vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
PENSIAMO CON LA NOSTRA TESTA… O CON QUELLA DEGLI ALTRI?
Le informazioni, specie se autorizzate e/o autorevoli, possono essere false e quindi trarre in errore la grandissima
maggioranza delle persone. Psicologicamente c’è una grande differenza fra una bugia e una manipolazione persuasiva.
La bugia consiste nell’affermazione deliberata che alcuni eventi stiano in modo diverso da come noi crediamo; il
destinatario deve trovarsi nell’impossibilità, almeno momentanea, di controllare personalmente lo stato delle cose. Una
manipolazione persuasiva è qualcosa che si aggiunge e non si sostituisce all’informazione diretta e neutrale, è un
intervento che induce una persona a vedere con gli occhi di un altro quello che, senza quel particolare influsso, avrebbe
visto diversamente, ad avere idee diverse da quelle che avrebbe avute senza quel messaggio. Ma l’esperimento di Asch
è attinente a questi problemi. Asch ha studiato come l’essere membri di un gruppo sia una condizione che può
modificare sostanzialmente le azioni e, in certa misura, anche le percezioni e i giudizi di un individuo. In campo morale
si formano dei codici non scritti secondo i quali ci si vergogna o si va fieri delle stesse cose. La stessa percezione e
rappresentazione fisica del mondo è determinata da quello che in ciascuna epoca viene considerato il parere
riconosciuto della scienza, almeno presso coloro che sono esposti alle informazioni e alle opinioni correnti. Due esempi
classici: la conoscenza del movimento degli astri nel sistema solare e la credenza nell’influenza delle stelle e dei pianeti
sul destino degli uomini. La scoperta di Copernico, che il Sole e non la Terra è al centro del Sistema Solare, ha
costituito un fatto clamoroso. Riguardo poi all’influsso delle stelle sul carattere e sulla vita quotidiana, questa era
qualche secolo fa una teoria che costituiva scienza ufficiale; oggi è soltanto un orientamento personale. Ancora più
comprensibile è il fatto che i comportamenti si adeguino a delle regole stabilite dal gruppo sociale. Più inquietante, ma
psicologicamente più interessante, è il fatto che credenze e opinioni possano essere manipolate dall’esterno senza per
questo ricorrere ad informazioni false in senso letterale. Quello che ci riguarda come psicologi è la possibilità di influire
sulle percezioni e sulle valutazioni senza, modificare lo stimolo distale, cioè non usando false info sulla realtà,
ricorrendo a distorsioni palesi. Partendo da fenomeni puri di suggestione ipnotica, si è poi passati in psicologia a
studiare il fenomeno della suggestionabilità: cosa caratterizza le personalità suggestionabili e, in generale, quali sono le
condizioni che possono rendere un individuo più vulnerabile all’influsso degli altri. Vogliamo comunque premettere che
non condividiamo affatto l’equazione suggestionabilità = irrazionalità che viene proposta da alcuni autori; lo stesso
concetto di ‘suggestionabilità’ orienta l’interpretazione del fenomeno in direzione di caratteristiche personali, mentre a
noi preme vedere quali elementi dell’intera situazione entrano in gioco nel formarsi delle opinioni e nel dare
valutazioni. Già prima di Asch, Moore aveva condotto delle ricerche che mostravano come persone che dovevano
esprimere delle valutazioni in campo linguistico, etico e musicale erano significativamente influenzate da opinioni
presentate loro come ‘il parere della maggioranza’ o ‘quello che pensano gli esperti’. Ma si trattava di giudizi
convenzionali o sentiti come tecnici per cui appoggiarsi all’opinione era una strategia di buon senso. Nella ricerca di
Asch l’oggetto dell’esperimento è più netto ed estremo: si tratta di vedere in quali condizioni e perché gli individui
cedono alla pressione del gruppo e fanno delle affermazioni decisamente contrarie alla loro esperienza percettiva. La
procedura sperimentale prevedeva che nelle prime due prove di confronto percettivo i confederati dessero delle risposte
esatte, così come spontaneamente faceva anche il soggetto. A partire però dalla terza prova, i confederati unanimi
cominciavano ad indicare come linea uguale a quella standard una che non lo era affatto, anzi che era vistosamente
diversa. Questo avveniva sette volte. Nell’insieme, 25 persone su 31 cedettero almeno una volta alla pressione del
gruppo dichiarando di vedere e di valutare le linee in modo diverso da quello che effettivamente pensavano. Risultati
interessanti sono quelli relativi al comportamento di queste persone di fronte al dilemma. Nessun soggetto trascura le
risposte degli altri, considerandole senza interesse o senza valore. Non soltanto egli viene colpito dal fatto che gli altri
rispondano in modo diverso da quello che lui pensa, ma è preoccupato dalla loro unanimità. Egli sa che si tratta di dare
un giudizio di fatto e non una opinione, d’altra parte egli non percepisce gli altri come un gruppo coalizzato: gli
sembrano persone come lui che danno una risposta in buona fede. L’immediata reazione della maggior parte dei soggetti
critici è di perplessità, disagio, confusione. All’inizio della serie di discordanze, essi pensano che il disaccordo con gli
altri sia solo casuale, ma con il suo persistere in una serie dopo l’altra devono accettare ciò che credono essere la realtà
di fatto, e cioè che la loro percezione è diversa da quella di tutti gli altri. La maggior parte dei soggetti colloca la causa
del disaccordo non negli altri, ma in se stessi. In generale, non soltanto cominciano a dubitare di se stessi e
dell’accuratezza dei propri giudizi, ma si costringono ad un’estrema disciplina e precauzione nel prendere in esame la
situazione. A mano a mano che gli altri davano i loro giudizi, diminuiva nel soggetto che si sentiva diverso dagli altri, la
fiducia in se stesso e nelle proprie capacità di vedere giusto. La situazione sperimentale ideata era così realistica e nello
stesso tempo così paradigmatica da dare ai risultati una grande validità percettiva circa i comportamenti che si
presentano in circostanze analoghe della vita quotidiana. Da questo esperimento si possono trarre diverse
considerazioni, ma una ci sembra importante, e seriamente preoccupante: quando si è in minoranza con le proprie idee,
se non si cede alle pressioni del gruppo non basta essere nel giusto, ma bisogna dimostrarlo. La maggioranza invece,
sente che la ragione ce l’ha per il fatto stesso di essere maggioranza e non si pone affatto il problema di controllare le
proprie posizioni. In un altro esperimento di Asch il confederato aveva il compito di essere l’unico a dare la risposta
sbagliata, dopo che i veri soggetti, che sono la maggioranza, avevano dato la facile risposta giusta. I soggetti
dell’esperimento lo hanno apertamente sbeffeggiato e, non mettendo in dubbio la sua buona fede, lo hanno crudelmente
trattato da stupido. Ma affinché questo procedimento garantisca la massima probabilità che le decisioni prese a
maggioranza siano quelle giuste, è assolutamente essenziale:
1. Che tutti gli individui abbiano ugualmente accesso alle info rilevanti;
2. Che tutti gli individui esprimano onestamente le proprie convinzioni senza altri vincoli
La situazione di base, aveva una sola condizione della massima importanza, cioè che il gruppo era unanime contro la
valutazione percettiva del singolo. Per avere info su questo punto fu organizzata una situazione in parte diversa da
quella di partenza. Uno dei confederati, cioè di coloro che esprimevano il loro giudizio sulla lunghezza delle linee prima
del soggetto, ricevette l’istruzione di dare sempre la risposta esatta. Interrompeva la sequenza di risposte che erano
unanimemente diverse dal vero. La forza della pressione di gruppo risultò in queste condizioni notevolmente diminuita.
E non soltanto diminuirono i cedimenti complessivi, ma anche il numero massimo delle volte in cui ogni soggetto
rinunci ad esprimere il suo parere. Non solo l’altro costituisce un appoggio, ma spezza l’unanimità, e dimostra che è
possibile essere di opinione diversa dagli altri.
UN DISCORSO ALLA VOLTA, PER CARITA’!
La definizione psicologica del processo attentivo equivale alla comprensione intuitiva che noi abbiamo di essa.
L’attenzione è infatti la concentrazione di una determinata quantità di energia mentale su un evento del mondo esterno.
Noi riceviamo continuamente una grande quantità di stimolazioni: molti input possono colpire contemporaneamente i
nostri recettori sensoriali e fornirci info di diverso tipo sulla realtà circostante. La capacità di accogliere molteplici
messaggi in uno stesso momento non significa che non esista alcuna forma di selezione degli stessi. La nostra capacità
attentiva deve scegliere uno stimolo ed investire su questo una quantità di energia mentale tale da essere in grado di
discriminarne i singoli elementi costituitivi, coglierne il significato discreto e complessivo ed eventualmente elaborare
una risposta di ritorno. Il fenomeno chiamato di ‘attenzione selettiva’: Cherry lo ha definito ‘il problema del cockteil
party’ e ha iniziato a studiarlo nel 1953. La definizione si riferisce ad una specifica caratteristica del processo attentivo:
esso ha una limitata capacità di azione e quindi non è in grado di focalizzarsi su tutti gli eventi che ci circondano, ma
deve selezionare e circoscrivere. La capacità attentiva di un individuo varia in funziona del materiale su cui
concentrarsi. Noi abbiamo la capacità cognitiva di selezionare un solo evento conversazionale e di concentrarci su di
esso, nonostante molte altre parole e molte altre stimolazioni arrivino ai nostri recettori sensoriali.
CHE COSA C’E’ DI LOGICO NEI NOSTRI RAGIONAMENTI?
Vi sono circostanze della vita quotidiana in cui pensare significa ricordare, immaginare, fantasticare. In altri casi
pensare è sinonimo di ritenere o esprimere opinioni. Pensare significa ragionare, cioè cercare di organizzare le nostre
idee in modo conseguenziale e logico, per arrivare a conclusioni che dovrebbero avere un valore oggettivo per via dei
nessi che collegano le varie frasi o proposizioni. Il caso più tipico è costituito dal ragionamento deduttivo del
sillogismo. Le ricerche nell’ambito della psicologia del ragionamento hanno dimostrato che ci vuole più tempo per
giudicare la validità di un sillogismo quando questo viene espresso in forma astratta, e che quando si usano simboli
invece che parole si fanno più errori. Anche quando per la logica si tratta di calcoli equivalenti, il pensiero umano
preferisce ragionare su proposizioni legate alla realtà e all’esperienza. Anche la forma linguistica dei ragionamenti può
essere più o meno compatibile con il modo di pensare della gente comune. La fras