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LA COLONNA TRAIANA
Rappresenta l’incontro perfetto tra arte patrizia e plebea. Costituisce una prima e vera arte nuova,
chiara espressione del periodo appena descritto e quindi dei romani.
La colonna fu eretta tra il 110 e il 113 nel Foro Traiano, è alta, compreso il toro e il capitello, 29,78
m ed è fasciata dalla spirale di un rilievo continuo lungo in totale 200 m, che fa 23 giri della
Colonna. Si può dire che il fregio sia alto circa 1 m anche se, in realtà, la dimensione varia poiché i
fregi più in alto sono più grandi per una maggiore e sicura leggibilità (da 0,80 m a 1,25 m). Si erano
già viste, a Roma e nelle province, colonne adorne di fasce parallele di rilievi in onore di divinità
ma mai la fascia si è presentata come unica e avvolta attorno al fusto. La Colonna è sormontata
dalla Statua in bronzo dell’imperatore (oggi sostituita).
Complesso di appartenenza: il foro di Traiano completa i fori imperiali e comprende una piazza con
dietro una basilica e, dopo la basilica, una seconda piazza a cui si accedeva passando tra due
edifici (due biblioteche, una di testi greci e una di testi latini); per l’appunto, tra questi due edifici, il
grande spazio ospitava la Colonna. Alla piazza succedeva il tempio.
E’ possibile che la rappresentazione del fregio come un nastro figurato che si avvolge a spirale
attorno a fusto (come un rotolo) derivi dal tentativo di richiamare proprio i rotoli di papiro delle
biblioteche.
Nel lungo fregio sono rappresentate le guerre condotte da Traiano in Dacia. Si raccontano le due
campagne: dalla base della Colonna fino a circa metà, si narra la prima campagna (101-102) che
si conclude con l’immagine di una Vittoria con scudo; da metà in poi, la seconda campagna (105-
107). I fatti sono sicuramente esposti secondo un ordine cronologico.
Il modello principale sembra essere quello delle grandi battaglie ellenistiche, le battaglie di massa.
(iniziate con Alessandro, che sostituirono le serie di monomachie.) Anche se il neoatticismo è
ormai abbandonato troviamo richiami all’Altare di Pergamo (in particolare al fregio di Telefo) e ad
iconografie di Alessandro Magno (come quella dell’imperatore che travolge a cavallo il nemico.)
Vediamo, nel fregio, il tentativo di rendere ben visibile il maggior numero possibile di personaggi:
non troviamo più la prospettiva ribaltata però vediamo che viene allargata il più possibile la
profondità della scena verso l’alto, spesso sacrificando, per esempio, il cielo. (Possiamo
confrontare le scene di battaglia con il Mosaico di Alessandro di Pompei, dove i soldati più indietro
risultavano persi nella massa, a volte si vede solo una parte del viso o a dirittura solo i capelli
perciò si ha un vero senso di profondità verso l’interno.) Alcuni modi dell’arte plebea si ritrovano
anche nel linguaggio della Colonna però non assistiamo più a proporzioni gerarchiche o
simboliche* o a composizioni paratattiche con fondo neutro, privo di profondità: la Colonna Traiana
è il raggiungimento dell’arte imperiale romana vera e propria con la fusione tra elementi artistici
ellenistici ed esigenze comunicative italiche-plebee.
*Ad ogni modo, nonostante la correttezza proporzionale, non mancano delle semplificazioni e, per
esempio, vediamo in alcune scene i cavalli troppo piccoli rispetto ai cavalieri perciò riscontriamo
ancora una tentazione di forzare le proporzioni per far risaltare quello che si vuole comunicare, a
cui però si resiste piuttosto bene e che perciò non appare mai troppo incisiva.
Nel comporre le scene del fregio della Colonna, l’autore, che chiamiamo “Maestro delle imprese di
Traiano” utilizza dei moduli, replica degli schemi variandoli leggermente di volta in volta: l’autore
non si vede costretto ad inventare figure, posizioni, azioni nuove ad ogni fregio, egli usa sempre lo
stesso schema potendo, così, limitarsi a modificare qualche piccolo dettaglio per ogni figura in
modo da non rendere la monotonia uno schema di base variato nei dettagli per ottenere scene
sempre differenti. In questo modo, in tutta la Colonna Traiana non troviamo una scena che si ripeta
uguale. Senza contare che l’uso di schemi permette una più rapida creazione delle scene di massa
(es. in una scena d’attacco si segue lo schema dell’uomo con lancia e scudo e questo modello
viene moltiplicato molte volte in diagonale, un’immagine dietro l’altra, fino a rendere tante persone
intente ad attaccare.)
Riconosciamo in molti di questi schemi dei modelli greci, non solo ellenistici ma anche classicisti,
come per esempio, l’uomo ferito trasportato, ispirato a Fidia, o a dirittura tardo arcaici come il
barbaro ferito sdraiato che ritroviamo nel tempio Aphaia ad Egina.
Nonostante la GRANDE VARIETA’ che il Maestro è riuscito a rendere, ritroviamo alcuni temi fissi:
la partenza, la costruzione di strade e fortificazioni, le cerimonie religiose, il discorso alle truppe,
l’assedio, la battaglia, la sottomissione dei nemici e talvolta scene di crudeltà e saccheggio.
Comunque anche questi temi riescono ad essere variati poiché sempre adattati alle circostanze e
variati nei particolari, senza contare che, tra un tema e l’altro, vi si inseriscono episodi caratteristici
e unici di quella particolare campagna.
Notiamo, in tutto il fregio, una particolare attenzione per i vinti sui cui volti è più visibile il pathos.
Per dare una spiegazione a questa piccola stranezza di era ipotizzato che l’autore della Colonna
fosse Apollodoro di Damasco, architetto del foro di Traiano, e che, essendo provinciale, questo si
sentisse particolarmente vicino ai vinti PERO’ noi sappiamo che l’attenzione per la sofferenza dei
vinti è tipica dell’ellenismo: ce lo dimostra, infatti, Pergamo con i donari raffiguranti i Galati sconfitti
piuttosto che Attalo e il suo esercito vincitore ma lo vediamo anche nel mosaico di Alessandro
dove, al di là della figura di Alessandro in primo piano, ad essere visivamente chiari sono
esclusivamente i persiani. Questo perché, forse, è il vinto che può maggiormente esprimere pathos
essendo quello che sopperisce e soffre.
I panneggi sono eccezionalmente rappresentati e, come tutto il resto, sono molto vari: stupisce una
tale precisione dei dettagli soprattutto se si pensa che il rilievo è tenuto bassissimo, soluzione
scelta appositamente per non alterare la linea architettonica della Colonna.
La Colonna fu resa accessibile mediante una scala interna: le feritoie che danno luce alla scala
sono state eseguite insieme ai rilievi tuttavia a volte obliterano le figure perciò ne deduciamo che
non erano state previste nel disegno preparatorio certamente preparato. Lo zoccolo, invece,
servirà in modo insolito a contenere le ceneri dell’imperatore.
Scene: 1. Traiano e Sura. 2. La cavalleria mauretanica. 3. Il suicidio dei Daci. 4. Deportazione di
popolazioni vinte. 5. Ecatombe di barbari. 6. Inseguimento nei boschi. 7. Combattimento sul
Danubio. 8. Assalto ad una fortezza dacica. 9. Guerrieri Daci. 10. La fuga del capo dei Daci
Decebalo.
*Come già detto sopra, l’imperatore è ormai visto e rappresentato come capo, come guida, primo
funzionario dell’apparato statale e dirigente impegnato e così viene rappresentato mentre discute
con Sura, suo luogotenente, sull’andamento della guerra e forse su come agire prossimamente.
Quando abbiamo elementi paesaggistici notiamo che i Daci sono sempre raffigurati in un ambiente
boscoso e selvaggio rispetto alle cinte o alle costruzioni che fanno da sondo ai romani che dunque
rappresentano i portatori della civiltà. Inoltre barbari e romani sono distinti da ciò che indossano: i
barbari hanno sempre pantaloni e barba o baffi lunghi mentre i romani sono sempre
tendenzialmente distinguibili dall’elmo.
Confronto con Colonna Antonina
Alcune lastre del fregio della Colonna sono state inserite, separate una dall’altra, nel fornice
centrale e nell’attico dell’Arco di Costantino. Vediamo, poi, lo stile traianeo nelle due transenne
trovate nel Foro Romano figurate internamente con animali sacrificali ed esternamente con scene
relative a provvidenze emanate da Traiano con gli edifici del Foro a fare da sfondo. (scena:
transenna con un episodio del regno di Traiano.)
Lo stile creato dal “Maestro delle imprese di Traiano” fu bruscamente interrotto nel suo possibile
sviluppo dalle personali scelte e preferenze di Adriano, successore di Traiano.
All’epoca di Adriano fu terminato, poi, l’Arco di Traiano a Benevento perciò notiamo una evidente
differenza stilistica tra le parti dell’Arco create sotto Traiano e quelle ultimate con Adriano:
- Con Traiano: (scena: Provvidenza di Traiano) Nel passaggio del fornice si trova un grande
rilievo celebrante un tipico provvedimento traianeo, la institutio alimentaria. Ovvero quando
lo Stato concedeva prestiti ai piccoli proprietari agricoli e gli interessi incassati erano
destinati a sussidi per l’istruzione dei figli degli stessi agricoltori. Vediamo, nel rilievo,
Traiano e figure di personificazione simboliche davanti a cui ci sono i coloni con i loro
bambini, maschi e femmine, tenuti per mano o sulle spalle: stilisticamente c’è un richiamo
con i rilievi della Colonna e, dal punto di vista tematico, vediamo una novità tematica, infatti,
per la prima volta, sono rappresentate classi subalterne in un monumento ufficiale.
- Con Adriano: Nell’Attico dell’Arco, altre scene sono da attribuire ad Adriano per via di un
chiaro mutamento di indirizzo.
Quali sono le preferenze stilistiche di Adriano?
Adriano era, senza dubbio, appassionato per la pura bellezza dell’arte greca e il suo gusto perciò
favoriva ogni manifestazione artistica che si ricollegasse con tale tradizione antica almeno
apparentemente ma bisogna ricordare che tale preferenza aveva anche implicazioni politiche
precise: Adriano si rifaceva infatti alla politica pacificatrice di Augusto e non a quella conquistatrice
di Traiano. Adriano si concentrò sul rafforzare i confini, sia militarmente che diplomaticamente,
perciò ci fu il tentativo di riunificare Roma tramite la creazione di legami culturali e religiosi anche
con le province che avevano fatto parte dei regni ellenistici e la Grecia stessa per avere un nucleo
compatto contro la pressione che iniziava a sentirsi dalle popolazioni barbariche. Inoltre aumenta
la concezione sacrale del potere del principe e del suo culto.
Adriano sceglie il filellenismo. (?)
La scultura dell’età di Adriano era considerata l’ultimo capitolo dell’arte classica greca però noi
vediamo che, dietro all’ispirazione alle forme classiche c’è un forte elemento coloristico
formale e ci sono elementi di contenuto