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SUNTI DI COMUNICAZIONE GIORNALISTICA
Università di Pisa - Professore esame: Carlo Bartoli
LIBRO: PRIVACY E GIORNALISMO, Mauro Paissan
Prima parte: Informazione e dignità
1. Che cos’è la privacy
La necessità di tutelare la propria riservatezza risponde all’avvento delle nuove tecnologie. La professione
giornalistica è chiamata a fare i conti con questa esplosione di strumenti comunicativi e con la necessità di tutelare le
persone. E’ dalla giusta miscela di espressione e privacy che nasce un buon modo di fare comunicazione, utilizzando
correttamente il diritto-dovere di informare. La privacy, o protezione dei dati personali, trova riconoscimento nella
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (12 dicembre 2007). Il rapporto fra vita privata e poteri pubblici ha
subito uno scossone l’11 settembre del 2001: la paura si è insinuata nella mente delle persone e ha alimentato l’idea
che solo con un controllo dei dati e delle abitudini degli individui si sarebbe potuto individuare i soggetti più pericolosi
per la società. L’evoluzione tecnologica ha nutrito l’illusione del controllo, ma la sempre più accentuata raccolta di
dati personali in ambito privato ha fatto sì che le istituzioni europee di protezione della privacy ritengano ormai
necessario applicare la normativa di tutela della riservatezza anche alla sfera della sicurezza pubblica, della difesa e
della sicurezza dello Stato. Le tecnologie della comunicazione hanno prodotto il mondo del social networking,
ampliando a dismisura il numero delle persone che rendono pubbliche informazioni proprie, accessibili e disponibili
liberamente sul web.
Di diritto alla riservatezza si è cominciato a parlare in Italia circa un cinquantennio fa, grazie al contributo di alcuni
studiosi che hanno rintracciato nell’art. 2 della Costituzione (diritti inviolabili della persona) il fondamento giuridico
del diritto alla privacy, riconosciuto dai giudici italiani a partire dagli anni ’70. Sarà solo su spinta dell’Europa,
comunque, che molti anni dopo verrà approvata la prima legge italiana organica sulla privacy (legge n. 675 del
1996, revisionata nel 2003). Lo sviluppo delle tecnologie consente inedite modalità di controllo sull’individuo, per
questo viene adottata la Direttiva comunitaria relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei
dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati. La legge 675 è quindi approvata in extremis in Italia; il testo
subisce aggiustamenti tramite decreti legislativi, che uniti a diverse normative in altri settori, confluiscono nel Codice in
materia di protezione di dati personali, il decreto legislativo n. 196/2003, che per brevità viene chiamato Codice
privacy.
Un ulteriore passaggio è quello della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che prevede il diritto al
rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni (art. 7) e il diritto alla
protezione dei dati di carattere personale che la riguardano (art. 8). La Carta ha affermato con forza il diritto alla libertà
di espressione e di opinione, ma l’importanza dovuta alla privacy viene dalla consapevolezza che esistano notizie
capaci di influenzare profondamente la nostra dimensione sociale e la rete delle nostre relazioni. La sensibilità
europea è ben diversa da quella statunitense, questo ha fatto sì che ci si sia confrontati a proposito della circolazione
dei dati, anche al di fuori del terreno della lotta al terrorismo.
I principi fondamentali del Codice privacy sono:
-principio di liceità: i dati personali devono essere trattati nel rispetto delle leggi
-principio di correttezza: i dati devono essere trattati in maniera trasparente, senza raggiri a danno dell’interessato
-principio di pertinenza e di proporzionalità: non devono essere trattati dati non necessari rispetto allo scopo che si
persegue, inoltre i dati non devono essere conservati per un tempo eccessivamente lungo
-principio della qualità dei dati: le informazioni legittimamente raccolte devono essere esatte e aggiornate
-principio della sicurezza dei dati: i titolari del trattamento sono tenuti ad adottare le misure per ridurre al minimo i
rischi di perdita o accesso non autorizzato ai dati.
Il Garante per la protezione dei dati personali è un organo indipendente e collegiale istituito per la prima volta nel
1997, costituito da quattro componenti (due eletti dalla Camera dei deputati e due eletti dal Senato), con una durata in
carica di sette anni non rinnovabili. I compiti assegnati dalla legge vanno dal controllo sulla osservanza delle
disposizioni sulla privacy, alla segnalazione di modifiche normative opportune per tutelare il diritto alla protezione dei
dati personali. Il Codice privacy attribuisce specifici diritti in capo all’interessato: dal diritto di accesso (sapere se e
quali dati sul suo conto sono stati trattati) al diritto di rettifica (cancellazione di dati trattati illecitamente). Questi diritti
possono essere fatti valere davanti al giudice ordinario o davanti al Garante.
La definizione di “dato personale” fornita dal Codice è la seguente: è dato personale qualunque informazione relativa
a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante
riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale. L’ambito di
applicazione è esteso, perché il dato è tutto ciò che può in qualche modo identificarci (nome, voce, numero di
telefono, codice fiscale, ecc.) Esistono poi informazioni più delicate, detti “dati sensibili”, che godono di una tutela
rafforzata (opinioni politiche, appartenenza religiosa, salute, abitudini sessuali, ecc.) Senza rendercene conto, ogni
giorno disseminiamo un’enorme quantità di dati personali: localizzazioni tramite cellulare, utilizzo di internet, post
su social network, ecc. Il Garante si è trovato a far fronte a richieste di varia natura, come ad esempio i ricorsi delle
persone segnalate come “cattivi pagatori”, che richiedevano la cancellazione dei propri dati; oggi esiste un codice
deontologico che fissa precisi tempi di conservazione dei dati.
2. Privacy e informazione
Il rapporto fra privacy e informazione è delicato: il diritto di cronaca e il diritto dei cittadini a essere informati
costituiscono una precondizione per la democraticità della società, per questo i giornalisti cono esentati
dall’applicazione di alcune regole che costituiscono la norma per il trattamento ordinario delle informazioni riferite a
persone identificate o identificabili. Per raccogliere notizie, a un giornalista è sufficiente dichiarare la propria identità,
la propria professione e lo scopo che si sta perseguendo, a meno che questo non metta a rischio l’incolumità del
giornalista stesso o renda impossibile la funzione informativa. Il problema della privacy si pone immediatamente, nel
momento in cui il giornalista ricerca la notizia, ovvero l’attività di raccolta dell’informazione.
Capitolo 6 di Introduzione al giornalismo
Uno dei limiti della libertà di espressione è sicuramente costituito dal diritto alla riservatezza. Tale ambito si è esteso
nel corso degli anni per effetto della mutata sensibilità sociale e per l’avvento delle nuove tecnologie che hanno
moltiplicato le possibilità di raccolta e diffusione di dati. Il concetto di riservatezza stesso si è modificato: se prima la
privacy era legata all’idea di protezione della sfera dell’intimità, adesso ci si riferisce più generalmente alla data
protection, ossia il controllo e la protezione di dati personali. Il primo riconoscimento riguardante la protezione dei
dati si ha con la sentenza della Cassazione del ’75, in favore della principessa Soraya Esfandiari, ritratta in
atteggiamenti intimi all’interno della propria abitazione; si è stabilito che, se il diritto all’immagine deve essere
sacrificato per l’attuazione di un pubblico interesse, ciò deve avvenire nei limiti in cui l’interesse stesso è ritenuto
prevalente, ovvero si deve evitare la pubblicazione dell’immagine per uno scopo che non sia esclusivamente quello di
soddisfare l’esigenza di informazione (non ci deve essere uso lucrativo pubblicitario). Il diritto alla riservatezza, pur
essendo graduato a seconda della notorietà e del ruolo sociale dell’individuo, non può essere totalmente compresso.
Il diritto di cronaca deve ritenersi circoscritto a dei limiti posti da una triplice condizione: verità del fatto esposto,
interesse sociale, rispetto della riservatezza e onorabilità della persona.
La vera sfida è trovare un equilibrio fra la libertà di manifestazione del pensiero e il diritto alla riservatezza. Esistono
dei principi fondamentali a cui attenersi per trovare un punto di equilibrio: trattare informazioni che siano essenziali
rispetto a fatti di interesse pubblico, ferma restando la possibilità di raccogliere e pubblicare fatti resi noti direttamente
dagli interessati o attraverso il loro comportamento in pubblico. Diverse leggi, comunque, hanno imposto che alcune
informazioni non devono proprio essere pubblicate (vittime di violenza sessuale, generalità di minori coinvolti in
procedimenti giudiziari, nomi di persone malate di Hiv, ecc.) Non esiste una formula applicabile ad ogni
situazione: ogni notizia ha le proprie caratteristiche e formule eccessivamente rigide violerebbero l’autonomia di chi
fa informazione; la responsabilità è in mano al giornalista che pubblica una notizia. Un’opinione pubblica liberamente
informata è elemento essenziale di una società democratica, e il giornalista è in primo luogo responsabile di questo.
L’attenzione ai diritti consolida la legittimazione sociale dei giornalisti, e aiuta a far fronte alla continue trasformazioni
del mondo della comunicazione (internet); nelle redazioni, ci si interroga sull’opportunità di pubblicare o meno
determinate informazioni (foto, nomi, cognomi, ecc.), specialmente riguardanti un minorenne (si pensi al caso di
Serenza Cruz vent’anni fa, la bambina filippina contesa fra due famiglie adottive, pedinate dai media per mesi).
Complessivamente, al giorno d’oggi, c’è molta più attenzione per la privacy, ma non mancano persistenti cadute,
principalmente attribuite a cronache locali e soprattutto nel terreno della cronaca giudiziaria, in cui troppo spesso si
decide di pubblicare il maggior numero possibile di dettagli.
Sul tema del rapporto tra libertà di manifestazione del pensiero e diritti della personalità, la direttiva europea del
1995 lascia spazio agli Stati membri per introdurre deroghe ed esenzioni. In Italia, in linea di mass