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Lotto qui abbandona qualsiasi ambientazione architettonica entro una
chiesa, per sceglierne invece una all’aperto, nell’aria frizzante che i
colori limpidi e chiari dicono essere quella del primo mattino; il set
divino, in primo piano, è chiaramente staccato da quello umano del
paesaggio di fondo tramite un parapetto murario, chiuso ad angolo a
sinistra da un basamento sormontato da un’altra colonna, è possobile
che questa faccia riferimento alle condizioni della chiesa che avrebbe
ospitato il dipinto, ancora in costruzione. il formato è pressocché
quadrato e il primo piano è distaccato dallo sfondo in modo netto.
Mettendo in scena santi appartenenti a diversi periodi storici, Lotto
allude al fatto che la scena si stia svolgendo in Paradiso. L’ispirazione Figura 17
raffaellesca giustifivs l’assetto compositivo grandioso, monumentale,
del dipinto, soprattutto in relazione al tono assai più intimo e dimesso della coeva pala di San Bernardino.
17. Commiato di Cristo dalla Madre, con Elisabetta Rota (fig. 18) (1521, Berlino)
La complessa iconografia del dipinto ha più volte affascinato gli studiosi.
Il soggetto del Commiato di Cristo dalla Madre è piuttosto raro, e si vede
in un’incisione di Dürer, in una tela di Correggio, Giovanni Francesco
Caroto e di Paolo Veronese. L’apostolo sul fondo è stato identificato
come san Giuda, che ricorre quasi sempre in tali spettacoli quale
compagno della partenza di Cristo per la vita pubblica.
La meditazione della Passione Elisabetta Rota interiorizza le angosce di
suo marito, minacciato da banditi feroci e dereminati; è la previsione del
distacco dal suo compagno di vita che si rifletterebbe nel dipinto,
secondo un’interpretazione che vede nel letto inviolato nell’angolo e il
cagnolino (simbolo di fedeltà), ipotetici indici dello stato vedovile della
donna, piegandone la lettura fino a vedervi i segni del timore e
Figura 18 dell’angoscia per una possibile vedovanza.
L’interpretazione del sacro in chiave domestica, intimamente affetuosa, espressa nell’opera, non solo è del
tutto coerente con quella dell’arte lombarda dell’epoca, ma nasce anche, seguendo il suggerimento di
Brizio, da un contatto preciso con quest’ultima e con la pittura
piemontese, di Gaudenzio Ferrari in particolare. Di nuovo ritroviamo un
profondo legame con la pittura nordica.
18. Madonna con il Bambino e i santi Giovanni Battista e Caterina (fig.
19) (1522, Bergamo)
Il gruppo centrale della Madonna con il Bambino, ripete, con qualche
lieve variante, quello nei dipinti di Londra e Boston: la Vergine, ad
esempio, ha sul capo un velo tanto leggero da risultare quasi invisibile Figura 19
rispetto alle altre due versioni, la testa del Bambino è girata in maniera
lievemente diversa, e dai lati sono scomparsi quei raggi di luce in forma di croce ben visibili nelle altre due,
e anche le pieghe del manto e del cuscino risultano un po’ diverse. Rispetto agli altri due dipinti tuttavia
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l’ambientazione è in interni, non vi è alcuna apertura sul paesaggio e i santi sono radicalmente mutati. La
tela sembra affidarsi soprattutto alla definizione formale tramite il colore, che fa emergere le figure dal
buio dell’ambiente, cosicchè i panneggi appaiono tutti più gonfiati e turgidi.
La composizione a piramide del gruppo principale, rivela ancora fortemente le sue matrici di primo
classicismo, soprattutto raffaellesco, mentre la sgranaturta dei contorni nell’aria crepuscolare ricorda le
sperienze leonardesche, tuttavia Lotto introduce un senso di instabile equilibrio e di inquietudine nelle
figure. 19. Santa Caterina d’Alessandria (fig. 20) (1522, Washington)
Probabilmente l’immagine fu originariamente progettata come immagine di
devozione privata, ma fu poi trasformata per una collocazione pubblica in una
chiesa. Vi sono buoni indizi che ci fanno pensare che l’opera provenga dalla
chiesa parrocchiale di Celana. Possiamo riscontrare una certa variante stilistica
nell’intensificazione e quasi esagerazione della grazia e della raffinatezza, che
declina il postclassicismo di Lotto in aperto manierismo.
Figura 20
20. Natività (fig. 21) (1523, Washington)
Inizialmente il pezzo di legno sulla destra era stato identificato come una
“trappola” per il demonio, ma più avanti è stato identificato semplicemente
come un pezzo approntato per un incastro ad angolo retto, come quello di
un telaio. Esso allude quindi molto più probabilmente alla professione di san
Giuseppe, che nell’opera appare per la prima volta posto su un piano di
parità con la Vergine, a formare con lei una coppia di genitori amorevoli e
pieni di cure per il vispo neonato. Questa nuova enfasi posta su san
Giuseppe e la rivalutazione della sua figura sono evidentemente coerenti con
un nuovo sentimento di domesticità, in cui il santo è visto partecipare in
qualche modo al piano della redenzione umana, e provvede alla protezione e Figura 21
alle necessità della famiglia.
Il crocifisso sulla sinistra è un’aggiunta posteriore rispetto alla stesura originale dell’opera.
21. Marsilio Cassotti e la sua sposa Faustina (fig. 22) (1523, Madrid)
Il copricapo di Faustina viene citato da Lotto, come una delle parti più complesse del dipinto e che quindi
ne avrebbe dovuto far aumentare il prezzo, cosa che però Lotto non riuscì mai a richiedere, forse per
timidezza. Il cupidetto in alto sarebbe una trasformazione del motivo antico della Juno Pronuba o Jugalis.
Nel corso dei secoli quella figura si sarebbe trasformata in un Cristo o in un cherubino, o addirittura in un
prete benedicente il matrimonio; Lotto potrebbe aver desunto il suo Cupido da una stele romana vista
direttamente a Roma. Il giovane Cupido pone sulle spalle dei due sposi un giogo: evidente allusione ai
doveri di cui ogni coniuge si carica nel vincolo matrimoniale. Dal giogo sembrano quasi germogliare delle
foglie d’alloro che hanno il significato simbolico di virtù, castità e l’impegno di durata eterna se non
dell’amore ma almeno del vincolo del matrimonio. 15
I caratteri sono presentati con una penetrazione degna di un
moderno romanzo psicologico, tanto che non si restano duvvi su
chi dei due prenderà in mano il timone del nuovo “ménage”.
Marsilio si sposa giovanissimo, a soli 21 anni, età piuttosto
insolita per l’epoca, visto che di solito gli uomini si sposavano
intorno ai trenta, questo forse anche a causa del fatto che il
padre lo aveva emancipato, ossia slegato dal vincolo
d’obbedienza alla patria potestà, conferendogli anche parte dei
beni della famiglia, in modo che egli potesse tentare di ingrandire
da solo le sue fortune e il proprio lavoro. Il committente del
Figura 22 dipinto è il padre di Marsilio, il quale intende donarlo al figlio
tanto precoce, per ricordargli che il matrimonio è un giogo, un impegno a volte gravoso, in cui bisogna
esercitare varie virtù.
Faustina è vestita di rosso, colore tipico delle spose, e porta una collana di perle, simbolo di sottomissione
al marito.
Va tutto a Lotto il merito di aver inventato un “tipo” iconografico che, sulla base del “doppio ritratto” di
radice giorgionesca e raffaellesca, si pieghi a mostrare non tanto gli emblemi di status sociale o la
professione esercitata, ma la più complessa relazione interpersonale tra gli effigiati, soprattutto sul
versante emotivo.
22. Nozze mistiche di santa Caterina, con il donatore Niccolò Bonghi (1523, Bergamo)
Il dipinto (fig. 23) fu commissionato da Niccolò Bonghi, probabilmente
come quadro da camera. Bonghi lo lascio alla moglie, insieme a tutti i suoi
averi sotto clausola di vedovanza, ossia ella si impegnava a non risposarsi e
a vivere il resto della sua vita in vedovanza. È stata più volte sottolineata
l’intensità ritrattistica delle figure o la dimensione pienamente domestica
dell’opera, in cui vengono annullate le distanze gerarchiche tra la divinità e
l’uomo, in questa chiave è anche sembrato possibile che i volti della
Madonna e santa Caterina nascondessero dei veri ritratti, quelli di Dorotea
(la moglie di Bonghi) e la figlia naturale di Bonghi Elisabetta, nata al di fuori
del vincolo matrimoniale. Dorotea sarebbe stata identificata in santa Figura 23
Caterina a causa delle perle e del vestito bianco, simbolo delle spose
novelle, mentre il rubino aiutava a reprimere la lussuria e a raggiungere le più alte vette intellettuali.
La grazia dell’invenzione psicologica e del ritratto luministico hanno suggerito come di consueto il richiamo
alla maniera del Correggio, mentre il libero assetto figurale e l’abbondanza dei panni e delle forme hanno
evocato precedenti di certa pittura secentesca, facendo apparire l’opera quasi come protobarocca.
23. Trinità (fig. 24) (1523-24, Bergamo)
Il dipinto si trovava originariamente nella chiesa della Trinità che stava di fronte a Santo Spirito, che
apparteneva alla Confraternita dei Disciplinati della Santissima Trinità. Si tratta di un’invenzione del tutto
nuova dell’iconografia di Lotto. In precedenza infatti la raffigurazione della Trinità contemplava un
aggregato di simboli, come la mano creatrice di Dio, l’Agnello mistico di Cristo e la colomba dello Spirito
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Santo; o tre teste affiancate; o il vecchio Dio Padre, a figura intera, sorreggente la croce cui è inchiodato
Cristo, con sopra la colomba. Qui Cristo invece è raffigurato come Redentore, risorto, ma nell’ostentazione
delle piaghe tipica dell’iconografia della Pietà, e vi è dietro l’apparizione di un Dio Padre eterno, un
fantasma fatto di pura luce. Il meraviglioso paesaggio in basso è avvolto nei
vapori di un lume grigiastro e velato. È possibile notare una coincidenza nel
volto del Cristo con quello del Cristo-vite. L’invenzione del paesaggio visto da
un punto di vista elevato, secondo consuetudini nordiche, con i suoi edifici
rustici da ritrovare in quasi ogni dipinto o incisione provenienti da Oltralpe,
e privo di qualsiasi progettata strutturazione per quinte di piani successive,
trova dei corrispettivi piuttosto stretti nell’affresco di Trescore (il Cristo-
Vite).
24. Madonna con il Bambino e i santi Girolamo e Nicola da Tolentino (fig.
25) (Boston, 1523-24)
Figura 24 Madre e figlio sono qui seduti su un tavolo di marmo che simboleggerebbe
la mensa dell’altare; l’oggetto che sta sotto i piedi del Bambino Gesù è una piccola bara, che alluderebbe al
suo futuro sacrificio, altra chiara allusione funeraria sarebbe il cuscino su cui egli posa. La Madonna al suo
lato confermerebbe la sua funzione di co-redentrice. Il grande giglio sostenuto da Nicol