di matematica
- Riassumere un testo
- Tradurre una frase
- E molto altro ancora...
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