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PARTE IV PSICOLOGIA DELLE DIFFERENZE INDIVIDUALI
12) L’UOMO CHE SI ECCITAVA ALLA VISTA DI CARROZZINE E BORSETTE
Questo caso è uno dei meno noti, ma anche tra i più interessanti, l’interesse è dato dalla
descrizione di un feticismo sessuale piuttosto bizzarro.
Il paziente esterno all’ospedale psichiatrico era un uomo sposato di 33 anni al quale
veniva fatta una valutazione per praticare una leucotomia pre-frontale, un operazione
neurochirurgica, che consiste nella rescissione di tratti nervosi che ricevono ed inviano
informazioni ai lobi frontali.
L’operazione veniva adottata per alleviare gravi ed intrattabili problemi mentali e
comportamentali, nonostante spesso determinasse cambiamenti cognitivi e/o della
personalità, fu adottata per la prima volta nel 1935 e successivamente venne praticata su
pazienti resistenti a qualsiasi tipo di trattamento, la cui psicosi era talmente grave da fare
in modo che i cambiamenti indotti dall’intervento sarebbero risultati meno gravi, oggi una
simile motivazione sarebbe inammissibile per attuare un intervento così devastante.
Il problema presentato dal paziente consisteva in una bizzarra attrazione sessuale per
borse e carrozzine, che si manifestò per la prima volta all’età di 10 anni, quando provò un
impulso irresistibile ad attaccare e danneggiare borse e carrozzine.
La storia del paziente rivelò che era stato sottoposto a molti anni di trattamento
psichiatrico, ammise che i raptus per le carrozzine si manifestarono già all’età di 12 anni,
per le borse di solito si sentiva soddisfatto graffiandole con le unghie, questi
comportamenti lo portarono ad avere guai con la giustizia, piuttosto che essere inviato in
carcere venne affidato ad un ospedale psichiatrico e ricoverato nel reparto nevrosi, da
dove venne dimesso, riprendendo poco dopo a danneggiare carrozzine.
Il trattamento psicoanalitico a cui fu sottoposto per molte ore era indirizzato ad individuare
le ragioni di questo strano comportamento, venne suggerito che potesse aver avuto
origine da un episodio avvenuto durante l’infanzia mentre un suo giocattolo andò a
schiantarsi contro una carrozzina, riferì anche un episodio in cui aveva avuto
un’improvvisa ed immotivata erezione alla vista della borsa della sorella, il paziente
accettò il possibile significato di questi eventi e diede un simbolismo sessuale ai due
oggetti.
In termini freudiani, borse e carrozzine, essendo contenitori usati dalle donne, possono
rappresentare il desiderio per la madre, o più in generale, verso i genitali femminili.
Un caso del genere solleva molti problemi: da una parte la necessità di interrompere gli
attacchi verso gli altri per l’effettiva pericolosità, dall’altra il paziente era consapevole che
questo problema produceva effetti nocivi sulla sua vita.
Se il suo feticismo non fosse stato pericoloso non sarebbe stato necessario nessun
trattamento, era un buon padre e un buon marito, a detta di sua moglie, che però era
consapevole dei suoi problemi, in passato aveva occasionalmente anche attaccato la
carrozzina dei suoi figli e la borsa di sua moglie.
Dopo ulteriori guai con la polizia venne affidato nuovamente ad un ospedale mentale alla
ricerca di un trattamento medico appropriato, fu durante questo ricovero che gli psicologi
suggerirono che prima di affidarsi ad un intervento drastico e irreversibile, come quello
psicochirurgico, il suo poteva essere un caso in cui si poteva impiegare la terapia aversiva,
una forma di terapia comportamentale.
La base di questo intervento consiste nell’associare in comportamento indesiderabile ad
uno stimolo aversivo o indesiderabile, comunemente si associa a nausea indotta
farmacologicamente o a dolore causato da scarica elettrica.
A causa di questo condizionamento, gli stimoli aversivi vengono associati al
comportamento indesiderabile, causandone la soppressione, in un passato non molto
remoto questa terapia veniva utilizzata anche per l’omosessualità.
Il paziente nonostante fosse scettico diede il suo consenso per sottoporsi al trattamento.
I principi della terapia aversiva si basano sul condizionamento classico, il trattamento di
condizionamento consisteva nella somministrazione di un farmaco, l’apomorfina, che
produceva malessere o nausea, borse e carrozzine venivano mostrate immediatamente
dopo l’iniezione del farmaco.
Il regime di trattamento era duro, il trattamento veniva effettuato ogni due ore, giorno e
notte, e nessun cibo era consentito, inoltre di notte per tenere il paziente sveglio venivano
usate le amfetamine.
Dopo sei mesi di trattamento sparirono le bizzarre fantasie, Eisenck, lo psicologo che lo
aveva seguito riportò che il trattamento aveva avuto un successo considerevole per il
paziente, per sua moglie, per la sua famiglia e per l’intera società.
Questo caso e l’uso della terapia aversiva sollevano una serie di problematiche, un primo
aspetto è relativo ai metodi di trattamento utilizzati, che molti psicologi ritengono
riprovevoli nei confronti di esseri umani, alcuni sostengono che si tratti di una sorta di
lavaggio del cervello, un processo degradante in cui gli esseri umani vengono visti come
una semplice scatola di riflessi condizionati.
Eisenck sostiene la necessità di prendere in considerazione le terapie alternative a quella
aversiva, la prima delle quali era l’uso della psicoanalisi, che lo studioso sostiene
l’esistenza di evidenze che non abbia dei reali benefici, se non addirittura effetti nocivi,
altra alternativa consiste nel non intervenire, lasciando che il paziente migliori con il
passare del tempo, effetto definito della remissione spontanea, anche in questo caso è
stata dimostrata l’inefficacia in disturbi di questo tipo, una diversa opzione sarebbe stata la
prigione , ma ci sono poche evidenze che possa avere effetti benefici a lungo termine in
caso di migliorare il comportamento futuro, in particolare nel caso di perversioni sessuali.
Guardando a tutte le opzioni disponibili, Eisenck commenta che la scelta doveva essere
fatta tra chiedere al paziente di sottoporsi ad un trattamento spiacevole ma che non dura
troppo, la prigione o un lungo, costoso e forse inutile trattamento psicoterapeutico.
Eisenck suggerisce che date le opzioni disponibili la terapia aversiva era la più
appropriata e la forma più efficace di trattamento per i problemi evidenziati dal paziente,
riteneva inoltre che i pazienti che si sottoponevano alla terapia non si lamentavano.
Alcuni parallelismi sono stati fatti tra la terapia aversiva e la descrizione che ne è stata
data nel film “Arancia meccanica”, nonostante molti comportamentisti negarono il legame
tra la terapia aversiva e il trattamento ricevuto da Alex, il protagonista del film, che in una
scena irrompe nella casa di uno scrittore che sta scrivendo un libro dal titolo “arancia
meccanica” nel quale si sostiene che la terapia aversiva non dovrebbe essere usata
perché conduce le persone alla follia, riducendole a delle arance meccaniche.
Antony Burgess voleva esplorare le nuove tematiche del libero arbitrio e del
comportamentismo, la sua posizione era che la terapia negasse alle persone il libero
arbitrio, ad esempio scegliendo di essere buono.
Questa terapia è stata utilizzata per diversi anni nella storia della psicologia, l’uso più
lungo è stato fatto per contrastare l’abuso di alcol, migliaia di pazienti sono stati trattati in
questo modo, quello forse più famoso è George Best, sebbene nel suo caso la terapia sia
stata infruttuosa, nella maggior parte dei casi la metà dei pazienti riesce a restare lontano
dall’alcol dai 2 ai 5 anni dopo la fine della terapia, e un quarto dai 10 ai 13 anni, alcuni
richiedono trattamenti successivi nel corso degli anni.
L’omosessualità è stata rimossa dalla lista dei disturbi psichiatrici negli anni ’70, ma questo
non ha segnato la fine dell’uso della terapia aversiva per il trattamento dei comportamenti
sessuali non conformisti.
Nonostante non sia più approvata dall’American Psychiatric Association come trattamento
appropriato per l’omosessualità, alcuni terapisti la applicano ancora, specialmente quelli
coinvolti nella terapia riparativa.
La terapia aversiva è stata anche usata per trattare pedofili e aggressori sessuali.
Delle variazioni della terapia aversiva più umane e fisicamente più sicure sono state usate
con questi pazienti: gli stimoli aversivi vengono immaginati dal paziente, piuttosto che
effettivamente esperiti, procedura che viene detta Shame Aversion Terapy, terapia
aversiva della vergogna, e consiste nel sottoporre il paziente alla vergona pubblica o
all’umiliazione connessa al suo comportamento deviante.
Altri studi hanno verificato l’efficacia della terapia aversiva su comportamenti come, la
pedofilia, l’esibizionismo e il travestitismo, nella maggior parte dei casi sono stati usati
emetici o farmaci che inducevano la deprivazione del sonno, ma trattandosi di pochi studi,
con scarsi controlli, non può essere tracciata nessuna ferma conclusione sull’efficacia di
questi trattamenti.
13) L’ANALISI DI FREUD DELLA FOBIA DI UN BAMBINO: IL PICCOLO HANS
Max Graf era un noto studioso, anche se oggi è forse più famoso come un buon amico di
Sigmund Freud, ottenne infatti una posizione negli annali della psicoanalisi come il padre
del piccolo Hans.
I due si conobbero grazie alla moglie di Graf, che era stata, prima del matrimonio che fu
per altro incoraggiato da Freud, una delle sue prime pazienti.
La coppia solitamente frequentava un gruppo di studio il mercoledì sera a casa di Freud.
Freud incoraggiava i membri del gruppo a raccogliere dati sullo sviluppo dei propri figli e i
Graf furono particolarmente diligenti in questo lavoro, Max Graf iniziò, sotto la guida di
Freud, anche la prima analisi di suo figlio, al bambino di 5 anni venne dato lo pseudonimo
di Hans.
Freud aveva già scritto e pubblicato nel 1905 una spiegazione della sua teoria della
sessualità infantile e intendeva usare lo studio del caso del piccolo Hans come prova a
favore della sua teoria.
Il piccolo Hans è stato descritto come un bambino vivace e diretto, cresciuto in un
ambiente amorevole in una tipica famiglia borghese.
I Graf erano amici di Freud, abbastanza vicini perché Freud facesse un generoso regalo
di compleanno al bambino, sorprendentemente, vista la fobia di Hans per i cavalli, Freud
regalò un cavallo a dondolo, il momento in cui diede il regalo al bambino era la seconda
volta che lo vedeva, si erano visti precedentemente per una breve seduta terapeutica, si
incontrarono anni dopo, quando Hans era un adulto.
Freud usò il metodo dello studio dei singoli casi e seguì Hans usando principalmente
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