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COSTRUTTIVISMO, NEOPLASTICISMO, BAUHAUS
Tra il 1917, anno dello scoppio della Rivoluzione russa, e il 1919, anno della fondazione del
Bauhaus a Weimar, tre esperienze apparentemente diverse: Costruttivismo russo, Neoplasticismo
olandese e l’esperienza del Bauhaus, sembrano convergere su una stessa soluzione: la necessità di
aprire una via di comunicazione tra l’Avanguardia più avanzata e la vita reale, mettendo la prima al
servizio della seconda.
I principi su cui si basano il Suprematismo di Malevic e il Neoplasticismo di Mondrian non sono
identici, anche se hanno punti di contatto tra loro: innanzi tutto che l’arte deve occuparsi di
problemi assoluti, e non particolari, Malevic riduce la questione della pittura alla scelta di forme
assolute che poi combina tra loro, ma mantenendo sempre la distinzione tra sfondo e figura. Mentre
per Mondrian il percorso può dirsi concluso solo quando - nel 1918 - giunge a eliminare l’ultima
contraddizione della sua pittura: la distinzione tra figura e sfondo. Egli si imponeva regole ferree,
tra queste quella di usare solo i tre colori principali (blu, giallo e rosso) e di non usare diagonali.
Difatti nel 1925 si allontana dal gruppo “De Stij” poiché questo aveva deciso di usare anche le
diagonali e i colori complementari. Nel 1917 la generazione di pittori russi provenienti dal
Cubofuturismo e che avevano aderito al Suprematismo di Malevic converge nel Costruttivismo, che
metterà l’arte al servizio della Rivoluzione. Malevic si opporrà a questo utilizzo utilitaristico
dell’opera d’arte, fermamente convinto dell’atto spirituale, ma nel 1919 fu costretto ad annunciare
la morte del Suprematismo e nel 1923 aderirà al Costruttivismo. D’altro canto anche Mondrian era
fermamente convinto dei principi prettamente spirituali dell’arte, ma accetta subito l’idea che i
principi neoplastici vengano usati come base teorica di attuazioni pratiche, ad esempio
architettoniche. Tuttavia l’architettura neoplastici sta lasciò poche prove del suo passaggio, mentre
invece il Costruttivismo russo si spinse a formulare la sua teoria che vedeva la figura dell’artista
come “ingegnere estetico” della futura società. Purtroppo la Russia di quegli anni, devastata dalle
guerre, era più impegnata a ricostruire piuttosto che a progettare nuove idee, e tutte queste idee
rimasero solamente progetti e utopia.
In definitiva, il Costruttivismo non riesce nel suo tentativo di creare il suo progetto di un’arte
realmente popolare, vedendo anzi trionfare, dopo la morte di Lenin, i principi del “Realismo
Socialista”, cioè di un’arte che è solo “una piccola ruota nell’ingranaggio della rivoluzione” e che
andrà somigliando a quella delle dittature europee di segno opposto.
Bauhaus
Il Bauhaus nasce come scuola di architetture e di arti applicate a Weimar, nel 1919. Si trasferirà
dapprima a Dessau e poi a Berlino, dove il regime nazista lo sopperirà nel 1933. All’interno
venivano forniti due tipi di insegnamenti: uno più teorico dai “Maestri di forma” (pittori e architetti
tra i quali anche Kandinskij e Klee) e uno più pratico dai “Maestri artigiani” , esperti in
metallurgica, falegnameria, ceramica, tessitura ecc…
Il Bauhaus secondo i suoi principi progettazione/produzione pone le basi del moderno design, della
grafica e dell’architettura creando anche le basi di nuove professioni molto importanti nella società
di oggi.
Nel periodo della sua attività divenne un’importante cinghia di trasmissione tra l’astrattismo e l’arte
non figurativa (considerati lontanissimi dalla realtà) e la realtà pratica, mostrando il ruolo positivo
che poteva avere tale arte per la società.
DE CHIRICO E LA METAFISICA
La nascita di una vera e propria scuola metafisica avviene attorno al 1916-17, quando spinti dagli
eventi bellici si ritrovano a Ferrara Giorgio De Chirico, il fratello Alberto Savinio e Carlo Carrà,
affascinato dall’esplorazione di De Chirico.
La Metafisica era in realtà già nata tra il 1910-11 per opera del solo De Chirico (1888-1979).
D’origine italiana nasce in Grecia, giunge in Italia nel 1905 ma se ne va presto per Monaco, dove
continua gli studi artistici e apprezza soprattutto le opere tardo romantiche e tardo simboliste come
Bocklin e Klinger, e legge Schopenhauer e Nietzsche, che tanta parte hanno nella sua riflessione
sull’esistenza e sull’arte. Torna brevemente in Italia per poi trasferirsi a Parigi, dove nel 1912
espone le prime opere metafisiche al Salon d’Automne di quell’anno. Troviamo già in alcune opere
elementi che saranno poi centrali nella più matura esperienza metafisica che fiorirà tra il 1912-13 e
il 1918: paesaggi assolati, pomeridiani e deserti con porticati e arcate, dove la presenza umana è
assente o ridotta a esili figurette che esaltano ancora di più la malinconia e la solitudine di questi
vuoti teatri dell’anima, e la combinazione di elementi illogica e quasi aleatoria.
Dalle cosiddette Piazze d’Italia si passa a delle vere e proprie nature morte metafisiche; dove
troviamo la mescolanza di busti classici con oggetti banali e quotidiani, come in Canto d’amore
dove accanto all’Apollo pone un guanto di caucciù, a possibile allusione sessuale.
In questo senso il termine “metafisica” può essere letto come “al di là della fisica”, cioè come
l’intenzione di leggere la natura profonda e nascosta del mondo. Ebbe il sostegno del poeta
Guillaume Apollinaire (al quale dedico un famosissimo quadro: Ritratto di Guillaume Apollinaire)
che capì subito il suo talento. E anche grazie alla sua amicizia iniziò la sua fama, che riscuoterà
soprattutto nel gruppo di intellettuali che da lì a qualche anno daranno vita al Surrealismo.
Dopo le nature morte iniziarono ad apparire i manichini in De Chirico, come nel famosissimo Le
muse inquietanti.
La Metafisica non nasce come un’Avanguardia, ma anzi come anti-Avanguardia, perché pone una
severa critica ai risultai dell’Avanguardie. Ma infondo il suo caricare di significati simbolici oggetti
comuni non era poi troppo lontano dai ready-made di Duchamp: entrambi usavano l’ingombro di un
oggetto comune e reale per traghettare la mente dello spettatore su riflessioni più profonde.
Gli altri artisti metafisici come Morandi, Carrà e Sironi, pur producendo opere di alto livello non
riusciranno mai a raggiungere la poeticità dei quadri di De Chirico o ad evocare le sue stesse
emozioni.
L’influenza della metafisica di De Chirico colpisce soprattutto i surrealisti francesi e i dadaisti
tedeschi, che iniziano anche ad usare manichini nei loro collage.
RITORNO ALL’ORDINE E SURREALISMO
Il periodo che va dagli anni del primo conflitto mondiale alla prima metà degli anni venti, viene
ormai universalmente chiamato “ritorno all’ordine”. Una prima tesi del perché di questo ritorno
all’ordine potrebbe essere che la “violenza teorica”, intesa come sconvolgimento e scompiglio, che
si proponeva di rivoluzionare la cultura tradizionale, delle Avanguardie fu superata dalla “violenza
reale” della guerra, che generò un bisogno di quiete.
Emerge in questi anni Amedeo Modigliani, che pur dipingendo forme classiche mantenne una
continuità “sotterranea” con le Avanguardie. Unendo un colore “eccessivo” con l’eleganza di un
disegno quasi antico. In questo periodo, mentre Picasso e molti altri artisti ritornano al classico,
Mondrian spinge il suo astrattismo fino all’estremo. In Italia si forma il gruppo “Novecento” dove
convergono soprattutto ex futuristi ed ex metafisici, che voleva esprimere la mentalità borghese del
periodo. Contemporaneamente nella Germania di Weimar nasce la “Nuova Oggettività”, forse il
movimento dove il “ritorno all’ordine” trova la sua dimensione più compatta e insieme più
ambigua. Viene comodamente definito movimento ma in realtà al suo interno troviamo artisti di
provenienza molto diversa tra loro, e non legati da un unico pensiero. La Nuova Oggettività
conserva dentro di sé una forte componente espressionista, tanto che alcuni la considerano un “terzo
tempo” della stagione Espressionista dopo la Brùcke di Dresda e il Cavallo Azzurro di Monaco.
Il Futurismo come “Natura morta”
Nel quadro Le due amiche di Boccioni, dove il pittore sembra riprendere la scoperta
Cezanniana della forma, compaiono sullo sfondo dei gessi da lui realizzati ridotti a
“natura morta”. È cosi che Boccioni dichiara terminato il movimento che lui stesso
ha fondato. Dopo di lui troveremo lo stesso nell’opera di Balla, cui fanno da sfondo
quadri del periodo futurista ormai passato ridotti solo a mezzo per colorare lo sfondo.
SURREALISMO
Il Surrealismo può essere considerato il più importante movimento di Avanguardia nato negli anni
venti, e in un certo senso, anche l’ultimo movimento di Avanguardia. Non che le Avanguardie si
arrestino con gli anni venti, ma tutte le correnti innovatrici che attraverseranno questo decennio,
come anche il successivo, non sono che la continuazione di quelle nate nei primi due decenni del
secolo. Infatti molte correnti nate in quegli anni si protrarranno fino a dopo gli anni trenta, ma con il
secondo conflitto mondiale non si parlerà più di Avanguardia.
Il primo manifesto del Surrealismo viene scritto a Parigi nel 1924 da Andrè Breton e, perlomeno
inizialmente il movimento è essenzialmente letterario, anche se attorno a Breton si verrà a creare
una cerchia di artisti interessati a le sue teorie. L’anno successivo (1925) Breton si interroga attorno
al problema di una pittura surrealista, per due anni sull’organo ufficiale del movimento
(“Revolution Surrealiste”). In questo lasso di tempo nasce la pittura Surrealista. I risultati
inizieranno a vedersi intorno al 1928-29, ma come il Dadaismo il Surrealismo non genera uno stile,
bensì un atteggiamento particolare verso l’arte.
Molti Dadaisti convergono nel Surrealismo, e il caso “voluto”e “progettato” per creare scompiglio
cambia forma e diventa “caso” rivelatore. La psicanalisi freudiana ha molta valenza nello sviluppo
di tale corrente, si cerca di far risaltare ciò che risiede nel profondo inconscio e di ribaltare la logica
tradizionale per proporre aspetti nascosti e soppressi in un angolo della nostra mente.
Breton propone in pratica di abbattere gli argini che frenavano la libertà di espressione dell’artista:
lo scrittore attraverso la “scrittura automatica” registra l’i