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Si distinguono tre aree: l’Africa settentrionale, la Mauritania e l’Africa proconsolare; la Cirenaica,
connessa con Creta, Alessandria e la Grecia; l’Egitto. Il cristianesimo africano ha un carattere popolare e
appassionato; il sottofondo punico, indigeno, berbero, affiora in scultura, come per es. la stele di Siliana,
dedicata a Saturno, che ha in alto un’aquila sopra un cartiglio, sorretto da due Vittorie, con ramo di
palma; nella lunetta Saturno seduto su un toro è fiancheggiato da Dioscuri; al centro c’è un altare, con ai
lati animali per il sacrificio; nei due registri minori, una rappresentazione del lavoro nei possedimenti,
come l’aratura, il raccolto del grano, il trasporto dei covoni su carri con cavalli. Sono forme pesanti,
squadrate, soprattutto nei particolari, pieghe dei panneggi, armature, vello del montone, spighe. Le
sculture rientrano nel repertorio romano, soprattutto i ritratti, come quello di un cittadino di Thugga,
in Tunisia, in una delle tre celle del tempio di Saturno; una statua funeraria di un uomo che indossa la
pelle di leone come Ercole, e tiene nella mano destra papaveri (è un iniziato ai misteri), in cui solo la
testa ha volumi plastici; un ritratto di un uomo rude, del Museo del Bardo, dalla barba incolta, la testa
circondata da una corona sacerdotale, il volto segnato dagli anni. Gli echi del classicismo costantiniano
presto si diffondono in Africa proconsolare, come nei sarcofagi: un sarcofago della necropoli di
Cartagine, con la defunta davanti a un tendaggio, ai lati 4 giovani genii delle stagioni. Per quanto
riguarda i mosaici pavimentali, vi è un intenso uso del colore; la produzione della Mauritania, e della
Tripolitania, sono da distinguere: quelli della Tripolitania rimangono legati a modelli ellenistici, mentre
nelle altre regioni hanno caratteri particolari. La decorazione di una Villa a Tabarka, con villa porticata
a due torri e in un altro settore, sempre dello stesso complesso, abitazioni di coloni e campi. La
raffigurazione del giardino ha abbandonato il senso naturalistico: gli alberi, i fiori, i fagiani, le oche, le
quaglie hanno solo un valore ornamentale. Le scene mitologiche sono presenti, ma le città della costa
africana vivevano comunque sul mare, quindi la preferenza va a raffigurazioni di cortei della Venera
marina o di Anfritrite. In Africa il pavimento in bianco e nero, di uso romano, è stato praticato nel II
sec. e ha portato il gusto per le composizioni unite, ma ben presto è stato superato dal mosaico
policromo unitario. Nel III sec. in Africa si hanno ancora mosaici pavimentali con decorazioni di
elementi geometrici, come per es. un mosaico di Sousse, con medaglioni circondati da bordo a treccia,
presenta l’episodio di Achille alla corte di Licomede. Una casa di Thugga, databile all’età di Gallieno,
presenta una pianta con cortile porticato, al centro bacini d’acqua, con mosaici pavimentali con soggetti
marini: un episodio di Ulisse e le Sirene, Dioniso giovane e i pirati tirreni trasformati in delfini. Il
mosaico della Casa del Trionfo di Dioniso a Sousse, ha una spazialità prospettica accennata, tra il satiro
che precede il carro trainato da 4 tigri, e il satiro che sta dietro al carro: la diagonale prospettica passa
tra queste due figure, con ombra portata di questi e delle zampe delle tigri. Col passare degli anni però
questa spazialità e accenno di prospettiva si perde, nel passare da cartone al mosaico: la Menade col
cembalo non è collocata nello spazio e appare più grande; il bordo, ricco di colore e di particolari
dettagliati, è armonioso. Un pannello con ritratto di Virgilio fra le Muse della storia e della tragedia,
arriva da Hadrumetum: il poeta è lui grazie al verso 8 dell’Eneide, scritto sul rotulo che tiene sulle
ginocchia, che documenta il vivo interesse della cultura africana nel III sec. Un pavimento a Tipasa, con
motivi geometrici, riquadro centrale e gruppo di prigionieri e teste, è emblematico: il tipo è
caratteristico di pavimenti di Roma fra il III e il IV sec. ( Ostia), mentre qui, il quadro centrale ha una
serie di magnifiche immagini di barbari. Altro grandioso pavimento è quello della stazione termale di
Djebel, in Tunisia: i quadrati raffigurano busti delle 4 stagioni, che sono diversi dalle iconografie di
Roma; queste stagioni hanno caratteri somatici locali, sembrano ritratti di dame della società locale. Il
pavimento del peristilio della Villa di Piazza Armerina in Sicilia è eseguito da maestranze africane,
legate soprattutto ai centri costieri, Cartagine, Cesarea, databile fra il 320 e il 360. La “Grande Caccia” è
piena di motivi africani, è spettacolare nelle sue dimensioni, nella composizione verticale a elementi
sovrapposti che creano possibilità narrative illimitate. La “Piccola Caccia” è un riquadro realistico di
vita signorile. Nella Casa dei Cavalli a Cartagine si ha la piena concordanza fra Piazza Armerina di Sicilia
e l’Africa: il fregio coi fanciulli che stanno per correre e che cacciano quadrupedi e uccelli sparsi su
fondo bianco, è identico sia a Cartagine sia in Piazza Armerina. Dalla fine del IV sec. si avrà il
superamento della pittura ad opera di mosaici parietali, come mosaici pavimentali delle ville signorili
con artigianato che lavorava a giornata: un es. è il mosaico con caccia alla lepre da El-Djem, la cui
disposizione su 3 registri è già attuata e molto marcata, marcate sono anche le linee del terreno e le
ombre portate; vi è ancora un acceso naturalismo e una grande ariosità. Un grandioso mosaico è quello
di Gafsa, in Tunisia, con la rappresentazione di un circo: la scena della corsa attorno alla spina del circo
ha dell’ingenuità, interessante è la folla degli spettatori nelle arcate, viene resa mediante la ripetizioni
di teste in schema frontale ripetuto, solo leggermente variato. I mosaici dei Lavori campestri di Cesarea
sono anch’essi grandiosi: in frammento maggiore è incorniciato da un bordo vegetale; il mosaico si
divide in 4 scene, che non sono separate da bordure ma sono sovrapposte l’una all’altra, ed è una novità.
Le due scene superiori, aratura e semina, si sovrappongono con linea di demarcazione irregolare. Un
frammento sempre dello stesso complesso, ma separato è la vendemmia: un raccoglitore scende da una
scala sotto una pergola. Un altro frammento di un altro edificio è una scena di pigiatura dell’uva: i
pigiatori, cinti di panni che richiamano la pelle della pantera, animale dionisiaco, assumono un aspetto
satiresco, quasi muovendosi danzando.
§ La Tripolitania e la Cirenaica
Caratteristico è il mosaico pittorico, di tipo ellenistico: esempio il pavimento di una villa di Leptis, detta
Casa di Orfeo. Orfeo che col suo canto ammalia le bestie occupa tutta la larghezza del mosaico; il resto
del pavimento è formato da quadretti, due scene campestri, una di pesca, le altre tre sono composizione
ellenistiche di uccelli, frutta, pesci. Agli inizi del III sec. appartengono i mosaici della Villa del Nilo, di
provenienza ellenistica: pescatori, personificazione del Nilo, adagiato sopra un ippopotamo, Pegaso che
si abbevera con le Ninfe; a dire il vero più che ellenistico, è alessandrino. Ci sono anche in anni più
tardi, nei dintorni di Tripoli, delle pitture che si collegano a Roma e all’Oriente ellenistico, come la
tomba di Gargaresh: il nome della defunta è scritto in un disco dentro una corona retta da genii volanti,
sopra il sepolcro a loculo nella parete. La defunta ha anche il suo ritratto nella parete di fondo del
loculo, è un ritratto lineare, sobrio, pre-bizantino. Sul soffitto del loculo un pavone spiega la coda a
ruota fra tralci di vite, e nelle pareti laterali stanno due figure allegoriche, con braccio appoggiato a una
fiaccola rovesciata, simboli della fiamma della vita che si è spenta. Leptis viene ampliata in senso
urbanistico da Settimio Severo, progetto condotto da un ricchissimo cittadini della stessa Leptis,
prefetto del pretorio, e suocero di Caracalla. La città vecchia di età punica si era ritirata attorno al porto,
quindi viene costruito un quartiere del mercato, su asse est-ovest, il teatro terminato sotto Tiberio,
orientato verso sud est-nord ovest. Sull’incrocio viene eretto un arco quadrifronte dedicato a Severo e ai
figli Caracalla e Geta. Poi viene costruita una lunga via ornata di portici e colonne, alla fine si accede a
una esedra con ninfeo, cioè una fontana monumentale. Tra queste vengono costruiti il Foro Severino e
la Basilica. I capitelli del porticato del Foro Severino e le base hanno nomi di artigiani greci; le maschere
di Medusa che ornano i tondi del portico hanno caratteri afrodisiensi; il marmo è dell’Asia Minore. C’è
un’invenzione legata alla tradizione ellenistica per l’eleganza e l’attenzione del dettaglio, per la
plasticità e coerenza dello schema figurativo; le figure stanno su fondo neutro, predecessori dell’arte
bizantina. Quattro fregi ornano l’arco dei Severi: uno ha la famiglia imperiale in fila davanti alle
immagini della divinità, l’imperatore tiene in mano il lituo sacerdotale del pontefice massimo,ed è
affiancato dai figli. Il secondo rilievo ha il sacrificio di due tori; il terzo un corteo di notabili a cavallo e
prigionieri; il quarto un episodio con la quadriga di parata su cui stanno Settimio Severo e figli. Colpisce
il susseguirsi di figure da sinistra verso destra, in cui si inserisce la quadriga, muovendosi anche lei da
sinistra verso destra, ma vi è un ribaltamento di prospettiva nel modo di presentare le figure della
famiglia imperiale: esattamente di faccia. L’imperatore non può far parte di un semplice discorso
narrativo, ma deve essere elevato a immagine di rappresentanza, e quindi la sua immagine viene
rappresentata frontalmente. La perdita di interesse per la prospettiva e un nuovo modo di comporre si
nota in un altro rilievo, in cui la famiglia imperiale assiste ad un sacrificio: la composizione è su 2
registri ma in realtà è unitaria, perché la divisione è data dai gradini del tempio; l’unico elemento di
prospettiva è l’altare al centro visto di spigolo.
§ L’Egitto
La scultura ha forme compatte, una preferenza per il panneggio a pieghe lineari e nitide, che deriva
dalla scultura di tipo ellenistico-romano. Un esempio è il sacerdote del dio Thot: pilastrino, iscrizione,
funzione e materiale (basalto) sono di tradizione antico-egiziana, anche l’atteggiamento della figura e la
veste. La testa invece rappresentata in frontalità, i tratti stirati, i grandi occhi, danno un’espressione di
ascetismo religioso; databile attorno al II sec. Il complesso delle 4 figure in porfido che si stanno
abbracciando a due a due, collocate a Venezia, all’angolo della Basilica di S.Marco verso il Palazzo
Duca