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LA PERCEZIONE ESTETICA DEL PAESAGGIO PADANO TRA QUATTRO E

CINQUECENTO.

Nel primo Cinquecento il paesaggio non era rappresentato con rispondenze sentimentali, infatti non

troviamo immagini propriamente paesaggistiche. A quell'epoca non esiste il paesaggio, ma il

territorio in senso materiale. Tuttavia il pittore non poteva non ricollegare la vista delle realtà

naturali al suo mestiere.

Nei paesaggi correggeschi non troviamo l'occhio chirurgico, attento ai dettagli della terra, ma la

natura viene congiunta ad un'arte del celare e del rivelare o della trasformazione. Nella sua pittura è

diffusa la magia della sprezzatura che si irradia dal centro del quadro agli sfondi.

Paesaggio: parziale e soggettivo, non è funzionale all'organizzazione dello spazio. Non si esaurisce

nel territorio, cioè in un'estensione di superficie. Conserva valori simbolici ed affettivi dell'opera e

dell'insediamento umano.

Spazio: richiede un intervento semplice ed utilitario.

A inizio Cinquecento non vigeva il concetto di paesaggio, che mira alla valorizzazione di certi

risultati del fare ed alla contemplazione disinteressata. Lo spazio, invece, inizia in quegli anni ad

entrare in un'aura semantica e percettiva riferita alla trasformazione della realtà naturale e

geografica (cfr prospettiva e cartografia scientifica).

Territorio: ha valore estensivo-quantitativo.

Il paesaggio presuppone l'ambiente ed il territorio, ed al suo interno troviamo anche lo spazio.

Cerchiamo di immaginare cosa vedesse Correggio dai suoi possedimenti e durante i viaggi... Nei

suoi dipinti troviamo come un Leitmotiv che continua a riaffiorare, un monte, che di volta in volta

può essere modificato in qualche dettaglio, ma che è stato riconosciuto come la pietra di

Bismantova.

Il modello cui Correggio fa riferimento non appartiene al paesaggio “realistico” della pittura del

secondo Quattrocento (Piero della Francesca, Giovanni Bellini, Pollaiolo), non mostra l'attenzione

specifica del paesaggista. Il suo sguardo, soprattutto quello maturo, si fa auratico; l'immagine del

paesaggio va collocata nel sistema della grazia profana → la grazia sorge quando lo spirito della

natura viene trasfigurato dal sentimento che scioglie il proprio legame con l'anima sensibile.

Trasforma il dolore, il terrore e la morte in bellezza, purezza, infinità e pienezza interiore. La grazia

è un dono e Schelling la vede in Correggio, Raffaello e Reni.

In Correggio ci troviamo in un continuo slittamento dal reale all'ideale. La pietra di Bismantova, in

tutta la sua realtà si presta come esempio per una trasfigurazione nella fantasia della

rappresentazione pittorica.

– Endimione dormiente (Cima da Conegliano, 1507-1508. Parma Galleria Nazionale) →

intenso dialogo tra natura e paesaggio, assonanza con la pittura di Giorgione.

– Giudizio di Mida (come sopra) → modelli derivati dalla scultura classica

BIOGRAFIA DI CORREGGIO.

Si suppone sia nato prima del 30 agosto 1489. Antonio è solidale con il padre Pellegrino:

collaborano e si assistono.

L'accumulo dei patrimoni (una delle attività collaterali di Allegri) fa sì che lo status sociale della

famiglia cresce e la frequentazione del castello e dei principi porta Correggio ad accompagnare a

Mantova, nel 1511, Manfredo IX da Correggio. In questa circostanza forse conosce Francesco,

figlio di Andrea Mantegna, che probabilmente gli commissiona gli affreschi per la cappella di

famiglia.

Nel 1514 a San Benedetto in Polirone ha il compito di dipingere le portelle e il poggiolo dell'ordine.

La collaborazione con l'abbazia benedettina riformata procede nel 1518-19 con il monastero di San

Paolo, alla fine del 1519 il pittore passerà alla preparazione dei disegni e cartoni per San Giovanni

Evangelista fino al 1525. dal 1522 in poi si occuperò del rifacimento dell'intera decorazione

parietale del duomo di Parma.

Allegri mantiene ottimi rapporti col signore di Correggio, con la prima moglie, Veronica Gambara e

con la seconda, Lucrezia d'Este. Correggio seppe avere una presenza costante alle vicende

correggesi, a quelle che coinvolgevano le famiglie più distinte e seppe fare investimenti oculati.

Accresciuto in fama a anche a Parma, nel 1525 partecipa alla commissione che deve formulare

giudizi sulla costruzione della cupola in Santa Maria della Steccata.

ASPETTI DEL MONDO RELIGIOSO E ARTISTICO DEL CORREGGIO E DEL

PARMIGIANINO.

Ciò che condusse Correggio a Parma fu la frequentazione della congregazione benedettino-

cassinese. Indubbiamente Correggio intrattenne questi rapporti assieme ad altre relazioni: fu a

Mantova nell'entourage di Mantegna, dove ottenne inoltre la prima commissione documentata che

conosciamo (pala di San Francesco). Nel 1521 veniva ascritto tra i “singulares devotos”, ebbe

perciò un ruolo preponderante all'interno della congregazione. Il riconoscimento della sua natura

religiosa è una conquista recente, dato che tra seicento e novecento fu considerato un'interprete

della sensualità!

Un'associazione religiosa, come la congregazione benedettino-cassinese, era anche un ambiente

culturale, con una propria linea e notevole vivacità intellettuale; la cultura teologica che Correggio

dimostra difficilmente sarebbe potuta emergere senza le biblioteche e gli studiosi cassinesi.

Padova era la sede centrale di una potente organizzazione sovra-regionale che aveva i maggiori

centri in San Benedetto Po e San Giovanni Evangelista. Nel 1505 si verifica l'annessione del

monastero di Montecassino.

Le vicende religiose di questi anni a Parma sono contraddistinte da Alessandro Farnese, vescovo

della città dal 1509. nel 1519 indisse un sinodo in cui innovò le costituzioni rivolte al clero.

È chiaro che la congregazione aveva la possibilità di sostenere il pittore nei suoi spostamenti

attraverso la rete dei monasteri affiliati.

PRIMA DI PARMA. PROBLEMI APERTI NELLA VICENDA GIOVANILE DEL CORREGGIO.

I nodi da sciogliere riguardo alla giovinezza di Correggio si riflettono sulla comprensione dei tempi

e dei modi del decollo della “maniera moderna” all'interno della cultura figurativa padana. Il ruolo

giocato da Correggio in questo ambito fu certamente protagonistico, per l'ampiezza della sua

esperienza: osservanza mantegnesca delle prime prove, complesso classicismo delle opere di

Parma.

Risposta in chiave naturalistica nella Camera di San Paolo al pergolato realizzato da Mantegna nella

distrutta cappella di Innocenzo VIII in Vaticano e nella Madonna della Vittoria.

Correggio recepisce immediatamente le novità del momento e le restituisce in una maniera del tutto

originale. Tuttavia sono pochissime le notizie utili a risalire ai suoi avvii; della fine del XVI secolo

è la notizia di un suo apprendistato presso Francesco Bianchi Ferrari. Se veramente avvenuto,

questo alunnato avrebbe dovuto avviarsi attorno al 1503; questa notizia non contrasta con la

possibile presenza di Allegri a Mantova, per la decorazione della cappella mantegnesca.

L'intervento del giovane Correggio è individuabile più facilmente nel San Marco, la cui testa mostra

uno scorcio simile a quello del San Giuseppe della Sacra famiglia Crespi.

Inoltre dal 1967 è stata sostenuta la paternità correggesca anche dei tondi della Sacra famiglia e del

Compianto. Pur mimandone il linguaggio, il giovane artista ha ormai preso le distanze dalla cultura

di Mantegna, come possiamo osservare già dal Matrimonio mistico di santa Caterina di Detroit

(1510), che segna un punto di non ritorno dalla “maniera antica” del maestro e mostra la

conoscenza dei Tre filosofi di Giorgione per quanto riguarda il paesaggio ed il San Giuseppe. Ancor

prima di orientarsi verso Leonardo, perciò, il percorso di Correggio prende una piega che punta

verso Venezia. Tuttavia, una pittura più fluida e legata, poteva provenirgli da Lorenzo Costa, a

Mantova dal 1506.

la tavola dei Quattro santi è databile al 1513-14 ed il tono del dipinto è dato dalla miscela di

soluzioni mantegnesche e soprattutto costesche, per l'accensione veneta del colore.

La Madonna di San Francesco ha una monumentalità del tutto diversa, che trascende gli stessi

modelli mantegneschi ed avvia a quella comprensione del classicismo raffaellesco. Qui le esigenze

del “bel comporre” diventano preponderanti, questa tavola si propone così come la prima svolta nel

percorso giovanile del Correggio, che si apre verso l'Italia centrale.

Prima dell'esplosione sensuale e pagana della Camera di San Paolo, la produzione di Correggio

mostra il suo indugio su modelli di ormai classico nitore, in una sorta di manierismo avant lettre. Di

qui l'ipotesi del viaggio romano, da collocarsi verosimilmente tra 1518 e 1519, che spiegherebbe

l'accento moderno della Camera e la dilatazione formale perseguita in San Giovanni, uno dei

maggiori esempi di michelangiolismo padano.

Amico Aspertini, pala di St. Nicolas-des-Champs Dosso Dossi, Astronomo

LA CULTURA ARTISTICA A ROMA TRA 1510 E 1524.

Nel 1521 Federico Gonzaga scrisse a Baldassar Castiglione, suo ambasciatore a Roma, per

presentargli un pittore, Lorenzo Leonbruno, che stava per essere inviato nella capitale ad

aggiornarsi sulle opere raffaellesche e michelangiolesche. È perciò ragionevole pensare che

l'esperienza romana di Correggio sia stata spinta da analoghe ragioni e che egli possa essere stato

sostenuto dalla badessa Giovanna da Piacenza.

Un artista che giungeva a Roma incontrava innanzitutto le opere di Raffaello, predominante sulla

scena artistica e sulle committenza papali.

ANTONIO DA CORREGGIO “PITTORE SINGULARISSIMO” E “LA MANIERA MODERNA”.

Nella prima edizione delle Vite (1550) Vasari si riferisce a Correggio quale “pittore singularissimo”.

Egli non sapeva chi fosse il suo maestro, ma era molto interessato alla formazione artistica degli

autori che trattava. Per quanto riguarda le citazioni puntuali, in Correggio possiamo solo trovare un

cane da caccia dalla stampa di Sant'Eustachio di Dürer nell'Adorazione dei Magi di Brera. Invece

l'importanza di Mantegna è meno definibile, ma più profonda e rintracciabile in tutta la carriera di

Allegri. Si è tentato di tracciare anche dei punti di contatto con Lotto, ma i collegamenti sembrano

piuttosto chimerici. Entrambi hanno raffigurato un Commiato di Cristo dalla madre, soggetto

inusuale all'epoca, tenendo probabilmente a mente l'incisione düreriana. Anche in Giorgione e

Beccafumi troviamo un accento nordico (Bosch per il primo e ancora Dürer per il secondo)

Il sogno di Raffaello, Giorgione Discesa di Cristo al limbo, Beccafumi

Queste opere, non solo erano dei notturni, ma anche esempi di rappresentazioni straordinariamente

riuscite del fuoco.

Anche Lorenzo Lotto si &

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
8 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/02 Storia dell'arte moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher chiara.betti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Arte del Rinascimento e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Graziani Irene.