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5- FIRENZE E ROMA: LA CRISI DEL TERZO DECENNIO DEL CINQUECENTO
1. Pittura in Toscana durante i primi decenni del secolo
A Firenze i pittori non possono non confrontarsi con le opere di Leonardo, Michelangelo e
Raffaello dei primi anni del 500.
Fra Bartolomeo e Andrea del Sarto
Fra Bartolomeo della Porta (1475-1517) riprende a dipingere nel 1504 dopo aver
interrotto tale attività ed essersi fatto monaco domenicano. La formazione artistica e le
esperienze spirituali lo orientano fin dall’inizio verso una concezione severa ed essenziale
dell’immagine sacra, preferendo composizioni solenni e chiaramente pausate.
Le sue prime opere rivelano un’adesione al linguaggio figurativo del Ghirlandaio e di
Cosimo Rosselli (del quale è allievo); in seguito si aprirà invece ai grandi eventi artistici
contemporanei, attratto dallo sfumato di Leonardo, dall’energia plastica di Michelangelo,
e sarà in contatto con Raffaello e la sua prospettiva.
La sua austera e composta eloquenza si manifesta in opere come:
- Fra Bartolomeo della Porta
Apparizione dell’Eterno alle sante Maddalena e Caterina
ca1508, Pinacoteca Nazionale a Lucca
Dipinta dopo un viaggio a Venezia che lo spinge ad arricchire la sua gamma cromatica.
- Fra Bartolomeo della Porta
Sposalizio di santa Caterina
1512, Louvre Madonna del baldacchino
Riprende lo schema compositivo della di Raffaello, con
intenti di maggiore monumentali e varietà nell’animazione e nelle attitudini della figure,
fino a effetti che tradiscono la naturalezza del modello con pose declamatorie e
enfatiche.
Nel 1514 soggiorna a Roma, dove può studiare le opere più recenti di Raffaello e
Michelangelo, che secondo Vasari lo lasciano turbato e incapace di reagire con
entusiasmo come dieci anni prima.
Muore proprio quando sta per iniziare importanti lavori per committenti dell’Italia
settentrionale (corte di Ferrara e Certosa di Pavia).
Andrea del Sarto
Anche per (1486-1531) le opere fiorentine di Leonardo, Raffaello e
Michelangelo sono un fondamentale punto di riferimento. L’educazione ricevuta presso
Piero di Cosimo lo spinge a cimentarsi in diverse tecniche pittoriche, affrontate spesso
con il gusto della ricerca sperimentale.
- Andrea del Sarto
Storie del Battista
1514-26, Chiostrino dello Scalzo a Firenze
Sono interessanti questi affreschi monocromo che dipinge nel Chiostrino dello Scalzo a
Firenze. Storie di san Filippo Benizi
Nello stesso santuario dipinge anche le (1509-10) nel
Nascita della Vergine
Chiostro dell’Annunziata e la nel Chiostrino del Voto.
La disposizione armoniosa dei personaggi in spazi ben scanditi lascia già intravedere
quelli che saranno gli orientamenti e gli esiti dell’artista.
Eccellente disegnatore, grazie all’esecuzione impeccabile ma allo stesso tempo libera e
sciolta nella modellazione, Andrea riesce a unire elementi di difficile conciliazione come il
chiaroscuro atmosferico di Leonardo, il risalto plastico di Michelangelo e il classicismo
compositivo di Raffaello. 174
- Andrea del Sarto
Storie di Giuseppe
ca1515, Galleria Palatina a Firenze
Giuseppe spiega i sogni al Faraone: saggia nuovi e vivaci schemi narrativi per queste
storie, dipinte per la camera nunziale di Pierfrancesco Borgherini e Margerita Acciaiuoli.
- Andrea del Sarto
Madonna delle Arpie
1517, Uffizi
È un’immagine densa di complessi significati allegorici, in cui appare più insistita la
ricerca formale nelle attitudini eleganti dei personaggi.
Tra il 1518 e il 1519 si aprono per l’artista nuove prospettive con l’invito di Francesco I a
trasferirsi in Francia, che però rifiuta. Rimasto a Firenze, nell’ultimo decennio di attività
approfondisce il dialogo-contrapposizione con l’attività dei due giovani allievi Pontormo e
Rosso Fiorentino. Madonna del sacco
Ritratti, affreschi come la (1525, Santissima Annunziata a Firenze),
Compianto su Cristo morto
tavole come il (1524, Galleria Palatina a Firenze) e la
Madonna con Bambino, santa Elisabetta e san Giovannino (ca1528, Galleria Palatina
a Firenze) ripropongono modelli ed esperienze degli anni precedenti, ancora con grande
vitalità e originalità, con stesure scintillanti e trasparenti, delicati rapporti di toni o audaci
accostamenti e dissonanze dei colori puri che competono con le più avanzate ricerche
dei due ex allievi.
- Andrea del Sarto
Madonna in gloria e quattro santi
1530, Galleria Palatina a Firenze
Ultima opera del maestro, viene dipinta per la badia vallambrosiana di Poppi in
Casentino; con il paesaggio fantastico di rocce dirupate e la caratterizzazione tesa dei
personaggi, sembra anticipare motivi iconografici e devozionali che troveranno ampio
sviluppo nella pittura della seconda metà del secolo.
Il Pontormo
Il rapporto di discepolato con Andrea del Sarto è solo una delle componenti della
il Pontormo
formazione di Jacopo Carucci, detto (1494-1557), centrale per la pittura
fiorentina a partire dalla fine del secondo decennio del secolo.
Tormentato e introverso, è descritto da Vasari come il prototipo di artista turbato,
malinconico e solitario; entrerà davvero in una crisi negli anni ’30, durante i lavori per i
perduti affreschi nel coro di San Lorenzo, quando il confronto con Michelangelo e il
desiderio di superarlo diventeranno per lui insostenibili.
Le esperienze giovanili presso Leonardo, Piero di Cosimo e Mariotto Albertinelli
troveranno uno sbocco naturale nell’incontro-scontro con Andrea del Sarto: in lui il
Pontormo riconosce la capacità di armonizzare le caratteristiche dei tre grandi di inizio
secolo ma allo stesso tempo gli rimprovera la soggezione nei confronti di schemi
compositivi arcaici.
- Pontormo Andrea del Sarto, Granacci Bachiacca)
(con e
Storie di san Giuseppe ebreo
1517-18, National Gallery a Londra
Partecipa all’esecuzione dei dipinti per la camera nunziale di Pierfrancesco Borgherini.
Giuseppe in Egitto: si distacca dalle opere degli altri artisti per la complessa
organizzazione spaziale e narrativa delle scene.
- Pontormo
Pala Pucci
1518, Palazzo Pitti a Firenze 175
Dipinta per la chiesa di San Michele Visdomini; la struttura formale delle Sacre
Conversazioni viene sconvolta: le figure non sono disposte in maniera regolare e
simmetrica, ma lungo le linee diagonali e assumono espressioni caricate.
Il disegno è alla base dell’arte di Pontormo, come dimostra il grande corpus pervenutoci.
Le opere nascono da una lunga e paziente meditazione intellettuale scandita dalla verifica
disegnativa. Tale operazione di cristallizzazione dell’immagine è applicata anche nel
Ritratto di Cosimo il Vecchio (1518, Uffizi), ritratto ideale.
- Pontormo
Vertumno e Pomona
1519-21, Villa Medici a Poggio a Caiano
È un insolito passaggio “classico” in una produzione condotta sempre sul filo del
rigoroso controllo formale.
Dal 1522 al 1525, il Pontormo è attivo presso la Certosa del Galluzzo alle porte di Firenze,
Passione di Cristo,
dove dipinge gli affreschi con le scene della ormai deteriorate, per le
quali si ispira alle incisioni di Dürer.
Un punto di forte polemica col passato sono i lavori per la decorazione della Cappella
Capponi in Santa Felicita (1526-28), a cui collabora anche il Bronzino: realizza i tondi con
Evangelisti
gli e l’affresco con l’Annunciazione, ma anche una pala d’altare con il
Trasporto di Cristo al sepolcro. Eliminando ogni accenno ambientale, Pontormo
inserisce i personaggi in uno spazio ambiguo e privo di punti di riferimento; i gesti enfatici
e i volti dolenti sono carichi di tensione espressiva; i colore è steso in maniera compatta e
smaltata. L’immagine è carica di raffinato intellettualismo, sottile ed enigmatico.
Visitazione
Lo stesso effetto suscita la (1528-29, Carmignano).
Rosso Fiorentino
Il percorso stilistico di (Giovan Battista di Jacopo, 1495-1540) è simile
a quello del Pontormo fino al 1523, quando lascia Firenze per Roma.
Anch’egli è allievo del Pontormo, Rosso ha il desiderio di un profondo rinnovamento e
cerca un’alternativa alla “forma chiusa” tradizionale toscana.
Con attenti riferimenti ai grandi contemporanei (da Michelangelo a Dürer), avvia un
recupero singolare della deformazione espressiva spinta quasi a effetti caricaturali,
accennata nelle opere di Filippino Lippi e Piero di Cosimo.
- Rosso Fiorentino
Deposizione dalla croce
1521, Pinacoteca di Volterra
L’impianto compositivo presenta soluzioni prospettiche paradossali, come l’incrocio tra
la Croce e le tre scale sullo sfondo di un cielo compatto e senza profondità.
I gesti sono bloccati, quasi meccanici, mentre le espressioni rivelano forzature quasi
grottesche.
I colori sono smaltati e accentuano il carattere irreale della composizione.
Il Beccafumi Domenico Beccafumi
Rispetto agli artisti fiorentini, il senese (1486-1551) opera in una
posizione defilata. Prima di essere definitivamente conquistata nel 1555, Siena vive nella
prima metà del 500 l’ultima stagione di indipendenza politica e anche di autonomia
artistica, soprattutto negli anni della signoria di Pandolfo Petrucci.
Insieme al Sodoma, Beccafumi ne è l’interprete più originale; la sua arte è meno
apertamente polemica rispetto a quella dei fiorentini ma altrettanto innovativa.
Soprattutto, Beccafumi non dimostra avversione verso la tradizione del Quattrocento
ostentata dal Pontormo e non esita ad ispirarsi al Perugino, anche se il suo linguaggio
risulta costantemente aggiornato grazie ai ripetuti viaggi e soggiorni a Roma. 176
- Beccafumi
Santa Caterina da Siena che riceve le stigmate
1514-15, Pinacoteca Nazionale di Siena
Questa tavola giovanile indica già quali sviluppi conoscerà l’arte del Beccafumi:una
sensibilità spaziale grandiosa ma allo stesso tempo complessa, predilezione per le
figure allungate e sottili, espressioni assorte e soprattutto gusto molto personale e
prezioso per la luce e il colore.
A parte alcune commissioni che provengono da città esterne (Pisa e Genova), il
Beccafumi lavora prevalentemente per committenti senesi. Tra le opere di soggetto
profano, praticato soprattutto negli anni 20, emergono gli affreschi di soggetto storico in
Palazzo Bindi-Sergardi Sala del Concistoro in Palazzo Pubblico,
(ca1524-25) e della
nei quali dimostra vivida fantasia, animando le raffigurazioni con colori scintillanti e scorci
imprevedibili.
Le pale d’altare invece sviluppano inediti effetti luministici, con bagliori improvvisi e
al Limbo,
incandescenti (Cristo ca1530-35, Pinacoteca Nazionale di Siena). I dipinti del
Beccafumi presentano sempre una luce irreale e visionaria.
2. Roma- 1520-27
Nel maggio del 1527 a