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Diversità culturali: la cultura (insieme di credenze politiche e religiose, di valori morali e sociali, di usi, di
costumi e di stili di vita condivisi dai membri di una società) influenza le esigenze delle persone, le modalità di
soddisfazione dei loro bisogni, le modalità d’uso dei prodotti, la percezione del valore d’uso e di fruizione di un
certo prodotto e delle attività di comunicazione poste in essere dalle imprese. Nonostante ci sia una maggiore
convergenza e omogeneizzazione delle diverse culture rispetto al passato, non si può certo affermare che le
distanze culturali siano state annullate e il confrontarsi con culture diverse pone diversi problemi talvolta difficili
da superare. Ad esempio i problemi legati all’uso della lingua e delle immagini nelle proprie attività di
comunicazione, insieme al particolare modo di comunicare proprio di ogni cultura, anche a livello non verbale, il
diverso significato che le culture assegnano al contatto fisico (low-touch culture vs high-touch culture), la diversità
nell’uso dello spazio, i diversi significati che ogni cultura associa ai colori e ai numeri, i diversi modelli di
comportamento e di consumo che caratterizzano ogni paese, i valori socio-morali di ogni cultura tra cui la
famiglia e i ruoli delle persone nella società. Da tenere in considerazione anche: formato del prodotto acquistato,
frequenza d’acquisto, quantità di prodotti acquistata.
Nella sua versione più estrema, il paradigma think local, act local porta a configurare le proprie attività di
marketing e della catena del valore orientandole alla domanda di ogni singolo paese, con l’obiettivo di conseguire
un’elevata capacità di risposta alle specifiche locali, accompagnata da un basso livello di integrazione tra i versi
mercati e le diverse strutture a essi preposti. L’analisi dei vantaggi e degli svantaggi di questa strategia si può
ottenere da una lettura in negativo di quelli relativi alla strategia think global, act global.
Vantaggi: proporre un’offerta aziendale del tutto allineata alle specificità dei singoli paesi sia nella componente
materiale che in quella immateriale; drastica riduzione dei tempi di risposta a eventuali mutamenti della
domanda geografica; autonomia decisionale del management locale che permette di enfatizzare e rendere più
naturali processi di sviluppo di un’autonoma creatività e motivazione.
Svantaggi: possibilità che le dimensioni dei singoli paesi non siano significative e che non diano la possibilità alla
singola consociata di realizzare economie di scala e di esperienza; nel caso in cui si consideri un minore ruolo
delle consociate si potrebbe incorrere in elevati costi di adattamento; conoscenza che se sviluppata a livello locale
rimane confinata a livello di singola struttura periferica.
Ogni mercato in cui l’impresa opera costituisce un’area autonoma da gestire utilizzando strutture ad hoc dotate
di ampi poteri decisionali (struttura policentrica o multinazionale). Le imprese operanti in contesti competitivi
internazionali realizzeranno posizioni di vantaggio competitivo solo se in grado di allineare le proprie offerte con
la variabilità dei bisogni espressi dalle singole domande nazionali, possibile solo attraverso processi di
adattamento dell’offerta aziendale, decentrando le responsabilità e l’autonomia decisionale alle strutture
organizzative locali. L’obiettivo è consentire la massima reattività agli stimoli provenienti dai diversi mercati, con
il rapporto tra casa madre e consociate che assuma una connotazione opposta rispetto a quella della struttura
organizzativa globale. Le singole consociate non sono semplici esecutori , ma assumono un ruolo attivo per la
formulazione della strategia e per la sua realizzazione attraverso la gestione ad hoc di tutte le attività aziendali.
Sotto il profilo organizzativo questo paradigma comporta la centralizzazione delle sole attività di tipo finanziario
e di controllo, mentre tutte le altre vengono interamente gestite a livello locale.
Think global, act local
La strategia globale e quella locale non sono realmente perseguibili, soprattutto nelle loro accezioni più estreme;
sulla base di questo è stato proposto un terzo paradigma di tipo “glocale”, come soluzione di compromesso tra
standardizzazione e adattamento.
Questa strategia si caratterizza per orientarsi sia alla standardizzazione che all’adattamento; essa deve prevedere
una gestione centralizzata delle attività a monte della propria catena del valore mentre le attività che richiedono
un forte focus sul cliente dovrebbero essere decentralizzate a livello periferico. Possiamo dunque definirlo come
un approccio fondato sulla standardizzazione delle decisioni legate al marketing strategico e sull’adattamento
delle variabili di marketing operativo, realizzando contemporaneamente obiettivi di efficienza e di efficacia, anche
se tuttavia si tratta di un approccio difficilmente applicabile nella realtà aziendale.
Una delle principali difficoltà è quella detta “crisi di pianificazione” che può derivare dallo scostamento tra
l’aspetto strategico e quello operativo, insieme agli ostacoli riscontrabili nel definire se un tipo di decisione abbia
valenze strategiche o operative. Non è importante decidere se standardizzare o meno, ma quali elementi
standardizzare, con quale grado e con quale estensione geografica.
Siamo di fronte a un approccio glocale quando: la comunicazione è standardizzata ma il prodotto deve essere
adattato; il prodotto è standard ma la comunicazione utilizzata è diversa in ogni paese; il nome di marca
utilizzato è lo stesso ma è diversa la pubblicità; la pubblicità utilizzata è la stessa ma il nome di marca del
prodotto è diverso. Le decisioni di standardizzare o meno le attività di comunicazione possono riguardare la fase
di creazione del messaggio (cosa comunicare) e la sua realizzazione (come comunicare); la strategia glocale
sarebbe pertanto riscontrabile quando la creative strategy risulta standardizzata e la realizzazione della campagna
pubblicitaria adattata (standardizzazione del “cosa” e localizzazione del “come”). Tutte le decisioni che richiedono
una conoscenza dettagliata delle tradizioni culturali andrebbero prese a livello periferico.
Il prodotto considerato nelle sue caratteristiche fisiche e nelle sue differenziazioni commerciali è di solito
fortemente standardizzato, mentre il prezzo, la comunicazione e la distribuzione risultano caratterizzati da elevati
livelli di adattamento. Il mix di standardizzazione e adattamento che caratterizza la strategia glocale non deve
assumere una connotazione statica ma dinamica, configurandosi in funzione dei cambiamenti nel tempo, con un
coinvolgimento delle consociate da parte della casa madre non solo in autonomia strategica ma anche a livello
strategico. Le consociate dovrebbero contribuire alla formulazione e al nuovo orientamento delle strategie
aziendali del gruppo: trasmettendo alla casa madre un flusso continuo di informazioni; mettendo a disposizione
del centro e delle altre consociate capacità strategiche, innovative e di marketing fondamentali per raggiungere
vantaggio competitivo. Esse si configurano dunque come catalizzatori e centri di trasmissione di informazioni.
Un primo tipo di struttura organizzativa adatta alla strategia glocale è quella della struttura internazionale, dove
si verifica un trasferimento delle conoscenze tecnologiche e commerciali dalla casa madre alle consociate; a livello
corporate viene gestita la strategia globale mentre le varie consociate gestiscono il proprio mercato di riferimento
con decisioni autonome. Il management centrale considera le singole consociate come delle appendici a cui
delega parte dell’autonomia decisionale (federazione coordinata). I processi di apprendimento si verificano a due
livelli: centrale (innovazione di prodotto e di processo) e periferico (conoscenze di marketing).
A partire dagli anni ’80 tre fattori principali hanno modificato profondamente la natura dei rapporti tra impresa
e ambiente: trionfo della diversità derivante dalla maggiore forza con cui le specificità nazionali si impongono;
diffusione di approcci collaborativi e relazionali che portano le imprese a integrarsi e a interagire con imprese e
istituzioni esterne; maggior grado di decentramento decisionale nell’organizzazione delle imprese.
A seguito di questa maggiore complessità viene proposto il modello della struttura transnazionale, che si
configura come una rete integrata e si preoccupa di dislocare selettivamente risorse e competenze tra le sue
diverse consociate e di integrarle attraverso meccanismi di coordinamento. La logica selettiva fa sì che l’impresa
transnazionale non scelga univocamente la centralizzazione o la decentralizzazione delle risorse, ma che ne
centralizzi alcune e ne distribuisca altre, facendo leva sia sulle risorse firm specific (risorse distintive di ogni
impresa, casa madre o consociate) e site specific (specifiche di un determinato contesto geografico). Le varie
consociate non rivestono posizioni simmetriche rispetto alla casa madre, ma sono autonome e indipendenti e
pongono le proprie competenze al servizio delle altre strutture periferiche tramite un forte e flessibile
coordinamento che favorisce l’integrazione interna. Si individuano non solo relazioni tra casa madre e varie
consociate, ma anche tra ogni consociata e tutte le altre, con un trasferimento bidirezionale di informazioni,
risorse e capacità. Il management dovrebbe considerare ogni unità come fonte di idee, competenze, capacità e
conoscenze che possono essere sfruttate a beneficio dell’intera organizzazione e investirle di ruoli e responsabilità
differenti in funzione delle risorse e capacità; le consociate possono dunque assumere alle volte anche il ruolo di
centro in quanto: luoghi di reattività locale, finestre per monitorare le traiettorie tecnologiche; centri di
innovazione; luoghi di confronto competitivo.
Le variabili su cui discriminare il ruolo e la responsabilità delle varie consociate sono: importanza dell’ambiente
locale all’interno della strategia globale; entità delle risorse, capacità e competenze disponibili all’interno di ogni
consociata. Incrociando queste due dimensioni si ottengono quattro diversi ruoli: leader strategico (opera in un
contesto strategicamente importante all’interno, con consistenti dotazioni di risorse e capacità), contributore
(dispone di consistenti dotazioni di risorse e capacità pur operando in un contesto che non riveste importanza
strategica), esecutore (consociate che operano in un paese strategicamente poco importante con una dotazione di
risorse e capacità appena sufficienti a mantenere la propria posizione locale) e buco nero (consociate che operano
in me