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DEFINIZIONE:

- OGGETTO: Statua

- MATERIALE: Marmo

- TECNICA di ESECUZIONE: Scultura a tutto tondo

- STATO di CONSERVAZIONE: La statua è intera ma mancano gli attributi in bronzo, in

particolare ciò che il personaggio avrebbe dovuto sorreggere nella mano Dx e forse una

freccia. (forse il materiale in bronzo è stato sottratto come accadde a molte statue)

IDENTIFICAZIONE:

- IDENTIFICAZIONE OPERA: Apollo Sauroktonos (cioè “che uccide la lucertola”).

Questo soggetto è stato identificato grazie a descrizione inserite in testi antichi, più

precisamente, nel testo di Plinio in cui descrive un Apollo di Prassitele che è intento ad

uccidere una lucertola con una freccia.

- COPIA/ORIGINALE: sappiamo che si tratta di una copia poiché l’originale era

probabilmente in bronzo ed è oggi conservato in Germania.

- DIMENSIONI: misura 1,53 m d’altezza.

- RINVENIMENTO: E’ stato rinvenuto sul colle palatino nella Domus Flavia ed insieme è

stata rinvenuta una statua meno integra ma che sembrava essere la stessa speculare

(dunque magari erano state messe ad un ingresso o qualcosa di simile)

- EVENTUALE COMPLESSO di APPARTENENZA: apparteneva alle statue che

abbellivano la Domus Flavia.

- LUOGO di CONSERVAZIONE: è conservata oggi nei musei vaticani.

ANALISI:

- ANALISI FORMALE (analizzi ciò che vedi e interpretazione di chi è il soggetto e cosa

fa):

figura virile stante con peso poggiato sulla gamba Dx, con gamba Sx all’indietro quasi

attaccata al tallone del piede antistante. Il torso è marcatamente sbilanciato verso Sx

perché il soggetto si appoggia ad un tronco dove è raffigurata una lucertola che la figura

umana sembra intenta a colpire con ciò che avrebbe dovuto reggere nella mano Dx e

che ora è assente. Il viso è regolare, ha tratti delicati che rendono i lineamenti femminili

o fanciulleschi e i capelli si dividono in due bande che incorniciano il volto per poi

essere portate dietro alle orecchie e trattenute da una fascia.

- ANALISI STILISTICA (è l’analisi dello STILE e non è l’interpretazione):

il soggetto è un grande dio del pantheon greco ma è raffigurato come un fanciullo e

inoltre è rappresentato in un momento privato, in un atto di svago molto simile a quelli

adolescenziali di molti altri ragazzi comuni. Questi sono elementi tipici di Prassitele che

si ritrovano in tutte le sue opere. Il suo, e cioè quello che vediamo qui, è un modo

diverso di approcciarsi al divino che cambia, di conseguenza, un modo di approcciarsi

alla figura: questa sembra ricercare volutamente il non equilibrio e non c’è nulla, nella

sua posa, di ieratico come dovrebbe convenire ad un dio.

Lo scultore sembra rifiutare l’equilibrio che è sempre stato ricercato, tanto che è

necessario un supporto ovvero il tronco.

Il corpo è sottile e la muscolatura è poco accentuata e altra caratteristica tipica di

Prassitele è la sinuosità data dalla posa ad S.

L’espressione del viso mostra Apollo disinteressato al possibile spettatore; non è un dio

che si mostra e impone la sua presenza.

Mancano i punti “Datazione”,“Analisi Storico-culturale” e “Bibliografia”.

Skopas

Caratteristiche principali:

- Pathos, cioè espressione del sentimento

- Creazione di agitazione o di effetti di particolare intensità attraverso la torsione del

corpo

- Creazione di effetti di particolare intensità attraverso anche una nuova disposizione,

meno equilibrata, degli elementi del volto e attraverso anche il modo di rappresentare i

capelli

- Creazione del pathos anche grazie a forti contrasti chiaroscurali

Opere più conosciute e rappresentative:

- La Menade di Dresda (sicura copia romana conservata a Dresda, di piccole

dimensioni.)

La figura rappresenta l’impeto dell’agitazione subendo una torsione che, dalla gamba

sinistra, passa per il busto e il collo fin’anche alla testa, gettata all’indietro e girata verso

sinistra, e ai capelli rappresentati da una massa scomposta. Il volto è pieno, bocca,

naso e occhi sono ravvicinati e gli occhi sono schiacciati contro le forti arcate orbitali

(un po’ incavati).

Anche il chitone fa la sua parte per avvalorare l’intensità; è lungo e tenuto da una

cintura appena sopra la vita ma si spalanca per via del movimento del corpo lasciando

scoperto il fianco sinistro. Forti contrasti tra panneggi e capigliatura da una parte, e

superfici nude dall’altra.

Skopas sarà d’ispirazione per il periodo ellenistico.

Per il Mausoleo di Alicarnasso furono chiamati a raccolta gli scultori più capaci dell’epoca: Timoteo,

Leocare, Skopas e Briasside. Briasside è l’artista preferito di Tolomeo, uno dei generali di

Alessandro.

Di Timoteo sappiamo poco, autore del tempio di Asclepio ad Epidauro. Abbiamo numerosi suoi

originali; una parte del frontone da Epidauro, con amazzonomachia e gli acroteri del frontone

occidentale. Notiamo una forte sensibilità nel panneggio, considerata tra le caratteristiche

fondamentali di Timoteo, molto vicino alla tradizione fidiaca.

Leocare era l’artista preferito del padre di Alessandro Magno, Filippo II. Era di Atene, sappiamo

che esegue per Filippo II una serie di statue crisoelefantine del Philippeion di Olimpia. Una sua

opera molto nota è il Ganimede rapito da Zeus nelle sembianze di un’aquila, di cui però l’originale

è andato perduto e abbiamo soltanto qualche statuetta. A lui attribuito, è anche il famosissimo

Apollo del Belvedere, conservato (copia) nell’omonimo cortile del Vaticano: il dio è stante e indossa

solo la faretra, il cui balteo attraversa diagonalmente il petto, e un mantello che, fermato sulla

spalla dx e scendendo da dietro le spalle, si avvolge sul braccio sx. Il peso è tutto sulla gamba dx,

il piede sx, fortemente all’indietro, tocca solo con la punta per sottolineare la rapidità della sua

apparizione. Il corpo ha forme allungate e ed è un corpo giovanile seppur fieramente eretto. La

testa è rivolta a sinistra e il volto mostra purezza, ha lo sguardo rivolto lontano, indifferente allo

spettatore! La mano sx, mancante, probabilmente impugnava l’arco. Attribuita a Leocare anche la

statua della sorella gemella di Apollo: l’Artemide di Versailles. (copia romana conservata nella

reggia). La posizione è simmetricamente molto simile a quella dell’Apollo del Belvedere.

Il Mausoleo

Mausolo, divenuto satrapo (governatore dell’impero persiano, della provincia di Caria) decide di far

costruire ad Alicarnasso un immenso monumento onorario per se stesso. Altezza complessiva di

poco meno di 45 m. La costruzione fu affidata a Piteo ma le sculture agli artisti nominati poco

sopra. Secondo Plinio, ogni artista si occupò della decorazione di un lato.

Oggi abbiamo soltanto una piccola parte del fregio ed è difficile attribuire le singole lastre di questo

in maniera corretta ai vari scultori. Comunque si denota un impianto unitario, com’è normale per

monumenti di queste dimensioni. Le figure dei combattenti sono slanciate e riunite in gruppi che

tendono a seguire strutture piramidali. Notiamo molte figure alla ricerca di un movimento più libero

nello spazio, slanciate in movimenti aperti e pieni di vigore e ad esse si è attribuito Leocare poiché

molto hanno dell’Apollo dl Belvedere. (lastra “leocarea”)

Per quanto riguarda il fregio dell’amazzonomachia, che doveva estendersi per oltre 100 m di

lunghezza; appare, con le sue figure di guerrieri e amazzoni, molto tradizionale, non solo nella

composizione ma anche nella scelta dei modelli iconografici. I combattimenti sono sempre

suddivisi in tante monomachie che vedono affrontarsi, di volta in volta, a sinistra un greco nudo

con elmo e scudo, e a destra un’amazzone, a piedi o a cavallo. Questa particolare lastra è stata

denominata “scopadea” perché attribuita a Skopas, infatti, tutte le figure sono pervase da gran

movimento; gli uomini, le cui muscolature indicano lo sforzo della battaglia, come le amazzoni

fanno ruotare i busti rispetto alle anche e alle braccia.

Panneggi gonfiati fanno attribuire le lastre a Timoteo.

Nessuna di queste attribuzioni è sicura!

Cronologia dei frontoni:

La scultura fu da sempre associata all’architettura soprattutto templare. Possiamo trovare le

sculture sul frontone oppure sull’architrave (più precisamente nel fregio o nelle metope) oppure le

sculture possono essere le acroteri (ovvero le statue agli angoli dei tetti).

I frontoni, in particolare, hanno causato non pochi problemi agli inizi e hanno subito, perciò,

un’evoluzione:

• In principio, nella prima metà del VI sec., in età arcaica(con alcune tendenze

all’orientalizzante), il riempimento del frontone risultava molto complesso perciò si

ottenevano risultati come quelli del tempio Artemision di Corcira a Corfù: decorazioni a

rilievo, figure sconnesse l’una dall’altra e sproporzionate. Infatti il frontone è riempito in

lastre di bassorilievi accostati; il timpano occidentale rappresenta una gorgone Medusa di 3

m nel tipico schema arcaico della corsa inginocchiata che domina il centro del frontone,

mentre ai lati vi sono i due figli del mostro Pegaso e Crisaore (o Perseo), rappresentati in

dimensioni decisamente minori. A chiudere gli angoli del timpano, due pantere araldiche.

Possiamo vedere che questi personaggi non hanno nessun collegamento tra loro e non

hanno certo carattere narrativo ma sono stati collocati e rappresentati a quel modo

semplicemente per rispondere ad una logica riempitiva.

• Verso la fine del VI secolo, sempre in età arcaica(sempre più stile severo), le figure

rappresentate sui frontoni iniziano ad avere una connessione tra loro e soprattutto con il

tempio mentre la scultura è finalmente a tutto tondo anche se, c’è da precisare, che il retro

delle statue non è lavorato con precisione. La figura centrale continua a costringere l’artista

a renderla con un modulo più grande di tutte le altre e per questo si decide di assegnare

quella figura al personaggio divino.

Il tempio di Atena Aphaia ad Egina ci mostra un’evoluzione avvenuta nel tempio stesso: il

frontone occidentale, più antico, la figura di Atena è stante e rigidamente frontale

nonostante le gambe siano girate di tre quarti, la sinistra è leggermente avanzata ma la

postura è ferma a sottolineare la presenza astratta della dea nel combattimento. Distribuiti

equamente nelle ali del timpano vi sono dodici combattenti, sei per ala e vediamo, prima

una coppia di opliti, poi due arcieri inginocchiati, a seguire l&rsq

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
27 pagine
5 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/07 Archeologia classica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher JessApp di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Archeologia classica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Legrottaglie Giuseppina.